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venerdì 28 dicembre 2012

Prima casa: rinuncia all’agevolazione


Risoluzione 112/E del 27 dicembre 2012

Premessa – Chi vende entro 5 anni l’immobile acquistato con i benefici “prima casa” e non intende riacquistarne un altro, può chiedere all’Agenzia delle Entrate, prima della scadenza dei 12 mesi, la riliquidazione dell’imposta. In questo modo non scatta alcuna sanzione e il contribuente paga soltanto la differenza rispetto a quanto versato al momento dell’acquisto dell’immobile e i relativi interessi. Questo è quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 112/E di ieri 27 dicembre.

Interpello – L’Agenzia delle Entrate nella risoluzione in questione ha fornito una risposta a un contribuente che, non volendo riacquistare nei 12 mesi dalla vendita, vuole mettersi subito in regola con il Fisco.

Cessione prima casa – Al riguardo si ricorda che per i casi di cessione dell’immobile “agevolato” prima del quinquennio, la nota II-bis) all’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986, comma 4, prevede la decadenza dei benefici dell’agevolazione “prima casa”, a meno che “il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”. Con la perdita del beneficio, il contribuente è tenuto al pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché di una sovrattassa pari al 30% delle stesse imposte.

Termine di 12 mesi - L’Agenzia delle Entrate ritiene che, laddove sia ancora pendente il termine dei dodici mesi per l’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, il soggetto che si trovi nelle condizioni di non poter ovvero di non voler rispettare l’impegno assunto, anche per motivi personali, può comunicare il proprio intendimento all’Amministrazione Finanziaria, chiedendo contestualmente la riliquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione. In tal caso, il contribuente dovrà versare la differenza tra l’imposta pagata e quella dovuta, interessi compresi, ma non la sanzione del 30% di cui al richiamato comma 4, poiché, non essendo ancora spirato il termine per adempiere, non può essere imputato al contribuente il mancato acquisto di altro immobile, cui consegue la decadenza dell’agevolazione.

Scaduti i 12 mesi il ravvedimento operoso riduce le sanzioni – Se il contribuente non ha presentato l’istanza nei 12 mesi che intercorrono tra la vendita e il mancato riacquisto può sempre usufruire dell’istituto del ravvedimento operoso, che consente di beneficiare di una riduzione delle sanzioni. Chi vuole avvalersi di questa possibilità deve presentare un’istanza all’ufficio dell’Agenzia presso il quale è stato registrato l’atto di vendita dell’immobile, con la quale dichiara l’intervenuta decadenza dall’agevolazione e richiede la riliquidazione dell’imposta e l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 27 dicembre 2012

La versione italiana della Tobin Tax


A partire dal 1° marzo 2013 per gli scambi azioni e dal 1° luglio 2013 per i derivati entrerà in vigore la versione italiana della Tobin Tax, cosi come sancito dal comma 308 –quater, dell’unico articolo della Legge si stabilità. Le preannunciata imposta che avrebbe dovuto colpire le operazioni meramente speculative, con l’effetto di limitare tali operazioni, sembra aver preso tutt’altra piega. Anche altri Paesi europei hanno introdotto o lo stanno per fare la medesima imposta, con effetti per nulla positivi.

Oggetto della Tobin Tax – In origine la Tobin Tax era nata per combattere la speculazione sui cambi. Tuttavia, dal tenore letterale della norma sembrerebbe rivolta alle azioni e ai derivati sulle azioni. Di conseguenza, chi vorrà porre in essere operazioni speculative come, ad esempio, i credit default swap, potrà continuare a farlo senza subire alcuna tassazione.
In conclusione, colpire azioni e derivati delle azioni significa colpire coloro che andavano tutelati, ossia gli investitori di m/l termine.

L’ammontare dell’imposta - La Tobin Tax all’italiana rispetto all’ultima versione, che prevedeva un’aliquota fissa dello 0,05% su ogni scambio di azioni e derivati, avrà due aliquote:
- una allo 0,1 % e una allo 0,2% quella più bassa si applicherà ai titoli scambiati sui mercati regolamentati, quelli in cui l’autorità può vedere con trasparenza ogni singola operazione, mentre quella più alta servirà a scoraggiare le operazioni concluse fuori dai mercati tradizionali, i cosiddetti “over the counter” (letteralmente scambiati “sul banco”) che muovono cifre enormi senza il controllo delle autorità di supervisione;
- per i derivati la tassa non è in percentuale, ma ha valori fissi che crescono col salire del valore del titolo su cui si basa il derivato (il "sottostante" deve ovviamente essere italiano).

Il concetto di valore 
– Le aliquote percentuali si applicheranno non su ogni scambio, ma sul "valore della transazione", cioè sul saldo netto che l’investitore avrà a fine giornata.

Esclusioni - Saranno escluse dalla tassa le operazioni frutto di successione o donazione, quelle sui titoli emessi da società medie o piccole (sotto i 500 milioni di fatturato) quelle su derivati usati per limitare i rischi sui movimenti dei cambi e sulla volatilità delle materie prime.
Al contrario, dovranno pagare anche gli operatori stranieri che operano scambi sugli strumenti italiani soggetti a tassazione.

Considerazioni – Da più parti sono numerose le critiche sollevate alla versione italiana della Tobin Tax.
Una riguarda il differimento dell’imposta al 1° marzo 2013 che, secondo alcuni, permetterebbe ai grandi intermediari di studiare i metodi per aggirare l’imposizione.
Inoltre, si prevede un effetto di amplificazione delle spinte speculative sui mercati, conseguenza di una forte riduzione del numero degli scambi, con la possibilità per i grossi finanzieri di influire maggiormente sui prezzi con un minore investimento.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 21 dicembre 2012

Cedolare secca: remissione in bonis


Circolare n.47/E del 20 dicembre 2012 e comunicato del 20 dicembre 2012

I contribuenti ritardatari che non sono riusciti ad optare per il regime della cedolare secca per dimenticanza possono farlo a posteriori, versando una sanzione minima, grazie all’istituto della remissione in bonis, nato per sanare facilmente eventuali ritardi e dimenticanze.
Lo strumento è ammesso solo se il contribuente manifesta un comportamento coerente e assolve a tutte le formalità e gli obblighi previsti, omettendo solo la presentazione entro i termini del “modello 69”.

Si tratta di uno dei chiarimenti riportati nella circolare n. 47/E pubblicata dall’Agenzia Entrate il 20 dicembre 2012, con la quale l’Agenzia delle entrate affronta alcuni dubbi sull’applicazione dell’imposta sostitutiva sui canoni di locazione prevista dall’articolo 3 del D. Lgs. n. 23/2011.

Cedolare e remissione in bonis – Lo strumento della remissione in bonis previsto dall’articolo 2 del DL n. 16/2012 può essere utilizzato in realtà anche da chi presenta tardivamente, ovvero oltre il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro, il “modello 69”, a patto che il tardivo assolvimento dell’obbligo non rappresenti un semplice ripensamento o una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità.
Di conseguenza non può fruire della remissione in bonis chi presenta tardivamente il modello 69 dopo aver già pagato l’imposta di registro, in quanto il pagamento integrale di questa imposta integra un certo comportamento e presuppone, dunque, la scelta di non aderire alla cedolare secca. 
Dunque la remissione in bonis nell’ambito della cedolare secca è ammessa solo se il contribuente manifesta un comportamento coerente e assolve a tutte le formalità e gli obblighi previsti, omettendo solo la presentazione entro i termini del “modello 69”.

Il versamento della sanzione – Il contribuente per perfezionare la remissione in bonis, fermo restando il rispetto delle altre condizioni richieste per accedere all’istituto, deve quindi versare la sanzione di 258 euro tramite modello F24, senza possibilità di effettuare la compensazione con crediti eventualmente disponibili, utilizzando il codice tributo “8114”, introdotto dalla Ris. n. 46/E dell’11 maggio 2012.

Il ravvedimento operoso sana solo le violazioni tributarie
 – L’omessa o tardiva registrazione dei contratti di locazione comporta l’applicazione di sanzioni fiscali ed extra tributarie, nei rapporti civilistici tra le parti ai sensi dei commi 8 e 9 dell’art. 3 del D. Lgs. n. 23/2011.
Stante questa premessa, altro chiarimento interessante fornito dall’Agenzia riguarda il ravvedimento operoso, che può essere utilizzato dal contribuente incide esclusivamente sul trattamento sanzionatorio tributario e non produce alcun effetto sul piano civilistico.
Di conseguenza, in sede di tardiva registrazione o denuncia dei contratti di locazione, gli uffici dell’Agenzia delle Entrate non sono tenuti a effettuare valutazioni relative all’applicabilità delle norme che disciplinano i rapporti privatistici tra locatario e locatore, né a compiere indagini riguardanti la categoria catastale dell’immobile affittato.
Gli uffici dell’Amministrazione finanziaria si devono limitare, quindi, a effettuare la liquidazione dell’imposta di registro dovuta sulla base di quanto risulta dal contratto o di quanto dichiarato dalla parte contraente che effettua l’adempimento tardivo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 20 dicembre 2012

IVA per cassa e acconto IVA


La scelta più conveniente per il contribuente che si accinge a calcolare l’acconto del 27 dicembre 2012

L'adesione al nuovo regime dell’Iva per cassa potrebbe rappresentare per i contribuenti un'opportunità per ridurre (o addirittura non versare) l’ammontare a titolo d'acconto IVA.
Generalmente, l’acconto Iva è pari all'88% del versamento eseguito, o che doveva essere eseguito,per il corrispondente periodo d’imposta precedente, con l’accortezza che il versamento va considerato al lordo dell'eventuale acconto versato a dicembre 2011 e al netto della maggiorazione dell'1% per i contribuenti trimestrali (si veda Ris. n. 157/E/2004).

Il contribuente che opta non sfugge all’acconto - Anche nel caso in cui il contribuente abbia optato, a partire dal 1° dicembre 2012, per il nuovo regime dell’Iva per cassa, lo stesso dovrà comunque corrispondere l’acconto del 27 dicembre 2012, tenendo in debita considerazione:
1. il differimento dell'esigibilità dell'imposta sulle operazioni attive;
2. rinvio della detrazione sugli acquisti.

Il metodo più conveniente per il calcolo dell’acconto IVA
 – Il contribuente che ha optato per il nuovo regime dell’Iva per cassa, dal 1° dicembre 2012, invece di versare l'acconto commisurandolo al debito di dicembre dell'anno scorso (metodo storico), potrebbe, considerate le caratteristiche della contabilità di cassa, avvalersi della liquidazione Iva straordinaria al 20 dicembre (metodo analitico). 
In tal caso, infatti, l'imposta computata a debito sarà esclusivamente quella che si riferisce alle operazioni effettuate dal primo giorno del mese, per le quali, entro il 20 dicembre, si sia verificata l'esigibilità e, dunque, sia stato incassato il corrispettivo (totale o parziale).
Attraverso l’utilizzo del metodo analitico, si potrebbe ridurre (o addirittura azzerare) l'acconto.
ovviamente, sarà necessario tener conto del fatto che nella liquidazione potrà essere detratta solo l'Iva sugli acquisti, per i quali siano stati pagati i fornitori.

Le regole per determinare l’acconto 
– Alcuni elementi da considerare per determinare l’importo dovuto sono le seguenti:
- l’incasso dall’1.12.2012 di una o più fatture (emesse) registrate fino al 30.11.2012 non ha alcuna rilevanza ai fini della liquidazione dell'IVA;
- il pagamento dall’1.12.2012 di una o più fatture (di acquisto) registrate fino al 30.11.2012 non ha alcuna rilevanza ai fini della liquidazione dell'IVA.
Inoltre, va ricordato che l’applicazione del regime in esame non incide sulle modalità/termini, ex art. 21, DPR n. 633/72, di emissione e di registrazione delle fatture emessa.

In particolare con riferimento alle fatture emesse:
- l’imponibile “ancorché l’IVA non sia immediatamente esigibile, rileva anche ai fini della determinazione del volume di affari nell’anno di effettuazione dell’operazione”;
- le relative operazioni “partecipano alla determinazione della percentuale di detrazione” ex art. 19, D.P.R. n. 633/72;
- in caso di incasso parziale l’imposta è computata a debito nella liquidazione IVA periodica di riferimento “limitatamente al corrispettivo incassato”;
- se l’incasso non avviene in contanti il cedente/prestatore, al fine di individuare il momento del pagamento, farà riferimento agli accrediti evidenziati nel proprio c/c bancario.

Esempio - Un contribuente mensile si trova a dover determinare l’acconto IVA 2012.
Nel caso in cui decida di optare per il calcolo attraverso il metodo storico, dovrà considerare il valore della liquidazione di dicembre 2011, al lordo dell’acconto (rigo VH12 dichiarazione IVA relativa al 2011).
Ipotizzando che tale importo sia pari a € 7.500, con il metodo storico l’acconto IVA per il 2012 è pari a € 6.600 (7.500 x 88%).
Nel caso in cui decida di optare per il metodo analitico, ipotizzando che:
- l’Iva esigibile per fatture emesse e incassate dal 1° al 20 dicembre pari a 5.600;
- l’Iva detraibile per fatture ricevute e pagate dal 1° al 20 dicembre pari a 0;
si genererebbe un acconto dovuto pari a 5.600 (100% di 5.600).
In sostanza, l’adozione del metodo analitico per i soggetti che hanno optato per il nuovo regime per cassa (dal 1° dicembre 2012), potrebbe far conseguire riduzioni sostanziale dell’acconto Iva da versare entro il 27 dicembre 2012.
Autore: Gioacchino De Pasquale

mercoledì 19 dicembre 2012

Riforma del condominio: operativa da giugno 2013


Con la pubblicazione in G.U. decorrono i sei mesi per meglio studiare e preparasi alle nuove disposizioni

Operativa da giugno - Il 17 giugno prossimo entrerà in vigore la riforma del condominio, infatti è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 17 dicembre 2012 la Legge 220 dell’11.12.2012 che rivoluzionerà il modo di gestire il condominio. La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale risulta molto importante, ed era molta attesa, in quanto affinché la norma entri in vigore devono trascorrere sei mesi dalla sua pubblicazione. La legge in sostanza va a riscrivere gran parte della parte del Codice Civile dedicata al condominio, dall'articolo 1118 al 1139, più le disposizioni di attuazione del Codice Civile (dall'articolo 61 al nuovo 71-quater) e alcune disposizioni sparse nelle leggi speciali.

Una “vacatio” di sei mesi
 - La legge prevede dalla pubblicazione in G.U., un periodo di sei mesi prima dell’entrata in vigore, che servirà a studiare le novità e a prepararsi alla applicazione delle nuove disposizioni. Le novità riguardano il condominio a tutto campo, dal quorum delle assemblee più snello per prendere le decisioni, e evitare ingessature, ad una maggiore libertà dei singoli condomini, a un amministratore che diventa un professionista qualificato e trasparente.

Molte novità - Moltissime sono le novità soprattutto per quanto riguarda l’amministratore la cui figura è stata ridisegnata quanto a responsabilità, doveri e requisiti. L’amministratore dovrà possedere i requisiti di "onorabilità", non aver subito protesti cambiari, avere il diploma di scuola secondaria, aver frequentato un corso di formazione iniziale e aggiornarsi periodicamente. Per chi invece (e il caso del condomino) amministra il proprio condominio, bastano i soli requisiti di onorabilità, e per chi lo ha fatto (anche professionalmente) per almeno un anno nel periodo dal 17 giugno 2011 al 17 giugno 2013, è richiesta, oltre all'onorabilità, solo la formazione periodica. La perdita dei requisiti di onorabilità provocherà la cessazione dall'incarico dell'amministratore.

Gestione più snella - Cambiano le modalità di convocazione dell'assemblea e i quorum costitutivi e deliberativi, sia in prima sia in seconda convocazione, con un limite alla raccolta di deleghe. L'obiettivo è quello di rendere più snella la gestione e più facili le scelte. È stata prevista anche la possibilità di "variare la destinazione d'uso” delle parti comuni, che permetterà con l’80% dei condomini e dei millesimi, di destinare tali parti a usi che non siano quelli originariamente previsti.

Obblighi di trasparenza – Aumentano gli obblighi di trasparenza nella gestione dell’amministratore, il quale dovrà aprire un conto corrente bancario o postale mettendo a disposizione i movimenti bancari al controllo dei condomini. È prevista la costituzione del sito internet condominale e si dettaglia la maggioranza per l'installazione di telecamere per la videosorveglianza condominiale (maggioranza degli intervenuti e almeno metà del valore dell’edificio). Il singolo condomino potrà distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, tale distacco non è completamente libero e viene concesso solo se non si fruisce del calore per problemi tecnici prolungati per un'intera stagione, comunque vi è l’obbligo di partecipare alle spese di manutenzione straordinaria della centrale termica. Il condomino potrà installare impianti di ricezione radiotelevisiva e pannelli solari che non incidano però sulle parti comuni.

Morosità - La nuova riforma si pone in modo rigido nei confronti del condomino moroso verso il quale l'amministratore deve agire entro sei mesi, in più lo stesso amministratore può comunicare i dati personali dei morosi ai creditori del condominio, che sono tenuti ad agire contro gli inadempienti prima di rivalersi sui condomini in regola.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 18 dicembre 2012

Beni omaggio: il limite per la deducibilità


Deducibilità dalle imposte dirette se il costo unitario non è superiore a 50 €

Premessa – Le spese per omaggi fanno parte delle cd. spese di rappresentanza che, sia dal punto di vista delle imposte dirette sia dal punto di vista Iva, risultano avere un trattamento fiscale particolare visto che si tratta di “cessioni gratuite”. In particolare la loro deducibilità è influenzata dal costo unitario del bene.

Spese di rappresentanza - L'art. 108, Tuir, al co. 2, stabilisce che sono deducibili (entro determinati limiti) le spese di rappresentanza, quindi anche i beni omaggio, “se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità” stabiliti sempre dal D.M. 19 novembre 2008. Per quanto concerne l'inerenza, lo stesso decreto ha definito in possesso di tale requisito le spese “effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell'obbiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l'impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore”.

Congruità - Per quanto concerne invece la congruità, il Legislatore fiscale ha stabilito, sempre attraverso il decreto citato, un limite quantitativo alla deducibilità, introducendo delle apposite percentuali che vanno riferite ai ricavi e agli altri proventi della gestione caratteristica dell'impresa, conseguiti nell'esercizio in questione, e che vanno a creare quello che viene definito il “plafond di deducibilità” (fino a 10 milioni di euro di ricavi e altri proventi - 1,3% dei ricavi e altri proventi; parte eccedente i 10 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro di ricavi e altri proventi - 0,5% dei ricavi e altri proventi; parte eccedente i 50 milioni di euro - 0,1% dei ricavi e altri proventi).

Beni ceduti gratuitamente 
- Concentrando ora l'attenzione sui beni ceduti gratuitamente ovvero dati in omaggio, ai fini delle imposte dirette è necessario prendere atto che gli stessi beni rientrano tra le spese di rappresentanza e debbono possedere, pertanto, il requisito dell'inerenza. Ciò detto, al terzo periodo del co. 2, dell'art. 108, Tuir, il Legislatore fiscale ha introdotto una deroga alle regole generali sui limiti quantitativi di deducibilità di cui sopra si è appena detto. Viene, infatti, specificato che le spese sostenute nell'esercizio per l'acquisto di beni e, quindi, non anche per i servizi, da distribuire gratuitamente (cd. beni omaggio), possono essere integralmente dedotte se il costo unitario degli stessi è non superiore ad euro 50,00.

Valore complessivo 
- Per determinare il valore unitario di euro 50,00, bisogna fare attenzione a come risulta composto l'omaggio. Anche qui, la circolare 34/E/2009 ha correttamente rilevato che “nel caso di un omaggio composto di più beni, il valore di 50 euro deve essere riferito al valore complessivo dell'omaggio e non al valore dei singoli beni che lo compongono”. L'esempio, riportato dalla stessa Agenzia delle Entrate, è quello del cesto natalizio composto da tre beni, ciascuno del valore di euro 20. L'omaggio ha un valore complessivo di euro 60, quindi sorpassando il valore di euro 50, rientra tra le spese di rappresentanza soggette al limite percentuale variabile sulla base dei ricavi conseguiti.

Iva indetraibile 
- È infine il caso di precisare che l'imposta sul valore aggiunto indetraibile concorre a formare il “costo” del bene ai fini delle imposte dirette. Così, un bene del valore di euro 45, con euro 9 di Iva, nel momento in cui questa è indetraibile arriva ad avere un valore, ai fini delle imposte dirette di euro 54. In tal caso il valore del bene da cedere in omaggio è superiore al limite di euro 50, pertanto non risulta essere automaticamente interamente deducibile, bensì rientra nella determinazione del “plafond di deducibilità”.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Redazione e stampa dell’Inventario


La scadenza per la redazione e la stampa è fissata entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi

L’inventario - Secondo l'art. 2217 c.c., l’inventario deve redigersi all'inizio dell'esercizio dell'impresa e successivamente ogni anno, e deve contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa, nonché delle attività e delle passività dell'imprenditore estranee alla medesima. Il libro degli inventari è necessario anche ai fini fiscali, in quanto è previsto dall'art. 15, D.P.R. 29.9.1973, n. 600, fra le scritture obbligatorie degli imprenditori commerciali. La scadenza per la sua redazione è fissata entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, dunque per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, il prossimo 31.12.2012 deve essere redatto e stampato l’inventario relativo all'anno 2011. Al riguardo si sottolinea come tale norma faccia riferimento ai tre mesi dal termine di presentazione di Unico (senza indicare i giorni precisi) generando incertezza circa la precisa scadenza del termine (30 dicembre oppure 31 dicembre).

La funzione dell’inventario - La funzione del libro degli inventari è quella di fornire la "fotografia" della composizione e della valutazione del patrimonio aziendale al termine di un esercizio, con il fine di evitare occultamenti, a danno dell'Erario, dei creditori e in generale, dei terzi, delle attività dell'impresa.
Come previsto dal Codice Civile nell’ambito della tenuta delle scritture contabili, gli imprenditori commerciali, devono obbligatoriamente tenere, fra gli altri, il libro inventari, che deve essere numerato progressivamente in ogni pagina. Tale documento va redatto per la prima volta alla costituzione dell'impresa (per evidenziare il patrimonio iniziale) e, successivamente, al termine di ogni periodo amministrativo.

La tenuta dell’inventario 
- Come tutte le scritture contabili, anche il registro degli inventari deve essere tenuto secondo le norme di un’ordinata contabilità, senza abrasioni, interlinee, spazi in bianco o note a margine e in modo tale che, ove fossero necessarie delle cancellature, sia chiaramente visibile quanto è stato stralciato (art. 2219 c.c.). Esso può inoltre essere formato e tenuto in forma elettronica, ma è in tal caso necessaria la marcatura temporale e la firma digitale dell'imprenditore o di un suo delegato almeno una volta all'anno. Attualmente non è più prevista alcuna vidimazione iniziale e/o annuale del libro inventari (adempimento soppresso dall'art. 8, della Legge del 18.10.2001, n. 383), ma lo stesso deve avere le pagine numerate progressivamente per ciascuna annualità (intendendo per tale quella di riferimento dell’inventario).

La conservazione
 - Il libro degli inventari, come le altre scritture, deve essere conservato per un periodo minimo di 10 anni dalla data dell'ultima registrazione, è possibile l'archiviazione elettronica, che deve corrispondere a quanto riportato sul supporto cartaceo e deve permettere la stampa immediata su richiesta.

La sottoscrizione 
- Fra i requisiti formali indispensabili vi è quello della sottoscrizione da parte dell'imprenditore. Con la firma apposta in calce al registro, il soggetto che vi è tenuto si assume la responsabilità della correttezza e della veridicità di quanto esposto, e l'adempimento ha un'importanza tale, per l'ordinamento che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'Amministrazione Finanziaria è legittimata a procedere all'accertamento induttivo del reddito dell'impresa, ai sensi dell'art. 39, co. 2, D.P.R. 600/1973, in caso di omessa sottoscrizione da parte del contribuente. Tale carenza non viene derubricata a mera irregolarità, ma implica l'inesistenza giuridica della scrittura contabile stessa, con esclusione pertanto, della sua attendibilità (Corte di Cassazione, Sent. n. 2250 del 14.2.2003).

L’imposta di bollo - Per gli imprenditori individuali e le società di persone è previsto l'assolvimento dell'imposta di bollo in misura pari a euro 29,24 all'inizio del libro inventari e, successivamente, ogni 100 pagine o frazione. Per le società di capitali, che già corrispondono la tassa di concessione governativa annuale, la misura del tributo è ridotta a euro 14,62 ogni 100 pagine o frazione.

Contenuto minimo obbligatorio -
 Per quanto concerne il contenuto minimo obbligatorio del documento, è ravvisabile una notevole elasticità. La normativa civilistica in materia, individua in maniera piuttosto generica gli elementi da indicare nell’inventario identificandoli nelle attività e passività dell'impresa. La normativa fiscale invece fornisce maggiori ragguagli, precisando che gli elementi patrimoniali devono essere raggruppati per categorie omogenee in quanto a natura e valore, specificando inoltre il valore attribuito a ognuno di tali gruppi.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 17 dicembre 2012

Legge Sviluppo-bis: le novità


Approvata alla Camera la legge sullo sviluppo-bis, al via l’Agenda digitale, modifiche per il settore assicurativo, novità sulle “start up”

Il decreto convertito in legge – La conversione definitiva del decreto Sviluppo non ha fatto mancare alcune novità, tra queste ad esempio, quelle relative alle “start up” dove oltre ad abbassare la soglia di spesa in ricerca e sviluppo, viene previsto l’esenzione dall'obbligo di avvalersi della certificazione di un revisore dei conti o di un professionista iscritto al registro dei revisori contabili. Modifiche anche per il settore assicurativo.

Agenda digitale –
 La legge dà attuazione all’Agenda digitale riconoscendo il ruolo fondamentale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Si rende operativo l’art. 47 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, attraverso la promozione dello sviluppo dell’economia e della cultura digitali.

Documento digitale unificato - Viene introdotto il documento digitale unificato che sostituirà dopo un decreto del presidente del consiglio dei ministri la carta d’identità elettronica e la tessera sanitaria. Per accelerare il processo di automazione amministrativa e migliorare i servizi per i cittadini, è istituita l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), che subentra alle anagrafi della popolazione residente tenute dai comuni e dell’AIRE (Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero). Ogni cittadino avrà un domicilio digitale attraverso una PEC attraverso cui inviare e ricevere tutte le comunicazioni con la Pubblica Amministrazione e inoltre a partire dal 2016 il censimento della popolazione Istat sarà annuale.
In assenza del domicilio digitale di cui sopra, le amministrazioni possono predisporre le comunicazioni ai cittadini come documenti informatici sottoscritti con firma digitale o firma elettronica avanzata, da conservare nei propri archivi, ed inviare ai cittadini stessi, per posta ordinaria o raccomandata A.R., copia analogica di tali documenti sottoscritti con firma autografa sostituita a mezzo stampa.

PEC e comunicazioni al registro delle imprese - L’obbligo di comunicare alle CCIAA l’indirizzo della PEC (già in vigore per le società) viene esteso alle imprese individuali che presentano domanda di prima iscrizione al registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane. Le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale, sono tenute a depositare, presso l’ufficio del registro delle imprese competente, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro il 30 giugno 2013.

Sanità digitale - Per la digitalizzazione della sanità le nuove disposizioni prevedono la nascita del fascicolo sanitario elettronico (FSE) che costituisce l’insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito. Il FSE può essere alimentato esclusivamente sulla base del consenso libero e informato da parte dell’assistito, il quale può decidere se e quali dati relativi alla propria salute non devono essere inseriti nel fascicolo stesso. Tale fascicolo ha fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, nonché potrà servire per lo studio e la ricerca scientifica in campo medico, per la programmazione sanitaria e anche per la verifica delle qualità delle cure e valutazione dell’assistenza sanitaria.

Giustizia digitale
 – Nei processi civili le comunicazioni delle cancellerie dovranno essere effettuati solo on-line, nei procedimenti penali è prevista la comunicazione on-line per tutte le notifiche a persone diverse dall’imputato, anche nella legge fallimentare vi è una semplificazione delle notifiche attraverso l’introduzione della notifica on-line nei momenti essenziali della procedura.

Novità per le assicurazioni - Per quanto riguarda le assicurazioni, viene introdotto il contratto base RC auto, che tutte le compagnie saranno tenute ad offrire in regime di piena liberta tariffaria. La lotta alle frodi sarà affidata ad una struttura interna dell’ex ISVAP, l’IVASS che avrà il compito di prevenire le frodi assicurative nel settore delle RCA e la gestione di unica banca dati, per meglio individuare anomalie e frodi. Sono abolite le clausole di tacito rinnovo previste dai contratti assicurativi e sarà possibile la collaborazione tra intermediari per favorire la concorrenza.

Start Up Innovativa - Nelle disposizioni dirette a favorire la crescita, lo sviluppo tecnologico, la nuova imprenditorialità e l’occupazione giovanile,viene introdotta, la “start up innovativa”, ovvero una società di capitali, anche in forma cooperativa, di diritto italiano ovvero una Societas Europae, fiscalmente residente in Italia, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione che possiede determinati requisiti. Il contenuto innovativo si caratterizza per la presenza di un 20% minimo di spese investite in ricerca e sviluppo, oppure almeno 1/3 della forza lavoro complessiva costituita da dottorandi, dottori di ricerca, oppure che la start up sia titolare o licenziataria di brevetto. Le “start up” innovative sono iscritte nella sezione speciale del registro delle imprese.

Credito di imposta per la realizzazione di nuove infrastrutture - Per favorire la realizzazione di nuove opere infrastrutturali (di importo superiore a 500 milioni di euro) mediante l’utilizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato, per le quali non sono previsti contributi pubblici a fondo perduto ed è acclarata la non sostenibilità del piano economico finanziario, è riconosciuto al soggetto titolare del contratto di partenariato pubblico privato, un credito di imposta ai fini IRES e IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell’opera. Tale bonus punta a sbloccare diversi cantieri e potrà arrivare al limite massimo del 50% a valere sull’Ires e sull’Irap in relazione alla costruzione e gestione dell’opera.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 14 dicembre 2012

IMU: i dubbi più frequenti


Si affrontano in vista dell’ormai imminente scadenza del versamento del saldo IMU alcuni tra i dubbi più frequenti in tema di imposta municipale propria.

Accatastamento in contrasto con l’utilizzo effettivo – Se un immobile è accatastato in una categoria diversa dall'uso, ad esempio come ufficio nella categoria A/10, ma viene utilizzato come abitazione principale, ciò non ha alcun effetto per il calcolo dell’imposta.
La base imponibile viene determinata moltiplicando la rendita rivalutata del 5% per il moltiplicatore 80 e non 160 e applicando l’aliquota per gli altri fabbricati.
Il classamento nella categoria catastale specifica costituisce il presupposto per l'applicazione dell'aliquota. La Cassazione, già per la vecchia Ici (Sentenza n. 21332/2008), aveva chiarito che il contribuente ha diritto alle agevolazioni solo se ha operato in linea con le norme che le prevedono. In un caso del genere, inoltre, è stata omessa la presentazione della denuncia di variazione d'uso, quindi il proprietario dovrà sanare la situazione.

Imu sulla multiproprietà – Per l’immobile posseduto in multiproprietà, la disciplina Imu non dispone alcunché in merito alla dichiarazione e al versamento, ma le istruzioni al modello della dichiarazione precisano che l'obbligo dichiarativo è in capo all'amministratore.
In materia di Ici, l'articolo 19 della Legge 388/2000, c.d. Statuto del contribuente, prevedeva per gli immobili in multiproprietà che il versamento fosse fatto dall'amministratore del condominio o della comunione, in quanto autorizzato a prelevare l'importo necessario dalle disponibilità finanziarie del condominio. Si ipotizza che anche per l’IMU, l'amministratore possa considerarsi responsabile del versamento dell'imposta, non potendo essere scisso l'obbligo di dichiarazione da quello di versamento.

Negozio interessato da sfratto – Se il conduttore di un locale commerciale è moroso ed è stato raggiunto da sentenza di sfratto, ciò non implica per il proprietario alcuna agevolazione ai fini Imu.
L'Imu verrà calcolata e versata con l'aliquota prevista dal Comune per gli affitti commerciali.

Il fabbricato non ancora ultimato 
– Se il fabbricato non è stato ancora ultimato, dunque non accatastato, l'Imu andrà versata sull’area fabbricabile, senza considerare se parte di essa è stata edificata e parte no.

L’IMU sull’impianto fotovoltaico 
- Ai fini Imu gli impianti fotovoltaici posizionati a terra se accatastati, solitamente in categoria D/1, disciplinati dalla nota 31892 del 22 giugno 2012 dell'Agenzia del Territorio, scontano l'aliquota ordinaria, salvo eventuali agevolazioni contemplate dalla delibera comunale.

L'area circostante uno stabilimento – Se una società è proprietaria di una superficie classificata quale ente urbano (senza rendita), facente parte dell'area su cui insiste lo stabilimento della società, tale area è soggetta all'Imu, se per lo strumento urbanistico comunale, è edificabile.
L'Imu va versata in tal caso utilizzando le aliquote delle aree fabbricabili. Se l'area è pertinenziale allo stabilimento, andrebbe dichiarata come tale e soprattutto andrebbe presentata una variazione catastale per unirla al fabbricato.
Se, invece, l'area non avesse capacità edificatoria, essa dovrebbe considerarsi esclusa da IMU.

Immobile storico-artistico e inagibile – Non è possibile riconoscere la doppia agevolazione a un immobile storico dichiarato anche inagibile. L’IMU su un fabbricato inagibile o inabitabile viene calcolata sul 50% della base imponibile, così come per i fabbricati di interesse storico-artistico.
Il Ministero dell'Economia, rispondendo a un question-time sulla stampa specializzata il 31 maggio 2012, ha escluso l’applicazione della doppia agevolazione.
Per i fabbricati storici in corso di ristrutturazione, per i quali occorre considerare la base imponibile dell'area fabbricabile, non è certo ancora se l’IMU vada versata sul 50% della base imponibile del fabbricato, sul 50% della base imponibile dell'area o sul valore "pieno" dell'area.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 13 dicembre 2012

Riforma del condominio: nuovi obblighi per l’amministratore


Numerosi i compiti rimodulati, maggiore trasparenza finanziaria nella gestione condominiale

Gestione trasparente - La riforma del condominio ha riscritto un nuovo ruolo dell’amministratore che ora si trova investito da una moltitudine di obblighi nuovi, o obblighi riformulati. Questi ultimi, in linea generale, vanno a garantire una gestione all’insegna della trasparenza finanziaria. Vediamo brevemente alcune delle principali incombenze dell’amministratore.

Comunicazione delle generalità – Per ogni nomina o ogni mandato successivo, l’amministratore ha l'obbligo di comunicare ai condomini i propri dati anagrafici e professionali, e, se si tratta di società, la denominazione e la sede legale della stessa. Deve comunicare l'indirizzo dei locali in cui si trovano il registro dell'anagrafe condominiale, il registro dei verbali dell'assemblea, il registro di nomina e revoca dell'amministratore, e il registro di contabilità, nonché i giorni e gli orari nei quali ciascun condomino interessato può accedere a detti locali ed estrarre copia (firmata dall'amministratore) dei predetti documenti (previa richiesta e con rimborso della spesa). L'amministratore inoltre ha l'obbligo di esporre in uno spazio accessibile ai terzi una targhetta con le proprie generalità.

La polizza assicurativa
 - Al momento dell'accettazione della nomina, l’amministratore, se previsto dall'assemblea, deve anche presentare ai condomini una polizza individuale di responsabilità civile per gli atti compiuti nell'esercizio del suo mandato. L'amministratore è tenuto ad adeguare i massimali della polizza se nel periodo del suo incarico l'assemblea abbia deliberato lavori straordinari.

Il conto corrente condominiale - In virtù di una necessaria trasparenza nell’amministrazione di somme di denaro del condominio, è obbligatorio aprire un conto corrente bancario o postale al quale avranno ovviamente diritto di accesso tutti i condomini. L’accesso è tuttavia intermediato dall'amministratore.

Passaggio delle consegne - Viene ribadito, anche in sede normativa, l'obbligo dell'amministratore di passaggio delle consegne alla cessazione dell'incarico attraverso la consegna della documentazione condominiale o di singoli condomini sia a questi ultimi sia al nuovo amministratore. Tuttavia l'amministratore uscente è tenuto ad adottare eventuali interventi urgenti nell'interesse delle parti comuni, anche dopo la cessazione dell'incarico, se il nuovo amministratore non si può attivare in tempo utile.

La riscossione delle somme – L’amministratore deve riscuotere quanto dovuto dai condomini entro il termine di sei mesi dalla chiusura dell'esercizio contabile nel quale è compreso il credito vantato. L'intervento dell'assemblea può invece sollevare l'amministratore da detto obbligo normativo.

Specifica del compenso 
– L’amministratore, per evitare possibili contenziosi in materia, deve dichiarare, a pena di nullità della nomina stessa, l'ammontare del compenso richiesto sia in occasione della prima nomina sia per i successivi rinnovi del mandato biennale. La delibera di nomina dell’assemblea specificherà l'ammontare del compenso richiesto dall'amministratore e accettato dall'assemblea.

Gli obblighi contabili – È previsto dall’art. 1130-bis c.c. un rendiconto annuale che dovrà essere predisposto dall'amministratore e contenere le specifiche voci contabili indispensabili alla ricostruzione della gestione dell'amministratore. Gli elementi necessari del rendiconto sono il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e una relazione accompagnatoria, esplicativa della gestione annuale, con l'indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.

Tecnologia e condominio - La riforma del condominio sollecita anche gli amministratori sull’utilizzo di nuove soluzioni tecnologiche per la gestione del rapporto con i condomini all'insegna della trasparenza e della riduzione dei costi. In particolare viene prevista, previa delibera assembleare, l'attivazione del sito internet condominiale e l'utilizzo anche della posta elettronica certificata per l'invio dell'avviso di convocazione dell'assemblea. L'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale, in particolare, potrà essere inviato tramite posta elettronica certificata dell’amministratore, naturalmente ai singoli comproprietari dotati posta elettronica certificata, risparmiando considerevolmente sulle spese postali. È prevista la comunicazione almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Co.co.pro. Si stringe il cerchio


Elencate le attività lavorative non rientranti nell’alveo dei co.co.pro.

Premessa – Arriva l’elenco delle attività lavorative che non possono essere inquadrate come rapporti di co.co.pro., i quali dovranno quindi essere trasformati dal personale ispettivo in contratti di lavoro subordinato. Attenzione però, in quanto si tratta di un elenco di attività “indicate a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, sulla base degli orientamenti giurisprudenziali già esistenti”. A chiarirlo è il Ministero del Lavoro con la circolare n. 29 dell’11 dicembre 2012 fornendo utili chiarimenti interpretativi in merito volti a consentire un corretto svolgimento della attività di vigilanza, nonché l’uniformità di comportamento del personale ispettivo sull’intero territorio nazionale.

Soggetti esclusi dalle co.co.pro. – Dunque, le attività lavorative difficilmente inquadrabili nell’ambito di un genuino rapporto di co.co.pro. sono: addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; addetti alle agenzie ippiche; addetti alle pulizie; autisti e autotrasporto; baristi e camerieri; commessi e addetti alle vendite; custodi e portieri; estetiste e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di contatori; magazzinieri; manutentori; muratori e qualifiche operaie dell’edilizia; piloti e assistenza di volo; prestatori di manodopera nel settore agricolo; addetti alle attività di segretaria e terminalisti; addetti alla somministrazione di cibi o bevande; prestazione rese nell’ambito di call center per servizi c.d. “in bound”.

Il progetto –
 Nella circolare ministeriale viene affrontata anche la delicata questione del progetto, che resta l’elemento fondamentale a cui ricondurre i rapporti di co.co.co. sottoscritti successivamente al 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della Riforma del Lavoro). Infatti, la disciplina novellata chiarisce che: “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore” e non più, come nella precedente formulazione, anche a “programmi di lavoro o fasi di esso”. Inoltre, così come modificato dalla Riforma del Lavoro, viene ribadita la necessità che il progetto: sia funzionalmente indirizzato a un determinato risultato finale, che deve essere indicato nel contratto individuale stipulato fra le parti; non consista in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente; non comporti lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; deve indicare il risultato finale che s’intende conseguire; salvo che per prestazioni di elevata professionalità, l’attività non sia resa con modalità analoghe a quelle svolte dai dipendenti del committente.

Il compenso – Altra novità importante si ha in tema di compenso, che deve essere proporzionato alla quantità e qualità dell’attività svolta e “non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività (…) in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dai datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati”.

Il profilo sanzionatorio - Sul versante sanzionatorio, invece, è prevista la costituzione di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo indeterminato in caso di mancata individuazione del progetto. Particolare è il caso del collaboratore a progetto che esegue le prestazioni in maniera non autonoma, bensì con modalità analoghe a quelle dei lavoratori subordinati; in questo caso, opera una presunzione relativa di subordinazione, suscettibile di prova contraria da parte del committente, il quale potrà quindi dimostrare in giudizio la genuinità della collaborazione. La presunzione non opera invece per le prestazioni di elevata professionalità meglio declinate dalla contrattazione collettiva comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale mediante specifiche clausole
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 11 dicembre 2012

IMU compensabile con l’IRPEF


L’importo dell'Imu dovuta a saldo può essere compensato con i crediti maturati dal contribuente, ad esempio, con il credito Irpef che scaturisce dal modello 730/2012 o dall'Unico 2012 persone fisiche, per i redditi del 2011.

Per i versamenti delle imposte dovute, quindi anche per l’Imu, che vengano effettuati utilizzando il modello F24, i contribuenti possono portare in compensazione i crediti scaturenti dalle dichiarazioni annuali già presentate, se non già chiesti a rimborso.
Allo stesso modo sono compensabili i crediti previdenziali, che risultano dalle denunce contributive o dalle dichiarazioni annuali. Lo sono anche i crediti spettanti al contribuente per nuove assunzioni, investimenti o altro.
Il credito risultante a fine anno 2011, che emerge nella dichiarazione 2012 in relazione all’Iva, redditi, Irap, o modello 770, può essere usato in compensazione dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui il credito si è formato:
- sia dai contribuenti che presentano la dichiarazione annuale Iva in via autonoma;
- sia dai contribuenti che presentano la dichiarazione Iva con il modello Unico.

Il quadro IMU - Una novità delle dichiarazioni dei redditi (modello 730/2012 per i redditi del 2011) ha riguardato proprio il quadro "I" Imu. 
Tale quadro è riservato ai contribuenti che vogliono utilizzare l’eventuale credito risultante dalla dichiarazione dei redditi modello 730/2012 per il pagamento dell’imposta municipale propria (IMU) dovuta per l’anno 2012 mediante compensazione nel mod. F24 (Decreto Legge n. 223 del 4 luglio 2006).
Per utilizzare in compensazione questo credito il contribuente deve compilare e presentare alla banca o all’ufficio postale il modello di pagamento F24 anche se, per effetto della compensazione eseguita, il saldo finale è uguale a zero.
In conseguenza di questa scelta il contribuente, nel mese di luglio o agosto, non otterrà il rimborsocorrispondente alla parte del credito che ha chiesto di compensare per pagare l’IMU.

L’ammontare del credito che può essere utilizzato in compensazione ai fini del pagamento dell’IMU potrebbe non coincidere con l’importo indicato dal contribuente nel quadro I, in quanto il credito da utilizzare è quello che risulta dalla liquidazione della dichiarazione e, in particolare, dal prospetto consegnato al contribuente dal soggetto che presta l’assistenza Mod. 730-3/2012 righi 161 (credito Irpef)162 (credito addizionale regionale) e 163 (credito addizionale comunale). In questi righi sono riportate anche le informazioni relative al codice tributo, all’anno di riferimento, al codice regione e al codice comune che devono essere utilizzate per la compilazione del modello F24.

Dal 1° gennaio 2013
, si potranno usare in compensazione i crediti derivanti dal periodo d'imposta 2012 (che emergono dalla dichiarazioni 2013).

Il limite dei debiti iscritti a ruolo - Si ricorda che dal 1° gennaio 2011, la compensazione di crediti relativi a imposte erariali non è permessa fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è già scaduto il termine di pagamento.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 10 dicembre 2012

IMU E IRPEF per abitazione parzialmente locata


L'Imu sostituisce l'Ici e, per la componente immobiliare, l'Irpef e le relative addizionali comunali e regionalidovute in riferimento ai redditi fondiari concernenti i beni non locati.
La sostituzione dell'Irpef comporta, in via generale, che:
- per gli immobili non locati (compresi quelli concessi in comodato d'uso gratuito e quelli utilizzati a uso promiscuo dal professionista) o non affittati risulta dovuta la sola Imu;
- mentre per quelli locati o affittati risultano dovute tanto l'Imu quanto l'Irpef.
Tale principio trova una parziale applicazione nell'ipotesi di terreni non affittati, tenuto conto della previsione di cui all'art. 9, co. 9, del D.Lgs. n. 23 del 2011, laddove dispone che il reddito agrario di cui all'articolo 32 del Tuir continua a essere assoggettato alle ordinarie imposte erariali sui redditi. 
In tale ipotesi, pertanto, risultano dovute l'Irpef e le relative addizionali sul reddito agrario, mentre l'Imusostituisce l'Irpef e le relative addizionali sul solo reddito dominicale.

Tale principio se viene applicato al caso particolare dell’abitazione parzialmente locata non è di immediata applicazione.
Con abitazione “parzialmente locata” si intende un immobile non locato per la parte adibita ad abitazione principale e di un immobile locato per la rimanente parte.

L’imposizione IMU e IRPEF o solo IMU? – La Circolare n.3/DF del 18 maggio 2012 ha chiarito che in un caso del genere si ritiene, sulla falsariga delle scelte interpretative operate ai fini Irpef fino al 31 dicembre 2011, che debba applicarsi:
- la sola Imu, nel caso in cui l'importo della rendita catastale rivalutata del 5% risulti maggiore del canone annuo di locazione (abbattuto della riduzione spettante ovvero considerato nel suo intero ammontare nel caso di esercizio dell'opzione per la cedolare secca);
- siano invece dovute sia l'Imu che l'Irpef nel caso in cui l'importo del canone di locazione (abbattuto della riduzione spettante ovvero considerato nel suo intero ammontare nel caso di esercizio dell'opzione per la cedolare secca) sia di ammontare superiore alla rendita catastale rivalutata del 5 per cento.

L’Agenzia Entrate, tuttavia, non ha ad oggi una posizione univoca sull’argomento.
Non è chiaro se debbano essere confrontati i due valori della rendita catastale rivalutata del 5% e del canone locazione abbattuto (15%) o canone loc. non abbattuto (ced. secca) o se debbano essere considerati distintamente le due superfici.

Stessa questione si pone nel caso di immobile locato per parte d’anno. Va applicata la regola della rendita confrontata al canone o quella dei fabbricati distinti (utilizzata già con la cedolare secca)?
Una soluzione dovrebbe arrivare da una futura interpretazione della Direzione Normativa dell’Agenzia Entrate.

La compilazione dei modelli 2013 
- Nel quadro B del modello 730/2013 e nel quadro RB del modello Unico PF 2013, dunque, verrà indicato un codice di utilizzo “1” per l’abitazione principale (non parzialmente locata), mentre il contribuente dovrà utilizzare i due nuovi codici “11” e “12” per l’abitazione principale parzialmente locata, rispettivamente con contratto a libero mercato o a canone concordato.
Se dovesse essere confermata la regola del confronto tra quota rendita e quota canone, la liquidazione del quadro B o RB comporterebbe l’applicazione della sola IMU se la quota rendita fosse superiore o uguale alla quota canone e dell’Irpef e IMU se la quota rendita fosse inferiore alla quota canone.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 7 dicembre 2012

PEC: anticipato il temine di deposito per le imprese individuali


Il maxiemendamento al decreto Sviluppo-bis anticipa al 30 giugno 2013 il termine per l’attivazione della PEC per le imprese individuali

PEC per le imprese individuali - Il decreto sulla Crescita “bis” ha esteso l’obbligo dell’attivazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata anche per le imprese individuali che si iscrivono presso il registro delle imprese dopo la data di entrata in vigore del decreto (20 ottobre 2012). Secondo l’articolo 5 del decreto, le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale, sono tenute a depositare, presso l'ufficio del registro delle imprese competente, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) entro il 31 dicembre 2013. L'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un'impresa individuale che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell'irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 2630 del Codice Civile, sospende la domanda per tre mesi, in attesa che essa sia integrata con l'indirizzo di posta elettronica certificata.

Le sanzioni
 – Secondo l’articolo 2630 del Codice Civile, le sanzioni previste vanno da 103 euro a 1.032 euro. Tuttavia se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla data di scadenza dei suddetti termini, la sanzione è ridotta di un terzo.

Le novità del maxiemendamento
 - Secondo le nuove previsioni contenute nel testo del maxiemendamento, che dopo aver incassato la fiducia posta dal Governo al Senato ritornerà alla Camera, vi sono delle modifiche anche all’articolo 5 del decreto riguardante la PEC e in particolare l’obbligo di possedere e attivare la posta elettronica certificata è esteso alle imprese individuali che presentano la domanda di prima iscrizione al registro delle imprese o all'albo delle imprese artigiane inoltre, dovrebbe decadere la decorrenza dell’obbligo dall’entrata in vigore del decreto, sostituita dalla data in cui entrerà in vigore la legge di conversione dello stesso. Altra modifica importante che viene effettuata al comma 2 dell’articolo 5 è quella che anticipa il nuovo termine di deposito della PEC nel registro delle imprese, prevedendo il nuovo non più al 31 dicembre 2013, ma al 30 giugno 2013

Indice INI-PEC
 - Il terzo comma del decreto sullo Sviluppo bis prevede inoltre al fine di favorire la presentazione di istanze, dichiarazioni e dati, nonché lo scambio di informazioni e documenti tra la pubblica amministrazione e le imprese e i professionisti in modalità telematica, l’istituzione di un pubblico elenco denominato “Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata” (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo Sviluppo economico. Con le modifiche previste dal nuovo testo, l’accesso al suddetto indice INI-PEC è consentito alle pubbliche amministrazioni, ai professionisti, alle imprese ai gestori di pubblici sevizi e a tutti i cittadini tramite il sito WEB, senza necessità di autentificazione. Nel testo originario l'accesso all'INI-PEC era consentito alle pubbliche amministrazioni, nonché ai professionisti e alle imprese in esso presenti.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Nulle le cartelle “criptiche”


Essenziale l’indicazione delle modalità di calcolo degli interessi

È nulla la cartella di pagamento che non contiene indicazioni dettagliate in ordine alle modalità di determinazione degli interessi maturati sulla somma pretesa.

La sentenza. Lo ha stabilito la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte - Sezione XXXVI, con la sentenza n. 92 del 1° ottobre 2012.

Il caso. Il contribuente impugnava davanti alla competente Commissione Tributaria Provinciale di Torino la cartella di pagamento relativa all’IVA per il 2006 notificata da Equitalia il 15 giugno 2010, chiedendo, in particolare, che venisse dichiarata la nullità della riscossione, per omessa notifica dell’atto presupposto e per mancata indicazione delle modalità del calcolo degli interessi in violazione dell'articolo 1283 del codice civile.

La CTP. Ritenendo l’impugnazione fondata, l’adita CTP di Torino accoglieva il ricorso, osservando che la cartella notificata al contribuente non era stata prodotta in modo conforme alle regole, in quanto priva di alcuni elementi “indispensabili, necessari e previsti”. Avverso tale decisione, l’Ufficio e il Concessionario proponevano entrambi appello, contestando i capi della sentenza di prime cure riguardanti il rispettivo operato.

La CTR. Ebbene, con la suddetta pronuncia la CTR ha confermato le statuizioni del primo giudice, motivando la decisione come segue “dall'esame della cartella di pagamento non si riesce a comprendere quale sia il tasso degli interessi applicato né il metodo di calcolo, vale a dire se si applica la capitalizzazione semplice degli stessi o quella composta e, qualora si applichi quest'ultima, qual è il periodo di riferimento”. Questi elementi sono fondamentali “per evitare delle pratiche non in linea con la legislazione vigente e sanzionate da tante sentenze della Suprema Corte di Cassazione”. Di qui il rigetto degli atti d’appello, con compensazione delle spese di lite.

Orientamento consolidato
. In effetti il Collegio piemontese ha dato continuità all’orientamento oramai granitico della Cassazione, secondo cui devono essere dichiarati nulli gli atti della riscossione privi dell’indicazione dettagliata delle modalità di calcolo degli interessi. Il contribuente, in sostanza, deve essere posto nelle condizioni di verificare la correttezza dei calcoli effettuati dal Concessionario per la riscossione. Solo così può essere garantito il diritto di difesa del cittadino.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 6 dicembre 2012

IMU: il titolare del diritto reale paga l’imposta


Ai sensi dell’art. 9 co.1 D.Lgs. 23/2011, sono considerati soggetti passivi ai fini IMU:
a) il proprietario di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali o merce (alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa);
b) il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi.

Tra i diritti reali di godimento più interessanti ai fini IMU spiccano quelli per diritto di abitazione del coniuge superstite e dell’ex coniuge assegnatario della casa coniugale.

Coniuge superstite titolare del diritto di abitazione 
- In caso di successione, al coniuge superstite è riservato dall'articolo 540 c.c. il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, qualora sia di proprietà del de cuius o comune. Se, ad esempio, un appartamento è posseduto al 50% dai coniugi, in caso di decesso di uno, il superstite è considerato soggetto passivo d'imposta ed è quindi tenuto a versare l'Imu per intero, indipendentemente dalle singole quote ereditarie e anche se dovesse rinunciare all'eredità.
Inoltre, il diritto reale di abitazione, se effettivamente esercitato sulla casa familiare (articolo 540, secondo comma, del Codice civile), si estende alle pertinenze.
Pertanto, fermo restando il numero massimo delle pertinenze ammesse al beneficio Imu (articolo 13, comma 2, del D.L. 201/2011 convertito dalla Legge 214/2011), il soggetto passivo è esclusivamente il coniuge superstite.
In base a quanto disposto dall'articolo 1022 c.c., il titolare del diritto di abitazione può abitare la casa oggetto del diritto, limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia. Il diritto di abitazione può essere costituito per contratto (es. a seguito di divorzio) e non è cedibile a terzi. 

Coniuge assegnatario dell’ex casa coniugale titolare del diritto di abitazione 
- Il comma 12-quinquies dell’articolo 4 del D.L. 16/2012 (convertito dalla Legge 44/2012) ha stabilito chel’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento anche di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, deve intendersi “in ogni caso” effettuata a titolo di diritto (reale) di abitazione. 
La previsione di legge, come avvalorato dalla Circolare 3/DF del 18 maggio 2012 (paragrafo 6.1), ha introdotto nella disciplina dell’Imu una novità assoluta, dato che con la disposizione secondo cui l’assegnazione della casa coniugale dà luogo a un diritto di abitazione nei confronti del coniuge assegnatario della casa stessa, ne riconosce la soggettività passiva in via esclusiva, a prescindere dalla titolarità della proprietà dell’immobile.
Inoltre, si fa notare che il titolare del diritto reale di usufrutto può cedere il proprio diritto, anche solo temporaneamente (art. 980 c.c.), mentre il titolare del diritto di abitazione non può cedere il proprio diritto che è strettamente personale (art. 1024 c.c. ).
In conclusione, il soggetto passivo dell’Imu è esclusivamente l’assegnataria della casa coniugale, ai sensi del citato articolo 4, comma 12-quinquies, del D.L. 16/2012.

La dichiarazione IMU
 – Vanno distinti i due casi: coniuge superstite ed ex coniuge assegnatario.
Nel primo caso nelle istruzioni il Ministero precisa che in considerazione della prassi instaurata e al fine di non aggravare gli adempimenti dei contribuenti, gli eredi e i legatari che abbiano presentato la dichiarazione di successione contenente beni immobili non sono obbligati a presentare la dichiarazione ai fini dell’IMU, poiché gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate che hanno ricevuto la dichiarazione di successione ne trasmettono una copia a ciascun comune nel cui territorio sono ubicati gli immobili.
Va rilevato che l’utilizzo del verbo “che abbiano presentato” fa presumere che tale esonero riguardi solamente i soggetti che abbiano provveduto alla presentazione della dichiarazione di successione prima della scadenza della dichiarazione IMU.
Va tenuto conto, dunque, della scadenza della dichiarazione IMU, per evitarne (se possibile) la presentazione, nel caso in cui venga presentata preventivamente la dichiarazione di successione.
Nel secondo caso di separazione, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, il provvedimento del giudice viene comunicato al solo comune di celebrazione del matrimonio, il quale dovrà successivamente informare il comune di nascita degli ex coniugi dell’avvenuta modifica dello stato civile. Pertanto la dichiarazione deve essere presentata solo nel caso in cui il comune nel cui territorio è ubicato l’immobile assegnato non coincida con quello di celebrazione del matrimonio o con quello di nascita dell’ex coniuge assegnatario.
Colui sul quale ricade l’onere dichiarativo è comunque sempre l’ex coniuge assegnatario e mai il proprietario.
Autore: Carla De Luca