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giovedì 28 febbraio 2013

IMU: coniugi separati e “coppie di fatto”


Il soggetto passivo è l’ex coniuge affidatario

In vigenza del vecchio tributo comunale ICI, il criterio applicato alle abitazioni oggetto di assegnazione in seguito a divorzio o separazione, era quello della titolarità formale del bene; se questo fosse stato di proprietà del coniuge non assegnatario, l'ICI era comunque dovuta da titolare dell’immobile.
Oggi ai soli fini Imu, non ai fini Irpef l'assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione”.
È, quindi, solo all'ex coniuge (moglie affidataria della casa coniugale), in quanto soggetto passivo, che spettano le agevolazioni previste per l'abitazione principale e per le relative pertinenze, concernenti l'aliquota ridotta, la detrazione e la maggiorazione per i figli di età non superiore a 26 anni, in relazione alle quali si dovranno seguire le regole generali.
Il nuovo assetto normativo comporta che le agevolazioni inerenti l'abitazione principale e le relative pertinenze sono riconosciute al coniuge assegnatario della ex casa coniugale, in quanto titolare del diritto di abitazione ex articolo 4, comma 12-quinquies del D.L. n. 16 del 2012, il quale deve, quindi, assolvere ai relativi obblighi tributari.

Il versamento spetta per la totalità all’assegnatario, a prescindere dalla titolarità - In particolare, l'Imu deve essere versata per il suo intero ammontare dal coniuge assegnatario anche se non proprietario della ex casa coniugale (la moglie versa il 100% anche se non proprietaria), il quale può usufruire sia dell'aliquota ridotta (4 per mille) stabilita per l'abitazione principale sia dell'intera detrazione prevista per detto immobile (200 euro fissi), nonché della maggiorazione di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a 26 anni, a condizione che lo stesso dimori abitualmente e risieda anagraficamente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
Il riconoscimento da parte del legislatore della titolarità del diritto di abitazione in capo al coniuge assegnatario dell'immobile destinato a ex casa coniugale, comporta che sul relativo importo non venga computata la quota di imposta riservata allo Stato.
L’F24 per il versamento dell’IMU va intestato alla moglie, nel caso sia lei l’assegnataria.

Condizioni da rispettare

Soggetti estranei al coniugio - Si precisa che l’altro 50% della quota di proprietà dell’ex casa coniugale deve far capo necessariamente all’altro coniuge, in quanto se fosse invece di altro familiare diverso dall’ex coniuge (es. suocera o altro soggetto terzo rispetto all’originario nucleo familiare) non varrebbe il concetto di diritto di abitazione totale, che assorbe le quote di proprietà dell’altro coniuge.
Il diritto di abitazione non comprende quindi le quote di proprietà (piccole o grandi) dei soggetti terzi estranei alla famiglia (che formava il coniugio).

Immobile diverso dall’ex casa coniugale - Nel caso di immobile, inoltre, seppur assegnato in base al decreto del tribunale, conseguentemente a separazione, divorzio, ecc., ma diverso da quello che costituiva la ex casa coniugale, non si applica il diritto di abitazione nemmeno in tal caso e chi pagherà l’IMU sarà il proprietario dell’immobile, a prescindere da chi sia l’assegnatario.

Le coppie di fatto – Non cambia nulla, invece, per le coppie di fatto. Sia ai fini Ici che in ambito Imu trovano applicazione gli ordinari criteri di tassazione. Le abitazioni e residenze disgiunte godono entrambe delle agevolazioni per abitazione principale.
In caso di "separazione" della coppia di fatto, con assegnazione dell'immobile a uno dei due, l'Imu sarà dovuta dal titolare dell'immobile, in proporzione alla quota di possesso. In presenza di figli, si guarderà alla residenza e convivenza degli stessi, piuttosto che all'affidamento formale a uno o entrambi i genitori.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 27 febbraio 2013

Fatturazione IVA e operazioni con l’estero dal 2013


 I contribuenti che effettuano operazioni con l'estero dal 1° gennaio 2013, devono fare i conti con le nuove regole che concernono la fatturazione. Tra gli elementi di cui tenere conto per documentare correttamente le cessioni e gli acquisti di beni o le prestazioni di servizi, vi sono:
- il luogo in cui l'operazione è territorialmente rilevante ai fini Iva;
- la natura dell'operazione.
- il momento d'effettuazione dell'operazione, anche per rispettare la tempistica per la documentazione della stessa;
- lo status della controparte, se è soggetto UE o extra-UE e se lo stesso è debitore dell'imposta.
Va detto che dal 1° gennaio 2013 cambia il termine per adempiere gli obblighi di fatturazione Iva, ma non viene modificato il presupposto temporale dell'operazione.

Servizi generici - I criteri di determinazione del momento d'effettuazione per le prestazioni in ambito internazionale, infatti, sono rimasti i medesimi. I criteri di territorialità Iva per le prestazioni generiche, resa da un soggetto passivo extra-UE, sono disciplinati dall'articolo 7-ter del D.P.R. 633/72. 
L’articolo 6, comma 6, del D.P.R. 633/72 individua il momento dell'effettuazione per i servizi generici (articolo 7-ter) nei rapporti B2B in ambito internazionale nel momento di ultimazione della prestazione.
- per servizi resi a soggetti passivi comunitari ed extracomunitari;
- per le prestazioni ricevute da questi soggetti.

In deroga al criterio dell'ultimazione, tuttavia, la prestazione si considera eseguita se, prima di questo momento, è intervenuto il pagamento totale o parziale. 
L'emissione anticipata della fattura (o dell'autofattura), invece, non determina l'anticipazione dell'effettuazione.
Se la prestazione generica viene resa da un operatore comunitario (articolo 17, co. 2, secondo periodo) vengono applicati gli articoli 46 e 47 D.L. 331/93. Ciò significa che il committente nazionale:
- integra la fattura del fornitore;
- o, in caso di mancata ricezione della fattura entro il 2° mese successivo a quello d'effettuazione del servizio (articolo 46, comma 5, nuova versione), emette autofattura entro il 15 del 3° mese successivo, annotandola entro il termine d'emissione e con riferimento al mese precedente.

Servizi specifici - Le prestazioni diverse da quelle generiche, cosiddette prestazioni "specifiche" (es. immobiliari ex articolo 7-quater) si intendono effettuate:
- al pagamento;
o se antecedente alla pre-fatturazione, secondo l’articolo 6, commi 3 e 4.
L'obbligo di emettere fattura (o autofattura) per tali servizi resi a soggetti comunitari o extracomunitari (o da questi ultimi ricevuti) non fruisce del differimento al 15 del mese successivo, valevole per le prestazioni generiche.
Tuttavia, quando il fornitore è comunitario, si applicano comunque gli articoli 46 e 47 del D.L. 331/93.
Per un servizio relativo a un immobile ubicato in Italia reso da un soggetto comunitario, pertanto, vaintegrata la fattura ricevuta perché conta la pre-fatturazione (o va emessa l'autofattura entro il 15 del 3° mese, se la fattura non perviene entro il 2° mese successivo a quello del pagamento).

Cessioni di beni - Per le cessioni di beni effettuate in Italia da soggetti Ue, dotati di rappresentante fiscale o identificazione diretta, l'acquirente nazionale non deve più emettere autofattura (come avveniva fino al 31 dicembre 2012), ma deve procedere a integrare la fattura del fornitore comunitario, ai sensi dell'art. 46 del D.L. 331/93 (nuovo articolo 17, comma 2, secondo periodo, D.P.R. n. 633/72).
In effetti, secondo le disposizioni comunitarie recepite nell'art. 21, comma 6-bis, lett. a), del decreto Iva (per le operazioni attive), il soggetto residente è il debitore dell'imposta, tenuto all'integrazione della fattura estera e non all'autofatturazione per obbligo proprio (prevista dall'articolo 21, comma 6-ter).
I fornitori comunitari devono fatturare direttamente la cessione, indicando in fattura la specificaannotazione, equivalente a quella interna di “inversione contabile”, ed evitando che sia il rappresentante fiscale in Italia ad assolvere l'obbligo di documentare l'operazione.
I documenti emessi dal rappresentante fiscale sono irrilevanti ai fini Iva (Risoluzione 89/E/2010) e tali dovrebbero restare anche ora che è prevista l'integrazione della fattura estera.
Solo quando manca la fattura del cedente comunitario, l'acquirente residente emetterà un’autofattura.
Ai sensi del l'articolo 46, co. 5 del D.L. 331/93, infatti, se entro il 2° mese successivo a quello d'effettuazione dell'operazione non è ricevuta fattura, il cessionario nazionale, entro il 15 del mese seguente (3° mese), deve emettere autofattura riportante la dicitura “autofatturazione”, da registrare entro il termine stesso d'emissione, con riferimento al mese precedente (secondo mese).
Autore: Carla De Luca

Accesso in locali ad uso promiscuo.

Corte di Cassazione, sez. trib. 20 febbraio 2013, n. 4140
La Corte di Cassazione ha confermato che, in caso di accesso dell’amministrazione finanziaria nel luogo dove viene svolta l'attività commerciale o professionale ad uso promiscuo, è necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

I giudici di legittimità hanno chiarito in particolare che, se i locali adibiti ad abitazione e quelli destinati ad uso professionale sono distinti, ma adiacenti, e tra gli uni e gli altri vi siano porte di comunicazione, tale circostanza è sufficiente per classificare detti locali ad uso promiscuo, ex art. 52, D.P.R. n. 633/72, con la conseguenza che, per eseguire l’accesso, il personale dell’amministrazione finanziaria deve osservare le garanzie previste da tale norma e quindi richiedere l'autorizzazione della Procura. Non è necessario quindi che i locali in questione siano i medesimi, e cioè che in essi venga esercitata l'attività commerciale e siano pure adibiti ad abitazione. L'atto di accertamento in contestazione compiuto in violazione delle garanzie previste dall’art. 52, D.P.R. n. 633/72 è di conseguenza nullo, in virtù del principio di inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita.

martedì 26 febbraio 2013

SCHEDA CARBURANTE E MONETA ELETTRONICA


I due metodi alternativi di documentazione del rifornimento - I rifornimenti di carburante per autotrazione presso gli impianti stradali di distribuzione vanno documentati, da parte di soggetti Iva, con la scheda carburante, documento ritenuto sostitutivo della fattura di acquisto(articolo 1, comma 1, D.P.R. 444/1997), ai fini della detrazione dell’imposta indicata.
Ciò nasce dal fatto che l'emissione della fattura è vietata ai gestori di impianti stradali di distribuzione di carburanti, fatta eccezione per le cessioni effettuate nei confronti dello Stato, di alcuni enti e degli autotrasportatori di cose per conto terzi.
In deroga a tale obbligo di utilizzo della scheda carburante, dal 14 maggio 2011, i soggetti Iva che utilizzano esclusivamentemoneta elettronica per gli acquisti di carburante (bancomat o carte prepagate emesse da operatori finanziari tenuti all’invio della comunicazione speciale all'anagrafe tributaria ai sensi dell’articolo 7, comma 6 del D.P.R. 605/1973) non sono soggetti all'obbligo di tenuta della scheda carburante (articolo 1, comma 3-bis, D.P.R. 444/1997).

L’alternatività dei due sistemi 
- I due sistemi di documentazione: scheda carburante e moneta elettronica sono alternativi tra loro (Circolare n. 42/E/2012, § 1) e non possono essere utilizzati contemporaneamente. Dunque anche solo un rifornimento effettuato in contanti, implica l’utilizzo da quel momento della sola scheda carburante.
Chi si rifornisce pagando con moneta elettronica, d’altro canto, può scegliere di utilizzare questo nuovo metodo o può continuare ad utilizzare la scheda carburante, se ormai fidelizzato, al fine della detrazione dell’imposta e della deduzione del costo.
Con Circolare n.1/E/2013, l’Agenzia ha chiarito (recependo una delle risposte fornite a Telefisco 2013), che“l'esclusività nelle modalità di certificazione di queste operazioni” non pregiudica “la possibilità, per il contribuente, di passare in corso d'anno dal vecchio al nuovo sistema di certificazione”.
Tale scelta può essere fatta a partire dal giorno successivo della conclusione delle operazioni per la liquidazione dell'Iva. Ad esempio, se un contribuente ha sempre utilizzato la scheda carburante sino a giugno 2012 e da luglio 2012 utilizza il metodo alternativo della moneta elettronica, dovrà continuare a utilizzarlo sino al 31 dicembre 2012, pena la decadenza dei benefici fiscali (detrazione e deduzione).
Va posta particolare attenzione sul fatto che il sistema di certificazione dell'acquisto del carburante, con un determinato metodo, va riferito unitariamente al soggetto d'imposta; è quindi irrilevante l'eventuale presenza di più veicoli utilizzati nello svolgimento dell'attività; quindi, deve essere lo stesso per tutti i veicoli del contribuente.

Aspetti operativi e scadenze 
– Perché la moneta elettronica sostituisca la carta carburante (sia da un punto di vista di detrazione dell’Iva, che di deduzione del costo) devono essere rispettate tutta una serie di condizioni:
- è necessario che il contribuente sia il titolare della carta con cui si effettua il pagamento;
- che dall'estratto conto della carta sia individuabili tutti gli elementi relativi all'acquisto: la data e il soggetto presso il quale è effettuato il rifornimento, nonché l'ammontare del relativo corrispettivo;
- che se contestualmente all’acquisto di carburante, vengono comprati anche altri beni o servizi, l'acquisto avvenga mediante una transazione distinta, tale da permettere di individuare l’importo specifico del rifornimento (la carta può infatti, essere utilizzata anche per altri acquisti inerenti o meno all'attività).
Una volta verificate tali condizioni, per scomputare l’imposta detraibile sull'acquisto di carburante per autotrazione è sufficiente scorporare l'imposta dell'estratto conto della carta elettronica, che va registrato come la scheda carburanti nel registro Iva acquisti.
Per i contribuenti che avessero scelto il “vecchio”, ma pur sempre attuale, metodo della scheda carburante, si ricorda che entro il 28 febbraio 2013 va fatta la rilevazione dei chilometri sulle schede carburanti.

L’art. 4 del D.P.R. 444/97, in tema di registrazione della scheda, dispone, infatti, la sua annotazione nel registro Iva degli acquisti e l'obbligo per l'intestatario del mezzo di trasporto di annotare il numero dei chilometri rilevabile alla fine del mese o del trimestre dai dispositivi presenti sui beni stessi. Tale ultimo obbligo, tuttavia, è escluso per i professionisti.
Autore: Carla De Luca

lunedì 25 febbraio 2013

Stop al nuovo redditometro


Per il Tribunale di Pozzuoli il D.m. 24.12.2012 n. 65648 è illegittimo perché troppo invasivo

Arriva dalla Campania lo stop al nuovo “redditometro”. Con l’ordinanza 21 febbraio 2013 n. 250, il Tribunale di Napoli – Sezione distaccata di Pozzuoli ha disapplicato il D.M. 24 dicembre 2012, n. 65648 perché “determina la soppressione definitiva del diritto del contribuente e della sua famiglia ad avere una vita privata, a poter gestire il proprio denaro, a essere quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto a invadenza del potere esecutivo”. Secondo il Tribunale l'impianto del Decreto Ministeriale “è non solo illegittimo, ma radicalmente nullo ai sensi dell'articolo 21 septies Legge 241/1990 per carenza di potere e difetto assoluto di attribuzione in quanto emanato del tutto al di fuori del perimetro disegnato dalla normativa primaria e dai suoi presupposti”, ponendosi altresì “al di fuori della legalità costituzionale e comunitaria” perchè “utilizza categorie concettuali ed elaborazioni non previste dalla norma attributiva”, ossia dall’art. 38del D.P.R. n. 600/1973, che non individua categorie di contribuenti, ma li ripartisce solo per aree geografiche e numerosità familiare.

Il caso. Il magistrato ha inibito all’Agenzia delle Entrate di controllare, analizzare e archiviare le spese del ricorrente, in applicazione del detto Decreto, e di cessare, ove iniziata, ogni attività di accesso, analisi o raccolta dati. All’Agenzia è stato pure ordinato “di comunicare formalmente al ricorrente se è in atto un’attività di raccolta dati nei suoi confronti ai fini dell’applicazione del redditometro e, in caso positivo, di distruggere tutti i relativi archivi previa specifica informazione a parte ricorrente”.

La tesi del ricorrente. Il Tribunale ha aderito alla tesi secondo cui l’ampiezza dei dati previsti dal regolamento permetterebbe all’Agenzia delle Entrate di venire a conoscenza di ogni singolo aspetto della vita quotidiana dei contribuenti, ledendo non solo la riservatezza ma la stessa libertà individuale e di autodeterminazione. Senza sottovalutare la totale assenza di limitazioni temporali, che permeterebbe al Fisco “di costituire un archivio definitivo e periodicamente aggiornato di ogni singola scelta di vita”.

Invasione della sfera privata. Nelle motivazione si legge, in particolare, che l’articolo 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, impone al giudice di non applicare gli atti amministrativi e i regolamenti non conformi alla Legge. E il redditometro viola una serie di principi costituzionali, tra i quali, il buon andamento della Pubblica Amministrazione, il diritto di difesa ei principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità, nonché i diritti fondamentali della persona, tutelati anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (per esempio, il diritto alla riservatezza). In sostanza, secondo il Tribunale, il regolamento ministeriale sacrifica la sfera privata del cittadino, perché attraverso il monitoraggio delle singole spese si possono conoscere anche gli aspetti più intimie privati della vita di un soggettoe dei suoi familiari (per esempio, lo stato di salute, la vita sessuale e il mantenimento e l’educazione impartita alla prole).

Arduo difendersi. Dubbi sono stati anche avanzati circa la concreta attuazione dello strumento, perché il cittadino è costretto a conservare non solo la prova delle proprie voci di spesa, ma di tutti gli esborsi del nucleo familiare finito sotto la lente d’ingrandimento del Fisco. Altrettanto arduo risulta dimostrare di aver speso meno della media ISTAT, “infatti – osserva il giudice - non si vede come si possa provare ciò che non si è fatto, ciò che non si è comprato, atteso che – anche a voler prevedere una grottesca conservazione di tutti gli scontrini e una altrettanto grottesca analitica contabilità domestica – è chiaro che tale documentazione non dimostrerà che non è stata sopportata altra concreta spesa; si arriva così all’irragionevole ricostruzione di spese artificialmente imposte dall’autorità governativa, mercé le quali si può di fatto intensificare il prelievo fiscale in violazione dell’art. 53, 1° e 2° comma Cost. (…)”. Il Decreto Ministeriale “conferisce - si legge ancora nell’ordinanza - all’Agenzia governativa un potere che va, quindi, manifestamente oltre quello dell’ispezione fiscale consentito astrattamente dall’art. 14, 3° comma Cost.”, posto che prevede “un potere di acquisizione, archiviazione e utilizzo di dati di ogni genere che nulla hanno a che vedere con la mera ispezione, rappresentando un potere di cui non gode persino l’autorità giudiziaria penale (…)”.

Gli effetti. L’ordinanza del Tribunale partenopeo lascia presagire effetti dirompenti: moltissimi contribuenti infatti potrebbero seguire l’esempio del Sig. F. di Pozzuoli e presentare ricorso in via d’urgenza ai vari Tribunali italiani per ottenere una inibitoria nei confronti delle Entrate. Dal canto suo l’Agenzia ha fatto sapere che presenterà appello “anche perché molte delle spese che lederebbero la riservatezza sono quelle che lo stesso contribuente mette in dichiarazione per ottenere detrazioni”. Peraltro, “Se si distruggessero le banche dati del Fisco, oltre a inficiare la lotta all'evasione, si rischierebbe di non poter più dare sconti ai contribuenti, proprio perché le spese sono le stesse indicate nella dichiarazione dei redditi per ottenere detrazioni o deduzioni”.
Autore: Redazione Fiscal Focus

sabato 23 febbraio 2013

REGIONE LAZIO: i bandi più recenti per le imprese.


Gli ultimi bandi per le Imprese
PMI - 10 mln di euro per la patrimonializzazione 
La Regione Lazio ha aperto il bando per la patrimonializzazione delle micro, piccole e medie imprese. Il finanziamento complessivo, 10milioni di euro, è finalizzato ad agevolare gli interventi di rafforzamento della struttura patrimoniale delle aziende, attraverso un aumento del capitale sociale.  Sono soggetti beneficiari le micro, piccole e medie imprese industriali, artigianali, commerciali e di servizi costituite in forma  di società capitali, o che si trasformino in società di capitali in occasione di questo intervento,  con sede legale e operativa nel Lazio. La domanda di finanziamento dovrà essere presentata a Sviluppo Lazio secondo le modalità riportate sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio (Burl).

Imprese sociali
La Giunta della Regione Lazio, nell’ambito del progetto “Rafforzare le Imprese Sociali nelle direzioni della sostenibilità e della qualità dei servizi di interesse pubblico” ha approvato l’Avviso Pubblico per la presentazione di progetti di investimento e sviluppo delle Imprese Sociali – L.R. 9/2005 – Art. 13, e la relativa modulistica.
Le domande vanno presentate on line accedendo all’ area bandi del sito di Filas.

Sicurezza sul lavoro - Dall'Inail 20 milioni alle Imprese del Lazio
 
Il bando Inail è destinato alle imprese che realizzano interventi di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. E'possibile accedere agli incentivi in forma di contributi in conto capitale pari al 50% delle spese sostenute per un minimo di 5mila euro e un massimo di 100mila euro (solo per i progetti di investimento). Apri il Bando

venerdì 22 febbraio 2013

Bilancio: i fatti accaduti dopo il 31/12 nei principi contabili nazionali


Nella chiusura del bilancio d’esercizio occorre considerare non soltanto le rilevazioni contabili dei fatti accaduti entro il 31 dicembre, ma, in presenza di alcune circostanze, possono assumere rilevanza anche quei fatti verificatisi dopo tale data.

OIC 19 - Il principio contabile nazionale OIC 29, nel trattare le modalità di contabilizzazione dei fatti intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio, distingue tra:
- i fatti successivi che devono essere recepiti nel bilancio;
- i fatti successivi che non devono essere recepiti nel bilancio stesso, ma che devono solo essere menzionati. 
La bozza del nuovo OIC 29 individua opportunamente una terza tipologia, rappresentata dai fatti successivi che possono incidere sulla continuità aziendale.

Fatti successivi da recepire in bilancio - I fatti da recepire in bilancio sono quei fatti che modificano condizioni già esistenti alla data di riferimento del bilancio, ma che si manifestano solo dopo la chiusura dell’esercizio e che richiedono modifiche ai valori delle attività e passività in bilancio, in conformità al postulato della competenza.
Il principio contabile OIC 29
 indica una serie di eventi che, anche se successivi alla chiusura dell’esercizio, devono essere indicati in bilancio.
Il documento riporta, tra l’altro, i seguenti esempi:
a) la definizione, dopo la chiusura dell'esercizio, di una causa legale in essere alla data di bilancio per un importo diverso da quello prevedibile a tale data;
b) i fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell'esercizio, da cui emerga che talune attività già alla data di bilancio avevano subito riduzioni durevoli di valore o riduzioni del valore di mercato rispetto al costo (a seconda delle fattispecie), ovvero che evidenzino situazioni, esistenti alla data di bilancio, che incidano sulle valutazioni di bilancio.

Fatti successivi da non indicare in bilancio – I fatti da non recepire in bilancio sono quei fatti che modificano situazioni esistenti alla data di bilancio, ma che non richiedono variazione dei valori di bilancio, in quanto di competenza dell’esercizio successivo. 
Il principio contabile OIC 29 indica che non richiedono variazioni nei valori di bilancio, per esempio, i seguenti fatti:
– la diminuzione nel valore di mercato di taluni titoli nel periodo successivo rispetto alla chiusura dell'esercizio, in quanto tale riduzione riflette condizioni di mercato intervenute dopo la chiusura dell'esercizio;
– la distruzione di impianti di produzione causata da calamità;
– la perdita derivante dalla variazione delle parità di cambio con valute estere.

L’indicazione in Nota integrativa - Quando i fatti successivi alla data di bilancio, pur non richiedendo variazioni nei valori dello stesso, influenzano la situazione esistente alla chiusura dell'esercizio e sono di importanza tale che la loro mancata comunicazione comprometterebbe la possibilità dei destinatari dell'informazione societaria di fare corrette valutazioni e prendere decisioni appropriate, tali fatti successivi devono essere illustrati nella nota integrativa. 
Novità OIC 29 – Si segnala, infine, che il “nuovo” OIC 29 individua una terza tipologia di fatti successivi, quelli che possono incidere sulla continuità aziendale. Si tratta di una novità rilevante, soprattutto considerato il prolungato periodo di crisi che caratterizza l'economia.
Autore: Redazione Fiscal Focu

mercoledì 20 febbraio 2013

Cedolare secca: proroga espressa per i nuovi contratti


DA: FISCAL FOCUS

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il modello 69 non deve essere presentato per quei contratti, per i quali l'opzione per la cedolare secca è già stata espressa nel modello Unico 2012.

Ma vi sono delle casistiche in cui tale esonero non è valido.

Casi in cui va presentato il modello 69 

contratti sottoscritti, ad esempio, con effetto dal 1° febbraio 2013, per i quali i contraenti scelgono la cedolare, implicano comunque la presentazione del modello 69 o la predisposizione del modello Siria telematico, se possibile, contenente l'opzione entro il 3 marzo 2013.

L’obbligo permane anche per i contratti già stipulati e per i quali si è in presenza della prima scadenza contrattuale, anche se in vigenza del rinnovo automatico previsto ex lege.
Ad esempio se un contratto di durata 4+4 ha la prima scadenza (primi quattro anni) a fine febbraio 2013 e il contribuente ha esercitato l’opzione in Unico 2012, è necessario presentare il modello 69 entro il 30 marzo 2013.
Così facendo si garantisce che l'opzione continui a essere efficace per i successivi quattro anni, salvo revoche. In caso contrario, la prima annualità contrattuale che ha inizio a marzo 2013 sconterà il regime di tassazione ordinario Irpef del reddito.

Altro caso in cui non si può prescindere dalla presentazione del modello 69 è quello in cui il contribuente vuole applicare la cedolare secca in un’annualità intermedia di contratto. Ad es., se il contratto è stato sottoscritto l’1.02.2012 e in sede di registrazione dello stesso non è stata espressa alcuna scelta, se il locatore vuole applicare la cedolare dall'annualità contrattuale che ha inizio nel 2013, il modello 69 dovrà essere presentato entro il 3 marzo 2013, cioè in corrispondenza della scadenza di pagamento dell'imposta di registro annuale.

Inoltre, in caso di revoca dell'opzione già esercitata. Secondo quanto chiarito dalla Circolare 20/E/2012 la revoca può essere comunicata:
- sia in carta libera;
- sia utilizzando il modello 69.
Quindi, se il locatore ha scelto la cedolare in Unico 2012, con riferimento a un contratto le cui annualità scadono il 31 marzo di ogni anno, per applicare il regime Irpef naturale, egli dovrà presentare il modello 69 entro la fine di aprile, versando l'imposta di registro annuale.

La remissione in bonis per la cedolare secca – L’articolo 2 del D.L. 16/2012 ha introdotto il nuovo istituto della remissione in bonis; tale strumento può essere utilizzato in realtà anche da chi presenta tardivamente, ovvero oltre il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro, il “modello 69”.
Ciò a patto che il tardivo assolvimento dell’obbligo non rappresenti un semplice ripensamento o una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità.
Di conseguenza non può fruire della remissione in bonis chi presenta tardivamente il modello 69 dopo aver già pagato l’imposta di registro, in quanto il pagamento integrale di questa imposta integra un certo comportamento e presuppone, dunque la scelta di non aderire alla cedolare secca.
Pertanto la remissione in bonis nell’ambito della cedolare secca è ammessa solo se il contribuente manifesta un comportamento coerente e assolve a tutte le formalità e gli obblighi previsti, omettendo solo la presentazione entro i termini del “modello 69”.

Il versamento della sanzione
 - Il contribuente per perfezionare la remissione in bonis, fermo restando il rispetto delle altre condizioni richieste per accedere all’istituto, deve quindi versare la sanzione di 258 euro tramite modello F24, senza possibilità di effettuare la compensazione con crediti eventualmente disponibili, utilizzando il codice tributo “8114”, introdotto dalla Ris. n. 46/E dell’11 maggio 2012.
Autore: Carla De Luca

martedì 19 febbraio 2013

Bonus ristrutturazione: scelte sulla convenienza


Con il passaggio al 36% dal 1° luglio e la scomparsa del 55%, diventano importanti le valutazioni nella scelta della detrazione

I bonus ristrutturazione - Vi sono ancora pochi mesi per poter usufruire della maggiore quota di detrazione Irpef per gli interventi relativi alle ristrutturazioni edilizie che con il D.L. 83/2012 era passata dal 36% al 50%. Ricordiamo che per il periodo d’imposta 2012, per le spese sostenute a partire dal 26 giugno e fino al termine del periodo d’imposta, vi è una detrazione del 50%, per un ammontare massimo di spesa di 96.000 euro, al netto delle spese già sostenute alla predetta data, comunque nei limiti di 48.000 euro, per le quali resta ferma la detrazione del 36%. Per il periodo d’imposta 2013 invece, si ha una detrazione del 50% per le spese sostenute dall’inizio del periodo d’imposta e fino al 30 giugno prossimo, per un ammontare massimo di 96.000 euro, tenendo conto in caso di mera prosecuzione dei lavori, delle spese sostenute negli anni precedenti. Dal 1° luglio si ha il ritorno alla detrazione del 36%, per un ammontare massimo di 48.000 euro.

L’effettuazione dei bonifici - Per i lavori di ristrutturazione edilizia “ecologici” effettuati fino al 30 giugno 2013, si può scegliere tra la detrazione del 55% che terminerà proprio in tale data, e la detrazione del 50% che terminerà anche’essa in tale data, e proseguirà con una percentuale minore, ovvero quella del 36%. Con riferimento al pagamento delle spese tramite bonifico, se entro il 30 giugno non si riuscirà ad effettuare tutti i pagamenti (ad esempio per la detrazione del 55%), dato che non è possibile passare per uno stesso intervento da una detrazione all’altra (es. dal 55% al 36%) si potrebbe perdere la detrazione, quindi bisognerà fare un calcolo e decidere se usufruire o meno alla detrazione del 50% fino al 30 giugno, e successivamente del 36%.

Procedure diverse – Gli sconti fiscali del 36% e del 55%, oltre naturalmente alle percentuali e ai limiti di spesa diversi, hanno delle procedure diverse di accesso, in particolare la procedura del 36%-50% non richiede l’asseverazione del tecnico, oppure l’attestato di certificazione o di qualificazione energetica e l’invio all’Enea. L’agevolazione del 55% è prevista ad esempio per i pannelli solari, per le caldaie di condensazione, per le pompe di calore ad alta efficienza, per gli impianti geotermici e gli scaldacqua, per le pareti isolanti, per le finestre comprensive di infissi, e alla riqualificazione energetica dell’edificio. La detrazione del 50% (36% dal primo luglio prossimo) agevola invece tutte le opere che sono finalizzate al conseguimento di risparmi energetici fino a un importo di spesa per ogni unità immobiliare di 96.000 euro (importo che scenderà a 48.000 euro dal primo luglio prossimo).

Decisivo il bonifico - 
Considerando i pochi mesi che rimangono per usufruire della maggiore detrazione relativamente alle ristrutturazioni, ma anche relativamente al risparmio energetico con la detrazione del 55%, bisognerà cosi fare i conti con i bonifici che si dovranno effettuare entro il 30 giugno prossimo. La detrazione per gli interventi di recupero edilizio non è cumulabile con l’agevolazione fiscale per i medesimi interventi previsti dalle disposizioni finalizzate al risparmio energetico. Pertanto, nel caso in cui gli interventi realizzati rientrino sia nelle agevolazioni previste per il risparmio energetico, che in quelle previste per le ristrutturazioni edilizie, il contribuente potrà fruire, per le medesime spese, soltanto dell’uno o dell’altro beneficio fiscale, rispettando gli adempimenti specificamente previsti in relazione a ciascuna di esse.

La prosecuzione dei lavori - I lavori possono anche consistere nella prosecuzione degli stessi iniziati in anni precedenti, in tal caso per il calcolo del limite massimo delle spese ammesse, si tiene conto anche delle spese sostenute negli anni precedenti. Se ad esempio per una stessa abitazione, e nello stesso anno si proseguono interventi iniziati in anni precedenti, e si inizia anche un nuovo intervento, il tetto massimo (per il 2013) non può superare i 96.000 euro. Per il 2013 spetta la detrazione del 50% fino al 30 giugno 2013 per un ammontare massimo di 96.000 euro, tenendo conto, in caso di prosecuzione delle spese sostenute negli anni precedenti.

Limite di spesa
 - Se al 30 giugno 2013 sono state sostenute spese per un ammontare pari o superiore a 48.000 euro, le ulteriori spese sostenute nel periodo d’imposta non consentiranno alcuna detrazione del 36%. Se però non vi è una mera prosecuzione dell’intervento, per il secondo semestre 2013 si ha un tetto di spesa di 48.000 euro per il nuovo intervento. Tuttavia non si può superare il limite annuale dei 96.000 euro per lo stesso immobile. Ad esempio se a marzo vengono pagati 90.000 mila euro per dei lavori, e a ottobre viene effettuato un’altro bonifico di 10.000 euro relativo a un'altra opera sulla stessa abitazione, sul primo pagamento opererà la detrazione del 50% (limite dei 96.000 euro), per il secondo pagamento opererà la detrazione del 36% su sei mila euro. In questo caso vengono persi 4.000 euro perché viene superato (90.000 + 10.000) il limite annuale per singolo immobile.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 18 febbraio 2013

Scheda carburante o estratto conto.


È sufficiente l'estratto conto della carta elettronica, per scorporare l'Iva pagata e per detrarla

Acquisto di carburante - L’acquisto di carburante per autotrazione, presso le stazioni di servizio stradali da parte dei soggetti Iva, è noto, deve essere documentato con la scheda carburante. L’annotazione di tali acquisti è sostitutiva della fattura di acquisto (articolo 1, comma 1, D.P.R. 444/1997). L'emissione della fattura è vietata ai gestori di impianti stradali di distribuzione di carburanti per autotrazione, tranne che per le cessioni effettuate nei confronti dello Stato, di alcuni enti e degli autotrasportatori di cose per conto terzi. Il divieto di emissione della fattura non riguarda le compagnie petrolifere, ma solo i distributori.

L’alternativa alla scheda - Dal 14 maggio 2011, i soggetti Iva che effettuano gli acquisti di carburante esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito (bancomat) o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione all'anagrafe tributaria (articolo 7, comma 6, D.P.R. 605/1973), possono evitare di compilare la scheda carburante. Per recuperare la parte di Iva detraibile sull'acquisto di carburante per autotrazione, effettuato con bancomat, carte di credito o prepagate, è possibile scorporare l'imposta dell'estratto conto della carta elettronica, che va registrato come la scheda carburante nel registro Iva acquisti.

Chiarimenti sulle modalità di documentazione - L’Agenzia delle Entrate con la circolare 42/E del 9 novembre 2012, ha chiarito inoltre che le due modalità di documentazione (scheda carburante o sistemi elettronici) sono tra loro alternative, quindi risulterebbe impossibile un loro utilizzo in contemporanea. Chi paga il carburante con mezzi diversi dalla modalità elettronica, deve utilizzare una scheda per tutti gli acquisti effettuati. Chi invece decide di pagare esclusivamente con le carte elettroniche può sceglie di utilizzare il nuovo metodo o può continuare a utilizzare la scheda carburante per dedurre il costo e detrarre l'Iva.

I chiarimenti di Telefisco - In occasione dell’appuntamento di Telefisco 2013, gli esperti delle Entrate hanno chiarito che l'esclusività nelle modalità di certificazione di queste operazioni non pregiudica la possibilità, per il contribuente, di passare in corso d'anno dal vecchio al nuovo sistema di certificazione. Questa modifica può essere effettuata (scelta consigliata dalle Entrate) a partire dal giorno successivo della conclusione delle operazioni per la liquidazione dell'Iva e sembra possibile (in corso d'anno) solo per passare dalla scheda carburante alla modalità elettronica, ma non viceversa.

Contenuti per la detrazione Iva – Secondo l’Agenzia delle Entrate, le disposizioni introdotte dal decreto Sviluppo 70/2011 in tema di esemplificazione degli adempimenti non eliminano la necessità di verificare gli elementi che collegano l'acquisto del carburante al soggetto acquirente, per consentire la detrazione dell'Iva e la deduzione del relativo costo.
La carta di pagamento infatti deve essere intestata al soggetto che esercita l'attività e dall'estratto conto della stessa carta devono emergere tutti gli elementi necessari per individuare l'acquisto, quali la data e il soggetto presso il quale è stato effettuato il rifornimento, nonché il corrispettivo pagato. Queste indicazioni costituiscono il contenuto "minimo" per consentire sia la detrazione ai fini Iva sia la deduzione del relativo costo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 15 febbraio 2013

Cedolare secca: ufficio che vai uso che trovi!


AUTORE: Redazione Fiscal Focus

Gli uffici territoriali dell’Agenzia richiedono il doppio adempimento per i contratti già registrati al 7 aprile 2011

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Cedolare secca nel caos: molti Uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate stanno chiedendo ai contribuenti di presentare il modello 69, nonostante abbiano effettuato l’opzione per il regime agevolato in Unico 2012.

Una posizione, quella assunta da molti funzionari delle Entrate, che lascia interdetti e che rischia di far applicare a molti dei contratti in essere nel regime ordinario, fuoriuscendo da quello della c.d. “tassa piatta”. La fuoriuscita dall’applicazione della cedolare secca comporta che i canoni non vengano più tassati con l’imposta sostitutiva e siano esclusi dal reddito complessivo. Di conseguenza, i canoni non rilevano ai fini della progressività delle aliquote IRPEF, anche se tali redditi vanno riportati a rigo RN1, col. 1 ai soli fini della spettanza/determinazione delle agevolazioni fiscali.

I contratti già registrati al 7 aprile 2011 - Il caso riguarda i vecchi contratti, già registrati al 7 aprile 2011, data di entrata in vigore della nuova imposta.
Per questi contratti, infatti, l’Amministrazione Finanziaria ha previsto che la scelta per la cedolare fosse effettuata direttamente nella dichiarazione dei redditi. Da qui il dubbio se l'opzione in Unico 2012 valesse per tutta la durata residua del contratto o solo per l'annualità contrattuale in corso nel 2011.
Ad esempio, secondo la tesi restrittiva, per un contratto stipulato il 1° marzo 2011, l'opzione per la cedolare applicata in Unico 2012 varrebbe solo fino al 29 febbraio 2012 e dal 1° marzo 2012 si tornerebbe al regime ordinario.
Nessun problema si pone per i contratti registrati dopo il 7 aprile 2011, per i quali l'opzione per la cedolare va effettuata alla registrazione con il modello Siria o con il modello 69 e vale per tutta la durata del contratto.

Le posizioni contrastanti delle Entrate - La Circolare 26/E/2011 aveva chiarito che alla prima scadenza contrattuale nel 2012 era necessario presentare all'Agenzia il modello 69 (cfr. esempio 10 della medesima Circolare) per rendere nota all’Agenzia l’opzione. 
Con la Circolare 20/E/2012 l'Agenzia aveva, invece, invertito la rotta, non ritenendo necessaria la presentazione del modello 69; in buona sostanza, dato che in Unico la casella dedicata alla cedolare secca comporta l’indicazione anche del numero di registrazione del contratto. Dunque, almeno in questo caso, l’informazione poteva essere rilevata in automatico dall'Amministrazione Finanziaria.
Il documento di prassi (Circolare n. 20 del 4 giugno 2012) al punto 4, con riferimento ai contratti di locazione in corso al 7 aprile 2011, e già registrati a tale data, per i quali l'opzione per l'applicazione della cedolare secca viene esercitata in Unico 2012 per il periodo d'imposta 2011, ha, infatti, ribadito lo stesso principio espresso nei punti 2.1 e 2.2 del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 7 aprile 2011, secondo il quale l'opzione per la cedolare secca vincola il locatore all'applicazione della cedolare secca per l'intero periodo di durata del contratto o della proroga ovvero per il residuo periodo di durata del contratto nel caso di opzione esercitata nelle annualità successive alla prima, a meno che il contribuente non si avvalga della facoltà di revocare l'opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui l'opzione è stata esercita.

La circolare aveva precisato, inoltre, che la stessa comunicazione inviata al conduttore in sede di opzione per il 2011 esplica i suoi effetti per tutta la residua durata del contratto, ovvero fino a revoca, e non deve essere nuovamente comunicata al conduttore.

Nonostante ciò, oggi alcuni uffici contestano inizialmente l’omesso versamento dell'imposta di registro per l'annualità contrattuale iniziata nel 2012 e poi, in un secondo tempo, dopo che il contribuente comunica di aver applicato la cedolare in dichiarazione, chiedono di presentare il modello 69 tardivamente.
In tal modo, però, si crea una situazione paradossale, in quanto ogni anno il locatore avrebbe questa incombenza: i contribuenti che intendono usufruire della cedolare sarebbero tenuti a un duplice adempimento entro il 30 settembre 2013, ossia la consegna del modello 69 con l'opzione per il regime sostitutivo e il versamento della sanzione minima prevista per le violazioni formali di 258 euro.
In sostanza, si dovrebbe avvalere il contribuente dell’istituto della remissione in bonis.
Altri uffici consentono ai contribuenti di versare la sanzione ridotta, considerando la violazione ravvedibile e non imporrebbero l’utilizzo della remissione in bonis.

A parere di chi scrive, il vincolo dell’opzione effettuata in Unico va considerato valido a tutti gli effetti, in quanto non decade se il locatore, a meno che non la revochi espressamente, non proceda a presentare per ogni annualità successiva il modello 69. Dunque la cosa fondamentale è che in Unico venga barrata l’opzione.
Si spera che in un quadro così intricato arrivi quanto prima una presa di posizione ufficiale, che sia in linea con il principio per cui l'opzione vale per tutta la durata contrattuale.

giovedì 14 febbraio 2013

Fatturato minimi e obblighi Iva


Il volume d’affari determinerà gli obblighi Iva in corso d’anno o dall’anno successivo

Premessa – I contribuenti minimi che escono dal regime per superamento dei ricavi in corso d’anno a seguito del superamento per oltre il 50% il volume d’affari saranno tenuti a effettuare gli adempimenti Iva nei termini ordinari.

Uscita Minimi - In generale, il regime dei minimi cessa dall'anno successivo a quello in cui vengono a mancare le condizioni dell'art. 1, c. 96 L.244/2007, ovvero se si realizza uno degli eventi indicati nell'art. 1, c. 99 (per esempio, quando il contribuente acquisisce partecipazioni in società di persone, in Srl trasparenti o in associazioni professionali).

Volume d’affari - Tuttavia, nel caso in cui i ricavi o compensi superino di oltre il 50 per cento il limite di 30.000 euro il regime cessa di avere applicazione nell’anno stesso in cui avviene il superamento. In tal caso il contribuente dovrà porre in essere gli ordinari adempimenti contabili ed extracontabili posti a carico degli imprenditori e dei professionisti.

Obblighi - In particolare se in corso d’anno i corrispettivi o i ricavi superano i 45.000 euro, è dovuta l’imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni effettuate nel corso dell’intero anno solare, che, per la frazione d’anno antecedente al superamento del limite, sarà determinata mediante scorporo dai corrispettivi, secondo le regole contenute nell’articolo 27, ultimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, in ogni caso facendo salvo il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti.

Versamento Iva - Più precisamente in caso di fuoriuscita dal regime in corso d'anno per superamento del limite dei 30.000 euro per oltre il 50%, andrà versata l'Iva relativa a tutte le operazioni effettuate durante la permanenza nel regime, quindi senza applicazione dell'imposta.

Saldo in Unico - La “regolarizzazione” avverrà in sede di determinazione dell'imposta a saldo risultante dalla dichiarazione annuale, senza applicazione di sanzioni e interessi. Più precisamente, il contribuente è tenuto al versamento dell’imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni effettuate nel corso dell’intero anno solare.

Determinazione Iva - Per la determinazione dell’Iva relativa alla frazione d’anno antecedente al superamento del limite, la circolare n. 73/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate è stata chiara affermando che “sarà determinata mediante scorporo dai corrispettivi, secondo le regole contenute nell’articolo 27, ultimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, in ogni caso facendo salvo il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti”. Come previsto dalla Circolare n. 73/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate al contribuente che fuoriesce dal regime dei minimi in corso d’anno è fatto “salvo il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti”. A seguito dell’uscita dal regime dei minimi il contribuente, pertanto, scorporerà l’Iva da versare dai corrispettivi incassati e calcolerà l’Iva dovuta detraendo l’Iva sugli acquisti.

Adempimenti successivi - Successivamente, al momento del superamento del limite di 45.000 €, il contribuente deve emettere regolare fattura con addebito di Iva e procedere con la liquidazione Iva e gli adempimenti previsti dal D.P.R. 6

mercoledì 13 febbraio 2013

MINIMI: il regime auto 2013


Con la Legge di Stabilità 2013 è stata disposta la riduzione, dal 2013, della percentuale di deducibilità dei costi relativi ai veicoli utilizzati da imprese e lavoratori autonomi, che passa dal 40% al 20%. Analizziamo se tali novità comportino delle conseguenze anche per i regime dei “contribuenti minimi”.

Legge di Stabilità 2013 - Con la Legge di Stabilità 2013 è stato modificato l'art. 164, co. 1, Tuir, portando al ribasso i coefficienti di deducibilità parziale dei componenti negativi relativi ai veicoli indicati alla lett. b). In particolare è stata ridotta dal 40% al 20% la quota deducibile delle spese relative ai veicoli adibiti ad uso promiscuo. La novità normativa si applica a partire dal 1° gennaio 2013.
Non è stata, invece, apportata alcuna modifica all'integrale rilevanza di cui alla lett. a), così come alla quota di deducibilità riservata ai costi dei veicoli utilizzati dagli agenti e rappresentanti di commercio: sono, inoltre, rimasti invariati i limiti del costo fiscalmente riconosciuto dei veicoli.

I contribuenti minimi - Per quanto riguarda i contribuenti minimi, la determinazione del reddito non è dettata dalle norme del Tuir in quanto l’art. 1 comma 96 della Finanziaria 2008 prevede che il reddito di impresa o di lavoro autonomo “è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa o dell’arte o della professione”. Il mancato rinvio alle norme del Tuir è stato confermato prima nella circolare n. 7/E/2008 dove viene affermato che “a prescindere dalle disposizioni del TUIR che prevedono uno specifico limite di deducibilità per le spese di acquisto delle autovetture e dei telefonini, si ritiene che, come precisato con la circolare n. 73/E del 2007, al paragrafo 2.1, trattandosi di beni ad uso promiscuo, tali spese rileveranno, in ogni caso, nella misura del 50 per cento del relativo corrispettivo. La stessa limitazione si applica anche ai canoni di leasing nell’ipotesi in cui i menzionati beni siano ad uso promiscuo ed acquisiti mediante un contratto di leasing finanziario”; e successivamente nella Circolare n. 12/E del 19 febbraio 2008 dell’Agenzia delle Entrate, dove si sostiene che: “le regole di determinazione del reddito dei soggetti che rientrano nel regime dei minimi sono dettate dall’articolo 1, comma 104, della legge finanziaria 2008, e pertanto con riferimento a tali soggetti non trovano applicazione le regole ordinarie di determinazione del reddito dettate dal Testo Unico delle Imposte sui redditi”. Considerato che la parziale deducibilità (20%) dei costi per le autovetture è prevista dall’art. 164 del Tuir si ritiene che tale limitazione non debba interessare i contribuenti che si avvalgono del “regime dei minimi”.

In sostanza i contribuenti minimi continueranno a dedurre dal reddito il costo dell’acquisto dell’autovettura e le relative spese nel limite del 50% e non applicheranno il limite di 18.075,99 al costo dell’autoveicolo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 12 febbraio 2013

Modalità di utilizzo del credito IVA

Tutti coloro che si apprestano a presentare la dichiarazione Iva, con un saldo a credito, dovranno valutare attentamente l’utilizzo del credito Iva, disciplinato, come noto, dalle regole introdotte nel 2009 cosi come modificate nel 2012 a opera del D.L. 16/2012. 
Gli utilizzi - I contribuenti che chiudono la dichiarazione a credito possono utilizzare il predetto credito: 
- in compensazione verticale: compensando, dunque, l’Iva a debito con l’Iva a credito risultante dalla dichiarazione; 
- in compensazione orizzontale: compensando, dunque, l’Iva a credito risultante dalla dichiarazione con altre imposte dovute; 
- chiedere direttamente il rimborso del credito IVA. 

Analizziamo nel dettaglio i tre utilizzi possibili. 

Il rimborso del credito IVA – Tra le possibilità a disposizione del contribuente vi è quella di chiedere direttamente il rimborso del credito IVA. Da un unto di vista pratico, a partire da quest'anno per la richiesta del rimborso Iva non si utilizza il modello VR, che è stato soppresso, ma a seconda che la dichiarazione Iva vena presentata in via autonoma o in forma unificata: 
- compilando il Rigo VX4 della dichiarazione Iva presentata autonomamente; 
- compilando la sezione III del quadro RX di Unico per i soggetti che presentano la dichiarazione in forma unificata. 

Compensazione verticale 
– Un primo utilizzo del credito Iva è relativo alla possibilità di portarlo in diminuzione dell'imposta dovuta all'atto delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale dell'anno successivo. Nel caso di specie, il contribuente può utilizzare detto credito, anche senza aspettare la dichiarazione annuale a partire dalla prima liquidazione periodica eseguita per il 2013, cioè quella relativa al mese di gennaio 2013 per i contribuenti mensili o al primo trimestre per i contribuenti trimestrali. 

Compensazione orizzontale – Come precedentemente accennato, la compensazione orizzontale avviene compensando l’Iva a credito risultante dalla dichiarazione con altre imposte dovute. 

In tal caso sarà necessario osservare alcune condizioni: 
1. il limite assoluto di 516.456 euro e le regole dell'articolo 17 del D.Lgs. 241/97; 
2. per importi superiori a 5.000 euro annui può essere effettuata esclusivamente attraverso i servizi telematici forniti dall'Agenzia delle Entrate dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale o dell'istanza trimestrale; 
3. per importi superiori a 15.000 euro annui è necessario, oltre alla presentazione della dichiarazione annuale, anche richiedere a un soggetto a

giovedì 7 febbraio 2013

Cartelle: sospensione di diritto


Anche per gli accertamenti esecutivi è sufficiente la dichiarazione del contribuente

In materia di riscossione, una delle disposizioni più significative tra quelle varate con la Legge di Stabilità 2013 è sicuramente la sospensione immediata, su istanza motivata del contribuente, di ogni iniziativa del Concessionario, finalizzata al recupero dei tributi. Il Legislatore ha così inteso porre un freno alle cc.dd. cartelle “pazze” (croce di molti italiani).

La novità. Ai sensi dell’art. 1, commi 537 e ss. della L. 228 del 2012 (entrata in vigore dal 1° gennaio), il contribuente che ha ricevuto una cartella di pagamento, una comunicazione preventiva d’iscrizione d'ipoteca o un avviso di accertamento esecutivo, per il quale sia trascorso inutilmente il termine ultimo di pagamento, ha la possibilità di presentare una dichiarazione al Concessionario per ottenere l'immediata sospensione della procedura di riscossione.

Novanta giorni di tempo. Con la predetta dichiarazione
 – da presentare anche con modalità telematiche entro il termine di 90 giorni dalla notifica dell’atto - il contribuente dovrà documentare che gli atti emessi dall’ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l’avviso per i quali si procede, sono stati interessati: - da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo; - dall’emissione di un provvedimento di sgravio; - dall’emissione di un provvedimento di sospensione amministrativa o giudiziale; - dal pagamento effettuato in data antecedente alla formazione del ruolo in oggetto, in favore dell’ente creditore; - da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso.

Annullamento dopo 220. Ricevuta la dichiarazione del contribuente, nel termine di 10 giorni, il Concessionario la trasmette con i relativi allegati all'ente creditore (per esempio, l’Agenzia delle Entrate o l’INPS), il quale ha 220 giorni di tempo per effettuare le verifiche del caso e confermare al contribuente l'esistenza o meno delle ragioni che giustificano la richiesta. Se l'ente impositore, trascorsi 220 giorni, non fornisce alcun riscontro al contribuente e al Concessionario, le partite indicate dal debitore verranno annullate di diritto, con conseguente discarica dei relativi ruoli. Verranno contestualmente eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi.

Sanzioni penali e amministrative. Il contribuente che produce una documentazione falsa ne risponde penalmente e sarà pure tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento delle somme dovute, con un minimo di 258 euro.

Termine per ricorrere. Si noti, infine, che le disposizioni della Legge di Stabilità 2013 non prevedono la sospensione del termine per impugnare. Pertanto, appare utile presentare non solo l’istanza di sospensione, ma anche il ricorso in CTP. L’eventuale successivo annullamento del ruolo, ovviamente, farà cessare la materia del contendere. In caso contrario, il contribuente potrà ottenere dal giudice il provvedimento di annullamento.
Autore: Redazione Fiscal Focus