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martedì 31 maggio 2011

Niente ganasce fiscali sotto i 2.000 euro

In sede di conversione del Decreto Sviluppo, è possibile che l’ipoteca venga limitata ai crediti superiori a 20.000 euro
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In sede di conversione del “Decreto Sviluppo” potranno esserci rilevanti modifiche sul versante della riscossione coattiva, nello specifico sull’utilizzabilità, ad opera di Equitalia, delle misure cautelari.
Dopo aver analizzato i possibili correttivi del sistema in tema di aggi di riscossione nonché di dilazioni delle somme iscritte a ruolo (si veda “Riscossione coattiva: arrivano le modifiche” di ieri), è bene soffermarsi sulle intenzioni del Legislatore, palesate con la risoluzione 7-00590 in tema di fermo di beni mobili registrati nonché di ipoteca esattoriale.
A ben vedere, l’esigenza di una modifica del sistema nasce dal fatto che, come si può evincere da alcuni spiacevoli episodi di cronaca, Equitalia si dimostra particolarmente zelante nella riscossione di crediti dei vari enti impositori. Non a caso, a fronte di un credito, ad esempio, per IRPEF e contributi di appena 10.000 euro, può scattare il fermo dell’auto e l’ipoteca esattoriale; quando ci si reca dagli uffici di Equitalia, ci si sente dire, in merito al credito, che occorre rivolgersi all’ente creditore, e su ciò non possono essere mosse critiche, ma non si dimentichi che, per fermi, ipoteche, interessi su interessi (si allude agli interessi di mora, agli aggi e alle spese di notifica degli atti nonché dei fermi) la competenza è di Equitalia, che, talvolta, adotta comportamenti altamente censurabili.
Poi, se a ciò si aggiunge l’eventualità (tutt’altro che remota) di una nullità della notifica degli atti (cartelle di pagamento e preavvisi di fermo) ad opera del postino, succede che il contribuente, magari dopo anni dall’iscrizione a ruolo, venga reso edotto della pretesa nel momento in cui sta vendendo la propria auto, scoprendo la presenza di una ganascia fiscale.
La modifica che si intende effettuare, per ciò che concerne il fermo, consiste in uno sbarramento quantitativo per l’adozione della misura, individuato in 2.000 euro, al di sotto dei quali Equitalia potrà solo notificare solleciti di pagamento.
A nostro avviso, come specificato in precedenza (“Tutela inadeguata negli accertamenti esecutivi, nonostante il DL sviluppo” dello scorso 24 maggio), è bene differenziare la misura cautelare in relazione al soggetto verificato.
Se il contribuente è un agente di commercio, o comunque un soggetto che utilizza l’autovettura per il proprio lavoro, il fermo non dovrebbe mai essere disposto, siccome aumenta l’impossibilità di onorare la partita di ruolo: in altri termini, se il fermo ha natura deterrente, e non preordinata all’espropriazione, come si può pensare che esso stimoli ad adempiere quando, proprio per causa sua, il contribuente deve cessare l’attività, o sostenere ulteriori costi per noleggiare un veicolo, o addirittura per acquistarne un altro?
Il fermo dovrebbe essere inibito per gli agenti di commercio
Quindi, sarebbe opportuno che, in generale, non si potesse utilizzare il fermo sotto i 2.000 euro e che, per determinate categorie di contribuenti, esso fosse del tutto inibito, per le ragioni sopra esposte. Non guasterebbe inoltre modificare l’art. 86 del DPR 602/73, nel senso di rendere cogente la notifica del preavviso di fermo, utilizzando magari la posta elettronica certificata, in modo da essere certi che il contribuente onesto venga reso edotto dell’imminente adozione della cautela.
Per ciò che concerne l’ipoteca, si propone l’innalzamento del limite a 20.000 euro, attualmente individuato in 8.000, e la necessità di comunicare preventivamente ciò al debitore, concedendo un termine di trenta giorni per il pagamento.
Anche in questo caso, se si può concordare con l’innalzamento del limite, è privo di giustificazione il fatto che la comunicazione debba essere inviata solo a certi contribuenti: la notifica deve riguardare ogni soggetto e, se si intende disciplinare diversamente l’ipotesi dei contribuenti con una sola casa, si può agire su altri fronti, magari estendendo l’efficacia sospensiva della richiesta di sospensione giudiziale anche a dette ipoteche, modificando, quindi, sia l’art. 29 del DL 78/2010 sia l’articolo 77 del DPR 602/73 (a nostro avviso, la sospensione potrebbe riguardare anche i ricorsi contro le cartelle da 36-bis, e non solo gli accertamenti).
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giovedì 26 maggio 2011

OPZIONE TELEMATICA PER LA "CEDOLARE" 

Sono arrivate diverse richieste relativamente alla possibilità di registrare i contratti di locazione esercitando contestualmente l'opzione per la cedolare secca, pertanto lo studio comunica che da oggi è DISPONIBILE IL SOFTWARE S.I.R.I.A. per la lavorazione delle pratiche.

NOTE

Imposta Sostitutiva delle Imposte di Registro, Irpef e Addizionali

Servizio Internet per la Registrazione dei contratti relativi a Immobili adibiti ad Abitazione

Utilizzo del modello

Il modello può essere utilizzato per:
  • la registrazione e la contestuale scelta del nuovo regime agevolativo sulle locazioni, per tutti i contratti stipulati dall'8 marzo 2011 e che sono caratterizzati da elementi omogenei e di frequente utilizzo
  • predisporre la denuncia ed inviarla in via telematica

Chi può utilizzarlo

Si ricorda che il modello semplificato di denuncia può essere utilizzato per la registrazione del contratto ed esercizio dell'opzione per la cedolare secca soltanto se il contratto di locazione presenta le seguenti caratteristiche:
  • Un numero di Locatori, persone fisiche, non superiore a tre ciascuno dei quali esercita l'opzione per la cedolare secca in relazione alla propria quota di possesso
  • Un numero di Conduttori, persone fisiche, non superiore a tre
  • Una sola unità abitativa ed un numero di pertinenze non superiore a tre
  • Tutti gli immobili devono essere censiti con attribuzione di rendita
  • Il contratto contiene esclusivamente la disciplina del rapporto di locazione

Dott. Paolo Martufi

mercoledì 25 maggio 2011

Accertamenti esecutivi: omesso versamento senza sanzioni

L’esclusione della sanzione amministrativa per omesso, tardivo o carente versamento delle somme è stata confermata dal DL Sviluppo
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Il DL n. 70/2011 (c.d. Decreto Sviluppo) ha recepito quanto si è scritto in queste pagine in ordine alla non applicazione delle sanzioni per omesso versamento nell’ipotesi di tardivo, carente od omesso versamento di somme dovute sulla base dei nuovi accertamenti esecutivi (si veda “Nuovi accertamenti esecutivi, niente sanzione per omesso versamento” del 3 gennaio 2011).
Infatti all’art. 29, primo comma, del DL n. 78/2010, è stato aggiunto un nuovo periodo che espressamente dispone l’esclusione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 13 del DLgs. n. 471/1997, nei casi di omesso, carente o tardivo versamento delle somme dovute sulla base degli atti esecutivi.
Sull’applicabilità delle sanzioni per omesso versamento si era espressa parte della dottrina (“Sanzionati gli omessi versamenti delle somme richieste con accertamento” dell’8 giugno 2010) e la stessa Agenzia delle Entrate (“Accertamenti esecutivi: confermate le sanzioni per omessi versamenti” del 15 gennaio 2011).
Al contrario, chi scrive ha ritenuto non applicabili le sanzioni di cui si discute agli omessi versamenti conseguenti alla notifica dei nuovi accertamenti “esecutivi”, e ciò proprio sulla base del disposto dell’art. 29, comma 1, lett. g), del DL 78/2010 nella parte in cui prevede che “i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti indicati nella lettera a) (accertamenti esecutivi, ndr), e i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione secondo le disposizioni del presente comma”. Ma se così è, il comma 2 dell’art. 13 del DLgs. n. 471/1997, nella parte in cui dispone che “fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1 (30% dell’importo non versato, ndr) si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto” deve trovare coordinamento con quanto previsto dal richiamato art. 29. Quindi, si è affermato che la corretta lettura del secondo comma dell’art. 13 è la seguente: “fuori dei casi di tributi affidati agli agenti della riscossione ex art. 29 del DL 78/2010, la sanzione prevista al comma 1 (30% dell’importo non versato, ndr), si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto”. Di qui si è concluso che una lettura coordinata delle norme in esame conferma l’esclusione dell’applicazione delle sanzioni per ritardato od omesso versamento agli accertamenti “esecutivi” che verranno emessi a decorrere dal 1° luglio 2011.
Condotta analoga nell’accertamento ai fini delle imposte dirette
La novella introdotta dal Decreto Sviluppo ha quindi correttamente confermato la non applicazione delle sanzioni per omesso versamento anche agli atti “esecutivi”, adeguandosi a quanto accade anche oggi, ove nessuna sanzione per omesso o ritardato versamento può essere irrogata nell’ipotesi in cui un contribuente, destinatario di un avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette, non versi gli importi accertati: in tal caso, infatti, l’Ufficio procederà all’iscrizione a ruolo di dette somme e al contribuente verrà notificata una cartella di pagamento senza applicazione delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento.
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martedì 24 maggio 2011

Società di persone, il creditore può agire in via esecutiva nei confronti dei soci

Il mandato ad agire contro la società comprende anche il potere di intimare il precetto di pagamento a tutti i soci illimitatamente responsabili
 
Poiché il titolo esecutivo conseguito nei confronti di una società di persone abilita il creditore ad agire direttamente in via esecutiva anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, il “mandato ad litem” dallo stesso conferito al proprio avvocato per il giudizio di cognizione contro la società si estende anche al precetto di pagamento intimato ad uno dei predetti soci.
È questo il principio di diritto enunciato dalla terza sezione della Corte di Cassazione nella sentenza n. 11311 di ieri, 23 maggio 2011.
Nel caso in esame, il socio accomandatario di una sas si era opposto al precetto di pagamento intimatogli da uno dei creditori sociali in forza di precedenti sentenze di condanna dallo stesso ottenute nei confronti della società.
Sia il giudice di primo grado che la Corte di Appello gli avevano dato ragione, sostenendo che la procura conferita al difensore a margine dell’atto di citazione, contenente la domanda di condanna della sas al pagamento dei propri debiti, non avrebbe potuto consentire al medesimo difensore di intimare il pagamento, sottoscrivendo il relativo atto di precetto, direttamente ad uno dei componenti della compagine sociale. Ciò per “l’insuperabile diversità tra destinatario della condanna e dell’intimazione del pagamento”.
Tale verdetto viene completamente capovolto dalla Suprema Corte, la quale affronta separatamente i due profili che vengono in considerazione nel caso di specie – ossia l’estensione della procura conferita all’avvocato per il giudizio di cognizione e l’estensione della responsabilità dei soci di società di persone per le obbligazioni sociali – per poi giungere al principio di diritto sopra riportato.
Per quanto riguarda il primo profilo, è principio consolidato – ricordano i giudici – che la procura conferita al difensore nel processo di cognizione è volta non soltanto al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, ma anche all’attuazione concreta del “comando” del giudice, quando questo non sia spontaneamente ottemperato dalla controparte. Il mandato conferito per il giudizio di cognizione si estende, quindi, normalmente anche alla fase esecutiva, nonché agli indispensabili atti preliminari o prodromici di quest’ultima, quali, appunto, il precetto.
Quanto al secondo profilo, altrettanto pacifico è il principio secondo cui la sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore di una società di persone e la società costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile della società stessa, in quanto “dall’obbligazione sociale deriva necessariamente [salvo il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale] la responsabilità del socio” e, dunque, una situazione non diversa da quella che, secondo l’art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato (così, tra le altre, Cass. nn. 1040/2009 e 14165/2009).
Le società di persone sono dotate di autonomia patrimoniale “imperfetta”
Va, infatti, ricordato che le società di persone sono dotate di autonomia patrimoniale “imperfetta” e che, per ciò che riguarda la responsabilità per le obbligazioni sociali, alla responsabilità principale della società con il suo intero patrimonio si aggiunge la responsabilità personale, illimitata e solidale di tutti i soci illimitatamente responsabili (e, quindi, nella sas, dei soci accomandatari), i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei creditori sociali soltanto dal “fragile diaframma della sussidiarietà”. Per la struttura delle società personali, il debito della società resta essenzialmente un debito che fa capo anche al singolo socio.
Alla luce della congiunta applicazione dei principi sopra illustrati, può, dunque, concludersi che il mandato ad agire contro la società di persone comprende implicitamente il potere di agire in via esecutiva, come pure di intimare il preventivo precetto, al fine di conseguire l’oggetto della domanda rivolta alla società, anche nei confronti di tutti coloro – nella specie, di tutti i soci illimitatamente responsabili – cui sia opponibile il titolo esecutivo.
 

sabato 21 maggio 2011

Controlli 2011 su tre «fronti» per le persone fisiche

L’attività di controllo, che punta in misura considerevole sul redditometro, si snoderà lungo tre direttrici
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Anche per le persone fisiche, così come per le medie imprese, la circolare n. 21/2011 dell’Agenzia delle Entrate, diramata in materia di controlli per l’anno in corso, conferma i percorsi metodologici che hanno caratterizzato le analoghe attività svolte lo scorso anno.
Per questa categoria di soggetti, la “triade” dei controlli che farà la parte del leone sarà composta:
- dal piano di controlli “formali” delle dichiarazioni dei redditi, ex art. 36-ter del DPR n. 600/1973, fondato essenzialmente sui più rilevanti rischi di esposizione di deduzioni dal reddito complessivo e/o di crediti o detrazioni d’imposta non spettanti;
- dal piano di accertamenti parziali cosiddetti “automatizzati”, in materia di imposte sui redditi, ad alta potenzialità di recupero della cosiddetta “micro-evasione”;
- dal piano straordinario di controlli finalizzati alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche, previsto dal DL n. 112/2008.
Analizziamoli distintamente al fine di evidenziare gli aspetti di maggiore interesse per professionisti e contribuenti.
Per i controlli delle dichiarazioni dei redditi, quindi aspetti legati essenzialmente alla corrispondenza di ritenute, deduzioni e detrazioni con la documentazione probante, continueranno a giungere agli Uffici periferici le segnalazioni effettuate a livello centrale, che comportano, come noto, la richiesta di documentazione al contribuente ai sensi dell’art. 36-ter del DPR n. 600/1973.
In proposito, vale la pena ricordare che, anche per questa attività di controllo “formale”, il DL n. 78/2010 ha previsto la predisposizione di un’analisi di rischio, grazie alla quale la circolare non fa mistero di attendersi un incremento delle maggiori imposte effettivamente recuperate.
Passando agli avvisi di accertamento parziale “automatizzato”, fermo restando che si prospetta un incremento del loro numero rispetto al 2010, l’Agenzia tiene la barra ferma a dritta nei confronti dei redditi di lavoro dipendente, a fronte dell’assenza di dichiarazione ovvero con dichiarazione presentata, e dei redditi di fabbricati, la cui attribuzione è passata di recente al Centro operativo di Pescara.
Non solo: il raggio di azione si amplierà anche con riferimento ai redditi “diversi”, da quadro RL, e ai redditi “di partecipazione”, da quadro RH, per il biennio 2006 e 2007 grazie agli elenchi che, elaborati a livello centrale, saranno recapitati alle Direzioni provinciali.
Nuove campagne di accessi per migliorare la conoscenza del territorio
Infine, gli accertamenti sintetici, in ragione della necessità di completare entro il 2011 il piano straordinario triennale contemplato dal DL n. 112/2008: la circolare, in proposito, fermo restando il raggiungimento dell’obiettivo di almeno 35.000 controlli, richiama gli Uffici a una migliore attività di analisi e selezione volta ad incrementare i risultati rispetto a quanto è stato fatto nel corso del 2010.
In merito, la circolare invita gli Uffici periferici a rivolgere lo sguardo sul territorio ricadente sotto la propria competenza, in ragione del fatto che un focus a livello locale non può che essere maggiormente puntuale delle elaborazioni effettuate a livello centrale sulla sola scorta delle risultanze dell’Anagrafe tributaria.
Il documento prospetta, addirittura, l’avvio di apposite campagne di accessi finalizzate all’acquisizione di dati ed elementi propedeutici alla maggiore conoscenza del territorio e, conseguentemente, all’utilizzo nella fase accertativa sintetica: una sorta di controllo economico del territorio che la Guardia di Finanza, per analoghe finalità ma con impiego di risorse decisamente più rilevanti, svolge già da un triennio.
Il tutto anche con la finalità di evitare l’avvio di “controlli che portino alla contestazione di un maggior reddito di ammontare esiguo (poche migliaia di euro), anche nel presupposto che in quest’ultimo caso la ricostruzione può risentire di una insufficiente qualità probatoria delle presunzioni utilizzate”.
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venerdì 20 maggio 2011

Ganasce e sanzioni fiscali, in arrivo correzioni

Alla cerimonia per il decennale delle Agenzie fiscali, Tremonti ha parlato di modifiche, che potrebbero rientrare tra gli emendamenti al DL Sviluppo
 
ROMA – “L’idea delle ganasce fiscali non è in discussione, ma c’è un’eccessiva applicazione di uno strumento che serve soprattutto ai Comuni”. Annuncia correzioni, il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, intervenuto nel corso della cerimonia di celebrazione del decennale delle quattro Agenzie fiscali (Entrate, Territorio, Demanio, Dogane), tenutasi ieri in Campidoglio. Modifiche che dovrebbero arrivare “in questi giorni”, nel corso dei quali il Parlamento potrebbe approvare alcuni emendamenti al DL Sviluppo, attualmente all’esame della Camera.
Le correzioni, però, non si limiteranno solo alle ganasce fiscali. Il Ministro, infatti, ha parlato anche del fenomeno dell’anatocismo legato alle forme di calcolo degli interessi sulle sanzioni fiscali: “Non si capisce – ha spiegato – se si tratti di veri interessi o di ulteriori sanzioni”. Anche questo problema, dunque, potrebbe essere affrontato in Parlamento, in modo da arrivare a “un sistema fiscale più vicino alla reale condizione dei cittadini”.
A proposito di sistema fiscale, Tremonti ha sottolineato come quello attuale abbia ormai mezzo secolo, e sia stato superato da troppi mutamenti: “Dagli anni Sessanta, il sistema socio-economico e la nostra struttura produttiva sono radicalmente cambiati. In più, è cambiata la struttura istituzionale del nostro Paese. Abbiamo avuto, per anni, una struttura politica fortemente centralizzata che ha portato ad altissimi livelli di debito pubblico, evasione fiscale e inefficienza amministrativa”. Da allora, si è tentato di mettersi al passo coi tempi, attraverso la riforma del Titolo V della Costituzione e l’introduzione del federalismo, “ma ora deve cambiare anche il sistema fiscale”, anche perché “adesso le Agenzie sono pronte per gestire un sistema fiscale riformato”.
Proprio in riferimento alla nascita delle Agenzie, Tremonti ha ricordato di aver votato contro la riforma che le ha introdotte, ma sulla loro utilità si è dovuto presto ricredere: “Prendo atto che è stata una buona riforma, e questa è la ragione dell’arrivo di una quinta Agenzia (quella dei Monopoli, ndr)”.
Dal canto suo, Attilio Befera si è detto pronto a collaborare per risolvere i problemi legati alle ganasce fiscali e agli interessi passivi addebitati. Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha chiesto più autonomia per le Agenzie fiscali, in modo da evitare che “le manovre finanziarie continuino ad obbligarci al taglio di singole tipologie di spesa”, ricordando “il ruolo di avanguardia che ha assunto l’Agenzia e i sensibili risultati ottenuti”. “Nel 2001 – ha spiegato –, il recupero era di 3,5 miliardi. Oggi siamo a 17 miliardi di euro, di cui 11 di maggiori entrate e 6,6 di risparmi per minori compensazioni”.
Befera: “La nostra attività si basa sul rigoroso rispetto dei contribuenti”
In ogni caso, per Befera, lo sforzo maggiore dell’Agenzia è quello sulla “tax compliance”, ovvero l’indice di adesione spontanea al Fisco: “L’attività è impostata sul rigoroso rispetto dei contribuenti, perché la nostra forza dipende dalla fiducia che ripone in noi la comunità”. Una comunità a cui l’Agenzia ha messo a disposizione una serie di nuovi servizi, in particolare quelli via web: “Nel 2010 abbiamo gestito telematicamente 43 milioni di dichiarazioni ed erogato oltre 6 milioni di servizi in rete”.
Presenti alla cerimonia celebrativa del decennale delle quattro Agenzie istituite nel 1999, e divenute operative nel 2001, anche due ex Ministri delle Finanze, Franco Gallo e Vincenzo Visco. Il primo, sottolineando il “buon operato” nel mettere a punto più efficaci metodi di accertamento, ha voluto ricordare come ci sia da fare ancora molto in merito allo “sviluppo dell’istituto dell’interpello non solo in funzione repressiva ma anche preventiva, al potenziamento dell’autotutela e del contraddittorio”. “Bisogna sempre privilegiare il dialogo con i cittadini – ha spiegato –, evitando di adottare provvedimenti che, se non assunti con equilibrio e nel pieno rispetto dei diritti dei contribuenti, rischiano di andare fuori misura, lasciando il sospetto che gli Uffici operino nella logica del risultato ad ogni costo”.
Vincenzo Visco, invece, si è soffermato sul problema dell’evasione fiscale: “Sono stati compiuti dei passi avanti, ma l’evasione fiscale rimane un fenomeno di massa. Bisogna combatterla con una strategia di lungo periodo, e l’organizzazione delle Agenzie su base provinciale non è necessariamente la strada più giusta. Il problema è gravissimo. Negli ultimi trent’anni abbiamo avuto un sistematico aumento, di oltre dieci punti, del prelievo alla fonte sul reddito da lavoro dipendente e pensioni e una riduzione di quota per gli altri. Se si vuole tenere unito il Paese, dovremo fare delle misure di aggiustamento pesanti, che saranno possibili solo se ci sarà una percezione di equità e il superamento della contrapposizione politico-ideologica in tema di tassazione”.
 

mercoledì 18 maggio 2011

Detrazione del 36%, abolita la comunicazione di inizio lavori

Il DL Sviluppo ha soppresso gli obblighi dell’invio al Centro operativo di Pescara e dell’indicazione in fattura del costo della manodopera
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In relazione alla detrazione IRPEF del 36% per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, l’art. 7, comma 2 del DL n. 70/2011 (c.d. “Decreto Sviluppo”) pubblicato nella G.U. n. 110 di venerdì scorso, sopprime:
- l’obbligo di inviare la comunicazione di inizio lavori al Centro Operativo dell’Agenzia delle Entrate di Pescara;
- l’obbligo di indicare distintamente, nelle fatture relative ai lavori agevolati, il costo della manodopera.
In merito all’abolizione della comunicazione preventiva al Centro Operativo di Pescara, la lett. q) del citato art. 7, comma 2, modificando l’art. 1, comma 1, lett. a) del DM 18 febbraio 1998 n. 41, dispone che, ai fini dell’agevolazione in questione, è obbligatorio indicare nella dichiarazione dei redditi alcuni dati prima contenuti nella comunicazione di inizio lavori ed in particolare:
- i dati catastali identificativi dell’immobile oggetto di intervento;
- nel caso in cui i lavori siano effettuati dal detentore (es. conduttore), anziché dal possessore, gli estremi di registrazione dell’atto che costituisce il titolo per la detenzione (es. contratto di locazione);
- gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione (la locuzione utilizzata dal decreto appare generica e non viene specificato quali siano gli ulteriori dati che devono essere indicati nella dichiarazione).
Alcuni dati vanno ora indicati nella dichiarazione dei redditi
Dovranno essere conservati ed esibiti, su richiesta degli uffici, i documenti che saranno indicati in un apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate. Tale provvedimento dovrebbe chiarire se i documenti che costituivano allegati obbligatori alla comunicazione di inizio lavori (soppressa) rientrino comunque tra quelli da conservare ed esibire su richiesta degli uffici a cura del contribuente, unitamente alle fatture o ricevute fiscali comprovanti le spese sostenute per gli interventi agevolati ed alla ricevuta dei bonifici di pagamento, per cui l’obbligo di conservazione è stabilito, ora come allora, dall’art. 1, comma 1, lett. b) del DM 18 febbraio 1998 n. 41.
In relazione alla soppressione dell’obbligo di indicare in fattura il costo della manodopera, si osserva che tale obbligo è stato introdotto a decorrere dalle spese sostenute dal 4 luglio 2006 (si veda l’art. 35, commi 19 e 20 del DL 4 luglio 2006 n. 223, convertito nella L. 4 agosto 2006 n. 248) ed è stato in seguito confermato dall’art. 1, comma 388 della L. n. 296/2006 (Finanziaria 2007), in relazione alla proroga dell’agevolazione per l’anno 2007, dall’art. 1 comma 19 della L. n. 244/2007 (Finanziaria 2008), in relazione alla proroga dell’agevolazione per gli anni 2008-2010 (e 2011) e dall’art. 2, comma 10, lett. a) e b) della L. n. 191/2009 (Finanziaria 2010), in relazione alla proroga dell’agevolazione per l’anno 2012.
Poiché il DL n. 70/2011 abroga l’art. 1, comma 19 della L. n. 244/2007, sembrerebbe che per le spese sostenute in relazione a fatture emesse tra il 4 luglio 2006 ed il 31 dicembre 2007 permanga l’obbligo di indicare il costo della manodopera in fattura.
Si ricorda che l’indicazione del costo della manodopera costituiva una condizione indefettibile (a pena di decadenza) per il diritto alla detrazione.
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sabato 14 maggio 2011

Ufficiale la proroga per i versamenti di UNICO e la consegna del 730

Firmato ieri il DPCM che dispone lo slittamento dal 16 giugno al 6 luglio dei versamenti di imposte dirette, IRAP e acconto della cedolare secca
imgCon un comunicato stampa, l’Agenzia delle Entrate ha reso ufficialmente noto che ieri è stato firmato il DPCM che dispone lo slittamento annunciato dei termini, dal 16 giugno al 6 luglio 2011, senza maggiorazioni, ai sensi dell’art. 12, comma 5 del DLgs. n. 241/97, dei versamenti delle imposte dirette, dell’IRAP e dell’acconto della cedolare secca.
I versamenti possono essere inoltre effettuati dal 7 luglio al 5 agosto, con maggiorazione dello 0,4%.
La proroga riguarda indistintamente le persone fisiche, mentre per tutti gli altri lo spostamento in avanti delle scadenze si riferisce soltanto alle attività interessate dagli studi di settore.
Ci sarà più tempo anche per i contribuenti che presentano il modello 730, che potrà infatti essere consegnato al sostituto d’imposta entro lunedì 16 maggio e ai professionisti abilitati o ai CAF entro il 20 giugno.
Inoltre, a favore di professionisti e CAF, il DPCM prevede un differimento dal 30 giugno al 12 luglio 2011 per la trasmissione telematica del 730 presentato da lavoratori dipendenti e pensionati.
Scadenze dal 1° al 20 agosto spostate al 22 agosto
Infine, il DPCM stabilisce che le scadenze per versamenti e adempimenti in agenda tra il 1° e il 20 agosto verranno tutte spostate a sabato 20 e, quindi, automaticamente, a lunedì 22 agosto, per consentire ai contribuenti di avere più tempo, evitando eventuali disagi legati al periodo estivo.
In ogni caso, non rientrano in quest’ultima finestra i versamenti con la maggiorazione dello 0,4%, cha vanno effettuati dal 7 luglio al 5 agosto.
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martedì 10 maggio 2011

Iscrizione alla Gestione separata: dal 1° giugno possibile solo online e al telefono

Non sarà più ammessa la presentazione, allo sportello o per posta, di domande cartacee
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A decorrere dal 1° giugno 2011, le domande di iscrizione alla Gestione separata istituita presso l’INPS potranno essere presentate esclusivamente online o telefonando al Contact Center integrato dell’Istituto. Non sarà, quindi, più ammessa la presentazione di domande in modalità cartacea.
Lo ha reso noto l’INPS con la circolare n. 72 del 4 maggio 2011, proseguendo nell’attuazione del processo che, nel corso di quest’anno, porterà, pur con la necessaria gradualità, alla completa telematizzazione delle principali domande di prestazioni e/o servizi rivolte all’Ente di previdenza.
Dopo le domande di disoccupazione ordinaria, le domande di indennità di mobilità ordinaria e le comunicazioni obbligatorie relative al rapporto di lavoro domestico – completamente digitalizzate a partire dal 1° aprile 2011 (si veda il comunicato stampa INPS del 29 marzo 2011) – è la volta delle domande di iscrizione alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della L. 335/1995, la Gestione previdenziale cui sono tenute a iscriversi, in particolare, indipendentemente dal fatto di essere, o meno, già assicurate presso altre forme pensionistiche obbligatorie, le seguenti tipologie di lavoratori: lavoratori a progetto e collaboratori coordinati e continuativi, professionisti senza Cassa di previdenza di categoria, associati in partecipazione che apportano solo lavoro, venditori a domicilio e lavoratori autonomi occasionali (ferma, con riferimento a queste ultime due categorie, la franchigia di 5.000 euro di reddito annui non assoggettabili a contribuzione).
L’obbligo di iscrizione ricade direttamente sul lavoratore
Ricordato che l’obbligo di provvedere all’iscrizione alla Gestione separata, al ricorrere dei relativi presupposti, grava direttamente sul lavoratore interessato (e non sul committente o sull’associante in partecipazione) e tornando alla circolare n. 72/2011, viene precisato che, dal prossimo 1° giugno, la presentazione delle domande di cui si tratta dovrà avvenire esclusivamente via web ovvero, qualora si tratti di utenti che non abbiano possibilità o facilità di utilizzo di strumenti telematici, per via telefonica, rivolgendosi al Contact Center multicanale al numero verde 803.164. Quest’ultimo, infatti, dopo aver proceduto all’autenticazione del soggetto dichiarante, si occuperà di acquisire la domanda di iscrizione.
Per quanto riguarda la trasmissione tramite web – spiega l’INPS – il servizio è disponibile sul sito internet http://www.inps.it/, nella sezione “Servizi online”, cui possono accedere, seguendo i percorsi indicati nella circolare in commento, sia il cittadino, direttamente, sia gli intermediari abilitati cui quest’ultimo si sia rivolto.
Mentre a partire dal 1° ottobre 2011 non potranno più essere accettate domande provenienti da soggetti non identificabili tramite PIN (un codice personale, che può essere richiesto gratuitamente attraverso il portale dell’Istituto o chiamando il Contact Center al 803.164), sino al 30 settembre è consentito, al cittadino che vi provveda direttamente, iscriversi sia previa autenticazione con PIN o Carta Nazionale dei Servizi (CNS), sia senza PIN utilizzando il solo Codice Fiscale.
Per l’accesso ai servizi da parte degli intermediari abilitati, è, invece, sempre richiesta l’autenticazione tramite PIN, Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o altro dispositivo (smart card, chiavetta USB) contenente il “certificato digitale di autenticazione personale” rilasciato da apposito ente certificatore e rispondente agli standard definiti per la CNS.
Come già avvenuto per le altre domande interessate dal processo di telematizzazione, anche con riferimento alle domande di iscrizione alla Gestione separata, al fine di assicurare la gradualità cui si è accennato, è peraltro previsto che, sino alla predetta data del 1° giugno, potranno continuare a essere utilizzate anche le altre modalità attualmente in uso; vale a dire, oltre all’iscrizione online (possibile dal 2009), la presentazione della domanda cartacea (mod. GS – COD. SC04) direttamente agli sportelli delle Sedi territoriali INPS o la trasmissione della stessa tramite il servizio postale.
Dopodiché, i due canali sopra indicati (web e Contact Center) diventeranno esclusivi

lunedì 9 maggio 2011

Con carta di credito e bancomat, niente più scheda carburante

Il Decreto Sviluppo prevede l’abrogazione dell’obbligo in caso di pagamenti con moneta elettronica
 
Nell’ambito delle semplificazioni previste dal Decreto Sviluppo, una novità rilevante riguarda l’obbligo di tenuta della scheda carburante. Nello specifico, è stato introdotto l’esonero dalla compilazione della scheda per i soggetti IVA che acquistano il carburante per autotrazione esclusivamente mediante carte di credito, bancomat e carte prepagate.
Riprendendo brevemente la disciplina della scheda carburante, ai sensi dell’art. 1 del DPR 444/97, gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione devono risultare da apposite annotazioni eseguite in una scheda conforme al modello allegato al DPR 444/97; tale scheda è sostitutiva della fattura di cui all’art. 22, comma 3 del DPR 633/72. L’obbligo dell’istituzione della scheda carburante e delle annotazioni relative ai singoli acquisti si applica ai contribuenti che intendono avvalersi del diritto alla detrazione dell’IVA, ai sensi dell’art. 19 del DPR 633/72, nonché della deduzione del costo di acquisto ai fini delle imposte dirette (cfr. C.M. 205/98).
Si ricorda, peraltro, che le disposizioni in materia di schede carburante si applicano esclusivamente agli acquisti di carburante per autotrazione effettuati, presso impianti stradali di distribuzione, da parte di soggetti IVA nell’esercizio d’impresa, arte o professione.
Dopo anni di sostanziale stabilità nella disciplina della scheda carburante, il Decreto Sviluppo interviene sull’articolo 1 del citato DPR 444/97 aggiungendo un quarto comma. La nuova disposizione prevede che, “in deroga a quanto stabilito dal comma 1, i soggetti all’imposta sul valore aggiunto che effettuano gli acquisti di carburante esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7, sesto comma, del decreto del presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 605, non sono soggetti all’obbligo di tenuta della scheda carburante previsto dal presente Regolamento”.
Ecco quindi che gli acquisti di carburante effettuati esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito (bancomat) e carte prepagate consentono ai soggetti IVA, ordinariamente tenuti alla compilazione della scheda carburante, di liberarsi da quest’obbligo.
La norma, tuttavia, precisa che i suddetti mezzi di pagamento “elettronici” devono essere emessi dagli operatori finanziari indicati nell’art. 7, comma 6 del DPR 605/73, ossia: le banche, la società Poste italiane spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario. Tali soggetti hanno, infatti, l’obbligo di comunicare all’Anagrafe tributaria l’esistenza dei rapporti e di qualsiasi operazione finanziaria; le stesse saranno archiviate in apposita sezione, con l’indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.
Peraltro, il pagamento mediante carte di credito o bancomat consente di adempiere all’onere della prova ai fini del diritto alla detrazione dell’IVA (art. 19 del DPR 633/72) e della deduzione del costo di acquisto ai fini delle imposte dirette (art. 164 del TUIR).
Si osserva altresì come, con la tracciabilità degli acquisti di carburante effettuati mediante carte elettroniche, viene di fatto rafforzato il monitoraggio sulle spese.
Pagamento esclusivamente con carte elettroniche
L’obbligo di tenuta della scheda carburante sarà, quindi, legato alla modalità di pagamento adottata.
Stante il tenore letterale della norma, per non dover sottostare alla disciplina della scheda carburante, occorre effettuare i pagamenti “esclusivamente” mediante le suddette carte elettroniche; non sono, quindi, ammesse modalità di pagamento “miste”.
Pertanto, laddove il contribuente utilizzi contanti per il proprio rifornimento, occorre annotare “tradizionalmente” gli acquisti di carburante per autotrazione nella scheda.
Nella scelta della modalità di pagamento vanno, ovviamente, tenute in debito conto anche eventuali commissioni applicate dagli operatori finanziari sull’acquisto di carburante effettuato tramite carte di credito e prepagate.
 

venerdì 6 maggio 2011

Non versare le ritenute previdenziali sui compensi dei collaboratori è reato

Il «collegato lavoro» ha esteso ai committenti la disciplina per il lavoro dipendente
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Con la circolare n. 71/2011, l’INPS ha fornito chiarimenti in ordine all’applicazione dell’art. 39 della L. 183/2010, la norma del c.d. collegato lavoro che ha stabilito che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative, iscritti alla Gestione separata, configuri, per i committenti, l’ipotesi di reato prevista – sinora soltanto nell’ambito della subordinazione – dall’art. 2, commi 1-bis e ss., del DL 463/83. Quest’ultima disposizione prevede, infatti, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, stabilendo, come conseguenza sanzionatoria, la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.033 euro.
La ratio sottesa alla previsione di una fattispecie penale (di carattere delittuoso) è evidente: invero, mentre in generale per le violazioni consistenti nell’omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi – abolite le sanzioni amministrative ad opera dell’art. 116, comma 12, della L. 388/2000 – sono previste esclusivamente sanzioni civili, l’omesso versamento da parte del datore di lavoro della quota di contributi a carico del lavoratore, trattenuta al momento dell’erogazione della retribuzione, concretizza un fatto di appropriazione indebita, meritevole di essere sanzionato penalmente. A seguito dell’intervento della L. 183/2010, tali considerazioni valgono anche con riferimento al committente, tenuto anch’esso, per legge, a versare alla Gestione separata l’intero importo dei contributi dovuti, anche per la quota (pari a un terzo) posta a carico del collaboratore, trattenuta al momento della corresponsione del compenso.
Con il collegato lavoro è stato, dunque, compiuto un ulteriore e importante passo in avanti nel processo di avvicinamento del regime normativo e contributivo del lavoro parasubordinato a quello subordinato.
Nella circolare citata, l’INPS precisa, innanzitutto, che, poiché la L. 183/2010 è entrata in vigore il 24 novembre 2010, la disciplina contenuta nell’art. 39 si applica soltanto a partire dalle denunce EMens con competenza novembre 2010, in scadenza al 16 dicembre 2010. Ciò anche in applicazione di uno dei principi cardine del diritto penale, quale il principio di irretroattività.
Il richiamo, operato dal suddetto articolo, al regime previsto per i datori di lavoro subordinato comporta che, anche nei confronti dei committenti, all’accertamento dell’omesso versamento delle ritenute debba seguire un provvedimento di contestazione o notificazione dell’illecito, contenente l’intimazione ad adempiere al pagamento entro il termine di tre mesi. Nel caso in cui il pagamento avvenga entro tale termine, è infatti prevista, per il trasgressore, una speciale ipotesi di non punibilità sopravvenuta.
Anche in presenza di avvenuto adempimento, rimane tuttavia fermo, una volta trascorso il termine di tre mesi, l’obbligo per l’accertatore di trasmettere la denuncia di reato all’Autorità giudiziaria.
Quanto all’ambito di operatività della norma, l’INPS sottolinea come essa possa trovare applicazione esclusivamente nei confronti dei committenti che si avvalgano delle prestazioni lavorative effettuate dai soggetti appartenenti alle categorie di cui all’art. 50, comma 1, lett. c-bis), del TUIR, ossia i lavoratori a progetto e i collaboratori coordinati e continuativi (anche occasionali). Il principio di stretta legalità che caratterizza la materia penale impedisce, infatti, l’estensione analogica di tale ambito ad altre categorie non menzionate dalla legge, benché tenute all’iscrizione alla Gestione separata (es. associati in partecipazione, lavoratori autonomi occasionali).
Sempre sulla base della lettera della norma, l’Istituto esclude che la fattispecie di reato di cui si tratta possa ricorrere, oltre che nell’ipotesi in cui non sussista un rapporto di committenza, anche nel caso di coincidenza tra la figura del committente e quella del collaboratore. Inoltre, come evidenziato nell’ambito del Forum Lavoro del 17 novembre 2010, dovendosi ritenere applicabile ai committenti non soltanto la normativa in questione, ma anche l’elaborazione giurisprudenziale cui essa ha dato vita, va tenuto presente che, secondo un orientamento consolidato (cfr., di recente, Cass. n. 10104/2011), il delitto di omesso versamento delle ritenute non è configurabile nei casi in cui al lavoratore non siano state materialmente corrisposte le somme dovute a titolo di corrispettivo.
Si ricorda, infine, che la responsabilità per il suddetto delitto deve essere sempre ricondotta al soggetto che, alla data di scadenza del termine previsto per il versamento dei contributi, risulti avere la responsabilità legale dell’adempimento. Ciò significa che, in caso di omesso versamento, il datore di lavoro, o il committente, non può andare esente da responsabilità nemmeno qualora abbia demandato l’incarico di provvedere a terzi (consulenti del lavoro, dottori commercialisti, ecc.), gravando pur sempre sul titolare del rapporto di lavoro il dovere di controllare che il terzo adempia all’obbligazione

giovedì 5 maggio 2011

Detrazione del 36% per i «nuovi» interventi sullo stesso immobile

Se sullo stesso immobile vengono eseguiti più interventi, è necessario valutare che non si tratti di mera prosecuzione dei precedenti
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Con l’avvicinarsi dei termini per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, è bene affrontare un aspetto che crea ancora qualche dubbio in materia di agevolazioni per il recupero del patrimonio edilizio.
In particolare, occorre analizzare il caso in cui sullo stesso immobile vengano eseguiti diversi interventi che, presi singolarmente, beneficiano della detrazione del 36% prevista dall’art. 1 della L. n. 449/1997 e successive modificazioni.
Anzitutto, si ricorda che, ai fini del computo della detrazione IRPEF del 36%, l’ammontare massimo entro il quale le spese sostenute per gli interventi agevolati e rimaste effettivamente a carico rilevano è stabilito in 48.000 euro per unità immobiliare abitativa, per le spese sostenute dal 2007.
Agevolabili i “nuovi interventi” con nuova abilitazione
In relazione alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione per interventi di recupero edilizio realizzati in tempi diversi sulla stessa unità immobiliare, è necessario verificare se gli interventi stessi siano o meno collegati tra loro ovvero siano qualificabili come “nuovi interventi”.
A tal fine, la CM 11 maggio 1998 n. 121 afferma che vanno trasmesse al Centro Operativo di Pescara “tante comunicazioni quante sono le unità immobiliari sulle quali sono eseguiti i lavori e per ogni abilitazione amministrativa”.
Alla luce di tale precisazione devono essere considerati “nuovi interventi” quelli per la cui realizzazione è necessario ottenere una nuova abilitazione amministrativa rispetto a quella già rilasciata in precedenza.
Di conseguenza, così come precisato dalla circ. Agenzia delle Entrate 30 gennaio 2002 n. 9, par. 7.4, la detrazione IRPEF del 36% spetta, entro il limite di 48.000 euro, per ogni intervento di recupero realizzato sullo stesso immobile se si possiedono diverse abilitazioni comunali che li autorizzino (in tal senso anche la circ. Agenzia delle Entrate 5 marzo 2003 n. 15, par. 2).
Diversamente, se i lavori di recupero realizzati sulla stessa unità immobiliare rappresentano una “mera prosecuzione” di interventi iniziati in anni precedenti, per determinare l’ammontare delle spese agevolabili si deve tener conto delle spese sostenute negli anni passati.
In altre parole, il contribuente può beneficiare della detrazione d’imposta entro il limite di 48.000 euro per le spese complessivamente considerate (quindi, quelle relative agli anni precedenti e quelle sostenute all’inizio dei nuovi lavori).
Se le spese sostenute negli anni passati per lo stesso intervento di recupero superano il limite di 48.000 euro, il contribuente non ha più diritto ad alcuna detrazione.
Infine, si ricorda che, a seconda che si tratti di interventi qualificabili come “mera prosecuzione” o come “nuovi interventi”, cambiano gli adempimenti fiscali.
Nel primo caso, ossia nel caso di lavori che proseguono nell’anno successivo a quello di invio del modello di comunicazione, non è necessario inoltrare una nuova comunicazione al Centro Operativo di Pescara, “sempre che si tratti del completamento delle opere già avviate” (cfr. CM 12 maggio 2000 n. 95, par. 2.1.5).
Nel secondo caso, qualora si tratti di “ulteriori interventi per i quali è richiesta una nuova denuncia di inizio attività, concessione o autorizzazione edilizia, il contribuente dovrà inviare un nuovo modello di comunicazione ed allegare la relativa documentazione”.
 

martedì 3 maggio 2011

Responsabile anche la banca se il bonifico per il 36% è incompleto

Con la decisione n. 655/2010, l’Arbitro Bancario Finanziario si è pronunciato sull’agevolazione del 36% per gli interventi di recupero edilizio
L’entità del danno derivante dal mancato riconoscimento al contribuente dell’agevolazione del 36% a causa del bonifico incompleto è da suddividere in misura pari al 50% tra le parti (banca e cliente).
Questa la decisione contenuta nella pronuncia dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) – Collegio di Milano – del 2 luglio 2010 n. 655, che è stata resa nota dalla circolare del 2 maggio 2011 n. 5, serie tributaria, dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI).
La controversia oggetto di analisi riguarda una richiesta di risarcimento danni avanzata da un cliente verso la propria banca in quanto, in sede di dichiarazione dei redditi, il CAF presso cui il cliente/contribuente si è rivolto non ha riconosciuto valide, ai fini della detrazione IRPEF del 36%, le ricevute di alcuni bonifici in quanto carenti del riferimento alla L. 449/1997 e dei codici fiscali delle parti. Il cliente, peraltro, aveva disposto il pagamento delle fatture relative alle spese per il recupero edilizio mediante appositi bonifici al fine di beneficiare dell’agevolazione in questione.
Avverso il rifiuto della banca di provvedere al risarcimento dei danni subiti, così come richiesto dal cliente, la controversia è stata esaminata dall’ABF, quale organismo istituito presso la Banca d’Italia e preposto alla risoluzione delle controversie insorte con la clientela nella prestazione di operazioni e servizi bancari e finanziari.
Il dipendente della banca deve prestare assistenza al cliente
Il Collegio di Milano focalizza la sua decisione sul grado di diligenza cui è tenuto l’intermediario nell’esecuzione delle disposizioni che gli sono impartite dal cliente. A tal proposito richiama la sentenza della Corte di Cassazione del 12 giugno 2007 n. 13777, secondo cui “ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2, la banca appellata, svolgendo attività professionale, deve adempiere tutte le obbligazioni assunte nei confronti dei propri clienti con la diligenza particolarmente qualificata dell’accorto banchiere, non solo con riguardo all’attività di esecuzione di contratti bancari in senso stretto, ma anche in relazione ad ogni tipo di atto o di operazione oggettivamente esplicati”. Ma il Collegio lombardo va oltre e afferma che l’obbligo di diligenza e buona fede dell’intermediario deve essere esteso fino a un “obbligo di assistenza dei propri clienti nella corretta predisposizione degli ordini di bonifico al fine di consentire loro di potere godere, in futuro, di un’agevolazione fiscale; e ciò, in particolar modo, quando si tratti di ipotesi di agevolazioni previste da norme fiscali che abbiano un’applicazione diffusa”. In conclusione, il dipendente della banca avrebbe dovuto segnalare che i dati specificati nell’ordine di bonifico erano incompleti e doveva altresì assistere il cliente nella loro corretta compilazione.
Risulta evidente l’importanza di tale decisione ai fini dell’operatività bancaria e finanziaria, in quanto anche servizi apparentemente meno rilevanti di altri possono comportare elevate responsabilità.
Per tali ragioni, il Collegio ha ritenuto di suddividere al 50% l’entità del danno (l’importo della detrazione IRPEF non fruita) tra banca e cliente.
L’ABI, peraltro, ricorda che l’Agenzia delle Entrate, nella ris. n. 353 del 7 agosto 2008, ha precisato che, in caso di bonifici incompleti (carenti ad esempio degli estremi della norma agevolativa, del codice fiscale dell’ordinante e del numero di partita IVA del beneficiario del bonifico), il cliente poteva sanare l’irregolarità fornendo i dati mancanti alla banca che, a sua volta, li avrebbe trasmessi all’Agenzia delle Entrate in via telematica.
 

lunedì 2 maggio 2011

Controllo delle compensazioni Iva, le risposte dell'Agenzia delle entrate

Con la circolare n. 16/E del 19 aprile 2011 l’Agenzia delle entrate risponde ad alcuni quesiti in materia di compensazione dei crediti IVA.
Compensazione del credito IVA annuale 2009 nel corso del 2011 - Il credito IVA dell'anno 2009 può essere utilizzato anche nel 2011, fino alla data di presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2010. In ogni caso, però, occorre tenere conto dei limiti fissati dall’articolo 10 del D.L. 78/2009, che sono riferiti all’anno di maturazione del credito e non all’anno solare di utilizzo in compensazione.

Quindi, un contribuente che nel 2009 aveva un credito di 20.000 euro e nel 2010 ne aveva utilizzato in compensazione solo 15.000 (in quanto la dichiarazione presentata era priva del visto di conformità), nel 2011 non può utilizzare gli altri 5.000 euro poiché la somma degli utilizzi supera il predetto limite di 15.000 euro.
Compensazione di crediti trimestrali e annuale relativi alla stessa annualità - I crediti IVA infrannuali rappresentano un plafond distinto rispetto al credito IVA annuale. Tale distinzione permane anche se i crediti sono relativi alla medesima annualità. Pertanto, il credito IVA relativo all’anno d’imposta 2010 può essere utilizzato in compensazione già a partire dal 1° gennaio 2011 purché, ovviamente, non ecceda il limite di 10.000 euro. Al raggiungimento di tale limite non concorrono le eventuali compensazioni di crediti IVA relativi ai primi tre trimestri dello stesso anno.

Compensazione di crediti relativi ad annualità pregresse - Se dall'attività di liquidazione delle imposte risultanti dalle dichiarazioni emerge un credito maggiore rispetto a quello dichiarato il contribuente può scegliere tra la richiesta di rimborso o l’utilizzo in compensazione. Supponendo che il maggior credito sia relativo all'anno di imposta 2008 e che la dichiarazione del 2009 sia stata già presentata, per il recupero del credito è possibile seguire due vie alternative:

1) presentare una dichiarazione integrativa a favore, relativa all’anno d’imposta 2009, esponendo il maggior credito nel rigo VL8 “Credito risultante dalla dichiarazione per il 2008”. Il credito emergente dalla dichiarazione integrativa potrà essere utilizzato in compensazione con codice tributo 6099 e anno di riferimento 2009;

2) esporre il maggior credito nella dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta 2010, nel rigo VL8 “Credito risultante dalla dichiarazione per il 2009” (anche se, in questo caso, il credito è relativo all’anno ancora precedente). Il credito emergente dalla dichiarazione potrà essere utilizzato in compensazione con codice tributo 6099 e anno di riferimento 2010.

In entrambe le ipotesi, le compensazioni dovranno rispettare le regole stabilite dall’articolo 10 del D.L. 78/2009.
Presentazione di più dichiarazioni relative alla stessa annualità - In caso di presentazione di dichiarazioni multiple (cioè relative allo stesso contribuente, alla stessa imposta, allo stesso periodo) la dichiarazione "valida" è sempre la seconda ("integrativa" o "correttiva nei termini").

Nel caso sottoposto all'Agenzia il contribuente ha presentato una prima dichiarazione IVA autonoma "vistata" e poi, per errore ha ricompreso la stessa dichiarazione nel modello UNICO, senza apporre il visto. Poiché la dichiarazione valida è la seconda, eventuali deleghe di pagamento contenenti compensazione di crediti IVA per importi superiori a 15.000 euro, presentate successivamente all’invio del modello UNICO, saranno automaticamente scartate. Per poter compensare il credito IVA per importi superiori a 15.000 euro ci sono due possibilità:

1) annullare l’invio del modello UNICO, contenente la dichiarazione IVA erroneamente inclusa e presentare nuovamente la dichiarazione dei redditi, originariamente contenuta nel modello UNICO oggetto di annullamento;

2) presentare una terza dichiarazione IVA in forma autonoma, con apposizione del visto di conformità.

In entrambi i casi il credito IVA, per importi superiori a 15.000 euro, sarà nuovamente disponibile per la compensazione a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di regolarizzazione della posizione.
Correzione/annullamento di modelli F24 - La correzione dell’anno di riferimento di un credito IVA esposto nel modello F24, comporta l’imputazione della compensazione a un diverso plafond rispetto a quello originariamente indicato. Il conseguente aggiornamento degli utilizzi dei due plafond interessati avviene in via automatizzata, normalmente entro il secondo giorno lavorativo successivo a quello di correzione del modello F24.

Discorso analogo vale per l’annullamento di un modello F24 con utilizzo di credito IVA e saldo pari a zero. Anche in questo caso, il relativo plafond viene automaticamente ricostituito e torna disponibile per la compensazione ordinariamente entro il secondo giorno lavorativo successivo a quello di annullamento del modello F24.

Nuovo canale di assistenza dedicato - Per chiedere chiarimenti circa lo scarto di pagamenti telematici eseguiti con compensazione di crediti IVA o  segnalare l’avvenuta regolarizzazione, tramite ravvedimento, di indebiti utilizzi in compensazione è stata attivata la casella e-mail dc.sac.compensazioni.ivaf24@pce.agenziaentrate.it, utilizzabile dai contribuenti e dai professionisti abilitati dotati di posta elettronica certificata.