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venerdì 29 marzo 2013

Avvisi esecutivi: la sospensione


Sospesa la riscossione su istanza del contribuente

Premessa – Anche gli accertamenti esecutivi possono essere sospesi, trascorso il termine di pagamento (dopo 60 giorni dalla notifica o 150 in caso di domanda di adesione), nei casi in cui siano intercorsi prescrizione o decadenza, sospensione giudiziale o amministrativa. Lo ha affermato l’Agenzia delle Entrate in occasione di Telefisco 2013 diventato poi ufficiale con la Circolare 1/E/2013.

Sospensione della riscossione - Uno dei quesiti posti lo scorso 30 gennaio in occasione di Telefisco 2013 in materia di contenzioso e, in particolare, in materia di riscossione riguarda l'applicabilità agli avvisi di accertamento della nuova procedura di sospensione delle procedure di riscossione su istanza del contribuente.

Equitalia Direttiva 10/2010 - Tale possibilità era già stata prevista da Equitalia con la Direttiva 10/2010, emanata dalla stessa società pubblica di riscossione con l'obiettivo di migliorare sensibilmente il rapporto con i contribuenti iscritti a ruolo che ritenessero di aver ricevuto una cartella di pagamento per tributi già pagati o interessati da un provvedimento di sgravio o sospensione, evitando a questi l'onere di fare la spola tra i diversi uffici pubblici.

Legge di Stabilità - La recente Legge di Stabilità 2013 (art. 1, co. da 537 a 543, L. 228/2012) ha disciplinato tale procedura prevedendo che entro 90 giorni dalla notifica del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa, il contribuente può presentare all'agente della riscossione, anche con modalità telematiche, una dichiarazione con la quale documenti che gli atti emessi dall'ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l'avviso per i quali si procede, sono stati interessati da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso da un provvedimento di sgravio emesso dall'ente creditore, da una sospensione amministrativa concessa dall'ente creditore o da una sospensione giudiziale, da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell'ente creditore, da un pagamento già effettuato o da una qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso.

Avviso di accertamento esecutivo - In particolare, il quesito posto nell'ambito di Telefisco 2013 mira a chiarire se la suddetta istanza del contribuente, finalizzata a ottenere la sospensione immediata delle procedure ed eventualmente il successivo sgravio da parte dell'ente, si possa presentare anche nel caso in cui fosse stato notificato un avviso di accertamento esecutivo.

Risposta delle Entrate - La risposta fornita nel corso del Telefisco chiarisce che in base al tenore letterale della norma, l'agente della riscossione è tenuto a sospendere l'attività di riscossione anche con riguardo alle somme affidate in seguito alla notifica di un accertamento esecutivo per il quale sia trascorso inutilmente il termine ultimo di pagamento.

Presentazione della domanda - Il contribuente che ha ricevuto la notifica dell'accertamento esecutivo può richiedere la sospensione solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione. Ne consegue che la domanda potrà essere inoltrata dopo che siano trascorsi trenta giorni dalla scadenza per il pagamento delle somme dovute, quindi dopo sessanta giorni dalla notifica dell'accertamento, nel caso in cui non sia stata proposta istanza di adesione, ovvero 150 giorni dalla notifica in ipotesi di adesione.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 28 marzo 2013

Tares, quando e quanto si pagherà.

Da: Redazione INVESTIREOGGI 

 Bocciata la proposta di far slittare il pagamento Tares che viene confermato a luglio 2013 insieme a tutte le altre tasse che peseranno come un macigno sulle famiglie italiane
Tares, la nuova tassa sui rifiuti e servizi indivisibili al centro delle polemiche in queste ultime ore per una sua possibile proroga.


 Tares, bocciata la proposta di rinvio

Sul tavolo del Consiglio dei Ministri di ieri è stato presentata la proposta di rinvio della nuova tassa rifiuti introdotta dalla manovra salva Italia, il decreto legge n. 2012/11 convertito in legge n. 214 del 2011, che sostituisce le attuali Tarsu e Tia, sia Tia1 che Tia2. Proprio il rinvio della Tares che, stante le ultime novità scatta da luglio, era stato portato sul tavolo del Consiglio dei ministri di ieri ma tutto è andato in fumo e non si è riusciti a varare un provvedimento di rinvio, nonostante le pressioni specie delle parti sociali per il rinvio. Irritazioni dall’Anci, l’Associazione nazionale comuni italiani che ha chiesto il rinvio più volte. “La questione della Tares rischia di determinare un’emergenza di liquidità e di raccolta dei rifiuti”, dice il presidente Delrio.

 Pagamento Tares confermato a luglio

Quindi il pagamento Tares è a luglio prossimo, mentre continuano ad arrivare conferme sulla gravità dell’introduzione della tassa rifiuti e servizi indivisibili comunali per le famiglie italiane già piegate dalla crisi economica degli ultimi tempi. Un aggravio rispetto alla Tarsu e Tia del 36%, con un aggravio di 1,8 miliardi rispetto al 2012. 

Batosta in arrivo in estate

I motivi di questo aggravio sono da ricercarsi innanzitutto nel fatto che  il pagamento Tares avverrà sull’80 per cento della superficie calpestabile e viene gravata da  un balzello di 30 centesimi al metro quadrato che i comuni possono decidere di aumentare fino a 40. In sostanza la Tares quest’anno, secondo anche una stima della Uil servizio politiche territoriali, costerà 305 euro medi contro i 218 euro medi pagati per l’Imu nel 2012 per lo stesso appartamento. Tares più costosa dell’Imu. Tutto questo perché si deve assicurare la copertura totale del costo dello smaltimento dei rifiuti.I conti arriveranno tutti insieme a giugno-luglio 2013, quando saremo chiamati alla cassa non solo per il pagamento Tares, ma anche per l’Irap e l’Irpef. A fare i conti della batosta in arrivo è stato l’ Ufficio studi della Cgia di Mestre che parla di cifre preoccupanti anche per le imprese tra versamenti Inps, saldo della prima rata Imu 2013, pagamento della nuova tassa rifiuti, autoliquidazione Irpef per cui si richiederà di arrivare fino a 25.700 euro circa. Insomma il peggio sembra che deve ancora venire.


mercoledì 27 marzo 2013

Detrazioni 36-50%: vale sempre la data del bonifico


Anche in caso di mutuo, non rileva la data di addebito in conto

Vale la data del bonifico – Per la corretta individuazione della data del pagamento delle spese relative a una ristrutturazione edilizia, perché esse siano detraibili dall’Irpef, non è rilevante in caso di presenza di un mutuo (richiesto come finanziamento per coprire la spesa) l’addebito dello stesso sul conto corrente, ma rileva il bonifico “parlante” che il contribuente effettua per pagare la ditta. Ricordiamo che dal 26 giugno 2012 e fino al 30 giugno prossimo, per le ristrutturazioni edilizie si potrà beneficiare della detrazione del 50%, dopo di che ritornerà la detrazione del 36%.

In presenza di un mutuo 
- Anche se il contribuente ripartisce l'onere finanziario in più anni, quindi anche dopo il 30 giugno 2013 (termine come detto a partire dal quale la detrazione ritornerà al 36%), il momento dell’investimento e la misura del bonus (36% o 50%) si individua attraverso la data del bonifico effettuato per pagare le spese e non quella del rimborso alla banca. Se si utilizza un finanziamento bancario, il pagamento delle spese (tramite bonifico con le consuete causali) viene effettuato direttamente dal contribuente, dopo aver ricevuto i soldi dalla banca. Il contratto di mutuo con la banca consente l'anticipazione della somma necessaria per pagare l'intervento edilizio, obbligando il cliente alla restituzione della stessa alla banca, in base alle condizioni e alle modalità pattuite.

In presenza di una finanziaria - Nel caso di utilizzo di una finanziaria per pagare gli interventi di ristrutturazione, il pagamento della spesa alla ditta che esegue i lavori viene effettuato direttamente dalla società finanziaria. In una nota delle Entrate della regione Piemonte (nota 17 aprile 2009, prot. 24882), è stato chiarito che l'agevolazione è rilevante nell'anno del pagamento della spesa da parte della finanziaria se questo avviene tramite bonifico bancario, o postale, dal quale risulti nella causale il nome e il codice fiscale del soggetto per conto del quale viene eseguito il pagamento (con gli estremi della legge agevolativa), e sempre che l'importo indicato corrisponda a quello della fattura emessa dalla ditta che effettua i lavori nei confronti del cliente. Se il pagamento avviene con il bonifico, l'anno di sostenimento della spesa è quello di effettuazione del bonifico da parte della finanziaria alla ditta che effettua i lavori.

Stesso principio per il risparmio energetico - Anche per la detrazione del 55% in scadenza il prossimo 30 giugno vale lo stesso principio. Se entro questa data verrà effettuato il bonifico, si potrà ottenere il bonus, anche se l'effettiva uscita finanziaria sostenuta verrà nella sostanza ripartita in più anni.

Requisiti del bonifico
 - Per fruire della detrazione ricordiamo che è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale dal quale devono risultare la causale del versamento, il codice fiscale del soggetto che paga, il codice fiscale o numero di partita Iva del beneficiario del pagamento, il riferimento alla normativa. Le spese che non è possibile pagare con bonifico (per esempio, oneri di urbanizzazione, diritti pagati per concessioni, autorizzazioni e denunce di inizio lavori, ritenute fiscali sugli onorari dei professionisti, imposte di bollo) possono essere pagate con altre modalità. Quando vi sono più soggetti che sostengono la spesa e tutti intendono fruire della detrazione, il bonifico deve riportare il numero di codice fiscale delle persone interessate al beneficio fiscale. Per l'agevolazione fiscale del 36% l'anno d'inizio della detrazione coincide con quello del bonifico bancario all'impresa anche se i lavori proseguiranno per più anni.

Box pertinenziale
 - Con riferimento al box pertinenziale, la detrazione fiscale del 36-50% dovrebbe valere (anche se non vi è stata una conferma dall’Agenzia) anche nei casi in cui un contribuente acquisti lo stesso, pagando la fattura del costruttore attraverso l'accollo del mutuo residuo di quest'ultimo. Anche per l'acquisto di un box pertinenziale all'abitazione, le spese sostenute, rilevanti ai fini della detrazione del 36%, devono essere pagate con bonifico bancario o postale, contenente il riferimento normativo, la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione e il numero di partita Iva, ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato. Nell'ipotesi di accollo di mutuo contratto dall'impresa costruttrice, non vi è alcun bonifico all'impresa, ma la detrazione può comunque essere applicata, basandosi sul principio contenuto nella sopra citata nota della Direzione regionale delle Entrate del Piemonte.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 26 marzo 2013

Manutenzione straordinaria immobili: la detrazione spetta solo sulla parte abitativa



Spese di manutenzione – Se il figlio che riceve in comodato una casa di proprietà dei genitori intende effettuare dei lavori di manutenzione straordinaria, egli può portare in detrazione dall’Irpef il 36-50% delle spese sostenute solo per la parte del fabbricato a uso residenziale, mentre per le altre parti non potrà beneficiarne, ad esempio sulla parte per la quale vi sarà un cambio di destinazione d’uso (es. ufficio). Ricordiamo che sono considerati interventi di manutenzione straordinaria le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici e per realizzare e integrare i servizi igienico/sanitari e tecnologici, sempre che non vadano a modificare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino mutamenti delle destinazioni d’uso.

Necessario un titolo idoneo - Se iniziati i lavori il figlio non convive nell'abitazione da ristrutturare con i genitori, possessori o detentori dell'immobile, il bonus del 36-50% può essere fruito dallo stesso solo se possiede il fabbricato da ristrutturare o vi è un titolo idoneo che può essere anche il comodato.

Edifici a destinazione produttiva
 – Relativamente alla normativa in vigore fino al 2011 l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 57/E del 24 febbraio 1998, ha stabilito che nell’ambito delle categorie del recupero del patrimonio edilizio esistente, e della destinazione residenziale, la legge prevede un ampio ventaglio di interventi che possono beneficiare delle disposizioni tributarie in questione, che vanno dalla messa a norma degli edifici, alla realizzazione di posti auto, alla eliminazione delle barriere architettoniche, alle misure antisismiche e di messa in sicurezza statica degli edifici, ecc. In particolare gli interventi in questione devono riguardare edifici destinati alla residenza o singole unità immobiliari residenziali. Sono quindi esclusi dalle agevolazioni gli edifici a destinazione produttiva, commerciale e direzionale. Il chiarimento dell’Agenzia è valido anche dal 2012 per gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, in quanto l'articolo 16-bis, del Tuir, richiede al comma 1 lettera b), che gli interventi siano “effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze”.

Cambio di destinazione d’uso - Risulta valido anche il chiarimento della risoluzione n. 14/E dell’8 febbraio 2005, che tratta il caso del cambio di destinazione d'uso di un fabbricato, già strumentale agricolo, in abitativo. Secondo l’Agenzia, per beneficiare della detrazione del 36-50% anche nei casi di cambio di destinazione d'uso del fabbricato è necessario verificare che l'utilizzo finale sia residenziale e il mutamento della destinazione in abitativo siano presenti già nel provvedimento di autorizzazione urbanistica.

Cambio parziale – Con riferimento al 36-50%, non è stato mai trattato dalle Entrate il cambio parziale di destinazione d'uso di un fabbricato produttivo, commerciale o direzionale in abitativo o viceversa, ma sembra poter affermare che si potrà beneficiare della detrazione esclusivamente per quei costi che riguardano la parte di fabbricato che verrà destinato ad abitazione escludendo gli altri.

Trasformazione in ufficio - Se parte dell’abitazione viene trasformata in ufficio, i relativi costi dunque non potranno essere detratti, mentre potranno essere detratti quelli per ristrutturare la parte di abitazione che rimane tale. Se viceversa una parte di ufficio viene trasformata in abitazione residenziale, per i relativi costi della ristrutturazione, si potrà beneficiare delle agevolazioni fiscali.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 22 marzo 2013

Da maggio debiti fiscali più cari


Aumentati gli interessi di mora per il pagamento dopo i 60 giorni dalla notifica della cartella

Maggiore costo per i debiti fiscali – Il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 4 marzo 2013 ha fissato il nuovo tasso di mora sugli interessi, che deve essere tenuto d’occhio nella fase di iscrizione a ruolo delle pendenze tributarie. Il nuovo tasso del 5,2233% su base annuale (oltre mezzo punto percentuale in più rispetto al tasso attualmente in vigore) sarà operativo dal prossimo mese di maggio, ed è stato fissato sulla base della media dei tassi bancari attivi, individuata dalla Banca d'Italia con riferimento al periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2012. L'aggiornamento della nuova misura, offre lo spunto per focalizzare l'attenzione sugli effettivi costi cui si va incontro quando non si adempie puntualmente alle scadenze fiscali, soprattutto quelle relative ai versamenti.

Gli interessi - Gli interessi moratori si applicano sugli importi pagati dopo che sono passati 60 giorni dalla data di notifica della cartella, riguardano le sole somme iscritte a ruolo, e non le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi che sono già indicati in cartella. Vanno calcolati ai sensi dell'articolo 30 del D.P.R. 602/1973.

Le ipotesi di inadempienza - Il pagamento delle imposte deve avvenire, oltre che in via anticipata, anche al momento di presentazione della dichiarazione. In tutti i casi in cui non viene effettuato il pagamento nei termini, si devono corrispondere gli interessi e in particolare si possono individuare quattro ipotesi relative all’inadempienza. Abbiamo gli interessi per mancato versamento diretto, per ritardata iscrizione a ruolo, per dilazione di pagamento e gli interessi di mora.

L’applicazione degli interessi – Per tutti i pagamenti, la legge fissa il termine degli adempimenti sia che si tratti di pagamenti diretti, sia di pagamenti in base ad un ruolo, e il ritardo nell’effettuazione di un pagamento determina il sorgere dell’obbligo di versamento degli interessi. In particolare, vi sono gli interessi per il mancato versamento diretto che devono essere versati se non viene effettuato il versamento entro i termini stabiliti, sugli importi non versati, o anche versati dopo la scadenza; gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, che si applicano sulle imposte che non risultano versate a seguito della liquidazione o del controllo formale della dichiarazione; gli interessi per dilazione di pagamento che sono dovuti nei casi in cui il contribuente è ammesso alla rateazione nel versamento di quanto dovuto; e gli interessi di mora, che si applicano invece quando il contribuente ritarda il pagamento di somme iscritte a ruolo, precisamente, qualora il pagamento del dovuto non avvenga, decorsi sessanta giorni dopo la notifica della cartella. Sulla somma iscritta a ruolo sono dovuti, a far data dalla notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora.

La definizione di una inadempienza - Le modalità di definizione di un’ipotetica inadempienza (omesso o carente versamento) sono diverse. A seconda della tempistica in cui si effettua la definizione, vi sono costi diversi che sono legati non solo alla variabilità delle sanzioni, ma anche ai diversi tipi di interessi che si applicano in funzione della fase in cui si procede alla regolarizzazione. In particolare si dovrà anche tenere conto delle possibili forme di rateizzazione, con i relativi interessi dovuti. Vi sarà così una diversa modulazione delle sanzioni e soprattutto dei diversi interessi da applicare, che determinano ovviamente carichi complessivi differenziati e in generale più si va in là con il tempo, più evidentemente, l'importo complessivo sale. Naturalmente è chiaro che una rateizzazione di un avviso bonario comporta un carico complessivo inferiore rispetto alle successive fasi di iscrizione a ruolo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 21 marzo 2013

Agevolazioni per i disabili: aggiornata la guida dell’Agenzia


Uno strumento utile per sapere come beneficiare dei bonus fiscali per i contribuenti portatori di handicap

Aggiornata la guida delle agevolazioni per i disabili - È stata aggiornata a marzo 2013 e resa disponibile per la consultazione sul sito dell’Agenzia delle Entrate la “Guida alle agevolazioni fiscali per i disabili”. Nella guida viene rappresentato il quadro attuale benefici fiscali a disposizione dei contribuenti portatori di disabilità, spiegandone le regole e le modalità per richiedere le suddette agevolazioni. L’aggiornamento della guida tiene conto naturalmente delle ultime disposizioni normative, come quelle previste dalla Legge di Stabilità per il 2013, e dei più recenti documenti di prassi amministrativa.

Le novità - Tra le principali novità che sono segnalate nella guida, vi è l’aumento delle detrazioni Irpef riconosciute ai contribuenti con figli a carico, l’agevolazione dell’Iva ridotta al 4% per l’acquisto di veicoli in leasing, l’esenzione dalla tassa annuale sulle imbarcazioni dei disabili con determinate patologie, le semplificazioni introdotte dal decreto legge n. 5/2012 riguardo alle certificazioni delle persone con disabilità.

Nuove detrazioni Irpef – Ricordiamo che la Legge di Stabilità per il 2013, ha aumentato l’importo delle detrazioni di base spettanti per i figli a carico e in particolare dal 1° gennaio di quest’anno, per ogni figlio portatore di handicap, si ha diritto alla detrazione di 1.620 euro, se il figlio ha un’età inferiore a tre anni (fino al 2012 la detrazione era pari a 1.120 euro) e di 1.350 euro, se il figlio ha un’età pari o superiore a tre anni (era 1.020 euro, fino al 2012). Nella guida viene spiegato anche come deve essere ripartita la detrazione tra i genitori, nonché il procedimento per il calcolo della detrazione effettiva.

Agevolazioni per il settore auto 
– Nella guida dell’Agenzia viene effettuato un ampio approfondimento sulle agevolazioni previste per i mezzi di locomozione utilizzati, in via esclusiva o prevalente, dal portatore di handicap (autovetture, motoveicoli, motocarrozzette e altri veicoli), la detrazione per l’acquisto e la riparazione del mezzo, l’Iva ridotta al 4%, l’esenzione dal bollo auto e dall’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà.

Agevolazioni con contratto di leasing - La novità più importante è rappresentata dalla possibilità per la persona disabile di usufruire dell’aliquota Iva agevolata anche quando l’acquisto del veicolo avviene attraverso un contratto di leasing. Sul punto sono state fornite dalla stessa Agenzia diverse e importanti precisazioni, indicando le istruzioni che società di leasing e gli acquirenti devono osservare per l’applicazione dell’aliquota ridotta al 4% (risoluzione 66/E del 20 giugno 2012).

Leasing traslativo – È stato inoltre affermato che il beneficio può essere richiesto solo nell’ipotesi in cui il contratto di leasing sia di tipo “traslativo”, contenente una clausola contrattuale che preveda, a fine locazione, il trasferimento della proprietà del veicolo locato al soggetto utilizzatore. Solo in questo caso la società di leasing è autorizzata ad applicare l’aliquota agevolata sia sul prezzo di riscatto del veicolo sia sui canoni di locazione finanziaria.

Gli altri benefici – Nella guida sono spiegati in dettaglio anche altri benefici, in particolare le modalità e la documentazione necessaria per richiedere la detrazione Irpef per le spese sostenute per gli addetti all’assistenza, nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, la detrazione del 36% (del 50% fino al 30 giugno 2013) per i lavori di abbattimento delle barriere architettoniche, le agevolazioni per il sostenimento delle spese sanitarie e per l’acquisto di mezzi di ausilio (sussidi tecnici e informatici, cane guida per i non vedenti, servizi di interpretariato per i sordi).
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 20 marzo 2013

Liquidità e professioni: i progetti dei Confidi


Collaborazione con le Casse previdenziali e nuove strategie di garanzia

Credito e difficoltà - Non solo le imprese hanno difficoltà ad accedere al credito. Questa infatti è una problematica che incontrano anche gli studi professionali di medie e piccole dimensioni, tant’è che il fenomeno inizia ad assumere la fisionomia di una vera e propria emergenza. Il circuito produttivo italiano è costituito da realtà professionali che danno un apporto incisivo alla crescita; con la crisi però questi soggetti hanno subito una battuta d’arresto per quel che concerne la liquidità, pagandone le conseguenze in termini di crescita e sviluppo. A ciò va quindi ad aggiungersi il fatto che le banche stanno iniziando a restringere le possibilità d’accesso al credito, determinando un diffuso soffocamento di piccoli e medi studi appartenenti alle diverse aree professionali, da quella sanitaria a quella tecnica, dalle professioni economiche a quelle giuridiche.

L’incontro dei due Confidi - Proprio al fine di illustrare la situazione incorso, caratterizzata da una forte recessione e dall’irrigidimento delle condizioni creditizie, il 12 marzo si sono riuniti i più importanti istituti fondiari del circuito professionale, Fidiprof Nord e Fidiprof Centro Sud, che hanno tenuto il consueto Consiglio di amministrazione. Del corso dell’incontro si è determinata la volontà di proseguire il progetto di sviluppo e incremento dei confidi dei liberi professionisti, individuando altresì le strategie di intervento al fine di smorzare la stretta creditizia e sbloccare la liquidità della quale i piccoli e medi studi hanno bisogno. I due Confidi, che fanno riferimento alla Conferenza delle libere professioni italiane, hanno manifestato la volontà di ampliare la base patrimoniale incrementando quindi l’adesione di nuovi soci professionisti ai Consorzi di garanzia. A tal proposito, le regioni del nord che si sono dimostrate più attive sono state Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte; nel centro-sud invece si è riscontrata la viva partecipazione di Puglia, Toscana e Campania. In ogni caso, per entrambe le aree geografiche, le categorie che hanno risposto meglio sono state quelle dell’area sanitaria, seguite da quelle economiche e lavoristiche.

Le prestazioni di garanzia
 – L’attività svolta dai due Confidi ha portato anche allo sviluppo di nuovi progetti diretti a dar vita a prestazioni di garanzia a favore dei professionisti. In ragione di ciò, sono state istituite delle corsie preferenziali per le Casse di previdenza delle diverse categorie, con le quali i Confidi hanno intenzione di stringere una costruttiva alleanza. Lo scopo di una simile cooperazione è quello di sostenere gli iscritti alle Casse proprio avvalendosi dell’adesione a Fidiprof Nord e Fidiprof Centro Sud. Tali sono quindi le ulteriori novità venute a galla dal recente Consiglio di amministrazione, dal quale peraltro emerge che già una delle Casse professionali ha deliberato l’adesione al progetto. Un’altra “delle novità emerse dai Cda riguarda poi il rafforzamento della struttura operativa dei due Confidi. I board di Fidiprof hanno infatti deciso di avviare un articolato piano formativo che coinvolge i dipendenti delle associazioni aderenti al sistema confederale in materia di Testo unico bancario, ma anche alle opportunità date alle associazioni nella promozione dei Confidi e del credito ai professionisti”, conclude Confprofessioni.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 19 marzo 2013

Cosa fare a fronte di un avviso di addebito Inps


AUTORE: Redazione Fiscal Focus

Riepilogate le regole che caratterizzano il sistema di riscossione.
Premessa – Spesso i contribuenti si vedono recapitare degli avvisi di addebito da parte dell’INPS che li informano circa il mancato pagamento di somme dovute a qualunque titolo, non tutti però sono a conoscenza delle tempistiche e le procedure da seguire per evitare eventuali sanzioni e interessi, nonché l’esecuzione forzata. Ebbene, per contestare e bloccare l’accertamento INPS il contribuente può seguire sostanzialmente tre opzioni: pagare quanto dovuto; ricorrere in via amministrativa entro 90 giorni dalla notifica; proporre un’azione giudiziaria entro 40 giorni dalla notifica. Qualora non si rispetti uno dei suddetti punti, l’INPS procederà a notificare l’avviso di addebito; in mancanza di pagamento, entro 60 giorni dalla notifica, scatta l’esecuzione forzata da parte dell’AdR (Agente della Riscossione).

Il sistema di riscossione – Il sistema di riscossione parte da un semplice avviso di riscossione, che è lo strumento attraverso il quale l’INPS procede autonomamente alla contestazione e richiesta delle somme a qualunque titolo dovute dai contribuenti. In particolare, l'avviso deve contenere: il codice fiscale del soggetto tenuto al versamento; il periodo di riferimento del debito, la causale del debito, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale, sanzioni e interessi se dovuti, l'agente della riscossione competente. Al riguardo, si precisa che le sanzioni e le somme aggiuntive sono calcolate fino alla data del pagamento. Successivamente, si procede alla notifica dell’avviso di pagamento che può avvenire: tramite Pec; tramite messi comunali e agenti di polizia municipale; mediante il canale postale ossia con la raccomandata A/R. A questo punto, l’INPS trasferisce immediatamente all'agente della riscossione la notizia dei crediti che saranno oggetto di recupero coattivo. Per evitare ciò, il contribuente ha 60 giorni di tempo dalla notifica per adempiere al pagamento del proprio debito. In caso di mancato pagamento nei termini previsti, scatta l’esecuzione forzata da parte dell’AdR.

Il ricorso amministrativo – Come precisato in premessa, una delle strade che il contribuente può seguire per congelare l’azione di recupero fino a decisione dell’organo amministrativo è il ricordo amministrativo entro 90 giorni dall’avviso di addebito. Le situazioni che possono crearsi in tale fase sono le seguenti: in caso di rigetto del ricorso, e se non c'è il pagamento delle somme dovute entro 10 giorni dalla notifica dell'esito del ricorso, segue la formazione e la notifica dell'avviso di addebito al contribuente e la contestuale consegna all'agente della riscossione; in presenza di accoglimento parziale del ricorso dal quale derivi una rideterminazione degli importi addebitati, l'INPS richiede al debitore il pagamento della somma rideterminata entro 10 giorni dalla notifica della lettera di diffida; in caso di mancato pagamento, l'INPS forma e notifica l'avviso di addebito. Il collegato lavoro (Legge n. 183/2010) ha introdotto, nella procedura di accertamento, la diffida di regolarizzazione (comma 2 dell'articolo 13 del D.Lgs. n. 124/2004), in relazione alla quale possono presentarsi le seguenti situazioni.

La regolarizzazione –
 In base alle tempistiche con cui il contribuente regolarizza la propria posizione, possono presentarsi differenti situazioni, che possiamo sintetizzare nel seguente modo: se il trasgressore paga entro 30 giorni dalla notifica del verbale ispettivo, può pagare le sanzioni amministrative nella misura minima prevista dalla legge; in caso di pagamento dal 31° giorno, il trasgressore non può più fruire del pagamento delle sanzioni amministrative in misura minima, ma è ammesso a regolarizzare la sanzione amministrativa nella misura ridotta (articolo 16 della Legge n. 689/1981); infine, trascorsi 90 giorni dalla notifica del verbale ispettivo senza che sia avvenuto il pagamento l'INPS procede alla formazione dell'avviso di addebito. In quest’ultimo caso, le somme maggiorate dell’aggio che è pari al 4,65%.

lunedì 18 marzo 2013

Iva 2012: oggi il versamento del saldo


Obbligo di pagamento per i contribuenti che hanno presentato il mod. Iva in forma autonoma

Premessa – Scade oggi il versamento del saldo Iva per il periodo d’imposta 2012. Sono tenuti all’adempimento i contribuenti Iva che presentano la dichiarazione Iva in forma autonoma. Per coloro che, invece, presentano l’unificata, oggi rappresenta solo il primo appuntamento possibile. Essi, infatti, potranno anche scegliere di versare il saldo Iva entro il termine di pagamento delle imposte sui redditi derivanti da Unico, applicando la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese intercorsa tra il 18.03.2013 e la data di versamento.

Saldo Iva - Il versamento del saldo IVA risultante dalla dichiarazione annuale dovuto da tutti i soggetti IVA che presentino un’IVA a debito superiore a € 10,33, va effettuato rispettando termini diversi a seconda che il soggetto sia tenuto a presentare la dichiarazione in forma autonoma ovvero in forma unificata (mod. Unico).

Dichiarazione Iva autonoma - I contribuenti IVA che presentano la dichiarazione in forma autonoma devono effettuare il versamento del saldo risultante dal modello IVA/2013, relativo al 2012 entro oggi considerando, tuttavia, che il versamento può avvenire in un'unica soluzione o in forma rateale. In tale seconda ipotesi la 1° rata deve essere versata entro oggi mentre le rate successive alla prima, devono essere versate entro il giorno 16 di ogni mese successivo al 18.03.2013, con applicazione degli interessi fissi di rateizzazione nella misura dello 0,33% mensile. Il numero delle rate deve essere al massimo pari a 9, cioè la rateizzazione deve, in ogni caso, concludersi entro il mese di novembre.

Dichiarazione Iva in Unico - I contribuenti IVA che, invece, presentano la dichiarazione Iva in forma unificata (quindi, insieme a UNICO 2013), hanno più opzioni per il versamento del saldo risultante dal modello IVA/2013, relativo al 2012. In particolare, i soggetti che decideranno di attendere tale maggior termine possono scegliere di versare il saldo IVA 2013 in unica soluzione, maggiorando quanto dovuto dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese intercorso tra il 18.03 e il 17.06 (o 17.07). Quindi, se il saldo è versato entro il 17.06.2013, la maggiorazione sarà pari all’1,2% (0,40% x 3), mentre, se il versamento è effettuato entro il 17.07.2013, si dovrà calcolare un’ulteriore maggiorazione dello 0,40% per un totale di interessi pari a 1,60%. In alternativa il saldo può essere versato in forma rateale, maggiorando quanto dovuto dello 0,40% per ogni mese intercorso tra il 18.03 e il 17.06 (o 17.07, con l’ulteriore maggiorazione dello 0,40%) e successivamente suddividendo l’importo così determinato nel numero di rate scelte, per un massimo di 6 rate (5 se si inizia il 17.07), in quanto la rateizzazione deve comunque concludersi entro il mese di novembre. A ogni rata successiva alla prima vanno applicati gli interessi dello 0,33% mensile.

Compensazione credito Iva – Si ricorda inoltre che oggi è possibile procedere con la compensazione orizzontale del credito Iva 2012 oltre l'importo di 5.000 euro a condizione che il contribuente abbia trasmesso la dichiarazione annuale Iva 2013 entro la fine di febbraio.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 15 marzo 2013

Bilancio: il dissenso dell’amministratore


Va annotato nel libro delle adunanze e deliberazioni del C.d.a.

Premessa – L’amministratore che si trova in dissenso rispetto agli altri membri del consiglio di amministrazione su quanto indicato nel progetto di bilancio, deve richiedere che il proprio disaccordo venga riportato nel verbale dell’adunanza del consiglio di amministrazione.

Progetto di bilancio - Il progetto di bilancio, redatto a norma dell’art. 2423, comma 1, c.c., è formato dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa e deve essere corredato dalla relazione sulla gestione di cui all’art. 2428 c.c. Il legislatore non indica esplicitamente il termine entro il quale il progetto di bilancio deve essere redatto e approvato dal consiglio di amministrazione.

Termine di predisposizione - Atteso che il progetto di bilancio deve essere imprescindibilmente consegnato al collegio sindacale (e, ove presente, al soggetto incaricato della revisione legale dei conti) nei 30 giorni precedenti alla data dell’assemblea ordinaria chiamata in prima convocazione all’approvazione dello stesso, è tuttavia naturale ritenere che lo stesso debba essere predisposto entro e non oltre tale termine. Per individuare tale termine va considerato che il bilancio deve essere approvato entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio (ossia, per il bilancio 2012, entro il 30.4.2013) ovvero entro 180 giorni in caso di particolari esigenze (ossia, per il bilancio 2012, entro il 29.6.2013).

Onere - L’obbligo di redazione del progetto di bilancio spetta a tutti gli amministratori (nessuno escluso) che lo approvano collegialmente, nel rispetto del principio maggioritario. Al fine di una proficua discussione e deliberazione in merito al bilancio, è opportuno che i consiglieri non partecipanti materialmente alla stesura dello stesso ricevano la bozza del progetto di bilancio, prima della riunione del consiglio di amministrazione convocata per l’approvazione dello stesso. Ad ogni modo, è fatto divieto al medesimo organo di gestione di delegare la redazione del progetto di bilancio a un comitato esecutivo (composto da alcuni dei suoi componenti), ovvero a uno o più dei suoi componenti.

L’approvazione - Predisposta la bozza di progetto di bilancio, questa deve formare oggetto di discussione e approvazione da parte dell’organo di gestione, all’uopo convocato. Nel caso di omessa convocazione del consiglio da parte del presidente, è comunque legittima la convocazione effettuata dal singolo consigliere. Ad ogni modo, è precluso all’organo di controllo, in caso di inerzia dell’organo di gestione, provvedere a tale adempimento in vece dell’organo inadempiente: la redazione del progetto di bilancio e la sua sottoposizione all’assemblea dei soci è, infatti, compito esclusivo degli amministratori e, come tale, non delegabile.

Dissenso del singolo amministratore -
 Qualora un amministratore non dovesse condividere quanto riportato nel progetto di bilancio, non può richiedere che il proprio dissenso venga riportato nella relazione sulla gestione, ma dovrà farlo annotare, senza indugio, nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio: l’art. 2392, comma 3, c.c. dispone, infatti, che “la responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale”.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 14 marzo 2013

Bonus ristrutturazioni e condominio


Per le detrazioni fiscali vale l’aliquota vigente al momento della data del bonifico

Detrazioni in condominio - Per i lavori di ristrutturazione edilizia effettuati sulle parti comuni condominiali, relativamente all’agevolazione fiscale del 36/50%, le somme che sono state pagate dall’amministratore nel 2012 andranno in Unico 2013 o nel 730/2013 del condomino nei limiti delle spese relativamente ai lavori che lo stesso condomino ha pagato entro la data della presentazione della dichiarazione dei redditi. Per i versamenti effettuati nel 2012 ricordiamo che la detrazione Irpef è del 36% se gli stessi sono stati effettuati tramite bonifico fino al 25 giugno 2012, e del 50% per quelli effettuati dal 26 giugno al 31 dicembre 2012. Al fine di individuare la misura dello sconto fiscale, rileva la data del bonifico effettuato dall'amministratore del condominio, e non quella di rimborso delle spese condominiali da parte del condomino all'amministratore. Tali spese dovranno tuttavia essere versate all’amministratore prima dell'invio di Unico PF/2013 o del 730/2013, per poter beneficiare dello sconto già da quest'anno sull'Irpef relativa al 2012.

Vale la data di pagamento dei lavori - Relativamente alle parti condominiali, la detrazione Irpef del 36/50%, spetta dall'anno di effettuazione del bonifico bancario da parte dell'amministratore e nel limite delle quote dallo stesso imputate ai singoli condomini e che devono avere effettivamente versato al condominio entro il momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, anche anticipatamente o posticipatamente rispetto alla data di effettuazione del bonifico al fornitore da parte dell'amministratore del condominio come previsto dalla circolare del 1° giugno 1999, n. 122/E, e del 12 maggio 2000, n. 95/E.

Pagamenti dell’amministratore – Se l’amministratore ha effettuato il pagamento delle spese entro il 30 giugno 2012, ogni condomino può calcolare la detrazione del 50% (in 10 anni) su tutte le quote di spese versate e che sono state ripartite in base alla ripartizione millesimale e alla delibera assembleare. Si considerano anche i versamenti che sono stati anticipati nel 2011 o in anni precedenti per consentire all'amministratore di procedere nel 2012 al pagamento dei lavori. Non rilevano invece le quote che non sono state saldate dal condomino entro il termine della presentazione della dichiarazione dei redditi (entro il 30 settembre 2013 per Unico PF 2013) o del 730/2013 (entro il 31 maggio 2013), e per il 2012 tali quote non versate restano escluse dal bonus anche se l’amministratore ha comunque pagato i lavori (Circolari n. 121/E dell’ 11 maggio 1998, n. 57/E del 24 febbraio 1998).

Necessario il codice fiscale del condominio
 – Si ricorda che per gli interventi sulle parti comuni condominiali, nel bonifico di pagamento del fornitore è necessaria l’indicazione anche del codice fiscale del condominio, oltre alla causale del versamento (articolo 16-bis, D.P.R. n. 917/1986) e al numero di partita Iva o codice fiscale dell'impressa esecutrice. Da non dimenticare poi anche il codice fiscale dell’amministratore o del condominio che ha effettuato il versamento. Ricordiamo infine che per gli interventi realizzati sulle parti comuni condominiali il contribuente, in luogo di tutta la documentazione prevista, può utilizzare una certificazione rilasciata dall’amministratore del condominio, in cui lo stesso attesti di avere adempiuto a tutti gli obblighi previsti e indichi la somma di cui il contribuente può tenere conto ai fini della detrazione.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 13 marzo 2013

Società in liquidazione: la valutazione del credito


FISCAL FOCUS DEL 13.3.2013
Il caso - Una società che si appresta a redigere il bilancio finale di liquidazione, presenta nel suo attivo dei crediti di elevato importo, presenti nel bilancio già da qualche anno.
Si ritiene che tali crediti siano inesigibili, in quanto il debitore non ha risposto ai numerosi solleciti e si suppone, inoltre, non sia conveniente intraprendere ulteriori azioni legali.
Analizziamo come dovranno essere contabilizzati tali crediti.

In via preliminare è bene sottolineare che nell’ambito del processo di liquidazione i liquidatori, in osservanza delle disposizioni di cui all’art. 2489, co. 2, del codice civile, debbono adempiere i loro doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell’incarico e la loro responsabilità per i danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri è disciplinata secondo le norme in tema di responsabilità degli amministratori (art. 2489 co. 2, codice civile).

Salvo diversa disposizione statutaria, ovvero adottata in sede di nomina, i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società (art. 2489, co. 1, del codice civile).

In base alla citata disposizione, dovrà essere cura del liquidatore verificare l’esistenza dei presupposti per intraprendere ulteriori strade per il recupero dell’ingente credito. Nel caso in cui il liquidatore dovesse constatare l’impossibilità o, meglio, la scarsa convenienza ad intraprendere ulteriori azioni legali volte all’escussione del credito, potrà, in ossequio a quanto previsto dall’art. 2487, co. 1, lettera c) del codice civile, informare l’assemblea dei soci, portando la stessa a diretta conoscenza dell’inesigibilità del credito.
Ciò detto, passiamo all’analisi dei profili contabili.

È bene ricordare che sin dall’apertura della fase liquidatoria, è necessario predisporre il bilancio iniziale della liquidazioneredatto dagli amministratori in concerto con i liquidatori.
Si tratta di un prospetto contabile che non è espressamente previsto dal codice civile per le società di capitali ma che l’OIC 5 ritiene obbligatorio. Deve indicare la variazione del criterio di valutazione adottato.
Il bilancio iniziale di liquidazione ha le seguenti finalità:
a. accertare la “situazione iniziale” del patrimonio dell’impresa che è indispensabile per la successiva gestione di liquidazione;
b. determinare il valore del patrimonio netto iniziale di liquidazione per poter successivamente pervenire alla determinazione del risultato economico dei successivi esercizi, del capitale finale di liquidazione, e, quindi, delle quote di riparto dell’attivo netto residuo fra i soci;
c. stabilire se presumibilmente (e salvo nuovi o più completi accertamenti di attività e passività che costituiscono un vero e proprio obbligo dei liquidatori) i fondi liquidi esistenti alla apertura della liquidazione e gli incassi derivanti dal realizzo delle attività saranno sufficienti ad estinguere le passività e coprire le spese e gli oneri della liquidazione tenuto conto anche delle sequenze temporali di incassi e pagamenti.

I criteri di valutazione da adottare sono quelli della liquidazione:
presunto realizzo per le attività;
valori di estinzione per le passività.

In base a quanto detto, già nella redazione del bilancio iniziale si sarebbe dovuta operare la valutazione del credito al presumibile valore di realizzo, procedendo, ove necessario, come sembrerebbe nel caso di specie,ad una rettifica del credito pari alla differenza tra il valore nominale e il valore di presumibile realizzo, impuntando dunque le relative perdite su crediti.

Tuttavia, qualora al momento della redazione del bilancio iniziale di liquidazione si riteneva il credito ancora esigibile, si potrà tener conto dell’evento del bilancio finale di liquidazione.
Si ricorda, infatti, che a norma dell’art. 2492 c.c., una volta terminata la liquidazione, i liquidatori devono redigere un bilancio finale, da depositarsi al registro delle imprese corredato dalla relazione del Collegio sindacale e del Revisore contabile (se esistenti), composto da bilancio finale di liquidazione in senso stretto e dal piano di riparto.
Il bilancio finale di liquidazione, secondo quanto precisato dall’OIC, deve contenere oltre allo Stato patrimoniale anche il Conto economico relativo al periodo che intercorre dalla chiusura dell’ultimo bilancio annuale di liquidazione fino alla data di chiusura della liquidazione.
Potrà inoltre essere aggiunto, facoltativamente, un Conto economico riepilogativo di tutto il periodo pluriennale di liquidazione, a partire dalla data di apertura della liquidazione e fino alla data di chiusura della stessa.
È, inoltre, ampiamente diffusa la tesi in base alla quale le specifiche esigenze informative e il particolare meccanismo di approvazione di tale bilancio rendono fondamentale la presenza anche della nota integrativa e soprattutto della relazione sulla gestione (liquidatoria) in cui dovrebbero confluire le informazioni esplicative sull’andamento della gestione (passata) dei liquidatori.
Autore: Gioacchino De Pasquale

martedì 12 marzo 2013

Redditi e Imu: i chiarimenti del Fisco


AUTORE: Redazione Fiscal Focus


Circolare 5E dell’11 marzo 2013

Premessa – Con la circolare n. 5 di ieri l’Agenzia delle Entrate fornisce alcuni chiarimenti in merito agli effetti sull’IRPEF e sulle relative addizionali derivanti dall’applicazione dell’IMU sperimentale per gli anni 2012- 2014. In particolare, il documento di prassi definisce quali siano i redditi che non sono più assoggettati a Irpef perché vengono sostituiti dall'Imu. Una circostanza che ha degli effetti anche sugli obblighi dichiarativi: il contribuente che possiede solo redditi sostituiti dall’Imu, infatti, non è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi. Inoltre, viene precisato qual’é il criterio da adottare in caso di beni locati per una sola parte del periodo d'imposta e quale trattamento si riserva all'abitazione principale.

Imu e imponibile Irpef
 - L’imposta municipale propria “sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati …”; così stabilisce l’articolo 8, comma 1, del Dlgs 23/2011. Al riguardo, la circolare di ieri mette innanzitutto in chiaro che il reddito fondiario derivante da immobili non locati o non affittati sottoposti a Imu va escluso dall’imponibile Irpef: è in questo modo che si concretizza la sua funzione di tassazione “sostitutiva”.

Redditi non sostituiti 
– La circolare ricorda, poi, che per alcuni redditi, espressamente elencati dalle disposizioni che regolano l’Imu, non si produce l’effetto di sostituzione. Rientrano nell’elenco, in particolare: il reddito agrario (art. 32 Tuir), i redditi di fabbricati relativi a beni locati diversi da quelli cui si applica la cedolare secca, i redditi derivanti dagli immobili che non producono reddito fondiario (art. 43 Tuir) e i redditi degli immobili posseduti dai soggetti passivi Ires.

Casi particolari - Nel caso in cui un immobile sia locato per una parte del periodo di imposta, l’Imu sostituisce l’Irpef e le addizionali dovute sul reddito fondiario relativo alla sola parte del periodo d’imposta in cui l’immobile non è locato. Per la parte del periodo di imposta in cui l’immobile è locato, invece, il relativo reddito fondiario è soggetto a Irpef e alle addizionali calcolate con le regole ordinarie.

Immobili inagibili 
- Quanto agli immobili inagibili per i quali siano rispettate tutte le prescrizioni previste dalla Legge (art. 13, comma 3, lett. b del Dl n. 201/2011), la circolare spiega che, in virtù del principio di sostituzione, è dovuta solo l’Imu. Infatti, anche se in caso di inagibilità l’Imu è dovuta, per via dell’abbattimento al 50% della base imponibile, in misura ridotta, l’immobile non può comunque essere considerato esente dall’Imposta municipale e vale, quindi, l’effetto di sostituzione dell’Irpef.

Società semplici 
- L’Imu con effetto sostitutivo soltanto per i soci che non detengono la partecipazione in regime d’impresa. E’ questo il parere dell’Agenzia per quanto riguarda i partecipanti alle società semplici. La quota esclusa dall’imponibile è pari al reddito di partecipazione riferibile ai redditi fondiari sottoposti all’imposta municipale propria, corrispondenti, cioè, al reddito dominicale dei terreni non affittati e al reddito dei fabbricati non locati, come certificato dal prospetto di ripartizione del reddito rilasciato dalla società.

Unico e 730 
– Un chiarimento infine per quanto riguarda la presentazione della dichiarazione dei redditi. I contribuenti che hanno prodotto nel periodo d’imposta di riferimento unicamente redditi sostituiti dall’Imu, sono esonerati dalla presentazione di Unico.

lunedì 11 marzo 2013

Società semplificate: chiarimenti dal Notariato di Milano


Le massime che dettano alcune interpretazioni sulle nuove tipologie di società srl semplificate e a capitale ridotto previste dall'art. 2643-bis c.c. e dall'art. 44 del D.L. 83/2012.

Legittimità dell’atto costitutivo - Il consiglio notarile di Milano si è espresso con una massima sulla modificabilità dello statuto standard delle Srl semplificate, ed è stato chiarito che la presenza di clausole convenzionali aggiuntive, compatibili con la disciplina generale della srl o della srl semplificata, non incide né sulla legittimità dell'atto costitutivo né sulla validità delle stesse, in quanto può solo rilevare ai fini dell'esatta qualificazione del tipo di società prescelta. Eventuali clausole che concernono ad esempio la durata della società, o la scelta del modello di amministrazione, non vanno al di fuori del perimetro del modello della srl semplificata previsto dal D.M. Giustizia 138/2012. Il Notariato milanese si allinea inoltre, con quanto affermato sulla modificabilità dello statuto standard dal Ministero della Giustizia con la circolare (prot. n. 43644 del 10 dicembre 2012), fatta propria anche dal Ministero dello Sviluppo economico con la circolare 2 gennaio 2013 n. 2357/C.

Vincoli per la variazione del capitale sociale – Sul tema dell’aumento/riduzione del capitale sociale, nonché in merito alla trasformazione dall'uno all'altro tipo di società, il Consiglio notarile non reputa che le limitazioni di legge in relazione alla tipologia di conferimenti (solo denaro) o alle modalità di esecuzione degli stessi (immediata liberazione) in sede di costituzione, valgano anche in occasione di un aumento di capitale. Dunque una volta costituita la società, si potrà deliberare qualsiasi tipologia di aumento con conferimenti anche diversi dal denaro, a prescindere dal fatto che venga o meno raggiunto il limite di 10.000 euro. Naturalmente qualora il capitale superasse tale soglia, l'operazione comporterebbe necessariamente il passaggio alla forma di srl “ordinaria”. Tale interpretazione risulterebbe non in linea con ciò che afferma Assonime dove nella circolare 29 del 30 ottobre 2012, ritiene che nel caso di aumento entro i 10.000 euro, con conservazione del tipo sociale minore, il divieto dei conferimenti in natura è una regola immanente alle nuove figure societarie e conseguentemente tale divieto dovrebbe valere anche in sede di aumento di capitale. In tema di aumento di capitale, il notariato sostiene inoltre che l'obbligo di conferimento di denaro in esecuzione di un aumento di capitale di spa o srl, può essere estinto mediante compensazione di un credito vantato dal sottoscrittore verso la società, anche in mancanza di espressa disposizione della deliberazione di aumento. Se la compensazione interessa debiti liquidi ed esigibili non è richiesto il consenso della società, diversamente se il credito è certo, ma non esigibile, tale consenso è necessario.

Trasformazione di società – Il passaggio da un tipo all’altro di società a responsabilità limitata, anche ordinaria, risulta realizzabile senza problemi, tali modifiche non costituirebbero delle vere e proprie trasformazioni, poiché si resterebbe pur sempre nell'ambito del tipo della Srl. Anche per questo motivo non è richiesta una perizia di stima del patrimonio sociale, diversamente da quanto avviene nelle ipotesi di trasformazione di una società di persone in srl.

Le perdite
 - Una particolare attenzione viene dedicata con una massima alla disciplina delle perdite, in particolare viene confermata l'applicabilità alle srl “minori” la disciplina civilistica della “riduzione del capitale per perdite” prevista dagli articoli 2482-bis c.c. (riduzione obbligatoria in caso di perdite oltre il terzo) e 2482-ter c.c. (perdite al di sotto del minimo legale). Viene puntualizzato che, il parametro del capitale di riferimento è ovviamente più basso, ma le conseguenze sono le stesse.

La cessione delle quote - Con le massime n. 128 e 129 del 5 marzo, il notariato ribadisce ancora che il requisito anagrafico (35 anni) è determinante per l'assunzione della qualità di socio di una srl semplificata, mentre il superamento dell'età del socio fondatore, in una fase successiva non determina conseguenze per la compagine sociale. Il notariato inoltre afferma il divieto di cessione delle quote mediante tutti gli atti tra vivi verso chi non ha il previsto requisito anagrafico, verso soggetti diversi dalle persone fisiche, sia nelle srls che nelle srl a capitale ridotto, che abbiano ad oggetto, oltre che il trasferimento della piena proprietà, anche il trasferimento o la costituzione di diritti parziali di godimento o il trasferimento della nuda proprietà da essi gravata.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 8 marzo 2013

Rc professionale: questa sconosciuta


Le compagnie assicurative non sono obbligate ad assicurare il professionista. È un problema da risolvere.

I problemi - Ancora problemi per le polizze assicurative dei professionisti. La strada non sembra liscia e semplice come si prospettava. Dopo il primo rinvio, che ne ha spostato l’obbligatorietà dal 13 agosto 2012 al 13 agosto 2013, un nuovo problema si presenta all’orizzonte, ossia la ‘non’ obbligatorietà per le società assicurative di stipulare il contratto di Rc professionale con professionisti. La massima, introdotta dal D.P.R. n. 137/12 di riforma degli ordinamenti professionali, mira a dare la possibilità alle compagnie di rifiutare un professionista qualora questi, pur essendo iscritto all’Ordine, non presenti i necessari requisiti pretesi dalla compagnia assicurativa.

Il vulnus normativo - È evidente che si è al cospetto di un vero e proprio vulnus normativo, sul quale però risulta quanto mai opportuno riflettere e operare in tempo per giungere con le carte in regola all’appuntamento del prossimo 13 agosto. Il punto è che la presente lacuna si riferisce anche ai massimali e alle attività che possono essere coperte dall’assicurazione, poiché la legge dà un elastico margine decisionale alle compagnie che possono non solo decidere di non assicurare un iscritto, ma anche imporgli un prezzo particolarmente alto qualora non presentasse le garanzie richieste. La ferita può pertanto essere rimarginata solo con un opportuno intervento dei ministeri competenti. È questa, in sostanza, la richiesta congiunta di Cup, Oua e Anc.

Le sigle di categoria - In linea generale, i diversi organi di rappresentanza delle categorie professionali vorrebbero giungere ad accordi condivisi con le compagnie assicurative, al fine di stipulare convenzioni che permettano agli iscritti di ottenere contratti assicurativi a basso costo e con ampie coperture. Ma il cammino pare oggi più che mai frastagliato, soprattutto alla luce di questa possibilità di rifiuto che la riforma stessa riconosce alle società assicurative. Ad oggi le compagnie italiane sembrano non essere particolarmente interessate, tanto che i primi dialoghi imbastiti hanno coinvolto le straniere. Su questo punto si attenderanno gli sviluppi, tuttavia nel frattempo le associazioni di categoria non possono che rilevare il problema ponendolo all’attenzione sia dei Ministeri competenti sia degli iscritti. Secondo le sigle sindacali, attualmente i professionisti si trovano davanti a una sorta di bivio: da un lato, sono obbligati entro il prossimo 13 agosto a stipulare una polizza; dall’altro, potrebbero incorrere nell’eventualità che nessuna compagnia ricopra in maniera totale le voci richieste dalla riforma. Che fare? La soluzione, secondo il leader del Cup Marina Calderone, è abbastanza chiara: bisognerà introdurre condizioni standard che siano uguali per tutti i professionisti iscritti agli Albi. Ma, a parere di Marco Cuchel presidente dell’Associazione italiana commercialisti, dovrà risolversi anche il nodo delle sanzioni amministrative pecuniarie. Le stesse, al momento non assicurabili, alla luce del D.Lgs. n. 472/97 inerente la responsabilità diretta dell'illecito da parte del professionista incaricato dal contribuente, impongono al commercialista o esperto contabile l’impossibilità di avere coperture nel caso in cui si dovesse trovare nella situazione di dover onorare eventuali sanzioni tributarie con il proprio patrimonio. Questi sono i problemi, agosto si avvicina e dalle sedi ministeriali ancora non si ha nessuna risposta.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 6 marzo 2013

Bonus fiscale del 55%: sanzione per mancata comunicazione


Autore: Redazione Fiscal Focus

La mancata osservanza del termine previsto per l’invio del modello o l’omessa trasmissione dello stesso, non comportano la decadenza dal beneficio fiscale

La comunicazione all’Agenzia delle Entrate - Tra gli adempimenti necessari per usufruire del bonus fiscale del 55% relativamente al risparmio energetico, coloro che hanno sostenuto tali spese nel 2012, e non hanno terminato i lavori entro il 31 dicembre, devono inviare entro il 31 marzo prossimo una comunicazione all’Agenzia delle Entrate con l’indicazione dell’ammontare di quanto è stato speso nel 2012. Per i privati e i lavoratori autonomi vale il principio di cassa, cioè che la spesa è "sostenuta" al momento del pagamento con bonifico, mentre per le imprese vale quello di competenza. L’apposita comunicazione deve essere inviata all’Agenzia delle Entrate in modalità telematica, con riferimento ai soli interventi i cui lavori proseguono oltre il periodo d’imposta, per comunicare le spese sostenute nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui i lavori sono terminati.

Mancato invio della comunicazione - Il mancato invio della comunicazione, non ha come conseguenza la decadenza dell'agevolazione, ma comporta l'applicazione della sanzione da 258 euro a 2.065 euro (circolare 23 aprile 2010, n. 21/E) perché per sanare questa omissione, non può essere utilizzata la remissione “in bonis”, introdotta dall'articolo 2, D.L. 16/2012.

Chi deve inviare la comunicazione - Sono obbligati all’invio di tale comunicazione i soggetti che contemporaneamente proseguono i lavori iniziati nell'anno precedente (2012) e hanno "sostenuto" (per cassa o competenza per le imprese) spese agevolate nell'anno precedente a quello dell'invio della comunicazione.

Pagamento effettuato nel 2013 - Se i lavori sono terminati entro il 31 dicembre 2012, ma il pagamento viene effettuato nel 2013, la comunicazione non va inviata. Invece se nel 2012 è stato versato un acconto, la comunicazione va spedita, indicando i dati di quel pagamento.

Lavori iniziati nel 2013
 – Se invece è stato versato un acconto nel 2012, ma i lavori sono iniziati nel 2013, non va effettuata alcuna comunicazione.

Invio Enea 
- Si ricorda che l'invio della comunicazione alle Entrate non sostituisce quella da trasmettere all'Enea entro 90 giorni dalla fine dei lavori. In più per i lavori a cavallo d’anno il contribuente deve continuare ad attestare che i lavori non sono stati ultimati nell'anno precedente, se vuole iniziare a beneficiare della detrazione del 55% già dalla dichiarazione di quel periodo d'imposta, senza attendere la fine dei lavori e il conseguente invio della documentazione all'Enea.

No alla remissione in bonis
 - Non vale la remissione “in bonis” introdotta dall'articolo 2, D.L. 16/2012, per sanare l’omessa comunicazione, in quanto con questo istituto possono essere sanati solo gli adempimenti e le comunicazioni indispensabili per fruire di benefici di natura fiscale o per accedere a regimi fiscali opzionali. Come previsto nella circolare 28 settembre 2012 n. 38/E, la disposizione in esame, non trova applicazione con riferimento alle comunicazioni o agli adempimenti fiscali la cui non tempestiva esecuzione assume natura di mera irregolarità (e dal cui mancato o tardivo adempimento discenda la sola irrogazione di sanzioni).

Cartella di pagamento: modifiche alla relata di notifica


Il provvedimento - L’Agenzia delle Entrate con il provvedimento direttoriale del 5 marzo 2013, ha approvato la modifica della relata di notifica relativa alla cartella di pagamento approvata con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 3 luglio 2012.

Modifica della relata - Con il suddetto provvedimento, l’Agenzia delle Entrate ha modificato il testo della relata di notifica della cartella di pagamento nella parte concernente l’irreperibilità relativa del destinatario, specificando che in caso di temporanea assenza, o incapacità, o rifiuto delle persone legittimate a ricevere gli atti in luogo del destinatario, si procede alla notifica mediante:
- deposito dell’atto nella casa comunale;
- affissione dell’avviso di deposito in busta chiusa e sigillata, alla casa di abitazione, ufficio o azienda del contribuente, e invio della raccomandata con avviso di ricevimento per informare il contribuente degli adempimenti effettuati.

Le disposizioni della Corte Costituzionale - La Corte costituzionale, con la sentenza del 19 novembre 2012 n. 258, ha uniformato le modalità di notificazione degli atti di accertamento e delle cartelle di pagamento in caso di irreperibilità relativa del destinatario, ovvero in caso di mera assenza o incapacità o rifiuto delle persone legittimate a ricevere gli atti in luogo del destinatario. A tal fine, con riguardo alla notificazione della cartella di pagamento, la Corte ha ristretto la sfera di applicazione del combinato disposto degli art. 26, quarto comma, del D.P.R. n. 602/1973 e 60, primo comma, alinea e lettera e), del D.P.R. n. 600/1973 alla sola ipotesi di irreperibilità assoluta del destinatario (ovvero al caso di mancanza nel Comune, dell’abitazione, ufficio o azienda del contribuente), con conseguente applicazione nella diversa ipotesi di irreperibilità relativa, della disciplina ordinaria di cui all’art. 140 c.p.c. in base al disposto dell’ultimo comma dell’art. 26 del citato D.P.R. n. 602/1973.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 5 marzo 2013

QUESITO DEL GIORNO: Canone di affitto prima casa di un familiare


SERVIZIO "BDC RISPONDE" - IL SOLE 24 ORE

D: E’ possibile per un figlio dedurre fiscalmente il canone di locazione per immobile adibito a prima casa di un genitore che essendo senza reddito non ha potuto stipulare il contratto di locazione, precisando che genitore e figlio hanno residenze diverse?

R: In riferimento al quesito proposto si evidenzia che il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, disciplinante la materia delle detrazioni in presenza di canoni d'affitto sostenuti per l'abitazione principale prevede che: "Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione complessivamente pari a...". L'articolo in esame dispone quindi che la detrazione prevista possa essere usufruita esclusivamente da parte del soggetto intestatario del contratto. Nel caso di specie non è possibile effettuare la detrazione del canone sostenuto dal figlio per il genitore privo di reddito in quanto vi è la necessità che il soggetto intestatario del contratto sia lo stesso che utilizzi l’immobile come abitazione principale. Non esistono altresì differenti disposizioni legislative che permetto tale detrazione.

Taglio netto al contenzioso tributario


L’Agenzia delle Entrate intende rinunciare a moltissime controversie

Prosegue l’impegno del Fisco a una gestione più oculata del contenzioso tributario, al fine di renderlo scevro di quelle liti che non meritano di essere intraprese o proseguite. Gli Uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate, infatti, rinunceranno a moltissime controversie per le quali la Corte di Cassazione ha da tempo assunto posizioni pro contribuente.

Il taglio. Tra le liti interessate dal “taglio” si segnalano, per esempio, quelle concernenti: - gli atti impositivi emessi nel termine decennale anziché triennale per la verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti per beneficiare delle agevolazioni fiscali cc.dd. “prima casa”; - il disconoscimento principio del “favor rei” (articolo 3, comma 3, del D.L. n. 12/2002) in tema di sanzioni per utilizzo di lavoratori irregolari; - il diniego sistematico del rimborso dell'IRAP dovuta da agenti di commercio, promotori finanziari e medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale; - la rettifica, ai fini IVA, del corrispettivo di un atto di compravendita di un immobile e relative pertinenze esclusivamente sulla base del valore O.m.i.; - gli avvisi di accertamento emessi sulla base di studi di settore senza lo svolgimento del preventivo contraddittorio; - l’assoggettabilità a IVA dei “bonus” qualitativi erogati ai concessionari di autoveicoli; - il diniego rimborso dell'imposta sostitutiva per la rideterminazione del valore dei terreni o partecipazioni versata in occasione di una precedente rivalutazione; - il recupero delle quote di ammortamento e dell’IVA detratta con riferimento a operazioni di “lease back”.

Studi. Come premesso, l’Agenzia delle Entrate non ritiene più opportuno coltivare quelle controversie sulla quali esiste una precisa presa di posizione dei giudici di legittimità. Se si pensa agli accertamenti da studi di settore, infatti, è consolidato l’orientamento che ritiene indefettibile il preventivo contraddittorio con il contribuente. In mancanza dell’invito dell’Ufficio infatti l’accertamento deve essere considerato nullo, perché quel che dà sostanza all’atto impositivo è proprio il contraddittorio con la parte privata, dal quale possono emergere elementi idonei a commisurare alla concreta realtà economica dell’impresa la presunzione indotta dal rilevato scostamento del reddito dichiarato (da ultimo, Cass. Civ. Sez. V, 20.02.2013, n. 4166).

IRAP. In tema di IRAP invece, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenze n. 12108/09, 12109/09, 12110/09 e 12111/09) hanno escluso che gli agenti di commercio siano compresi nel novero dei contribuenti tenuti al pagamento dell’imposta, quando non è ravvisabile il requisito della autonoma organizzazione (requisito che ricorre “quando il contribuente a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile della organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità od interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio della attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta, dare la prova della assenza delle predette condizioni” - Cass. Civ. Sez. V, Sent., 11.12.2012, n. 22590).

Nell’incertezza meglio resistere. Nel caso di esito incerto – e non potrebbe essere diversamente - la strategia dell’Amministrazione Finanziaria è invece quella di perseverare nella pretesa fino al giudizio in Cassazione.
Autore: Redazione Fiscal Focus