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lunedì 30 luglio 2012

Ravvedimento: saldo possibile oltre i 30 giorni


Pagamento di parte dell’imposta oltre i 30 giorni se la sanzione ridotta è versata in tempo

Il ravvedimento operoso breve è valido e il contribuente può godere delle sanzioni in misura ridotta se queste vengono pagate interamente prima dei trenta giorni, mentre il versamento dell’imposta avviene per una parte prima dei 30 giorni e per il saldo dopo tale termine.

La sentenza
. Quanto sopra è stato sostenuto dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza 59/13/12, del 20 maggio 2012.

Ravvedimento operoso – Come noto il mancato o insufficiente versamento delle imposte, può essere sanato con il ravvedimento operoso, versando la sanzione ridotta: dallo 0,2% al 2,8% se il pagamento è effettuato entro 14 giorni dalla scadenza, tenendo presente che per ogni giorno di ritardo va applicato lo 0,2%; del 3% (1/10 del 30%) se il pagamento è eseguito tra il 15° e il 30° giorno dalla scadenza; del 3,75% (1/8 del 30%) se il pagamento è eseguito oltre 30 giorni ed entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno della violazione.

Il caso. In tema di ravvedimento un’importante pronuncia è avvenuta con la Ctr della Lombardia sentenza 59/13/12 del 20 maggio 2012. La questione affrontata e risolta dal Giudice tributario lombardo è sorta nell’ambito di un giudizio avente a oggetto i versamenti IVA periodici di uno studio associato; versamenti che, secondo l’Ufficio, non erano stati effettuati nei termini, poiché lo studio si era ravveduto, pagando le sanzioni ridotte in misura corretta entro i 30 giorni previsti dall’13 D.Lgs. 472/1997, comma 1, lett. a), mentre l’imposta era stata versata in due tranche: la prima, contestualmente al pagamento delle sanzioni, la seconda, dopo i 30 giorni, anche se oltre il termine per la presentazione della dichiarazione. L’adita CTP accoglieva il ricorso. Di qui l’appello dell’Ufficio.

La CTR. Ebbene, la CTR è stata concorde con il giudice di primo grado, laddove questi ha sostenuto che la ratio del ravvedimento operoso è quella di “agevolare il contribuente nell'adempimento dei debiti tributari”, per cui il privato può legittimamente procedere al pagamento del tributo per intero o per acconti in tutti i mesi dell’anno. Tale previsione (possibilità di pagare per intero o per acconti) “è compatibile con il principio di agevolazione nell’adempimento dei debiti tributari, in questo periodo di tempo più che mai attuale a fronte della crisi economica e della necessità di recupero di imposte”. In sostanza, quindi, la CTR ha respinto la tesi prospettata dall’Ufficio procedente, secondo cui, ai fini del ravvedimento breve, tutti i pagamenti (tributo, interessi e sanzioni ridotte) dovrebbero avvenire nei 30 giorni previsti dal primo comma, lettera a), del dell’art. 13 citato. Infatti, a parere dei giudici, il ravvedimento può benissimo essere effettuato versando il tributo per acconti anche dopo lo spirare del termine dei 30 giorni, a patto che venga rispettato il termine per il ravvedimento lungo (pagamento entro il termine per la presentazione della dichiarazione).

Conclusioni. In conclusione, la CTR ha rigettato l’appello dell’Ufficio, peraltro escludendo l’applicazione delle sanzioni iscritte a ruolo e portate nella cartella impugnata, atteso l’orientamento giurisprudenziale della Cassazione secondo cui la situazione di obiettiva incertezza della norma tributaria comporta l’esclusione dell’applicabilità delle sanzioni (tra le tante, Cass. 26142/2007).
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 25 luglio 2012

Accertamento: accesso a conti di soci e familiari


Sentenza della Cassazione Tributaria

Nell’ambito di indagini dirette all'accertamento dell'evasione di imposta da parte di una società di capitali a ristretta base sociale, l’Amministrazione finanziaria può chiedere agli istituti di credito l’accesso ai conti correnti personali dei soci e a quelli intestati ai loro familiari. Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione - Sezione Tributaria Civile, con la sentenza numero 12624 del 20 luglio 2012.

Il caso. La C.T.R. Toscana, in riforma della sentenza di primo grado, riconosceva la legittimità degli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei due soci di una S.r.l., con i quali erano stati recuperati a tassazione IRPEF i maggiori redditi – conseguiti dalla distribuzione di utili occulti realizzati e non contabilizzati dalla predetta società – in misura corrispondente a quella degli importi delle movimentazioni bancarie rilevate sui conti personali dei detti soci. Di qui, il ricorso per cassazione.

Utilizzabilità dei dati e prova contraria. Il Supremo Collegio nelle lunghe motivazioni che lo hanno condotto alla decisione finale, ha ribadito il principio di diritto secondo cui “l’Ufficio finanziario nella fase delle indagini dirette all'accertamento della evasione di imposta da parte di una società di capitali, è legittimato a richiedere agli istituti bancari, ai sensi dell'art 32 co. 1 n.7) D.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 e dell'art. 51 co. 2 n. 7) del D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, l'accesso ai conti e depositi bancari formalmente intestati ai soci anche non amministratori e - in caso di ristretta compagine sociale - anche ai conti/depositi intestati ai loro familiari, qualora sussistano anche soltanto fondati sospetti che la società verificata abbia partecipato ad operazioni imponibili soggettivamente - inesistenti volte a evadere l'imposta sul valore aggiunto. Costituiscono fondati sospetti l'avere intrattenuto ripetuti rapporti commerciali con società sfornite di personale adeguato, di beni aziendali ovvero comunque prive di adeguata struttura organizzativa di impresa – c.d. società fantasma - in relazione alle operazioni commerciali in concreto svolte”. Per converso, il contribuente può dimostrate che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo a tal fine una prova non generica ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazione effettuate si estranea a fatti imponibili (Cass. 4.8.2010 n. 18081). Ebbene è proprio in virtù di tale ultima considerazione che gli Ermellini hanno deciso di accogliere il ricorso proposto dai soci, avendo la C.T.R. omesso di esaminare e valutare se la documentazione prodotta dai medesimi, a giustificazione delle movimentazione bancarie registrate sui loro conti, fosse o meno idonea a superare la presunzione legale di maggior reddito derivante dagli utili societari. Sicché la parola è tornata al giudice d’appello per un nuovo esame.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 24 luglio 2012

Minimi: comunicazione entro il 30 luglio


Chi ha iniziato l’attività nel 2012 con il regime agevolato senza comunicarlo può rimediare entro il 30 luglio

Premessa – Chi inizia un’attività, presumendo di rispettare i requisiti previsti per l'applicazione del regime dei minimi, ha l’obbligo di darne comunicazione nella dichiarazione di inizio attività da presentare con modello AA9. I contribuenti che hanno iniziato l'attività nel 2012 e hanno già aperto la partita Iva senza fare alcuna comunicazione possono presentare la dichiarazione di variazione dati, con modello AA9, entro il 30 luglio 2012, senza incorrere in alcuna sanzione per il ritardo.

Inizio attività per i minimi - I contribuenti che iniziano un’attività d’impresa, arte o professione e che presumono di rispettare i requisiti previsti per l’applicazione del regime dei minimi, pur non dovendo esprimere alcuna specifica opzione, hanno tuttavia l’obbligo di darne comunicazione nella dichiarazione di inizio attività da presentare ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. 633/72 (modello AA9), come disposto dall’art. 1, comma 98 della Legge n. 244 del 2007.

La comunicazione 
- La comunicazione viene effettuata barrando nel “quadro B” la casella denominata Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità previsto dall’art. 27, commi 1 e 2 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 inserita nel modello AA9/11, approvato col Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 18 maggio 2012, in sostituzione della casella denominata Regime per i contribuenti minimi previsto dall’art. 1, comma 96 e seguenti, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 del modello AA9/10.

Contribuenti che hanno iniziato nel 2012 – L’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 17/E/2012 ha precisato che per i soggetti, che presentando la dichiarazione di inizio attività dal 1° gennaio 2012 con il modello AA9/10 nelle more del suo adeguamento hanno barrato detta casella, la scelta viene interpretata come intenzione di adesione al nuovo regime fiscale di vantaggio.

Mancata comunicazione – L’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che a causa delle incertezze applicative inevitabilmente connesse alle rilevanti novità introdotte dall’art. 27 del D.L. n. 98 del 2011, i soggetti che hanno iniziato l’attività nel 2012 e, nelle more delle istruzioni fornite dall’Amministrazione, abbiano già aperto la partita Iva senza effettuare alcuna comunicazione, possono presentare la dichiarazione di variazione dati entro il 30 luglio 2012 (sessanta giorni dall’emanazione della circolare n. 17/E/2012, il termine scadrebbe il 29 luglio, ma essendo domenica slitta a lunedì 30), senza incorrere in alcuna sanzione per il ritardo.

La scadenza del 30 luglio – In sostanza, i contribuenti che hanno iniziato l’attività nel 2012 aderendo al regime dei minimi senza effettuare alcuna comunicazione all’Agenzia delle Entrate hanno tempo fino al prossimo 30 luglio per presentare il modello AA9/11 barrando nel “quadro B” la casella denominata Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità previsto dall’art. 27, commi 1 e 2 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 23 luglio 2012

Proroga di sei mesi per il bonus del 55%


Sarà possibile usufruire della detrazione IRES/IRPEF del 55%, in relazione a talune tipologie di interventi volti alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti, fino al 30 giugno 2013.
A disporre la proroga è un emendamento, approvato venerdì scorso dalle Commissioni Finanze e Attività produttive, al Ddl. C. 5312, di conversione del DL 83/2012 (Decreto “crescita e sviluppo”), che approda oggi all’esame dell’Aula di Montecitorio.
Nel dettaglio, si ricorda che l’art. 4, comma 4 del DL n. 201/2011 convertito, modificando l’art. 1, comma 48 della L. n. 220/2010, ha disposto la proroga del bonus del 55% su alcune tipologie di interventi al 31 dicembre 2012, stabilendo anche che, a partire dal 1° gennaio 2013, per gli interventi di efficientamento energetico, competerà la detrazione IRPEF del 36%di cui all’art. 16-bis, comma 1, lett. h) del TUIR.
L’art. 11, comma 2 del DL n. 83/2012, a sua volta, è intervenuto sulla disposizione appena citata, prevedendo che, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2013 al 30 giugno 2013, la detrazione IRES/IRPEF del 55% competerà per una quota pari al 50% delle spese sostenute, fermi restando i limiti massimi di spesa stabiliti dai commi 344, 345, 346 e 347 dell’art. 1 della L. 296/2006 a seconda della tipologia dell’intervento (si veda “Bonus da 36% a 50% dall’entrata in vigore del Decreto Sviluppo” del 23 giugno 2012).
In base al DL 83/2012, bonus al 50% dal 1° gennaio 2013
Ora, per effetto dell’emendamento al Ddl. di conversione, il comma 2 dell’art. 11 del Decreto “crescita e sviluppo”, approvato dalle Commissioni, cambia ancora, poiché viene inserita unanuova proroga di sei mesi, in virtù della quale si potrà beneficiare di una detrazione pari al55% fino al 30 giugno 2013.
Inoltre, l’emendamento, aggiungendo il 2-bis all’art. 11 del DL, stabilisce che all’onere derivante dall’attuazione del comma 2, pari a 1,7 milioni di euro per l’anno 2013, a 18 milionidi euro per l’anno 2014 e a 11,3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015 fino all’anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 52, comma 18 della L. n. 448/2001 (legge finanziaria 2002).

venerdì 20 luglio 2012

Accertamenti bancari: il contenuto del provvedimento di autorizzazione


La stampa specializzata è recentemente tornata a occuparsi, sia in ragione del significativo potenziamento dello strumento istruttorio, sia del crescente ricorso allo stesso da parte dell’Amministrazione finanziaria e del connesso contenzioso, del contenuto motivazionale del provvedimento di autorizzazione alle indagini finanziarie.

Sul tema - a fronte di un orientamento consolidato della Cassazione volto a ritenere non necessaria nell’autorizzazione allo svolgimento di indagini finanziarie una specifica motivazione, sempreché queste ultime riguardino il soggetto fiscalmente indagato - si registra, tra la dottrina prevalente, la diffusa opinione secondo cui il provvedimento di autorizzazione debba, invece, per varie ragioni, essere necessariamente motivato.

Significativa, al riguardo, è la posizione da ultimo assunta dai giudici di legittimità nella sentenza n. 5849 del 13 aprile 2012 in cui gli stessi, pronunciandosi in ordine a indagini bancarie condotte ai fini IVA, hanno posto in evidenza che l’art. 51 del D.P.R. n. 633/1972 “non prevede affatto l’obbligo dell’indicazione del motivo, dello scopo o delle ragioni logiche e giuridiche per la richiesta e l’emissione dei provvedimenti volti all’acquisizione dei conti correnti bancari, essendo l’esercizio dei poteri degli Uffici di richiedere la copia dei conti intrattenuti con il contribuente collegato, appunto, col generale potere di controllo della dichiarazione (che può, anche, non risolversi in un accertamento tributario), senza necessità di specificazione di nessuna particolare circostanza giustificativa”.

La Corte, proseguendo nel proprio percorso argomentativo, ha poi qualificato come “non pertinente” il richiamo alla giurisprudenza e ai principi elaborati in tema di “accessi”, questi ultimi subordinati dall’art. 52 del Decreto IVA al rilascio di un’apposita autorizzazione che ne deve indicare il fine “mirando al diverso scopo di conciliare l’esigenza dell’acquisizione degli elementi di riscontro di una supposta evasione fiscale, e di evitarne l’occultamento o la distruzione, con la tutela del domicilio di ogni cittadino, la cui inviolabilità è espressamente riconosciuta dall’art. 14 Cost.”

La prevalente dottrina sostiene invece che, avendo l’ente autorizzatorio, funzioni di vigilanza sull’operato dei richiedenti, allo stesso è attribuito un controllo sia di legittimità sia di merito sull’istanza consistente nell’accertamento dell’esistenza di determinati elementi fra i quali l’indicazione del contribuente con i relativi dati identificativi, delle norme che consentono tali accertamenti, dell’oggetto della richiesta, nonché del periodo cui essa è riferita, della motivazione e della firma del responsabile.

In quest’ultima direzione pare, peraltro, essere orientata anche l’Amministrazione finanziaria che ha, sin dal 1996, richiamato l’attenzione dei propri Uffici sulla necessità che gli stessi, prima di concedere l’autorizzazione allo svolgimento di indagini finanziarie, verifichino la sussistenza, nel caso di specie, dei requisiti di legittimità e di merito, anche con riferimento alla prevedibile proficuità delle stesse indagini.

Particolarmente interessanti sono poi le indicazioni al riguardo fornite dal Comando Generale della Guardia di Finanza nella Parte V, Capitolo 2, par. 2.e. della circolare n. 1/2008, contenente “Istruzioni sull’attività di verifica”, secondo le quali “al Comandante Regionale è attribuita la funzione di eseguire, in tempi ragionevolmente brevi, una verifica delle richieste pervenute, vagliando la sussistenza dei requisiti:
di legittimità, da intendersi quale riscontro della presenza:
- di una congrua motivazione sottostante il prospettato innesco delle indagini finanziarie;
- dell’esatta e compiuta identificazione del contribuente interessato dall’accertamento e degli eventuali soggetti terzi coinvolti;
- della delimitazione degli ambiti temporali dell’indagine finanziaria;
- della specificazione, ove ritenuto necessario, dell’oggetto della richiesta e dei destinatari della medesima;
- per la sola ipotesi di preventiva richiesta al contribuente, dell’esistenza di un’attività istruttoria in corso;

- di merito, ossia delle ragioni che, in rapporto al caso concreto, fanno ritenere necessario, utile o proficua l’esecuzione dell’indagine finanziaria”.

E ancora, “conformemente ai principi generali, in tema di provvedimenti amministrativi, tanto l’autorizzazione quanto il diniego devono essere motivati, ancorché sinteticamente, con riferimento ai presupposti di fatto e di diritto […] e alle risultanze dell’istruttoria”.

A mio parere, la necessità che l’autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie contenga una specifica motivazione discende dalla volontà del Legislatore di evitare un utilizzo indiscriminato del penetrante strumento istruttorio.

Non è infatti la mera esistenza dell’autorizzazione ad attribuire legittimità a dette indagini, ma l’esistenza di una sottostante motivazione; altrimenti ragionando, cioè ritenendo che l’autorizzazione non debba essere motivata, la si svuoterebbe di qualsivoglia significato.

L’Amministrazione finanziaria, nell’espletamento della propria attività di indagine (attraverso l’utilizzo dei poteri di accesso, ispezione e verifica), deve, quindi, procedere alla raccolta di ogni elemento utile a ricostruire l’effettiva capacità contributiva del soggetto fiscalmente indagato.

Pertanto, nei casi in cui i verificatori ritengano utili o addirittura indispensabili dette indagini per il raggiungimento dello scopo che l’intervento ispettivo si propone, gli stessi dovranno chiarire, avendo acquisito elementi idonei a costituire idonea base motivazionale dell’eventuale provvedimento, il percorso logico-deduttivo da sottoporre al vaglio dell’Autorità sovraordinata.

Ciò in piena aderenza al disposto dell’art. 7 della L. 212/2000 secondo cui “gli atti dell’Amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione degli atti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

Il riconoscimento della facoltà per l’Amministrazione finanziaria di accedere ai dati bancari non può essere interpretato nel senso della possibilità indiscriminata di eseguire gli stessi nei confronti di ogni contribuente; ciò significa, sul piano pratico, che i verificatori per poter richiedere l’attivazione delle indagini finanziarie, devono preventivamente acquisire elementi idonei a segnalare un probabile occultamento di materia imponibile.
Autore: Alberto Nastasia

giovedì 19 luglio 2012

Notizie in "pillole" dall'Agenzia delle Entrate.


Gerico, versamento senza sanzioni per chi si adegua agli studi entro il 20 agosto


A seguito dei malfunzionamenti individuati nella precedente versione che raccoglieva la revisione degli studi di settore è stata introdotta una nuova versione di GERICO (versione 1.0.2) in data 5 luglio. Si è prevista, pertanto, un'agevolazione per i contribuenti che intendano adeguarsi ad eventuali maggiori ricavi stimati con il nuovo software e che potranno effettuare il versamento entro il 20 agosto senza sanzione.

Definiti i contribuenti, le condizioni e gli studi di settore che consentono l'accesso al regime premiale previsto dal Decreto Salva Italia


Il provvedimento del Direttore dell'Agenzia del 12 luglio 2012 definisce i contribuenti, le condizioni e individua gli studi di settore che per il periodo d'imposta 2011 permetteranno di accedere al regime premiale, norma contenuta nel Decreto cd. "Salva Italia" (Dl 201/2011) che stabilisce la preclusione dagli accertamenti analitico-presuntivi per i contribuenti:
  • che dichiarano ricavi o compensi in misura uguale o superiore alle stime degli studi di settore
  • che risultano coerenti agli indicatori previsti dai relativi decreti di approvazione degli studi
  • che sono in regola con gli obblighi di comunicazione.
Sono, inoltre, ridotti di un anno i termini di decadenza per l'attività di accertamento.


I chiarimenti dell'Agenzia sulle imposte dovute per gli immobili (Ivie) e le attività finanziarie detenute all'estero (Ivafe) a decorrere dal periodo d'imposta 2011


L'Agenzia nella circolare n. 28/E fornisce tutti i chiarimenti relativi alle modalità di versamento, le aliquote, i soggetti e gli immobili che rientrano nel campo di applicazione dell' imposta dovuta sul valore degli immobili situati all'estero e detenuti a titolo di proprietà o di altro diritto reale dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, aldilà dell'uso a cui siano destinati (IVIE). L'imposta dovuta è dello 0,76 per cento in proporzione alla quota di titolarità e al periodo dell'anno nel quale si è protratto tale diritto. Nella stessa circolare si precisano i soggetti e le attività che rientrano nella tassazione (Ivafe) per le attività finanziarie detenute all'estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale, e indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e quindi anche se pervenute da eredità o donazioni.


Modifiche alla disciplina in deroga per il pagamento in contante da cittadini stranieri


Con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 2 luglio 2012 si modifica il modello di adesione alla disciplina di deroga alle limitazioni di trasferimento del denaro contante e delle relative istruzioni, precedentemente adottato con il provvedimento del 23 marzo 2012, e riguardante le facilitazioni introdotte dall'art. 3, comma 2, del decreto legge 2 marzo 2012 n. 16. Facilitazioni rivolte in favore dei soggetti che svolgono attività di commercio al dettaglio ed assimilate e di agenzia di viaggi e turismo. Le modifiche introdotte si sono rese necessarie al fine di adottare quanto previsto dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 in particolare in termine di comunicazione preventiva e al limite previsto per i trasferimenti di denaro in contante.


martedì 17 luglio 2012

Dal 1° agosto sospensione dei termini processuali


L’interruzione dal 1° agosto al 15 settembre non trova però applicazione per la mediazione tributaria

Premessa - Ogni anno, dal 1° agosto, parte la consueta sospensione feriale dei termini processuali fino al 15 settembre. Dal giorno 16 settembre dunque, i contribuenti e l’Amministrazione Finanziaria possono ricominciare a contare i giorni entro i quali sarà consentito di agire in giudizio, per la rivendicazione dei rispettivi diritti. Non c’è, però, sospensione feriale dei termini nella procedura di mediazione che quindi deve sempre e comunque concludersi nei 90 giorni anche durante il periodo estivo.

L’interruzione - L’interruzione feriale è prevista dall’articolo 1 della Legge 742/1969 e dispone la sospensione di diritto, dal 1° agosto al 15 settembre di ciascuna annualità, del decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie e amministrative, opera a tutti gli effetti nel rito tributario. La pausa determina l’allungamento delle scadenze entro le quali le parti in giudizio possono procedere al deposito di atti e documenti, previsti dalle disposizioni che regolano il processo tributario. I termini riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione e nel caso in cui il conto dei giorni dovesse iniziare durante la fase di intervallo, l’inizio dello stesso conto è differito alla fine del periodo di sospensione.

Il processo tributario - Riguardo al processo tributario, la norma si applica alle scadenze relative alla presentazione del ricorso contro gli atti impositivi, in tutti i gradi di giudizio, dal primo alla Cassazione, ma anche, per esempio, al deposito di documenti e/o memorie.

Accertamento con adesione 
- Esistono, però, termini che si collocano tra lo “stadio” amministrativo e quello contenzioso. È il caso in cui il contribuente decida di avvalersi dell’istituto dell’accertamento con adesione, con decorrenza dalla data di presentazione dell’istanza. Ai dubbi sorti in passato circa la possibile contestuale applicazione della sospensione prevista dalla disciplina che regola l’accertamento con adesione (90 giorni) e di quella estiva, l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito (circolare 65/2001) che il periodo di sospensione di 90 giorni non costituisce il termine di riferimento per la conclusione del procedimento di accertamento con adesione. La sottoscrizione dell’atto, infatti, può validamente intervenire nei limiti del termine ultimo entro il quale è possibile promuovere l’impugnativa, per la cui determinazione occorre considerare anche la sospensione feriale, così i due diversi periodi di sospensione possono applicarsi cumulativamente senza controindicazioni.

Mediazione tributaria – Secondo l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 22/E/2012), la sospensione dal 1° agosto al 15 settembre non trova, però, applicazione nel corso della procedura di mediazione vera e propria, che deve pertanto concludersi sempre nel termine di 90 giorni, trattandosi di una fase amministrativa e non processuale. E questo nonostante che, come abbiamo visto, nel procedimento di accertamento con adesione (dove a maggior ragione si è in una fase amministrativa e non processuale) la sospensione estiva, al contrario, si applica. Da considerare, peraltro, che per la proposizione dell'istanza di mediazione si applicano le disposizioni sulla sospensione: per lo “stretto nesso tra la presentazione dell'istanza e la proposizione del ricorso giurisdizionale” (circolare 9/E del 2012).
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 13 luglio 2012

Nuovo bonus ristrutturazione: attenzione al tipo di intervento


Da: redazione Fiscal Focus


Un intervento di manutenzione ordinaria (che non sia sulle parti comuni di un edificio residenziale), può beneficiare dello sconto se connesso con altre opere di manutenzione straordinaria

Maxisconto per le ristrutturazioni - Il decreto sullo Sviluppo ha reso più appetibili le detrazioni fiscali relative alle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione edilizia. La detrazione del 36% è stata portata al 50% ed è stato aumentato anche l’ammontare di spesa massimo che passa da 48 mila euro a 96 mila euro euro, tutto ciò, salvo altre disposizioni, terminerà entro il 30 giugno 2013 dove ritornerà a regime la detrazione del 36% con tetto di spesa di 48 mila euro.

Tipologia di lavori agevolati -
 Quando si eseguono dei lavori che hanno a che fare con fabbricati, bisogna verificare se gli stessi lavori possono beneficiare della nuova detrazione prevista del 50%. Per quanto riguarda i lavori di manutenzione straordinaria, recupero, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, sono agevolate tutte le opere sia in condominio che nei singoli appartamenti, invece per quanto riguarda la manutenzione ordinaria la stessa è agevolabile solo se effettuata nelle parti condominiali, ma vi sono alcune opere di manutenzione ordinaria che possono essere agevolabili anche nei singoli alloggi.

La manutenzione ordinaria - La normativa urbanistica (articolo 3 del DPR 380/01, Testo unico sull'edilizia), individua e classifica le opere da realizzare sugli immobili attraverso quattro categorie, la manutenzione ordinaria, la manutenzione straordinaria, il restauro e risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia. Gli interventi di manutenzione ordinaria sono quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti degli edifici stessi.
La caratteristica della manutenzione ordinaria è il mantenimento della cosa attraverso opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture purché ne siano conservati i caratteri originari.

Interventi agevolabili - Alla luce del D.L. 201/2011 e della Legge 449 del 1997, queste tipologie di interventi rientrano tra le agevolazioni fiscali solo se effettuate sulle parti comuni degli edifici residenziali, pertanto se realizzate su singole unità immobiliari, non potrebbero essere assoggettate alla detrazione fiscale del 50%. Tuttavia per poter portare anche questi interventi in detrazione la soluzione esiste, ed è quella di collegare (inserire) questi lavori e le relative spese con opere di manutenzione straordinaria. Ad esempio per le tinteggiature di una parete le stesse si possono abbinare all’abbattimento, quindi al rifacimento della parete stessa.
L’esecuzione di tali opere avviene sotto la totale responsabilità del proprietario e non necessita di alcun titolo abilitativo. Naturalmente per alcune opere deve essere inviata la comunicazione scritta al Comune della loro esecuzione con la descrizione appunto delle operare che verranno eseguite. Comunque in generale le opere di manutenzione ordinaria che sono previste nell’ambito di un’altro tipo di intervento (come ad esempio nell’ambito di una ristrutturazione edilizia), seguono le procedure autorizzative dell’intervento principale e possono essere considerate per il beneficio della detrazione.

mercoledì 11 luglio 2012

Dal 2013 si riduce la deducibilità delle auto


Con la riforma del lavoro la percentuale di abbassa dal 40% al 27,5%


Premessa – Con la riforma del lavoro (Legge 92/2012) è stato modificato l’art. 164, comma 1, del Tuir prevedendo che dal 2013 i costi relativi all’acquisto/utilizzo dei veicoli a motore sono deducibili nella misura del 27,5% (anziché 40%) per la generalità delle imprese e lavoratori autonomi e nella misura del 70% (anziché 90%) per i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti. 

Art. 164 Tuir - Ai fini delle imposte sui redditi l'art. 164 del TUIR prevede sostanzialmente due ipotesi di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi riguardanti i mezzi di trasporto a motore utilizzati nell'esercizio di imprese: piena deducibilità per le auto strumentali e adibite a uso pubblico; limitata deducibilità per le altre ipotesi. 

Veicoli interamente deducibili - L’art. 164, comma 1, lett. a), n. 1, del T.U.I.R. individua i mezzi di trasporto che danno luogo all’integrale deduzione delle spese e di ogni altro componente negativo relativo all’utilizzo degli stessi, laddove destinati a essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa. L'Amministrazione finanziaria nelle CC.MM. 13 febbraio 1997, n. 37/E e 10 febbraio 1998, n. 48/E, ha affermato che vanno considerati quali veicoli “utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa” quelli “senza i quali l'attività stessa non può essere esercitata”, come, ad esempio, le autovetture possedute dalle imprese di noleggio. Altra ipotesi di deducibilità integrale delle spese e degli altri componenti negativi concerne i veicoli per il trasporto pubblico (art. 164, comma 1, lett. a, n. 2), cioè quei veicoli per i quali vi sia un atto rilasciato dalla Pubblica amministrazione che attesti tale destinazione. Si pensi, a titolo di esempio, alle autovetture adibite al servizio taxi. 

Veicoli a limitata deducibilità 
– L’art. 164 del Tuir prevede poi la deducibilità limitata nella misura del 40 per cento con riguardo alle autovetture, autocaravan, ciclomotori e motocicli non utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa e nella misura dell'80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti che esercitano attività di agenzia o di rappresentanza di commercio (sono esclusi gli agenti immobiliari ed i promotori finanziari). Riforma del lavoro – L’articolo 4, commi 72 e 73, della Legge 92/2012 (c.d. “riforma del lavoro”) ha previsto la riduzione dal 40% al 27,5% delle spese e degli altri componenti negativi relativi ai suddetti veicoli. Rimane invece invariata la deducibilità per gli agenti e rappresentanti (80%) e per la auto strumentali e per quelle adibite a uso pubblico (deducibilità integrale). La minor deducibilità delle spese decorre dall'esercizio 2013. 

Veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti 
– Un’ulteriore novità riguarda i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti, di cui alla lett. b-bis) del comma 1, del citato art. 164 poiché la riforma del lavoro riduce dal 90% al 70% la deducibilità delle spese e dei componenti negativi sostenuti dall’impresa. Anche in questo caso la nuova deducibilità decorre dal 2013.

lunedì 9 luglio 2012

Cedolare secca: ancora tempo fino al 1° ottobre

Il versamento del saldo e primo acconto relativo alla cedolare secca vede la prima scadenza lunedì 9 luglio, come per il saldo Irpef relativo al 2011 e dell'acconto per il 2012, a meno che il contribuente non decida di approfittare del differimento al 20 agosto 2012, versando la maggiorazione dello 0,4 per cento. 

I ritardatari hanno tempo fino al 1° ottobre - I locatori, titolari di contratti in corso al 7 aprile 2011, tuttavia, se non hanno seguito in modo corretto le regole del periodo transitorio, ovvero non hanno spedito la raccomandata al conduttore e versato gli acconti alle scadenze di giugno e/o novembre dello scorso anno, possono farlo sino al 1° ottobre, grazie all’intervento di prassi dell’Agenzia, la Circolare 20/E/2012 che ha concesso un’apertura in tal senso. 
Tali contribuenti potranno entro il termine previsto per l'invio delle dichiarazioni rimediare al mancato pagamento degli acconti attraverso lo strumento del ravvedimento operoso. 

Possibili regolarizzazioni – 
Da un lato, il contribuente che ha effettuato un pagamento di acconto Irpef anziché di cedolare secca (acconto dunque non dovuto) potrà presentare una richiesta di variazione codice tributo all’Agenzia delle Entrate e utilizzare le somme versate per coprire il debito della tassa piatta, mentre, dall’altro, chi non ha ancora inviato la raccomandata all’inquilino potrà farlo entro il 1° ottobre 2012. 
Con tale comunicazione il locatore informa il conduttore che non è solidalmente responsabile dell'imposta di registro (la cedolare secca assorbe l’imposta di registro e di bollo) e che non deve corrispondere alcuna maggiorazione per l’adeguamento Istat. 
La valutazione tra regime ordinario di tassazione dei canoni e quello sostitutivo viene dunque prorogata di qualche altro mese. 

Il modello 69 – La Circolare 26/E/2011 aveva chiarito, poi, che alla prima scadenza contrattuale nel 2012 era necessario presentare all'Agenzia il modello 69 (cfr. esempio 10 della Circolare 26/E/2011) per rendere nota all’Agenzia l’opzione. L'Agenzia apre anche su questo fronte, invertendo la rotta e non ritenendo necessaria la presentazione del modello 69; in buona sostanza, dato che in Unico la casella dedicata alla cedolare secca comporta l’indicazione anche del numero di registrazione del contratto. Dunque almeno in questo caso l’informazione potrà essere rilevata in automatico dall'amministrazione finanziaria.

venerdì 6 luglio 2012

Conti correnti sotto i 5.000 euro esenti dall'imposta di bollo.

Dal 1° gennaio di quest'anno è prevista l'esenzione dall'imposta di bollo per i conti correnti con giacenza media al di sotto dei 5.000 euro.
Ma come va calcolata la giacenza media ?
Cosa succede se la banca continua ad addebitare l'imposta di bollo pur in presenza di un saldo inferiore alla soglia stabilita?
Solo ultimamente, con il DPCM del 24 maggio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1° giugno, è stata fatta chiarezza sull'applicazione pratica della norma.
Risulta infatti che alcune banche applichino in via provvisoria comunque l'imposta, adducendo come motivazione che la giacenza media può essere calcolata solo a fine anno, prevedendo poi lo storno qualora l'imposta risultasse non dovuta.
Il Dpcm citato ha chiarito, dando attuazione alle disposizioni del D.L. 201/2011, che dall'imposta di bollo sono esclusi sia i conti correnti a debito che i conti "minimi", cioè con giacenza media non superiore a 5.000 euro ed intestati ad una stessa persona fisica.
Se lo stesso cliente detiene presso lo stesso istituto più conti, la cui giacenza media complessiva supera la soglia stabilita dei 5.000 euro, l'imposta di bollo è dovuta.
L'imposta è applicata sugli estratti di conto corrente e i rendiconti di libretti di risparmio inviati da banche o Poste Italiane e il suo ammontare annuo è di euro 34,20 per le persone fisiche.
Il Dpcm chiarisce il comportamento da tenere da parte degli istituti specificando che "se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell'anno oppure in caso di estinzione o di apertura dei rapporti nel periodo annuale, l'imposta è rapportata al periodo rendicontato".
Quindi, per verificare il valore medio di giacenza e la conseguente debenza eventuale dell'imposta di bollo, il periodo da considerare sarà il trimestre rendicontato con l'estratto conto.
E' quindi importante controllare la correttezza del comportamento da parte dell'istituto e, nel caso si verifichi la trattenuta dell'imposta quando questa non è dovuta, richiederne immediatamente il rimborso.
   

giovedì 5 luglio 2012

IVIE - Imposta sul valore degli immobili situati all’estero

L’IVIE colpisce gli immobili situati all’estero detenuti a titolo di proprietà o di altro diritto reale dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso essi siano destinati.
A tale proposito, l’Agenzia precisa che sono colpiti da imposizione anche gli immobili per i quali si è usufruito dello scudo fiscale, sia mediante la procedura della regolarizzazione sia del rimpatrio giuridico.
L’imposta si applica nella misura dello 0,76 per cento in proporzione alla quota di titolarità del diritto di proprietà o altro diritto reale e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto tale diritto.
Il codice di versamento da utilizzare nel modello F24 è 4041 oppure 4042 nel caso di versamento da parte di società fiduciaria.
Il termine ordinario di versamento è il 9 luglio, differibile al 20 agosto con una maggiorazione dello 0,40%, così come previsto per tutti i versamenti di Unico 2012.
Ambito soggettivo
Se la circolare non aggiunge nulla di nuovo in merito al concetto di residenza fiscale, ai fini di individuare le persone fisiche soggette all’IVIE, lo stesso non può dirsi per la qualificazione giuridica del titolo di possesso che fa scattare la nuova imposta.
Infatti, viene fatta una dettagliata elencazione dei soggetti passivi dell’imposta, che rispecchia, di fatto, le stesse regole valevoli per l’IMU.
Più precisamente, sono soggetti passivi ai fini IVIE:
- il proprietario di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività di impresa o di lavoro autonomo;- il titolare del diritto reale di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi (non viene, invece, tassati il titolare della nuda proprietà);- il concessionario nel caso di concessione di aree demaniali;- il locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria. Il locatario è soggetto passivo a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.
In merito all’esatta identificazione dei predetti diritti reali, trattandosi di stati esteri, si deve fare riferimento agli analoghi istituti previsti negli ordinamenti esteri in cui l’immobile è ubicato.
Inoltre, l’IVIE si applica nel caso in cui gli immobili siano detenuti direttamente dai soggetti sopra elencati o siano detenuti per il tramite una società fiduciaria nonché nei casi in cui detti beni siano formalmente intestati ad entità giuridiche (ad esempio società, fondazioni, o trust) che agiscono quali persone interposte mentre l’effettiva disponibilità degli immobili è da attribuire a persone fisiche residenti (per la nozione di “interposta persona” si fa riferimento alla circolare 4 dicembre 2001, n. 99/E, mentre per quanto riguarda i trust il rimando è alle circolari n. 43/E del 10 ottobre 2009, paragrafo 1, e n. 61/E del 27 dicembre 2010).
Base imponibile
Per determinare il valore su cui applicare l’imposta, valgono le seguenti regole:
- il punto di partenza è il costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti da cui risulta il costo complessivamente sostenuto per l’acquisto di diritti reali diversi dalla proprietà;- in caso di diritti reali diversi dalla proprietà (ad esempio, l’usufrutto), se il valore non risulta da un contratto, si deve tener conto dei criteri dettati dalla legislazione del Paese in cui l’immobile è situato;- nel caso in cui l’immobile sia stato costruito, si fa riferimento al costo di costruzione sostenuto dal proprietario e risultante dalla relativa documentazione;- in mancanza di tali valori o in mancanza della relativa documentazione si assume il valore di mercato rilevabile al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui è situato l’immobile. A tale proposito, viene chiarito che se l’immobile non sia più posseduto alla data del 31 dicembre dell’anno si deve fare riferimento al valore dell’immobile rilevato al termine del periodo di detenzione;- per gli immobili acquisiti per successione o donazione, il valore è quello dichiarato nella dichiarazione di successione o nell’atto registrato o in altri atti previsti dagli ordinamenti esteri con finalità analoghe. In mancanza, si assume il costo di acquisto o di costruzione sostenuto dal de cuius o dal donante come risultante dalla relativa documentazione; in assenza di tale documentazione si assume il valore di mercato come sopra determinato.
Stabilite queste regole di carattere generale, la circolare va più a fondo analizzando le particolari regole che esistono per gli immobili situati in Europa o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo (SEE), in particolare, Norvegia e Islanda.
Infatti, per questi immobili, il valore da utilizzare al fine della determinazione dell’imposta è prioritariamente quello catastale, anche se gli immobili sono pervenuti per successione o donazione.
Nel caso in cui ad uno stesso immobile siano attribuibili diversi valori catastali ai fini delle imposte reddituali e delle imposte patrimoniali, deve essere preso in considerazione il valore catastale utilizzabile ai fini delle imposte patrimoniali, comprese quelle di competenza di enti locali e territoriali.
In mancanza del valore catastale come sopra definito, si deve fare riferimento al costo risultante dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Per evitare disparità di trattamento tra contribuenti che hanno acquisito l’immobile in epoche diverse, qualora la legislazione estera preveda un valore espressivo del reddito medio ordinario e non vi siano meccanismi di moltiplicazione e rivalutazione analoghi a quelli previsti dalla legislazione italiana, può essere assunto come base imponibile dell’IVIE il valore dell’immobile che risulta dall’applicazione al predetto reddito medio ordinario dei coefficienti stabiliti ai fini dell’IMU (che si riportano nella tabella 2 allegata alla circolare).
In questo caso, il reddito medio ordinario è assunto tenendo conto di eventuali rettifiche previste dalla legislazione locale (l’esempio cui si fa riferimento è quello degli immobili siti in Francia, laddove il valore locativo catastale presunto è abbattuto del 50 per cento ai fini dell’applicazione della tax fonciere).
Comunque, per facilitare i calcoli dei contribuenti, l’Agenzia riporta la Tabella 1 allegata alla circolare) che indica, per ogni Paese, il criterio da applicare.
Calcolo dell’imposta
Viene ricordato che l’IVIE, calcolata applicando lo 0,76 per cento sul valore dell’immobile determinato sulla base dei criteri finora descritti, non va versata se l’importo della stessa non supera complessivamente euro 200.
Quindi, la soglia di esenzione dal versamento dell’IVIE vale per gli immobili il cui valore complessivo non superi euro 26.381 circa (a prescindere da quote e periodo di possesso e senza tenere conto delle detrazioni previste per lo scomputo dei crediti di imposta).
In tal caso, viene chiarito che il contribuente non è tenuto neanche ad indicare i dati relativi all’immobile nel quadro RM della dichiarazione dei redditi, fermo restando l’obbligo di compilazione del modulo RW.
Per quanto riguardo lo scomputo del credito d’imposta, nella circolare si evidenzia che per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione Europea o in Paesi aderenti al SEE che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, dall’imposta dovuta in Italia, si detraggono prioritariamente le imposte patrimoniali effettivamente pagate nel Paese in cui sono situati gli immobili nell’anno di riferimento.
Inoltre, se sussiste un’eccedenza di imposta reddituale gravante su immobili ivi situati non utilizzata ai sensi dell’articolo 165 TUIR, dall’imposta dovuta in Italia per quegli immobili si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, anche un ulteriore credito d’imposta derivante da tale eccedenza.
Dal punto di vista operativo, nel quadro RM, sezione XIV, colonna 6, del modello UNICO 2012 deve essere indicato l’ammontare complessivo del credito d’imposta derivante dalle imposte patrimoniali estere e dalle imposte reddituali estere che non sono state portate a credito ai sensi dell’articolo 165 del TUIR.
Versamento dell’imposta
Per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonché per il contenzioso relativi all’IVIE trovano applicazione le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Valgono pertanto le regole e i termini sui versamenti dell’IRPEF.
Nel caso di immobili – ivi compresi quelli oggetto di operazione di emersione mediante la procedura del rimpatrio giuridico – per i quali sia stato stipulato un contratto di amministrazione con una società fiduciaria, quest’ultima deve applicare e versare l’imposta dovuta dal contribuente, ricevendo apposita provvista da parte dello stesso.
In tali casi la fiduciaria indica i dati complessivi relativi ai versamenti dell’imposta nel modello di dichiarazione dei sostituti d’imposta e degli intermediari (modello 770 ordinario), a partire dal periodo di imposta 2012 (mod. 770/2013).
Inoltre, devono essere forniti i dati di ciascun contribuente nonché le indicazioni circa l’ammontare dell’imposta riferibile agli stessi.
L’Agenzia ricorda che in tale ipotesi il contribuente non deve compilare la Sezione XVI del quadro RM e, peraltro, non è tenuto a indicare tali immobili nel modulo RW.
Qualora, invece, il contribuente non fornisca la provvista, la società fiduciaria deve effettuare la segnalazione nominativa all’Amministrazione finanziaria attraverso il predetto modello di dichiarazione 770.

La cartella di pagamento si rifà il look.

Ieri 4 luglio 2012 l’Agenzia con il Provvedimento n. 2012/100148 ha approvato
un nuovo modello di cartella di pagamento, che sostituisce il modello
approvato il 20 marzo 2010. 
L’adozione del nuovo modello è obbligatoria per le  cartelle di pagamento
relative ai ruoli consegnati agli Agenti della riscossione  successivamente al 31
luglio 2012. 
La revisione del modello di cartella di pagamento è scaturita dall’esigenza,
afferma l’Agenzia, di assicurare chiarezza dei dati ivi contenuti e migliore
fruibilità delle informazioni fornite. 
In particolare, con riguardo alla rielaborazione del frontespizio, è stata inserita -
nella parte sottostante i dati del destinatario - una frase volta a precisare la
posizione degli Enti creditori, a cui le somme richieste sono dovute, e quella
dell’Agente della riscossione, incaricato dai suddetti Enti per il recupero delle
stesse. 
Inoltre, al fine di una maggiore semplificazione, sono state apportate all’interno
dell’intera cartella modifiche e integrazioni lessicali.
Qui di seguito il link al provvedimento dell'Agenzia:

La nuova cartella di pagamento

martedì 3 luglio 2012

S.R.L. A CAPITALE RIDOTTO

Con la pubblicazione in G.U. del Decreto Legge sulla Crescita (83/2012), avvenuta lo scorso 26 giugno, è stata introdotta una nuova figura di società di capitali, la "S.r.l. a capitale ridotto" che si affianca all'altra novità prevista ma non ancora esistente della S.r.l. semplificata. 


La Società può essere costituita con contratto o atto unilaterale (società unipersonale, cioè a socio unico) da persone fisiche che abbiano compiuto 35 anni alla data della costituzione. 


Questo rappresenta un importante elemento di novità rispetto alle bozze del decreto sviluppo, in quanto al posto del venir meno del criterio anagrafico dei 35 anni per la costituzione della società semplificata si è introdotto un tipo societario specifico


L’atto costitutivo della S.r.l. a capitale ridotto deve riportare alcune delle informazioni richieste, dall’art. 2463-bis, comma 2, c.c. per la S.r.l. semplificata.


Pertanto, deve contenere:

- il cognome, il nome, la data, il luogo di nascita, il domicilio, la cittadinanza di ciascun socio;

- la denominazione sociale contenente l'indicazione di società a responsabilità limitata a capitale ridotto e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

- l'ammontare del capitale sociale, pari almeno ad 1 euro e inferiore all'importo di 10.000 euro , sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione (il conferimento deve farsi in denaro ed essere versato all'organo amministrativo);

-  l'attività che costituisce l'oggetto sociale;

- la quota di partecipazione di ciascun socio; 

- le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l'amministrazione, la rappresentanza; 

- le persone cui è affidata l'amministrazione e l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti; 

- luogo e data di sottoscrizione.


L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico, ma non si applica la disposizione prevista per le S.r.l. semplificate per le quali l’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard tipizzato con decreto del ministro della Giustizia, di concerto con il ministro dell'Economia e delle Finanze e con il ministro dello Sviluppo economico.


L’amministrazione della società può essere affidata a una o più persone fisiche anche diverse dai soci, mentre nella S.r.l. semplificata, gli amministratori devono essere scelti solo ed esclusivamente tra i soci.


La normativa prevede, inoltre, che negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico devono essere indicati: la denominazione di società a responsabilità limitata a capitale ridotto; l'ammontare del capitale sottoscritto e versato; la sede della società e l'ufficio del Registro delle imprese presso cui questa è iscritta.


Per tutto il resto, si applicano le disposizioni del libro V, titolo V, capo VII, valevoli per le S.r.l. “ordinarie”, in quanto compatibili.