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venerdì 29 aprile 2011

Ultimi giorni per gli immobili «fantasma»


Entro domani la denuncia al Catasto: definiti i criteri per attribuire una rendita presunta agli immobili non denunciati
 
Il 30 aprile è l’ultimo giorno utile per denunciare al Catasto Fabbricati le unità immobiliari “fantasma”.
Si tratta dei fabbricati o porzioni di fabbricato “scoperti” dall’Agenzia del Territorio nel corso delle attività di monitoraggio condotte a partire dal 2007, nell’ambito della procedura disciplinata dall’art. 2, comma 36 del DL 262/2006, conv. L. 286/2006.
L’art. 19, comma 8 del DL n. 78/2010, conv. L. n. 122/2010, aveva riaperto i termini per dichiarare in catasto tali immobili (avvalendosi della procedura DOCFA di cui al DM 701/94), fissando la data al 31 dicembre 2010. Successivamente, in sede di conversione in legge (L. n. 10/2011) del decreto c.d. “milleproroghe” (DL n. 225/2010), il termine del 31 dicembre 2010 è stato ulteriormente differito al 30 aprile 2011. Sebbene il 30 aprile cada di sabato, si ritiene che il termine per la regolarizzazione degli immobili fantasma non possa ritenersi prorogato di diritto al 2 maggio, atteso che il sabato non è un giorno festivo (e, quindi, non trova applicazione la disciplina generale dettata dall’art. 2963, comma 3 c.c., secondo cui “se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo”) e che non trova applicazione, in materia catastale, la disciplina prevista dall’art. 2, comma 9 del DPR 322/98 (che, in materia di dichiarazioni, dispone: “i termini di presentazione della dichiarazione che scadono di sabato sono prorogati d’ufficio al primo giorno feriale successivo”). Pertanto, in assenza di una specifica disposizione che, in materia catastale, proroghi i termini che scadono di sabato al primo giorno non festivo, si dovrebbe concludere per il permanere del termine del 30 aprile, sebbene esso cada di sabato.
Si noti che la riapertura dei termini di che si discute rappresenta un’occasione difficilmente replicabile, atteso che per la maggior parte degli immobili interessati, siti in Comuni già controllati dall’Agenzia del Territorio nel corso del triennio 2007-2009, il termine ordinario previsto dall’art. 2, comma 36 del DL 262/2006, conv. L. 286/2006 (attualmente, sette mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del relativo comunicato dell’Agenzia del Territorio), risultava già scaduto da anni (ad esempio, il termine per gli immobili individuati dal comunicato 10 agosto 2007 scadeva originariamente l’8 novembre 2007, mentre il termine per regolarizzare gli immobili individuati dal comunicato 15 dicembre 2009, scadeva originariamente il 15 luglio 2010).
L’adempimento di parte compiuto entro il 30 aprile 2011 dovrebbe evitare l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 31 del RDL 13 aprile 39 n. 652, convertito nella L. 11 agosto 39 n. 1249, e successive modificazioni, prevista in caso di omesso o tardivo accatastamento.
Tale linea interpretativa si basa sul riscontro dell’art. 2, comma 36 del DL 262/2006, conv. L. 286/2006, e – con ancor più evidenza – dell’art. 5, comma 2 del provv. direttore Agenzia del Territorio 9 febbraio 2007 (normativa secondaria di attuazione), e presenta il pregio di riconoscere un vantaggio concreto (la disapplicazione della sanzione catastale) quale discriminante di trattamento in ragione della tempestività dell’iniziativa di parte. Il condizionale è tuttavia d’obbligo, atteso che il punto non è mai stato confermato ufficialmente, sicché da più parti si è evidenziato come il vantaggio concreto del tempestivo adempimento di parte sarebbe circoscritto all’applicazione della predetta sanzione nella misura minima di 258 euro, oltre al risparmio sugli oneri tecnici dell’accatastamento.
Onorari medi dei professionisti inferiori agli oneri definiti dall’Agenzia
Almeno in merito a tale ultimo aspetto, infatti, non sussistono dubbi: in linea di massima, l’onorario mediamente praticato dai professionisti dell’area tecnica (iscritto all’albo/collegio degli ingegneri, architetti, geometri, periti edili e agrari, dottori agronomi, agrotecnici) per l’accatastamento DOCFA di unità immobiliari urbane e la correlata (automatica) elaborazione della relativa rendita proposta, risulta inferiore agli oneri posti a carico del possessore in caso di accatastamento d’ufficio e di determinazione della rendita presunta ad opera dell’Agenzia del Territorio (la misura di tali spese è definita, nel caso specifico, dalla Tabella allegata al provvedimento dell’Agenzia del Territorio 19 aprile 2011, riportata nella seconda parte della tabella in calce all’articolo).
Per gli immobili fantasma non denunciati entro il 30 aprile 2011, l’Agenzia del Territorio determinerà la rendita presunta da iscrivere transitoriamente in Catasto in base ai criteri definiti dal provvedimento dell’Agenzia del Territorio 19 aprile 2011.
In caso di adempimento tardivo, qualora cioè la DOCFA venga presentata oltre il 30 aprile 2011, ma comunque prima della messa in atti della rendita presunta da parte dell’Agenzia del Territorio, al possessore saranno comunque addebitate, oltre alla sanzione amministrativa prevista in caso di omesso o tardivo accatastamento (art. 31 del RDL n. 652/39, convertito nella L. n. 1249/39), gli oneri relativi alle spese di cui alla lettera A della tabella allegata alla provvedimento, nonché quelli connessi alle attività svolte.
Si ricorda che la notifica degli atti di accertamento catastale con attribuzione della rendita presunta avverrà tramite l’affissione all’albo pretorio del Comune in cui sono ubicati gli immobili (art. 2, comma 5-bis del DL 225/2010, conv. L. 10/2011; art. 3, comma 3 provv. Agenzia del Territorio 19 aprile 2011).
La rendita presunta, e quella successivamente proposta o attribuita d’ufficio a titolo definitivo, per espressa statuizione di legge (art. 2, comma 5-bis del DL 225/2010, conv. L. 10/2011), produce effetti ai fini fiscali a decorrere dall’1 gennaio 2007 (salva la possibilità di prova contraria – es. fabbricati non denunciati costruiti successivamente a tale data – da fornire in sede di autotutela). Le imposte locali ed erariali sono liquidate a titolo di acconto, salvo conguaglio da effettuarsi una volta riliquidati i tributi in base alla rendita definitiva.

Determinazione rendita presunta immobili fantasma
(sintesi del provvedimento dell’Agenzia del Territorio 19 aprile 2011)
Parametri rilevanti per determinare la rendita presuntaGruppi catastali A, B, CGruppi catastali D, E
ClassamentoNecessario, con individuazione di categoria e classeNecessario, con individuazione della sola categoria
CategoriaSelezionata sulla base degli elementi:
- desunti da sopralluogo esterno;
- forniti dai Comuni;
- comunque in possesso degli uffici
Selezionata sulla base degli elementi:
- desunti da sopralluogo esterno;
- forniti dai Comuni;
- comunque in possesso degli uffici
ClasseRileva la classe mediana prevista nello stesso ambito della zona censuaria per la categoria assegnata. In caso di numero pari di classi, rileva la classe maggiore tra le due intermedieNon rileva
ConsistenzaLa superficie viene desunta dai rilievi aereo-fotografici, dagli elementi acquisiti in sede di sopralluogo esterno, dal numero di piani o dall’altezza dell’edificio. Per le unità immobiliari del gruppo A (consistenza espressa in vani utili catastali), si divide la superficie complessiva per la dimensione media del vano catastale per le unità immobiliari della stessa categoria nella stessa zona censuaria. Per le unità immobiliari del gruppo B (consistenza espressa in metri cubi “vuoto per pieno”), si tiene conto, oltre che della superficie, dell’altezza media delle unità immobiliari della stessa categoria nella stessa zona censuariaLa superficie viene desunta dai rilievi aereo-fotografici, dagli elementi acquisiti in sede di sopralluogo esterno, dal numero di piani o dall’altezza dell’edificio
ValoreNon rilevaProdotto del valore venale unitario, desunto con riferimento al biennio 1988-89, per la consistenza (superficie)
Determinazione della rendita presuntaProdotto della tariffa d’estimo propria della categoria e della classe assegnate all’unità immobiliare per la consistenza- 2% del valore dell’unità immobiliare per le unità del gruppo D;
- 3% del valore dell’unità immobiliare per le unità del gruppo E
Elementi per la contabilizzazione degli oneri (da corrispondere oltre le sanzioni)
A.Spese generali e di predisposizione dell’istruttoria130 euro
B.Spese per sopralluogo determinato forfetariamente80 euro
C.Oneri per le attività estimali (classamento, consistenza e rendita presunta)
C.1 – Per ogni unità immobiliare censibile nei gruppi ordinari (A, B e C)50 euro
C.2 – Per ogni unità immobiliare censibile nei gruppi speciale o particolare (D ed E)100 euro
D.Spese per la predisposizione e la notifica dell’atto di accertamento20 euro

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giovedì 28 aprile 2011

Direttiva Equitalia: rateazioni «in proroga» a lunga gittata

Il peggioramento della situazione di difficoltà può consentire il «rientro» nella rateazione solo se concessa entro il 27 febbraio scorso
imgAi sensi dell’art. 2, comma 20, del DL 225 del 2010, i soggetti debitori di Equitalia che hanno ottenuto dilazioni delle somme iscritte a ruolo con provvedimento di concessione adottato sino al 27 febbraio scorso possono fruire di una nuova dilazione nonostante si sia verificata la causa che, ai sensi dell’art. 19, comma 3, del DPR 602/73, comporterebbe ordinariamente la decadenza dal beneficio e, conseguentemente, la revoca del provvedimento medesimo.
Si tratta del caso in cui, ottenuto il provvedimento di rateazione, il contribuente ometta il versamento della prima rata o, successivamente, di due rate: circostanze, queste, che determinano, oltre all’immediata ed automatica riscossione del debito residuo iscritto a ruolo in unica soluzione, anche l’impossibilità che detto carico possa essere ulteriormente rateizzato.
La norma, quindi, prospetta una deroga all’ordinario regime sanzionatorio che deriva dall’inadempienza, a seguito della quale Equitalia, con la direttiva n. 12 del 2011 del 15 aprile scorso, (si veda “Equitalia detta le regole per la dilazione dei morosi” del 26 aprile 2011), ha enunciato le regole operative cui gli agenti della riscossione dovranno attenersi nel concedere le rateazioni “in proroga”.
Nella direttiva non viene però affrontato in maniera specifica l’ambito temporale di applicazione della nuova disciplina, che come noto fa riferimento alle dilazioni concesse sino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL 225 del 2010, quindi a quelle concesse sino allo scorso 27 febbraio.
Da ciò discende che, fermo restando il requisito del peggioramento della temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica, possono fruire del beneficio i contribuenti che:
- abbiano omesso il versamento della prima rata di un piano di dilazione concesso sino al 27 febbraio 2011, a nulla rilevando la circostanza che l’omissione si sia verificata anteriormente o successivamente allo spartiacque temporale sancito dalla norma;
- abbiano ottenuto un provvedimento di dilazione entro il 27 febbraio 2011 e abbiano omesso il pagamento di due rate successive alla prima, quale che sia il momento in cui l’inadempienza si verifichi.
Ricorriamo a qualche esempio per contemplare le diverse circostanze possibili:
a) Debitore che ha ottenuto la rateazione nel febbraio 2010 – Omesso versamento di due rate nel corso del 2010 – Possibilità di richiedere la rateazione “in proroga”.
b) Debitore che ha ottenuto la rateazione nel febbraio 2011 – Omesso versamento della prima rata – Possibilità di richiedere la rateazione “in proroga”.
c) Debitore che ha ottenuto la rateazione nel febbraio 2011 – Omesso versamento di due rate a fine 2011 – Possibilità di richiedere la rateazione “in proroga”.
d) Debitore che ha ottenuto la rateazione nel marzo 2011 – Omesso versamento della prima rata – Impossibilità di richiedere la rateazione “in proroga”.
Non rileva il momento in cui si verifica l’inadempienza
L’aspetto intorno al quale ruota la possibile rimessione nel beneficio è quindi rappresentato dalla data in cui la rateazione è stata concessa, senza che a nulla rilevi tanto la data in cui è stata commessa l’inadempienza al versamento quanto, addirittura, le conseguenze negative che derivano al debitore dalla decadenza/revoca del beneficio.
In proposito, infatti, la Direttiva di Equitalia si guarda bene dall’allentare il sistema che presiede alla tutela del credito, laddove viene specificato che, comunque, la presentazione dell’istanza, in tutti i casi, non determina la revoca di eventuali misure cautelari già adottate – quali, ad esempio, i fermi amministrativi sugli automezzi o le ipoteche sui beni immobili – così come non inibisce l’avvio di nuove azioni cautelari e, parimenti, non fa venire meno in capo al debitore la qualità di soggetto inadempiente ai fini dell’articolo 48-bis del DPR n. 602/1973, con quanto ne consegue su eventuali azioni possibili relativamente ai crediti vantati dal debitore di Equitalia nei confronti della Pubblica Amministrazione.
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martedì 26 aprile 2011

I quesiti della settimana: Agevolazioni 55%

Quesito n. 1

Domanda: Un contribuente prossimo al matrimonio (luglio), sta effettuando dei lavori di ristrutturazione sull'immobile di sua proprietà e vorrebbe anche sostituire gli infissi. Quest'ultima spesa però la sosterrebbe la sua futura moglie e lei si chiedeva, non essendo ancora sposati e non essendo lei proprietaria dell'immobile, se poteva avviare la pratica all'Enea ed usufruire così delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico.
Risposta: Possono usufruire della detrazione in questione i soggetti che detengono, a qualsiasi titolo, l'immobile oggetto di intervento. Sono inoltre ammessi ad usufruire della agevolazione i familiari conviventi (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo) che sostengono le spese di realizzazione dei lavori. A parere di chi scrive il problema potrebbe essere ovviato con un contratto di comodato tra il possessore dell'immobile e la futura moglie che sosterrà le spese in questione. Si precisa comunque che la semplice sostituzione degli infissi o il rifacimento dell’involucro degli edifici non consente di fruire della detrazione poiché il beneficio è teso ad agevolare gli interventi da cui consegua un risparmio energetico e che la detrazione d’imposta del 55% non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste per i medesimi interventi da altre disposizioni di legge nazionali (quale, ad esempio, la detrazione del 36% per il recupero del patrimonio edilizio).

Quesito n. 2

 
Domanda: Due fratelli sono comproprietari di un immobile donato dai genitori. Le fatture per l'agevolazione 55%(per riqualificazione energetica)sono state fatte separatamente in capo ai due fratelli in eguale misura. Terminati i lavori nel 2011 (iniziati nel 2010)i due fratelli vogliono dividere la proprietà del bene. Sul fabbricato è stato fatto un intervento di ampliamento molto marcato. L'ampliamento è stato fatturato a parte in eguale misura ai due fratelli perché non rientrerà nell'agevolazione (ampliamento da piano casa). Si chiede: a seguito della divisione il fratello che acquisirà il corpo B, dov’è intervenuto l’ampliamento, potrà comunque usufruire delle agevolazioni 55% sulla base di fatture eguali a quelle del fratello?
Risposta: L'Agenzia delle Entrate ha ribadito nella risoluzione n. 4/E del 04.01.2011 quanto già precisato in precedenti documenti di prassi, ovvero che qualora gli interventi consistano in una ristrutturazione senza demolizione dell’edificio esistente e con ampliamento dello stesso, la detrazione (36% o 55%) compete solo per le spese riferibili alla parte esistente in quanto l’ampliamento configura, comunque, una “nuova costruzione". Nelle ristrutturazioni per le quali è previsto il frazionamento dell’unità immobiliare, con conseguente aumento del numero delle stesse, il beneficio è compatibile unicamente con la realizzazione di un impianto termico centralizzato a servizio delle suddette unità. La risoluzione citata ha inoltre chiarito che i criteri indicati si applicano anche agli interventi previsti in attuazione del piano casa.

Quesito n. 3

Domanda: Privato acquista una unità immobiliare. Ottiene il permesso a costruire mediante ristrutturazione con demolizione per la formazione di 4 unità. Il privato sostiene oneri per riqualificazione energetica, per sostituzione involucri esterni e sostituzione impianti di climatizzazione ( lavori inquadrabili nell'agevolazione fiscale 55% ). Al termine dei lavori, viene inviata telematicamente la comunicazione all'Enea della tipologia dei lavori e l'importo della spesa sostenuta. In seguito, il privato concede in locazione alla Sua ditta individuale ( albergo ) i predetti appartamenti. Il privato ha sostenuto personalmente le spese (non ha utilizzato le disponibilità della Ditta): può correttamente portare le predette spese in detrazione 55%?

Risposta: La risposta è negativa. Infatti i benefici per la riqualificazione energetica degli immobili spettano solo a chi utilizza gli immobili in questione (come precisato dalla circolare n. 36/E del 31.05.2007 dell'Agenzia delle Entrate). Si osserva infine che condizione indispensabile per fruire della detrazione in questione è che gli interventi siano eseguiti su unità immobiliari ed edifici residenziali esistenti; non sono dunque agevolabili le spese effettuate in corso di costruzione dell’immobile.

Le risposte ai quesiti sono fornite da un pool di qualificati esperti della materia, comprendente commercialisti, docenti di diritto tributario, avvocati, notai, consulenti del lavoro, sotto il coordinamento scientifico del commercialista Michele Brusaterra (www.studiobrusaterra.it) collaboratore ed esperto fiscale del Sole 24 ORE.

giovedì 21 aprile 2011

Cedolare secca: aggiornamento del canone possibile dopo la revoca

Non sembrano esserci ostacoli all’aggiornamento, che decorre dall’annualità in cui è revocata l’opzione
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L’applicazione della cedolare secca sugli affitti non riguarda solo i calcoli di convenienza o meno, ma, nella pratica, si presentano alcuni dubbi che attualmente assillano la mente degli operatori.
È noto che l’art. 3 del DLgs. n. 23/2011 dispone circa la possibilità per il locatore, persona fisica, proprietario o titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate, di optare per l’applicazione del regime della cedolare secca. Detto regime prevede che il canone di locazione concernente i contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, può essere assoggettato ad una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione. La “tassa piatta” sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti si applica l’aliquota del 21%, mentre, per i contratti stipulati secondo le disposizioni contenute nella L. n. 431/1998 (c.d. “canone concordato”), l’aliquota della cedolare secca scende al 19%.
Un aspetto importante dell’opzione per l’applicazione della cedolare secca attiene alla rinuncia alla facoltà di aggiornamento del canone. In sostanza, il punto 1.5 del provvedimento direttoriale del 7 aprile 2011, richiamando il comma 11 del citato art. 3, stabilisce che il locatore è obbligato, a pena dell’inefficacia dell’opzione, a comunicare al conduttore, preventivamente con lettera raccomandata, la rinuncia, per il periodo di durata dell’opzione, alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone anche se prevista nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente.
Sul punto, ci si interroga sulle conseguenze in caso di revoca dell’opzione. Infatti, il locatore ha la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui questa è stata esercitata entro il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro concernente l’annualità di riferimento, comportando questo il versamento dell’imposta stessa. In altri termini, una volta revocata l’opzione, i dubbi sono due, vale a dire se è possibile aggiornare il canone e da quando si deve calcolare l’aggiornamento. Sul primo aspetto, si ritiene che l’aggiornamento del canone possa essere effettuato, dato che il divieto vige solo “per il periodo corrispondente alla durata dell’opzione” e non per quello senza scelta del regime agevolato. Sul secondo dubbio, si è del parere che l’aggiornamento del canone, compresa la variazione ISTAT, decorre dall’annualità in cui è revocata l’opzione. In proposito il canone, sul quale calcolare la variazione, è quello risultante dal contratto non attualizzato per effetto del periodo in cui vigeva l’opzione per la cedolare secca.
Sempre in tema di aggiornamento del canone, occorre focalizzare l’attenzione anche sul punto 5 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Trattasi della locazione di unità abitativa con relativa pertinenza di proprietà di due o più locatori, i quali congiuntamente detengono un contratto di locazione. In questo caso, l’opzione per l’applicazione della cedolare secca ha effetto solo in capo ai locatori che la esercitano. Sull’argomento, il punto 5.2 del citato provvedimento chiarisce che coloro che non optano sono tenuti al versamento dell’imposta di registro sulla parte del canone di locazione imputabile in base alle quote di possesso. Inoltre deve essere assolta l’imposta di bollo sul contratto di locazione.
Il locatore comproprietario che non opta può chiedere l’aggiornamento
Nulla viene detto in merito all’aggiornamento del canone. Si tratterebbe, in sostanza, di capire se la parte del canone non soggetta ad opzione può essere oggetto di variazione o meno. Dall’esame della normativa, sembra non ci siano ostacoli all’aggiornamento del canone, che deve essere calcolato sulla parte corrispondente alla quota di proprietà dell’immobile locato. In pratica, il locatore comproprietario dell’immobile locato che non opta per l’applicazione della cedolare secca, può chiedere l’aggiornamento del canone come previsto dalla legge. Stante, quindi, il dettato normativo, sullo stesso immobile abitativo locato, parte del canone previsto contrattualmente può subire un aggiornamento, mentre, la rimanente quota rimane invariata.
Per completezza di argomento, si segnala che coloro che si trovano in questa fattispecie, devono redigere il modello 69 per la registrazione del contratto di locazione, in quanto il modello “Siria” può essere utilizzato solo nel caso in cui tutti i locatori esercitano la scelta per la cedolare secca.
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martedì 19 aprile 2011

Cambiano le regole per la dilazione dei ruoli

Equitalia emana una direttiva concernente sia la proroga del DL 225/2010 sia le ordinarie modalità di concessione del beneficio
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Come anticipato in un precedente intervento (si veda “Più spazio alla dilazione dei ruoli”, del 1° marzo 2011), con la direttiva n. 12/2011, pubblicata ieri, Equitalia ha diramato nuove indicazioni operative alle proprie sedi periferiche, relative sia alla proroga della dilazione dei ruoli introdotta dal DL 225/2010 sia alle ordinarie dilazioni concesse ai contribuenti.
Il DL 225/2010 ha previsto che, sino alle dilazioni concesse in data 27 febbraio 2011 interessate dal mancato pagamento della prima rata o di due rate successive, gli agenti della riscossione, anziché revocare il beneficio come prevede l’art. 19 del DPR 602/73, possono, in sostanza, riconcedere la dilazione in presenza di un peggioramento della situazione di temporanea difficoltà economica.
Relativamente alla rateazione “in proroga”, per prima cosa viene rammentato che, ove la dilazione “originaria” sia stata concessa entro 60 gg. dalla notifica della cartella, l’aggio verrà chiesto per l’intero, quindi nella misura del 9%, conteggiando anche gli interessi di mora.
Inoltre, vengono considerate “tempestive” le istanze presentate entro il prossimo 30 giugno, per le quali l’invio della medesima non determinerà la revoca delle misure cautelari adottate (fermi e ipoteche) ma ne inibirà l’adozione di nuove, e, in più, sospenderà la prosecuzione delle azioni esecutive in corso, mentre non farà venir meno il carattere inadempiente del contribuente ai fini del “blocco” dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni (art. 48-bis del DPR 602/73).
Se l’istanza viene presentata dopo, invece, le procedure esecutive in corso non verranno sospese.
Per concedere la proroga, in breve, occorrerà presentare un nuovo modello ISEE per le persone fisiche, mentre le società dovranno dimostrare il peggioramento della loro situazione economica producendo una situazione economico-patrimoniale aggiornata, dalla quale risulti il mutamento dell’indice di liquidità.
Le dilazioni per i debiti sino a 5.000 euro verranno concesse su richiesta degli interessati, e sono previste direttive specifiche per le imprese in liquidazione.
Passando all’esame delle direttive riguardanti le dilazioni “ordinarie”, balza all’occhio che gli effetti delle istanze “tardive” (si veda quanto scritto in precedenza) si intendono riferiti anche a “tutte le istanze di rateazione ordinarie a fronte di cartelle già scadute”.
D’altro canto, le istanze presentate entro il termine di scadenza della cartella (60 gg. dalla notifica) inibiranno l’avvio di azioni cautelari ed esecutive, sino all’eventuale data del rigetto.
“Tempestive” le istanze presentate entro il 30 giugno
Al fine di attenuare un uso dilatorio del differimento dei ruoli, gli uffici di Equitalia, in presenza di un indice Alfa (debito complessivo:valore della produzione X 100) superiore a 100, analizzeranno in maniera più approfondita la situazione del contribuente. Se l’importo è maggiore di 500.000 euro, prima di concedere la dilazione verranno richiesti al debitore chiarimenti, relativi alla possibilità di sostenere l’onere finanziario scaturente dalla dilazione. Per le dilazioni di importo da 50.001 e 500.000 euro, il beneficio sarà concesso, ma ci sarà uno specifico monitoraggio finalizzato ad intervenire con rapidità in ipotesi di inadempimento.
Un’altra situazione che comporterà l’adozione di particolari cautele ad opera di Equitalia sarà il caso del valore della produzione rettificato pari a zero (detto valore, in base agli allegati alla direttiva, è dato dalla somma delle voci 1-3-5 del Conto Economico).
Vengono infine elencate ipotesi di revoca della dilazione concessa: contribuente deceduto, assoggettamento a procedura concorsuale, società estinta per fusione.
Desta interesse il caso della società estinta per cancellazione dal Registro delle imprese, in quanto viene previsto che le istanze saranno considerate solo se garantite da fideiussione bancaria o assicurativa, acquisita entro e non oltre il termine di pagamento della prima rata.
Per concludere, viene esaminato il caso dei contribuenti che, ottenuta una prima dilazione, risultano inadempienti in riferimento a cartelle notificate successivamente.
In questo caso, se non viene pagata la prima rata o due rate successive del piano di ammortamento già concesso, Equitalia procederà alla riscossione coattiva dell’intero debito iscritto a ruolo, salva la concessione della dilazione in proroga; se, per contro, la rateazione è regolare, si farà presente al debitore che in assenza di pagamento della nuova cartella o della presentazione di richiesta di rateazione della medesima, si procederà alla riscossione coattiva del carico di ruolo non rateizzato.
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venerdì 15 aprile 2011

Elenco «clienti e fornitori», proroga al 1° luglio

Lo dispone il provvedimento dell’Agenzia di ieri, per l’obbligo di comunicazione delle operazioni almeno pari a 3.600 euro
Sul filo di lana arriva il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate che dispone la proroga al 1° luglio dell’obbligo di comunicazione delle operazioni, di importo almeno pari a 3.600 euro, per le quali non ricorre l’obbligo di fatturazione (normalmente operazioni effettuate nei confronti di privati consumatori), previsto dall’art. 21 del DL 78/2010. Tecnicamente, il provvedimento si limita a sostituire il termine originario del 30 aprile 2011, contenuto nel provvedimento del 22 dicembre 2010, con il termine del 30 giugno 2011, giustificato dalla considerazione di consentire agli operatori interessati i necessari adeguamenti anche tecnologici, per un corretto adempimento della comunicazione (tipicamente, il registratore di cassa che consente l’emissione di uno scontrino “parlante”). Tale termine, infatti, è collegato al mancato obbligo di comunicazione delle operazioni per le quali non ricorre l’obbligo di fatturazione, almeno pari a 3.600 euro. L’intervento dell’Agenzia delle Entrate, pur concedendo maggior respiro alle imprese interessate (soprattutto nel settore del commercio al dettaglio), lascia comunque inalterati i problemi che da più parti sono stati sollevati, compreso l’aspetto connesso all’obbligo di identificazione della controparte (acquirente o committente), anche per il rispetto della privacy (questione particolarmente rilevante per le operazioni concluse con i privati). Tra l’altro, alcune notizie sulla stampa specializzata sembravano escludere dall’obbligo di comunicazione le operazioni “tracciate”, ossia le transazioni avvenute con mezzi di pagamento quali carte di credito, bancomat, ecc. Tali operazioni, infatti, sono già conoscibili da parte dell’Amministrazione finanziaria, ragion per cui si intendeva ottenere i dati delle sole operazioni concluse in contanti. Ma di tutto ciò il provvedimento non contiene alcuna indicazione.
Si ricorda che il 22 dicembre 2010 è stato approvato il provvedimento che dà attuazione all’art. 21 del DL 78/2020, fornendo indicazioni in merito ai soggetti interessati all’obbligo di presentazione, alle operazioni che devono essere inserite nella comunicazione, nonché alle modalità e termini di presentazione della comunicazione. Salvo quanto previsto per l’anno 2010, per il quale il limite per l’obbligo di comunicazione è di 25.000 euro, al netto dell’IVA, per ciascuna operazione, a “regime” il predetto limite è il seguente: 3.000 euro, al netto dell’IVA, per le operazioni soggette all’obbligo di fatturazione; 3.600 euro, IVA compresa, per le operazioni non soggette all’obbligo di fatturazione.
Ora, tenendo conto del nuovo termine, a seguito dell’emanazione del provvedimento, fino al 30 giugno 2011, sono comunque escluse dall’obbligo di comunicazione le operazioni, rilevanti ai fini IVA, per le quali non ricorre l’obbligo di comunicazione. Il provvedimento del 22 dicembre 2010, oltre a precisare che nella determinazione del limite di 3.000 euro si deve fare riferimento al corrispettivo dovuto contrattualmente, contiene particolari regole in relazione, innanzitutto, all’ipotesi in cui siano stipulati più contratti tra loro collegati, nel qual caso si deve considerare l’ammontare complessivo dei corrispettivi previsti per tutti i predetti contratti.
Secondo il punto 2.2. del provvedimento, inoltre, in presenza di “contratti di appalto, di fornitura, di somministrazione e gli altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici”, si deve aver riguardo al corrispettivo dovuto per l’intero anno solare, e solamente laddove tale corrispettivo superi l’importo di 3.000 euro sorge l’obbligo di comunicazione dell’operazione derivante dai predetti contratti. Tale disposizione, il cui intento è di evitare che più operazioni, tra di loro collegate, possano essere escluse dall’obbligo di comunicazione, in quanto di importo inferiore alla predetta soglia, non è chiara nel suo contenuto, e dovrà essere oggetto di chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, considerando che l’obbligo in questione decorre comunque già per le operazioni effettuate nel 2010 (pur con una soglia superiore ed escludendo comunque le operazioni per le quali non ricorre l’obbligo di fatturazione).
Infine, la proroga non incide sui seguenti aspetti:
- il termine di invio della comunicazione è fissato entro il 30 aprile di ciascun anno successivo a quello di riferimento delle operazioni (31 ottobre 2011 per la comunicazione relativa all’anno 2010);
- per l’individuazione dei dati da trasmettere, si deve aver riguardo alla data di registrazione del documento ai fini IVA (artt. 23, 24 e 25 del DPR 633/72), ovvero, in mancanza, alla data di effettuazione dell’operazione ai sensi dell’art. 6 del DPR 633/72;
- è possibile sostituire una comunicazione già presentata, entro il termine di 30 giorni dalla scadenza naturale;
- sono escluse dall’obbligo di comunicazione le importazioni, le esportazioni (art. 8, lett. a) e b) del DPR 633/72), le operazioni già oggetto di inserimento nella comunicazione “black list” di cui all’art. 1 del DL 40/2010 e le operazioni che formano già oggetto di informazione all’Anagrafe tributaria (art. 7 del DPR 605/73).
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giovedì 14 aprile 2011

Scheda carburante non per tutti

In alcuni casi se ne può fare a meno, ma, quando vi è l’obbligo, gli adempimenti sono articolati e le semplificazioni sono concesse a pochi
Per poter avvalersi del diritto alla detrazione dell’imposta versata, coloro che acquistano carburante per autotrazione sono tenuti, in linea generale, ad utilizzare, per ciascun veicolo impiegato nell’esercizio dell’attività d’impresa, dell’arte o della professione e ad essi intestato ovvero posseduto a titolo di locazione finanziaria, noleggio, comodato e simili, la c.d. “scheda carburante”, secondo modalità specifiche stabilite dalla legge. Infatti, in caso di cessioni di carburante per autotrazione (benzina normale, benzina super, benzina verde, miscela di carburante e lubrificante, gasolio, gas metano, GPL) effettuate nei confronti di soggetti IVA nell’esercizio di impresa, arte o professione, è previsto il divieto di fatturazione (art. 1, comma 3 del DPR n. 444/97).
In deroga a tale regola generale, tuttavia, l’obbligo di emissione di fattura a richiesta del cliente (le cessioni di carburanti e lubrificanti non sono, infatti, soggette né all’obbligo di fatturazione né a quello di certificazione dei corrispettivi mediante scontrino o ricevuta fiscale) continua ad applicarsi secondo le norme ordinarie nelle seguenti ipotesi:
- acquisti effettuati da autotrasportatori di cose per conto terzi iscritti all’Albo istituito con L. n. 298/74;
- acquisti operati da soggetti non residenti in Italia e privi di stabile organizzazione o di rappresentante fiscale nel territorio dello Stato;
- impossibilità di certificazione degli acquisti a causa della mancanza del personale addetto alla distribuzione (la fatturazione in questo caso avviene previo utilizzo di buoni di consegna emessi dalle attrezzature automatiche);
- acquisti non effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione ovvero effettuati presso gli stessi impianti, ma comunque non destinati all’autotrazione o quando tale destinazione non può essere appurata all’atto dell’acquisto;
- acquisti realizzati dallo Stato, enti pubblici territoriali, istituti universitari e ospedalieri, di assistenza e beneficenza;
- acquisti di oli da gas effettuati dagli autotrasportatori di cose per conto di terzi domiciliati e residenti nella UE, nonché acquisti di gasolio da parte di autotrasportatori in conto proprio muniti di licenza di cui all’articolo 32 della L. n. 298/1974 e di autotrasportatori (in conto proprio e in conto terzi) domiciliati e residenti nella UE;
- contratti di “netting” (C.M. 205/98).
Per i restanti soggetti, al fine di esercitare il diritto alla detrazione e comunque per poter documentare la spesa operata, occorre emettere un apposito documento, la c.d. “scheda carburante”, da istituirsi in maniera conforme al modello allegato al menzionato DPR n. 444/97 (in presenza di determinate condizioni, può utilizzarsi anche una scheda magnetica, c.d. “memory card”, cfr. R.M. 17/96).
La scheda carburante deve contenere l’indicazione, anche a mezzo di apposito timbro, del mese e dell’anno a cui essa si riferisce, le informazioni relative al soggetto che effettua l’acquisto (denominazione, partita IVA, ecc.), nonché i dati relativi al veicolo (marca dell’autoveicolo, modello e targa o numero del telaio). Inoltre, in caso di acquisto di carburante da parte di dipendenti d’impresa che utilizzano la propria autovettura per conto del datore di lavoro, nonché in caso di auto aziendale assegnata ad un dipendente, dovranno essere riportati sul documento sia i dati del dipendente sia quelli del datore di lavoro soggetto IVA (nell’ipotesi di leasing, dovrà indicarsi l’utilizzatore).
Dopo aver effettuato l’operazione di rifornimento, l’addetto alla distribuzione del carburante dovrà aver cura di annotare sulla scheda (l’annotazione sostituisce, quindi, la fattura di acquisto), anche per mezzo di un apposito timbro, i dati del gestore dell’impianto di distribuzione, l’ubicazione dell’impianto di distribuzione, la data del rifornimento e il corrispettivo pagato, comprensivo di IVA, nonché di apporre sulla stessa la propria firma (preferibilmente per esteso) per convalida.
Regole “ad hoc” per la compilazione
Terminato il periodo di riferimento della scheda (mese o trimestre, senza alcuna correlazione con il periodo di liquidazione dell’IVA), occorrerà, poi, riportare sul documento (tale disposizione non si applica, tuttavia, per gli esercenti arti e professioni):
- il numero di km che risultano dal dispositivo contachilometri del veicolo alla fine del predetto periodo (nel caso manchi un contachilometri, dovrà utilizzarsi un analogo dispositivo, facente parte del veicolo, che consente una ricostruzione oggettiva dell’utilizzo dello stesso);
- per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti dovranno essere annotati, invece, esclusivamente i chilometri percorsi riferibili all’attività d’impresa.
Entro i termini ordinari previsti per la registrazione delle fatture di acquisto, l’importo complessivo relativo alle annotazioni effettuate nel corso del periodo di riferimento deve essere, poi, riportato, distintamente per ogni singola scheda, nel registro degli acquisti di cui all’art. 25 del DPR n. 633/72. In particolare, in tale regime devono essere indicati, seguendo la progressione numerica dello stesso, il mese o trimestre e il veicolo a cui si riferisce la scheda (è sufficiente la targa) nonché l’importo imponibile complessivo delle operazioni, determinato utilizzando uno dei due metodi di scorporo dei corrispettivi, e la relativa imposta detraibile, calcolata applicando l’aliquota all’imponibile scorporato.
Nel caso in cui l’impresa possegga un numero molto elevato di veicoli concessi in uso a dipendenti, con caratteri di continuità e stabilità, a scopo semplificativo è stato concesso di annotare nel registro di cui all’art. 25 del decreto IVA il nome del dipendente consegnatario dell’autoveicolo in luogo degli estremi del veicolo (R.M. n. 363567/78).
La circolare n. 205/98 ha consentito procedure semplificate (unicità della scheda nonché, in alcuni casi, non obbligatorietà dell’indicazione del chilometraggio iniziale e finale) per i seguenti soggetti:
- concessionari di veicoli a motore nuovi di fabbrica, non ancora immatricolati, che in ordine a tali veicoli hanno necessità di fare rifornimento di carburante presso impianti stradali di distribuzione;
- imprese commerciali di veicoli usati adibiti all’esecuzione di prove tecniche o dimostrative per la clientela oppure consegnati all’acquirente con la dotazione iniziale di carburante;
- officine di riparazione veicoli in ordine a rifornimenti concernenti veicoli affidati rispettivamente per la vendita o per la riparazione;
- esercenti attività di autonoleggio.
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mercoledì 13 aprile 2011

Interessi passivi su mutui detraibili anche con la rinegoziazione

Secondo la risoluzione n. 43 diffusa ieri dall’Agenzia, la rinegoziazione del mutuo a tasso variabile non altera la causa del contratto
Gli interessi passivi relativi all’acquisto, alla costruzione ed alla ristrutturazione dell’abitazione principale risultanti dal piano di ammortamento del mutuo originario sono detraibili, indipendentemente dalla circostanza che siano corrisposti mediante un conto di finanziamento accessorio o derivanti dallo stesso, nel limite dell’importo annuo di 4.000 euro.
Con la risoluzione 12 aprile 2011 n. 43, l’Agenzia delle Entrate ha infatti ritenuto che gli interessi passivi che maturano sul conto corrente acceso per mantenere fissa la rata di un mutuo variabile soddisfino i requisiti previsti dall’art. 15 commi 1 lett. b) e 1-ter del TUIR, ai fini della relativa detraibilità al 19%.
Con la Convenzione stipulata il 19 giugno 2008, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’ABI hanno stabilito le modalità e i criteri di rinegoziazione dei mutui a tasso variabile, stipulati anteriormente al 28 maggio 2008 e finalizzati all’acquisto, costruzione e ristrutturazione dell’abitazione principale.
Detta Convenzione prevede, in sostanza, la possibilità di accendere un conto di finanziamento accessorio, al fine di mantenere fissa la rata di mutuo variabile, prolungando il rapporto di debito con la banca.
La differenza tra l’importo della rata dovuta in base al piano di ammortamento originario e quello rinegoziato viene addebitata sul c.d. “conto di finanziamento accessorio”. Quest’ultimo costituisce per il cliente un debito nei confronti dell’istituto di credito e, in quanto tale, produttivo di interessi, capitalizzabili annualmente, al tasso annuo più favorevole per il cliente tra quello che si ottiene tenendo conto del tasso di interesse fisso a dieci anni – maggiorato di uno spread massimo di 0,50 punti percentuali – e quello previsto dal contratto, come calcolati alla data di rinegoziazione.
Secondo l’Agenzia, il corretto trattamento fiscale degli interessi che maturano sul conto di finanziamento accessorio va inquadrato alla luce della disciplina della rinegoziazione prevista dalla citata Convenzione.
In primo luogo, in base all’art. 2 della Convenzione, possono formare oggetto di rinegoziazione i mutui a tasso variabile e a rata variabile finalizzati all’acquisto, alla costruzione e alla ristrutturazione dell’abitazione principale.
La causa della rinegoziazione coincide pertanto con quella del contratto di mutuo, in relazione al quale si applica l’art. 15 commi 1 lett. b) e 1-ter del TUIR.
Tali disposizioni prevedono una detrazione pari al 19% dell’ammontare complessivo degli interessi passivi e relativi oneri accessori, pagati in dipendenza di mutui, garantiti da ipoteca, per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale.
In merito, la Convenzione prevede che le garanzie già iscritte a fronte del mutuo oggetto di rinegoziazione continuino ad assistere il rimborso del debito che risulti alla data di scadenza di detto mutuo. Posto che anche il conto accessorio è garantito da ipoteca su immobili, è quindi realizzata la coincidenza della causa in relazione alla quale opera la detraibilità degli interessi passivi.
La rinegoziazione comporta un prolungamento della durata originaria
Per ciò che attiene ai criteri e alle modalità di accesso alla rinegoziazione, inoltre, dalla Convenzione si evince come l’accensione del finanziamento accessorio non determini per il cliente la formulazione di un nuovo piano di ammortamento del mutuo originario, le cui rate continuano pertanto ad essere addebitate secondo le scadenze e l’importo originariamente stabilito.
La rinegoziazione comporta invece un prolungamento della durata originaria in quanto, alla data di originaria scadenza, l’eventuale debito risultante sul conto di finanziamento accessorio (dato dalla differenza tra la rata originaria e quella rinegoziata) è soddisfatto attraverso il pagamento della rata fissa risultante dalla rinegoziazione, fino alla sua estinzione.
La risoluzione 43/2011 ricorda inoltre che, come espressamente previsto dalla Convenzione, le operazioni di rinegoziazione dei mutui e di portabilità sono esenti da imposte e tasse di qualsiasi genere; ciò alla luce della finalità di consentire al mutuatario, colpito dalla crisi del settore finanziario, di corrispondere una rata non più esposta alle fluttuazioni dei tassi di interesse.
Ai fini della detrazione, gli istituti bancari, nel compilare l’attestazione relativa al pagamento degli interessi passivi, devono certificare l’importo degli interessi passivi risultanti dal mutuo originario e dal conto accessorio.
 
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sabato 9 aprile 2011


Cedolare secca: tempi supplementari per registrare

L’Agenzia dispone un termine unico (6 giugno) per i contratti stipulati tra l’8 marzo e il 7 maggio 2011, anche ai fini dell’opzione
Tra le molteplici indicazioni fornite dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 7 aprile 2011 n. 55394, in merito alle modalità di esercizio dell’opzione per la “cedolare secca”, particolare attenzione merita il paragrafo 6.4, il quale dispone che “per i contratti per i quali il termine di registrazione scade tra il 7 aprile 2011 ed il 6 giugno 2011, la registrazione, anche ai fini dell’opzione, può essere effettuata entro tale ultimo termine. Entro il medesimo termine può essere effettuata l’opzione per i contratti il cui termine di pagametno per la proroga scade nel medesimo periodo”.
In breve, ciò significa che, in deroga alla disciplina ordinaria, che prescrive di registrare il contratto entro 30 giorni dalla data della stipula (o, se anteriore, dalla data di decorrenza) viene fissato al 6 giugno 2011 il termine unico per la registrazione di tutti i contratti che siano stati stipulati (o aventi data di decorrenza, anteriore alla stipula) tra l’8 marzo 2011 ed il 7 maggio 2011.
Applicando la disciplina ordinaria, infatti, la registrazione di tali contratti avrebbe dovuto avvenire tra il 7 aprile ed il 6 giugno 2011, ma il provvedimento posticipa per tutti questi contratti la data di registrazione al 6 giugno.
I medesimi termini operano in caso di contratti prorogati tra l’8 marzo ed il 7 maggio: l’opzione può avvenire fino al 6 giugno 2011.
Tale “proroga” (seppur parziale), dei termini di registrazione, non era prevista dal DLgs. 14 marzo 2011 n. 23.
In tal senso non dispone, infatti, l’art. 3, comma 10 del DLgs. 23/2011, il quale prevede che non trova applicazione, per i primi 60 giorni di entrata in vigore del DLgs. sul Federalismo (ovvero fino al 6 giugno), la disciplina dettata di commi 8 e 9 dell’art. 3 del DLgs. 23/2011. Tale norma, infatti, consente, a chi registri i contratti entro il 6 giugno, di non vedersi applicare le nuove sanzioni indirette previste dai commi 8 e 9 del DLgs. 23/2011 (si veda “Con la cedolare secca, severe sanzioni per chi non registra il contratto”, del 1° aprile 2011). Pertanto, il DLgs. 23/2011, dopo aver individuato le nuove e pesanti sanzioni applicabili in caso di omessa registrazione nei termini del contratto di locazione di immobili abitativi (a prescindere dall’opzione per la cedolare), concede ai contribuenti un breve periodo entro il quale potranno registrare senza vedersi applicare le nuove sanzioni (ma resteranno applicabili le “vecchie” sanzioni ordinarie). Si tratta di una sorta di “monito” a registrare i contratti mai registrati entro il 6 giugno, atteso che, oltre tale data, scatteranno anche le nuove sanzioni.
Il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, invece, sancisce un periodo di “estensione” dei termini per la registrazione dei contratti di locazione cui può applicarsi la cedolare secca, disponendo l’operatività di un termine unico e fisso per la registrazione (e l’opzione) dei contratti stipulati tra l’8 marzo ed il 7 maggio 2011.
Possibili registrazione e opzione con il modello semplificato SIRIA
Per quanto riguarda le modalità della registrazione e la contestuale opzione per la “cedolare secca”, il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate ha previsto, in taluni casi, la possibilità di utilizzare il “Modello SIRIA”, ovvero un modello semplificato di denunciache può essere usato per la registrazione dei nuovi contratti (quindi non per l’opzione in sede di proroga né di risoluzione, né in sede di pagamento delle annualità successive alla prima) stipulati dall’8 marzo 2011 o aventi decorrenza (anteriore alla stipula) dall’8 marzo 2011. Il modello SIRIA può essere utilizzato solo se il contratto di locazione (avente ad oggetto immobili abitativi):
- è stipulato da un numero di locatori non superiore a tre, ciascuno dei quali esercita l’opzione per la cedolare secca in relazione alla propria quota di possesso;
- prevede un numero di conduttori non superiore a tre;
- ha ad oggetto una sola unità abitativa ed un numero di pertinenze non superiore a tre;
- riguarda immobili che sono tutti censiti con attribuzione di rendita;
non comprende ulteriori pattuizioni oltre alla disciplina del rapporto di locazione.
In assenza di tali condizioni, come anticipato, la registrazione e contestuale opzione per la cedolare secca deve essere operata mediante il modello 69, da presentare secondo le modalità per esso ordinarie. Peraltro, anche in presenza delle condizioni sopra individuate, l’utilizzo di SIRIA non è obbligatorio. Pertanto, anche chi si trovi in possesso delle condizioni per il suo utilizzo può comunque fare ricorso al modello 69. Il modello SIRIA, inoltre, non può essere usato in ipotesi di registrazione tardiva.
Per quanto concerne la presentazione, il modello SIRIA può essere presentato solo inmodalità telematiche, direttamente dal locatore (che, a tal fine, deve essere in possesso dei codici per l’accesso ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate) o tramite un intermediario abilitato.
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giovedì 7 aprile 2011

Entra in vigore oggi la cedolare secca sugli affitti

L’Agenzia ha annunciato per oggi l’emanazione del provvedimento attuativo. Tempo fino al 6 giugno per registrare i contratti in scadenza
Entra in vigore oggi la cedolare secca sugli affitti, ossia l’imposta che il locatore può scegliere di pagare, in sostituzione di IRPEF, relative addizionali, imposta di registro e di bollo, sui canoni di locazione di immobili abitativi a decorrere dal 2011. Tale disciplina è stata introdotta dall’art. 3 del DLgs. n. 23/2011, in materia di federalismo fiscale municipale: in base al regime opzionale previsto, il canone di locazione, relativo ai contratti aventi a oggetto immobili a uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione può essere assoggettato a una cedolare secca, con aliquota, da calcolare sul canone annuo di locazione, pari al 21% per i contratti a canone libero e al 19% per quelli a canone concordato o relativi a immobili ubicati nei Comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE. La nuova misura non trova applicazione per le locazioni di immobili a uso abitativo effettuate nell’esercizio di attività d’impresa e di arti e professioni.
Il comma 4 del citato art. 3 dispone che, con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del DLgs., vengano stabilite le modalità di esercizio dell’opzione, di versamento in acconto della cedolare secca dovuta, nella misura dell’85% per il 2011 e del 95% dal 2012, e di versamento a saldo della medesima.
Con un comunicato stampa diramato ieri, l’Agenzia ha annunciato che per oggi, contestualmente all’entrata in vigore della disposizione, è prevista l’emanazione del provvedimento. Dall’8 aprile sarà poi disponibile, sul sito delle Entrate, un software semplificato, che consentirà l’esercizio dell’opzione per la nuova modalità di tassazione sostitutiva. Secondo indiscrezioni, nel giro di una decina di giorni dovrebbe infine arrivare la circolare di chiarimento dei vari dubbi applicativi e interpretativi.
Il comunicato precisa, inoltre, che c’è tempo fino al 6 giugno 2011 per registrare i contratti di locazione, i cui termini di registrazione scadono da oggi, e fino a tale data il locatore potrà scegliere se avvalersi del regime della cedolare secca. Questa finestra temporale – prosegue l’Agenzia – è concessa in applicazione dell’art. 3, comma 2 della L. n. 212/2000 (c.d. “Statuto del contribuente”), per dare più tempo ai contribuenti di conoscere la nuova normativa.
Siciliotti: “La cedolare dimostra che conviene possedere e non lavorare”
Nella giornata di ieri, non sono mancati critiche e plausi alla nuova misura.
Per il presidente del CNDCEC, Claudio Siciliotti, la cedolare secca sugli affitti “comporta l’ennesima deroga al principio di progressività che caratterizza l’ordinaria tassazione dei redditi e una volta di più questa deroga va a riguardare redditi di derivazione patrimoniale”. In questo modo, per gli intermediari del Fisco, “si lasciano sempre più i redditi da lavoro dipendente e autonomo come gli unici a farsi carico per intero della feroce progressività delle tasse. Premesso – prosegue Siciliotti – che queste norme relative alla cedolare sugli affitti agevolano sopra soglie reddituali di un certo tipo, non si capisce perché si debba agevolare chi guadagna 50.000 euro affittando immobili e lasciare in balia della progressività IRPEF chi guadagna gli stessi 50.000 euro lavorando. Il rischio concreto è dare l’ennesimo segnale che questo è un Paese dove non conviene lavorare, ma conviene possedere”.
Giudizio negativo anche dai sindacati. Sul fatto che si tratti di “una norma sbagliata” non ha dubbi il SUNIA (sindacato degli inquilini), che ha anche predisposto un vademecum per salvaguardare i diritti degli inquilini. Il motivo è che vengono favoriti “solo i proprietari più ricchi, senza alcuna contropartita in termini di contenimento degli affitti e di sostegno economico alle famiglie di inquilini in difficoltà”. Per il sindacato, il provvedimento sulla cedolare “regala circa 1 miliardo e mezzo alla proprietà, a soli 3 mesi dal taglio di 80 milioni di euro del fondo di sostegno alla locazione per gli inquilini più deboli”. La CGIL, inoltre, fa presente che “il provvedimento comporterà una perdita immediata di gettito che supera un miliardo e non produrrà una diminuzione dei canoni tale da calmierare un mercato oggi insostenibile per un numero crescente di famiglie”. “Con la cedolare – avverte il SICET, sindacato degli inquilini della CISL – “avremo uno spostamento di tantissimi contratti a canone contenuto e frutto della contrattazione territoriale verso quelli liberi, con aumenti molto pesanti”.
Sul fronte opposto, “esulta” Confedilizia, secondo la quale le assicurazioni, da parte dell’Agenzia delle Entrate, su una tempestiva emanazione del provvedimento attuativo, garantiscono un tempestivo decollo di una misura che, pur limitata alle persone fisiche e all’uso abitativo, costituisce “una svolta storica e un precedente di tassa piatta che auspichiamo venga presto esteso all’intero settore locativo e, progressivamente, al sistema tributario in sé. Dovunque la flat tax è stata applicata, ha infatti assicurato maggiori risorse al Fisco”.
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