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giovedì 31 ottobre 2013

"Prima casa. L’immobile dev’essere abitato"

Sentenza della Cassazione sulla decadenza dal beneficio fiscale “prima casa”

Nel caso di vendita infraquinquennale seguita dall’acquisto di altra abitazione entro l’anno, il contribuente mantiene i benefici fiscali “prima casa” solo se va a vivere nel nuovo appartamento. Non rileva la potenzialità del nuovo immobile, per le sue caratteristiche oggettive, ad essere adibito ad abitazione, ma l’effettivo trasferimento dell’abitazione principale.

La sentenza. È quanto emerge dalla sentenza 9 ottobre 2013, n. 22944, della Corte di Cassazione – Sezione Tributaria Civile.

Donazione del primo immobile. Gli Ermellini hanno respinto il ricorso del contribuente. Quest’ultimo si è opposto all’avviso di liquidazione delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale, emesso a seguito della revoca dell’agevolazione “prima casa”, in quanto l’immobile, acquistato il 2 febbraio del 2001, era stato ceduto (con atto di donazione) il 30 gennaio del 2002, senza che ne fosse stato acquistato, entro un anno, un altro adibito ad abitazione principale. Il ricorrente ha dedotto inutilmente di aver comprato un’altra abitazione il 15 novembre del 2002 in cui aveva effettivamente vissuto per alcuni mesi (precisamente dall’aprile all’ottobre del 2003).

Orientamento consolidato. La Sezione Tributaria del Palazzaccio, nel confermare la sentenza di secondo grado favorevole all’Ufficio, ha affermato che secondo giurisprudenza costante (tra le altre: Cass. SS.UU. n. 1196/2000, Cass. n. 18300/2004 e 13491/2008) i benefici fiscali sono subordinati al raggiungimento dello scopo per il quale vengono concessi. Pertanto, in caso di vendita infraquinquennale di un immobile comprato con le agevolazioni cosiddette “prima casa”, il mantenimento dell’agevolazione è accordato se il contribuente entro il successivo anno “procede all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione”. La dichiarazione di volontà dell’acquirente di voler spostare la propria abitazione non è riferita a una qualità “astratta” del bene, né costituisce una mera “dichiarazione di intenti”, ma comporta l’assunzione di un vero e proprio obbligo verso il Fisco, cioè quello di adibire la casa acquistata a propria abitazione principale.

Realizzazione dell’intento dichiarato. Si deve conseguentemente ritenere che il beneficio fiscale, concesso al momento della registrazione dell'atto in base alla sola dichiarazione di volontà, può essere conservato solo se il contribuente realizzi l'intento dichiarato entro il termine triennale di decadenza fissato per l'esercizio del potere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria (cfr. Cass. SS.UU. n. 1196 del 2000 cit.). Ciò vale sia nel caso di vendita infraquinquennale seguita dall'acquisto di altra abitazione entro l'anno (come nella fattispecie) sia nel diverso caso disciplinato dal primo comma della norma in esame, tenuto conto che l'agevolazione per l'acquisto della “prima casa” è volta a incentivare l'acquisto di una unità immobiliare da destinare ad abitazione del compratore nel Comune di residenza o (se diverso) in quello ove lo stesso svolge la propria attività lavorativa. L’agevolazione è pure subordinata alla non possidenza di altro immobile idoneo a essere destinato a tale uso.
Autore: redazione Fiscal Focus

mercoledì 30 ottobre 2013

Equitalia. Sì a notifica diretta per posta

Ai fini TARSU, campeggio equiparato a civile abitazione

Campeggi e strutture alberghiere, ai fini TARSU, devono essere parificati alle civili abitazioni. Lo ha chiarito la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, con la sentenza 336/02/13 depositata lo scorso 25 ottobre, confermando l’orientamento già espresso in proposito con la sentenza n. 177/02/13 del maggio scorso. I giudici salentini di primo grado prendono invece le distanze da quel filone giurisprudenziale (di merito) che ritiene inesistente la notifica della cartella esattoriale effettuata direttamente per posta da Equitalia, ossia senza l’ausilio degli ufficiali di riscossione o degli altri soggetti abilitati dal concessionario, dei messi comunali o degli agenti della polizia municipale.

Il caso.
 La controversia è scaturita da una cartella di pagamento con cui Equitalia, per conto del Comune di Gallipoli, richiedeva a una srl il pagamento di oltre 55mila euro a titolo di TARSU per l’anno 2010, in relazione a un campeggio da questa gestito. In sede di impugnazione la contribuente ha eccepito l’illegittimità sia della cartella, per inesistenza della notifica, sia della tariffa, per contrasto con l’articolo 68 del D.Lgs. n. 507/1993, giacché il comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni, con conseguente illegittimità del regolamento e della relativa delibera comunale, di cui è stata domandata la disapplicazione.

Notifica valida. Orbene, per quanto riguarda la nullità della cartella esattoriale, in relazione al dedotto vizio (insanabile) del procedimento di notificazione, la CTP ammette la possibilità che la notifica sia effettuata anche a mezzo posta direttamente da Equitalia, per il tramite dell’ufficiale postale. I giudici pugliesi hanno ritenuto non decisivi gli argomenti della difesa in ordine alla eliminazione dal capo dell’art. 26 co. 1 D.P.R. 600/73 del termine “lettera” e del riferimento all’invio della raccomandata a/r da parte dell’esattore; “il riferimento che la notifica possa essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento – si legge in sentenza – non può essere inteso se non come riguardo direttamente alla persona del concessionario. Ritenere diversamente (…) appare non sorretto da adeguata giustificazione, giacché il ricorso al servizio postale è già previsto dal sistema processuale come una forma con cui l’ufficiale giudiziario e gli altri soggetti indicati nell’art. 26 citato possono fare ricorso per effettuare la notifica”.

In vacanza la quantità di rifiuti non cambia.
 Alla ricorrente va decisamente meglio sul fronte dell’illegittimità della tariffa applicata dal Comune. Infatti l’articolo 68 del D.Lgs. n. 507/1993 stabilisce che i Comuni, per l’applicazione della tassa, devono adottare apposito regolamento che deve contenere la classificazione delle eventuali sottocategorie di locali e aree con omogenea potenzialità di rifiuti tassabili con la medesima misura tariffaria. Con il comma 2 del predetto articolo il Legislatore ha voluto intendere che l’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto di alcuni gruppi di attività o di utilizzazione, specificando (lett. c) “che sono compresi in un’unica categoria i locali e le aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri”. Nella fattispecie, conclude il collegio di primo grado, il Comune ha violato le disposizioni del menzionato articolo 68 poiché ha assoggettato locali con omogenea potenzialità di rifiuti a diverse tariffe. È indubbio infatti che la capacità produttiva di un esercizio alberghiero e/o di un campeggio sia, almeno in parte, la medesima di quella di una civile abitazione: sarebbe irragionevole sostenere che un nucleo familiare in vacanza produca una maggiore quantità di rifiuti rispetto a quelli ordinariamente prodotti tra le mura domestiche.

Riliquidazione della TARSU. 
Alla luce delle considerazioni che precedono, la CTP di Lecce ha parzialmente accolto il ricorso della società, disponendo, per l’effetto, la riliquidazione della tassa secondo il criterio dell’assimilazione delle superfici destinate alle unità abitative del campeggio a quelle delle civili abitazioni. Spese compensate.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 29 ottobre 2013

IVA – Adempimenti di fine mese

Adempimenti contabili di fine mese tra i quali si segnalano le autofatture per scambi intracomunitari, la rilevazione dei chilometri sulle schede carburanti, adempimenti agenzie di viaggi.

Scambi intracomunitari - Autofatture

Il cessionario o committente di un acquisto intracomunitario o committente delle prestazioni di servizi intracomunitari, che non ha ricevuto la relativa fattura entro il mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione, deve emettere entro il mese seguente, in unico esemplare, la relativa fattura con l'indicazione anche del numero di identificazione attribuito, agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, al cedente o prestatore dallo Stato membro di appartenenza. 

Scheda carburanti - Rilevazione dei chilometri

Ai sensi dell'art. 4, D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444 l'ammontare complessivo delle operazioni annotate su ciascuna scheda mensile o trimestrale è registrato distintamente nel registro previsto dall' articolo 25 del D.P.R. n. 633 del 1972, entro il termine ivi stabilito. Prima della registrazione, l'intestatario del mezzo di trasporto, utilizzato nell'esercizio d'impresa, annota sulla scheda il numero dei chilometri rilevabile, alla fine del mese o del trimestre, dall' apposito dispositivo esistente nel veicolo. 
Si ricorda che i professionisti sono escludi da tale adempimento. 

Agenzie di viaggio e turismo
Per le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e di turismo per la organizzazione di pacchetti turistici, deve essere emessa fattura ai sensi dell'articolo 21, senza separata indicazione dell'imposta, considerando quale momento impositivo il pagamento integrale del corrispettivo o l'inizio del viaggio o del soggiorno se antecedente. Se le operazioni sono effettuate tramite intermediari, la fattura può essere emessa entro il mese successivo. 
Le agenzie organizzatrici per le prestazioni di intermediazione emettono una fattura riepilogativa mensile per le provvigioni corrisposte a ciascun intermediario, da annotare nei registri di cui agli articoli 23 e 25 entro il mese successivo, inviandone copia, ai sensi e per gli effetti previsti dal primo comma, secondo periodo, dell' articolo 21, al rappresentante, il quale le annota ai sensi dell' articolo 23 senza la contabilizzazione della relativa imposta. 

Fattura integrativa
La fattura relativa all'acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario o committente con l'indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell'operazione, espressi in valuta estera, nonché dell'ammontare dell'imposta, calcolata secondo l'aliquota dei beni o servizi acquistati. La disposizione si applica anche alle fatture relative alle prestazioni di servizi intracomunitari, rese a soggetti passivi d'imposta nel territorio dello Stato. Se trattasi di acquisto intracomunitario senza pagamento dell'imposta o non imponibile o esente, in luogo dell'ammontare dell'imposta nella fattura deve essere indicato il titolo unitamente alla relativa norma. 

Schede carburanti
La scheda deve essere istituita per ciascun veicolo a motore utilizzato nell'esercizio dell'attività d'impresa, dell'arte o della professione. 
Il periodo di riferimento della scheda carburante può essere mensile oppure trimestrale L'utilizzo di una scheda mensile o trimestrale non è da intendersi comunque correlato al periodo di liquidazione dell'IVA adottato dal contribuente, per cui, ad esempio, contribuenti trimestrali potrebbero tenere schede con periodicità mensile. 
Le annotazioni nella scheda carburante sono sostitutive della fattura. La scheda carburante costituisce una deroga al principio generale contenuto nel primo comma dell'art. 21 del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui occorre emettere una fattura per ogni operazione rilevante I.V.A.

giovedì 24 ottobre 2013

IVA: commercio elettronico diretto

Dovuta in Italia per cessione effettuata da soggetto passivo extra – UE a un privato italiano

All’interno del commercio elettronico il Legislatore distingue commercio elettronico diretto e commercio elettronico indiretto.

Nella prima fattispecie, tutta la transazione commerciale (acquisto, cessione e consegna) avviene per via telematica, cioè attraverso la fornitura in rete di prodotti virtuali. Tale settore si caratterizza in ragione del fatto che i servizi (es. software) vengono dematerializzati alla partenza dal prestatore e materializzati all’arrivo dal destinatario (download).
Nella seconda fattispecie, la transazione (accordo e pagamento) avviene per via telematica, ma la consegna del bene avviene “tradizionalmente”.

La perimetro del commercio elettronico diretto - L’art. 7, co. 1, Reg. UE 282/2011 
sancisce che “I «servizi prestati tramite mezzi elettronici», di cui alla direttiva 2006/112/CE, comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell'informazione”. Il co. 2, art. 7, Reg. UE 282/2011 definisce le operazioni rientranti all’interno del commercio elettronico diretto, mentre il successivo comma 3 individua le fattispecie escluse.

La territorialità delle operazioni - Ai fini IVA, dunque, le operazioni che rientrano nel commercio elettronico diretto sono considerate “servizi”. Di conseguenza, la “territorialità” delle prestazioni di servizi è definita con le seguenti modalità:
- per le prestazioni BtoB rileva la sede del committente (art. 7 -ter, co. 1, lett.a), D.P.R. 633/1972);
- per le prestazioni BtoC rileva la sede del prestatore (art. 7- ter, co. 1, lett.b), D.P.R. 633/1972).
Eccezioni sono contemplate per le prestazioni BtoC, e in particolare tali eccezioni sono rinvenibili nell’art. 7 -sexies, co. 1, lett. f), D.P.R. 633/1972 e nell’art. 7- septies, co. 1, lett. i), D.P.R. 633/1972.
Le citate eccezioni riguardano rispettivamente:
- le prestazioni effettuate da un soggetto passivo Extra – UE a un privato italiano, la cui operazione, in deroga al criterio generale dettato dall’art. 7- ter, co. 1, lett. b), D.P.R. 633/1972, si considera effettuata in Italia;
- le prestazioni effettuate da un soggetto passivo italiano ad un privato extra - UE, la cui operazione, in deroga al criterio generale dettato dall’art. 7- ter, co. 1, lett. b), D.P.R. 633/1972, NON si considera effettuata in Italia.

Il caso - Analizziamo nel dettaglio un caso concreto.
Ipotizziamo che un soggetto passivo extra – UE ceda a dei privati italiani servizi rientranti nel commercio elettronico diretto.
In tal caso, in base alla regole generale della territorialità, statuita dall’art. 7- ter, co. 1, lett. b), D.P.R. 633/1972, tali operazioni NON si considerano effettuate in Italia.
Tuttavia, l’art. 7 – sexies, co. 1, lett. i), D.P.R. 633/1972, sancisce, in deroga alla regola generale di cui all’art. 7- ter, co. 1, lett. b), D.P.R. 633/1972, che “si considerano effettuate nel territorio dello Statose rese a committenti non soggetti passivi […] f) le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici da soggetti stabiliti al di fuori del territorio della Comunità, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all'estero”.
In base a quanto detto, per le prestazioni in esame l’operatore extra-UE dovrà identificarsi in Italia (salvo che non disponga di una stabile organizzazione) al fine di assolvere l’IVA.
Si segnala che per tali soggetti, al fine di evitare che gli stessi debbano identificarsi in ogni Stato UE nel quale operano, è stata introdotta una sorta di semplificazione (tale disciplina è rinvenibile nel nostro ordinamento nell’art. 74 –quinquies, co. 1, D.P.R. 633/1972) in base alla quale gli stessi possono identificarsi in qualsiasi Stato UE per poter eseguire i versamenti dell’IVA relativi a tutte le operazioni realizzate nell’UE nei confronti di privati.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 22 ottobre 2013

IMU: pagheremo di più o di meno nel 2014?

I comuni decideranno risparmi o maggiori esborsi

I proprietari di immobili, dopo che il Consiglio dei ministri ha stilato il disegno di legge di stabilità 2014, si chiedono se l’esborso finanziario sarà più o meno gravoso rispetto al 2013.
La risposta non è univoca, ma va trovata caso per caso tra le righe delle delibere comunali. I sindaci, che dovranno disciplinare nei dettagli i due nuovi tributi (la Tari sul servizio di smaltimento dei rifiuti e la Tasi sui servizi indivisibili) e l’Imu, per gli immobili diversi dall’abitazione principale.

Il comunicato del Ministero - Il Ministero, nel frattempo, con Comunicato del 21 ottobre 2013, ha fatto sapere che il contribuente, nel valutare l’esborso, deve tener conto nel confronto tra la TASI (tassa sui servizi indivisibili erogati dai Comuni) e le imposte contemplate nell'attuale ordinamento, non soltanto l'IMU, ma anche la componente della Tares relativa ai servizi indivisibili.
Il gettito previsto dalla Tasi ad aliquota standard (1 per mille), pari a circa 3,7 miliardi, è quindi inferiore al gettito pari a circa 4,7 miliardi oggi garantito, ad aliquota standard, dall'IMU sull'abitazione principale e dalla Tares servizi indivisibili, entrambe abolite. Il Ministero ha, infine, sottolineato che il minor gettito per i comuni verrà compensato da trasferimenti dallo Stato.

Le novità del Ddl stabilità - Il disegno di legge di stabilità prevede per il tributo sui servizi indivisibili (TASI) un'aliquota base allo 0,1% (1 per mille), che gli enti locali potranno aumentare fino allo 0,25% sulle abitazioni principali.
La “vecchia” Imu, invece, oscillava dallo 0,2% allo 0,6%, ma con una detrazione di 200 euro per l'abitazione principale, maggiorata di 50 euro per ogni figlio.
È ipotizzabile che per gli immobili adibiti ad abitazione principale, dunque, con una rendita catastale molto bassa e in cui dimorano e risiedono famiglie molto numerose, l’esborso potrebbe anche aumentare.
Gli immobili diversi dall’abitazione principale, invece, sconteranno una TASI con aliquota massima calibrata sull’IMU, in quanto la somma delle due imposte non potrà superare il livello massimo dell'Imu 2013, maggiorato di uno 0,1%, quindi 1,16% totale.

Le possibile soluzioni del Comune - Gli enti locali saranno molto attenti nello stabilire gli sconti da riservare alle abitazioni principali e agli altri immobili. Le possibili soluzioni che essi possono attuare sono:
- differenziare l'aliquota in base all'utilizzo dell'immobile (abitazione principale, immobile non locato, immobile locato);
- in alternativa, applicare diverse aliquote per le diverse categorie catastali;
- o ancora elevare l'aliquota Imu in base al numero di immobili posseduti da un singolo proprietario;
- o concedere degli sconti legati alla condizione soggettiva del possessore (famiglia con un reddito o un Isee sotto una certa soglia).

La riforma catastale – La Tasi si pagherà su una base imponibile, che prende avvio da rendite catastali calcolate sui valori immobiliari dell’88; è per questo che il Ddl stabilità si occupa anche di stanziare una cifra pari a 270 milioni di euro per i prossimi sei anni, per attuare la riforma del Catasto.
Tale riforma, a oggi, è ancora un progetto, essendo contemplata nel Ddl della delega fiscale, atto S-1058, già approvato dalla Camera e ora in esame al Senato.
L'iter della delega procederà parallelamente con l’approvazione del bilancio, tuttavia per attuarla sarà necessario che vengano approvati i decreti legislativi delegati del Governo.
Lo stanziamento è oggi necessario, come ribadito anche da Befera, nonostante il testo del Ddl della delega fiscale avesse originariamente previsto che la revisione degli estimi dovesse avvenire “senza oneri aggiuntivi sul bilancio dello Stato”, a costo zero.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 21 ottobre 2013

Meno tagli alla detrazione delle polizze vita

Il D.L. 102/2013 approvato dalla Camera passa al Senato per la conversione apportando modifiche rincuoranti per il contribuente

Il testo del D.L. n.102/2013 sta seguendo l’iter necessario per la sua conversione in legge. È stato approvato alla Camera e ora passa al vaglio del Senato, integrato rispetto alla versione originaria dall'estensione delle agevolazioni IMU spettanti all’abitazione principale agli immobili concessi in comodato ai figli (se previsto nella delibera comunale) e dell'innalzamento a 630 euro per il 2013, e a 530 per il 2014 (a differenza degli originari 230) della soglia per la detraibilità dei premi assicurativisulla vita e contro gli infortuni.
D’altro canto, le polizze assicurative per l’invalidità mantengono la soglia della detrazione a 1.291 euro, come in origine, nonostante inizialmente fosse stata abbassata a 630 euro per il 2013 e a 230 per il 2014.
Tali limiti sono stati estesi ai contratti di assicurazione sulla vita e sugli infortuni stipulati o non rinnovatientro il 31 dicembre 2000.

I contratti interessati dalle modifiche – Sostanzialmente le modifiche al testo originario del decreto riguardano:
- i contratti aventi a oggetto il rischio morte, (compresi quelli che prevedono l'erogazione della prestazione in caso di morte e quelli che prevedono l'erogazione in caso di permanenza in vita). Per quanto riguarda i contratti che prevedono l'erogazione in caso di permanenza in vita, è possibile detrarre solo per la parte del premio riferibile al rischio morte;
- i contratti aventi a oggetto il rischio d'invalidità permanente (causata da infortuni o da malattia);
- i contratti aventi a oggetto il rischio di non autosufficienza che assicurano il rischio di non autosufficienza nel compimento in modo autonomo degli atti della vita quotidiana;
contratti di assicurazione sulla vita sottoscritti entro il 31 dicembre 2000.


L’attuale detrazione degli oneri assicurativi – L’attuale regime di detraibilità dei premi (per l’anno 2012) versati a fronte di determinate polizze assicurative era già stato modificato a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47 e del D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168. A seguito di dette modifiche dal 2001 sussiste, da un punto di vista fiscale, una distinzione fra:

- assicurazioni aventi finalità esclusivamente assicurative dal rischio morte o invalidità permanente;
- assicurazioni a carattere finanziario;
- assicurazioni con finalità previdenziali.
Tuttavia, considerando che le modifiche appena indicate non hanno effetto retroattivo, i contratti stipulati o rinnovati entro il 31 dicembre 2000 seguono ancora le “vecchie” regole di detraibilità. Per individuare la corretta disciplina è necessario quindi distinguere a seconda che i contratti siano stati stipulati o rinnovati fino al 31 dicembre 2000 ovvero a partire dal 1° gennaio 2001.

Contratti stipulati o rinnovati fino al 31 dicembre 2000 - Risultano detraibili nella misura del 19% i premi di assicurazione sulla vita e contro gli infortuni, purché corrisposti sulla base di contratti stipulati entro il 31 dicembre 2000. La detrazione concernente i premi per assicurazione sulla vita o contro gli infortuni è concessa a condizione che il contratto di assicurazione:
- abbia durata non inferiore ai 5 anni dalla data di stipula;
- per il periodo di durata minima non consenta la concessione di prestiti.

Se l’assicurazione è mista infortuni/malattia è necessario individuare la quota di premio che copre il rischio infortuni, in quanto solamente quest’ultimo è onere detraibile. Il premio versato per la polizza malattia non è detraibile.

I contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2001 -
 Danno diritto alla detrazione d’imposta solamente se riguardano assicurazioni aventi per oggetto: il rischio di morte; il rischio di invalidità permanente non inferiore al 5%, da qualsiasi causa derivante; il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti di vita quotidiana (cioè l’incapacità di eseguire autonomamente le seguenti attività: assunzione degli alimenti, espletamento delle funzioni fisiologiche e dell’igiene personale, deambulazione, indossare gli indumenti). Viene considerato non autosufficiente anche il soggetto che necessita di sorveglianza continuativa.
Inoltre, i contratti di assicurazione devono prevedere la copertura del rischio per l’intera vita dell’assicurato; in nessun caso è ammessa la facoltà di recesso da parte dell’assicurazione.
Il limite massimo detraibile per tale tipologia di oneri è pari nel 2012 a € 1.291,14. Ciò significa che l’importo della detrazione riconosciuta al contribuente potrà essere, al massimo, pari ad € 245,32 (€ 1.291,14 x 19%).
Ad esempio, un contribuente, nel 2012, ha corrisposto un premio relativo a polizza di assicurazione stipulata in data 20/01/2005 pari ad € 2.600,00, di cui:
- relativo al rischio morte: € 150,00;
- relativo all’invalidità permanente non inferiore al 5%: € 1.300,00;
- di natura finanziaria: € 1.150,00;
in Unico, il contribuente potrà indicare la parte del premio relativa al rischio morte (€ 150,00) e all’invalidità permanente non inferiore al 5% (€ 1.300,00). La restante parte del premio di natura finanziaria (€ 1.150,00 versata al fine di ottenere una rendita differita) non è detraibile. Il dichiarante, comunque, anche se ha versato un premio potenzialmente detraibile di € 1.450,00 (€ 1.300,00 + € 150,00), potrà indicare in dichiarazione dei redditi solo l’importo massimo di € 1.291,14 arrotondato a € 1.291,00.

Con le modifiche apportate dal D.L. 102/2013 che verrà convertito in legge, la nuova detrazione per il 2013 sarà pari sempre (a patto di ulteriori modifiche) al 19%, ma fino a una soglia massima di 630 euro e di 530 per il 2014 (a differenza degli originari 230 euro previsti nel testo originario del D.L. 102/2013).
Nell’esempio precedente, dunque, l’importo della detrazione riconosciuta al contribuente potrà essere, al massimo, pari a € 119,70, € 120 arrotondato (€ 630 x 19%) nel 2013 e a € 100,70, € 101 arrotondato (€ 530 x 19%), per il 2014.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 18 ottobre 2013

IMU e TRISE: lavori in corso.

Lavori in corso su IMU e TRISE, a sua volta suddivisa in Tari sui rifiuti e Tasi sui servizi indivisibili.
Sono comparse altre novità rispetto alla bozza del disegno di legge di stabilità esaminata dal Consiglio dei ministri lo scorso 15 ottobre 2013, tra le quali la deducibilità al 20% da Ires e Irpef dell'IMU sui capannoni industriali e la fissazione al 2,5 per mille del tetto massimo sulla Tasi per l'abitazione principale.

Chi vincerà e chi perderà dalla riforma dell'imposizione sugli immobili?

Abitazione principale, non di pregio - Il proprietario dell’unico immobile adibito ad abitazione principale, che quest'anno non ha versato l'acconto Imu, probabilmente non verserà nemmeno il saldo.
Mentre per finanziare la copertura dei servizi indivisibili del municipio (manutenzione strade, illuminazione, ecc.) dovrà versare la Tasi, calcolata con le stesse regole adottate per la determinazione della base imponibile dell'Imu (rendita catastale rivalutata) e con un'aliquota minima dell'1 per mille e massima del 2,5 per mille.
Gli enti locali potranno incidere sul tributo sino ad azzerarlo. Tuttavia, le possibilità di manovre sono strette, soprattutto se il Ddl confermerà lo stanziamento compensativo di 1 miliardo anziché di 2 miliardi, immaginati all'inizio. La Tares lascerà, invece, il posto alla nuova Tari, calcolata sui metri quadri e si evolverà in Tarip, quando i Comuni avranno predisposto un sistema che riesca a parametrarla su quantità e qualità dei rifiuti prodotti.

Se il Comune decidesse (oppure fosse costretto) di sfruttare la nuova leva fiscale, che consente di portare la Tasi al 2,5 per mille, l’aggravio sarebbe massimo.
Ad esempio, un’abitazione principale che per il Fisco vale 100.000 euro, nel 2012 pagava Imu scontando una detrazione fissa di 200 euro (che potevano scendere ulteriormente di 50 euro per ogni figlio convivente), mentre la Tasi può arrivare a 250 euro con l'aliquota del 2,5 per mille.
Dunque, l'abitazione principale rimarrà in balia assoluta del Fisco locale, con un ventaglio di possibilità molto ampio le quali dipendono dalle condizioni del bilancio comunale.

Altri immobili – Un immobile adibito ad abitazione principale, ma considerato di pregio, accatastato come A/1, A/8 o A/9, ha scontato l’IMU in acconto e sarà soggetto a versamento anche per il saldo.
Dal 2014, oltre all’IMU pagherà anche la Tasi, ma il peso complessivo dei due tributi non potrà superare il tetto massimo dell'IMU, cioè il 6 per mille.
La detrazione sarà limitata a 200 euro, perché verranno eliminati i 50 euro a figlio originariamente previsti.
Gli immobili (seconde case) avranno la stessa sorte, fatta eccezione per l'aliquota massima, dato che la somma del prelievo di Imu e Tasi in tal caso non potrà eccedere il 10,6 per mille.

Immobili d’impresa diversi dai beni merce – Le imprese pagheranno TASI e TARI (Tarip poi). Anche in questo caso la Tasi e l’Imu, considerate complessivamente, non dovranno superare la soglia massima del 10,6 per mille.
Inoltre, sembra possibile un ritorno della deducibilità ai fini Ires e Irpef (ma non ai fini Irap), che era prevista nelle prime versione del Ddl. Alla fine il governo avrebbe deciso di reinserirla per dare un segnale di attenzione verso le aziende. La deducibilità sembra, quindi, si assesti al 20%, anziché al 50%, come inizialmente era stato proposto con la bozza del D.L. 102/2013 e coprendola con il ripristino dell'Irpef, ma solo al 50%, sugli immobili non locati.

Le novità non finiscono qui: la nuova TARIP - La Tari dovrebbe essere un prelievo di passaggio verso la futura Tarip, che sarà aggiornata con i criteri tariffari, dato che a oggi in molti comuni continuano ad applicarsi prelievi non in linea con gli orientamenti comunitari.

Quanto alla Tasi, il rischio è quello di un ripristino dell'imposizione sull'abitazione principale, ma con un ulteriore aggravio.
Dato che la somma di Tasi e Imu non può eccedere l'1,06%, è evidente che il maggiore spazio di manovra dei comuni si avrà con la tassazione dell'abitazione principale.
È preoccupante, poi, l'aggravio sugli immobili locati. Essi pagano Irpef e Imu e dal 2014 pagheranno anche la TASI, tributo sui servizi indivisibili che graverà sui proprietari, dal 70 al 90%, e per la restante parte sugli inquilini.
Anche se la somma Tasi-Imu non potrà eccedere l'1,06%, è ovvio che l'introduzione della nuova TASI comporterà un incremento del prelievo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 17 ottobre 2013

Legge di stabilità: i provvedimenti fiscali

Riduzione del cuneo fiscale e proroga per i bonus dell’edilizia

Premessa – “La Legge di Stabilità prevede interventi per 27,3 miliardi di euro nel triennio 2014-2016, di cui 11,6 nel solo 2014”. È quanto si legge nel comunicato della presidenza del Consiglio al termine del Cdm di martedì sera che ha approvato la Legge di stabilità. Ecco gli interventi di carattere fiscale previsti per la legge di stabilità per il 2014 in sintesi. Una manovra di 11,6 miliardi per il prossimo anno così suddivisi.

Riduzione cuneo fiscale - Nel 2014 si avvia un primo taglio delle tasse per le imprese e i lavoratori. Per l’abbattimento del cosiddetto cuneo fiscale le risorse non sono molte, ma come per tutte le altre misure potranno essere rimpinguate nel corso dell’esame parlamentare, anche in funzione del gettito atteso dai provvedimenti. Sul piatto, per ora, ci sono 11,6 miliardi in tre anni, 5 per i lavoratori, 5,6 per le imprese. Nel 2014 lo sgravio sulle buste paga, concentrato sui redditi più bassi, sarà di un miliardo e mezzo di euro e la sua articolazione sarà decisa dal governo con il Parlamento e le parti sociali. Per le imprese, invece, ci sarà una riduzione dell’Irap sulla componente relativa al costo del lavoro (400 milioni di sgravio nel 2014) e un taglio (da un miliardo) dei contributi sociali.

Detrazione Irpef – La riduzione dell’Iperf in busta paga passa però attraverso una sforbiciata delle detrazioni: se entro il 31 gennaio 2014 non saranno stati adottati provvedimenti per razionalizzare le detrazioni per oneri sostenuti, scatterà un doppio taglio. Le detrazioni passeranno dal 19 al 18% già per il 2013 per poi scendere al 17% per il 2014.

Compensazioni Irpef/Ires - Sempre in materia di imposte dirette, ma per categorie di contribuenti in genere più “ricche”, il disegno di legge mette un nuovo filtro alle compensazioni fra crediti e debiti fiscali: quando gli importi superano i 15.000 euro, la compensazione avrà bisogno del visto di conformità, con un meccanismo analogo a quello introdotto dal 2010 per l'Iva.

Salta l’Imu prima casa, arriva la Trise - La nuova Service tax, che scatta dal 2014, si chiamerà Trise e assorbirà Imu, Tares e Tarsu. La quota sui servizi indivisibili (Tasi) vale l’1 per mille della base imponibile Imu (o 1 euro a metro quadro a scelta dei comuni), mentre la quota rifiuti (Tari) dovrà coprire i costi del servizio.

Incentivi per le imprese - Per le imprese scatta la possibilità di una nuova rivalutazione dei beni aziendali e delle partecipazioni, mentre alle banche e agli altri intermediari finanziari viene concessa la facoltà, dall’anno prossimo, di ammortizzare le svalutazioni dei crediti non più esigibili. Confermato il potenziamento dell’Ace, l’aiuto alla capitalizzazione delle imprese, la cui aliquota salirà dal 3 al 4,5%, e al 6% nel 2015.

Bonus ristrutturazioni - Con un intervento dell’ultim’ora nella legge di stabilità 2014, il governo ha prorogato per altri 12 mesi i bonus per ristrutturazioni e riqualificazioni nell’edilizia. Come annunciato dal ministro delle Infrastrutture, Lupi, il risultato degli incentivi è stato così positivo da spingere l’esecutivo a confermare ulteriori dodici mesi di detrazioni sugli interventi domestici. Nello specifico, tutto resta com’è, dunque, ma la validità viene prorogata fino al 31.12.2014. Al solito, le detrazioni restano del 65% per interventi volti a migliorare il risparmio energetico dell’edificio e del 50% per le normali ristrutturazioni, con possibilità, in connessione, di appoggiarsi anche al bonus mobili ed elettrodomestici.

Bollo su estratti conto – Infine le modiche alla tassazione delle rendite finanziarie prevedono l'aumento dall'1,5 al 2 per mille dell'imposta di bollo sulle comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari. Sono compresi i depositi bancari e postali (i cosiddetti conti deposito), anche se rappresentati da certificati.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 16 ottobre 2013

IMU e TRISE: la nuova tassazione degli immobili dal 2014

Introduzione della Trise e mantenimento dell'Imu, fatta eccezione per le prime case non di lusso

Nel disegno di legge di stabilità, varato ieri 15 ottobre 2013 dal Consiglio dei ministri, spicca per importanza la riforma del prelievo sul mattone.
In particolare, nella tassazione immobiliare sta per irrompere un altro acronimo con cui gli italiani dovranno familiarizzare il prima possibile: il TRISE (Tributo sui servizi comunali) che dal 2014 sostituirà la Tares. Il nuovo tributo di competenza e gestione dell’ente comunale, è composto da due componenti:
- la Tari, che servirà a coprire i costi del servizio di raccolta dei rifiuti;
- e la Tasi, imposta che copre i servizi indivisibili dei comuni.
La prima sarà calcolata sulla superficie calpestabile; la seconda partirà da un'aliquota dell'1 per mille o da un corrispettivo di 1 euro a metro quadro, che si sommeranno alle aliquote Imu e daranno vita al tetto massimo dell'imposizione.

Il mantenimento dell’IMU - L’IMU non si pagherà più sugli immobili adibiti ad abitazione principale, fatta eccezione per gli immobili di lusso, ossia per quegli immobili di pregio sono quelli individuati dallecategorie catastali A/1, A/8 e A/9: 
A/1, abitazione di tipo signorile;
- A/8, abitazioni in ville;
A/9, castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici.

Dunque, un’abitazione principale classificata nella categoria catastale A/7 (abitazioni in villini), rientra a pieno titolo nella disposizione di sospensione prevista dal D.L. 54/2013 e di abrogazione del versamento confermato dal D.L. 102/2013 (per l’acconto 2013) e nell’eliminazione dell’imposta per il saldo 2013.

La Legge di stabilità 2014 punta, infatti, a istituzionalizzare la cancellazione del prelievo sull'immobile adibito ad abitazione principale e assimilati. 
L'Imu graverebbe solo sui proprietari di un immobile di pregio, con una stretta ulteriore rispetto al sistema odierno visto che la detrazione per ogni nucleo familiare potrebbe essere limitata a 200 euro al posto dei 600 per chi ha 4 figli.
Nonostante sia presente nel testo la deducibilità al 50% del prelievo sui capannoni dall'Irpef e dall'Ires (ma non dall'Irap), tale previsione normativa potrebbe slittare a un successivo provvedimento, così come il ritorno dell'imposta sui redditi per gli immobili non locati.

La TASI calcolata sulla base imponibile dell’IMU - L'aliquota di partenza della Tasi sarà fissata all'1 per mille o a 1 euro a metro quadro. L’arbitrio dell’ente comunale sta nella scelta di uno dei due parametri, fermo restando che il tetto massimo dell'imposizione non potrà superare l'aliquota massima dell'Imu più la predetta maggiorazione.
La somma della "vecchia" IMU e della "nuova TASI” sui servizi potrebbe, dunque, arrivare al 5 per mille sull’abitazione principale e all'11,6 per mille sugli altri immobili.
Inoltre, l’IMU costituirà la base imponibile della TASI. 
A versarla non saranno solo i proprietari, ma anche gli inquilini in una misura tra il 10 e il 30% dell'imposta.

Una ripartizione che non sussisterà invece per la Tari, che spetterà esclusivamente a chi occupa l'immobile, commisurata ad anno solare e parametrata sulla superficie degli immobili.
In realtà è il TRISE (costituito da TASI e TARI) che andrà versato in quattro rate trimestrali con scadenza 16 gennaio, 16 aprile, 16 luglio e 16 dicembre.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 15 ottobre 2013

730/2013. Ancora pochi giorni per rimediare agli errori

È possibile utilizzare il 730 integrativo solo se dalle correzioni emerge un risultato “a favore” del contribuente oppure se le modifiche non incidono sull’imposta.

La correzione del Mod.730 - Il contribuente che ha presentato la propria dichiarazione dei redditi utilizzando il modello 730 può apportare eventuali modifiche attraverso la presentazione di un modello 730 rettificativo e integrativo, applicando le disposizioni previste dalla disciplina “speciale” contenuta nel D.Lgs. n. 241 del 1997. Può capitare ad esempio che nella compilazione del modello 730/2013 un contribuente possa aver dimenticato di inserire alcuni redditi, e ci si accorge di tale errore dopo la presentazione al Caf o professionista abilitato alla presentazione telematica o al proprio sostituto d’imposta. In tale circostanza il contribuente può presentare una dichiarazione a seconda del tipo di errore a favore o a sfavore regolarizzando spontaneamente le disattenzioni che sono state commesse nella compilazione. La correzione potrà avvenire entro il prossimo venerdì 25 ottobre e tutti i contribuenti che hanno presentato il mod. 730/2013, e che in seguito si sono accorti di aver compilato alcuni dati errati o incompleti, possono rimediare correggendoli con un modello 730/2013 integrativo.

Errori a “favore” del contribuente - I contribuenti che hanno compilato il modello 730/2013 e si sono accorti di avere commesso degli errori nella compilazione della dichiarazione, possono presentare un modello 730 integrativo entro il 25 ottobre prossimo soltanto se la correzione comporta un maggior rimborso o un minor debito d’imposta. Una simile circostanza potrebbe verificarsi, ad esempio nel caso di oneri deducibili o detraibili non precedentemente considerati, oppure detrazioni d’imposta non riconosciute, nonostante siano legittimamente spettanti, o ancora, importo delle ritenute non scomputate, o anche versamenti di acconti non considerati. In altri termini, l’uso del modello 730 integrativo è ammesso per le correzioni in favore del contribuente.

La presentazione del modello integrativo – I contribuenti che devono correggere la loro dichiarazione, devono presentare esclusivamente a un CAF-dipendenti o a un professionista abilitato, la dichiarazione integrativa, con le opportune correzioni, utilizzando il Mod. 730/2013 nel quale deve essere indicato lo specifico codice nella casella "730 integrativo". In particolare dovrà essere indicato:
  • il codice "1" se l'integrazione o la rettifica comportano un maggior credito o un minor debito rispetto alla dichiarazione originaria ovvero un'imposta pari a quella determinata con il mod. 730 originario;
  • il codice "2" se l'integrazione o la rettifica riguardano esclusivamente le informazioni da indicare nel riquadro "Dati del sostituto d'imposta che effettuerà il conguaglio";
  • il codice "3" se l'integrazione o la rettifica riguardano sia le informazioni da indicare nel riquadro "Dati del sostituto d'imposta che effettuerà il conguaglio" sia i dati relativi alla determinazione dell'imposta dovuta se dagli stessi scaturiscono un maggior importo a credito, un minor debito ovvero un'imposta pari a quella determinata con il mod. 730 originario.

La documentazione da esibire - Se il contribuente presenta una dichiarazione integrativa, deve esibire la documentazione relativa all'integrazione effettuata per permettere al CAF o al professionista abilitato di effettuare il controllo della conformità. Tuttavia se il Caf o l’intermediario è lo stesso cui a suo tempo era stata consegnata la dichiarazione semplificata, deve essere esibita solo la documentazione relativa all’integrazione. Se invece il Mod. 730 è stato precedentemente elaborato dal sostituto d'imposta o da un diverso CAF/professionista, il contribuente deve esibire al CAF/professionista abilitato tutta la documentazione necessaria per il controllo di conformità.

Dichiarazione integrativa a favore – Un’altra possibilità concessa al contribuente è quella di utilizzare il modello Unico e presentare una dichiarazione integrativa a favore. In questo caso si ha tempo fino alla scadenza della presentazione del modello unico del prossimo anno. Il contribuente può anche presentare un’istanza di rimborso per l’eventuale differenza a credito, ma i tempi per ottenerlo rispetto al modello 730 integrativo sono più lunghi. Si ricorda che gli esiti del 730 integrativo vengono già inseriti nel cedolino del mese di dicembre 2013.

Errori a “sfavore” del contribuente – Se invece la dichiarazione 730 presenta errori e omissioni che comportano un minor credito o un maggior debito (ad esempio per aver omesso in reddito oppure averlo indicato parzialmente), quindi a svantaggio del contribuente, non sarà possibile presentare un modello 730 integrativo. Dunque, nel caso in cui la rettifica sia “a sfavore” del contribuente, per correggere gli errori riportati nella dichiarazione originaria è possibile presentare:
  • un modello Unico PF “correttivo nei termini” rispetto alla scadenza prevista per la presentazione del relativo modello per le persone fisiche;
  • una dichiarazione rettificativa, ai sensi dell’art. 2, comma 8 del D.P.R. n. 322 del 1998.

Le soluzioni – Il contribuente potrà presentare il modello Unico 2013 entro la scadenza di Unico 2014 (dichiarazione integrativa), o presentare Unico 2013 entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stato presentato il modello 730. Con la prima soluzione il contribuente dovrà procedere al contestuale pagamento del tributo dovuto con gli interessi e la sanzione. Scegliendo la seconda opzione si dovrà versare solo il tributo dovuto con gli interessi, le sanzioni verranno successivamente irrogate dall’Amministrazione Finanziaria.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 14 ottobre 2013

Somme iscritte a ruolo: la dilazione

Decadenza a seguito del mancato pagamento di otto rate

Premessa – Con la conversione in legge (L. 9 agosto 2013, n. 98) del c.d. decreto “del fare” (D.L. 21 giugno 2013, n. 69), oltre alla possibilità di estendere la rateazione presso l'agente della riscossione fino a un massimo di 120 rate mensili, è stata prevista la decadenza dalla dilazione concessa solo in caso di omesso pagamento di otto rate, anche non consecutive, e non più in caso di mancato pagamento di due rate consecutive.

Decreto del fare - Il D.L. 69/2013 (cd. decreto "del fare"), recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, e convertito nella L. 98/2013 ha apportato importanti modifiche all'art. 19, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 in tema di dilazione delle somme iscritte a ruolo o affidate ad Equitalia a seguito di avvisi di accertamento esecutivi.

Dilazione - Fermo restando, in linea generale, il periodo massimo di dilazione di 72 rate mensili, ovvero di sei anni e, in caso di dimostrato peggioramento della situazione economica del contribuente, l'ulteriore proroga della dilazione concedibile fino a ulteriori 72 rate mensili, adesso a seguito delle nuove modifiche del decreto “del fare”, sia la rateazione ordinaria che quella prorogata possono essere aumentate fino a 120 rate mensili, ovvero per un periodo massimo di dieci anni. Ciò a condizione che il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria volontà, "in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica".

Avvisi bonari -
 Occorre precisare che le regole in materia di dilazione appena accennate riguardano soltanto i contribuenti il cui debito è già stato trasferito ad Equitalia (ossia vale a dire le somme iscritte a ruolo o affidate all'agente della riscossione a seguito di avvisi di accertamento esecutivi) e non anche gli omessi versamenti a seguito dei c.d. "avvisi bonari" che possono essere “sanati” con il pagamento direttamente all'Agenzia delle Entrate.

Dilazione avvisi bonari - Qualora, infatti, a seguito di un controllo automatico e/o formale della dichiarazione dei redditi, un contribuente omette di versare quanto dovuto, l'Agenzia invia delle comunicazioni (c.d. "avvisi bonari") con le quali è richiesta l'imposta, oltre a interessi e sanzioni nella misura del 10%. In tal caso, gli avvisi bonari possono essere rateizzati direttamente presso l'Agenzia delle Entrate in un massimo di sei rate trimestrali per debiti fino a 5mila euro ovvero in 20 rate trimestrali per quelli superiori.

Equitalia - Soltanto le somme contenute nell'avviso bonario e non pagate vengono poi iscritte a ruolo e da quel momento diventano un credito di Equitalia che, successivamente, procederà con la notifica della cartella di pagamento al contribuente debitore, con addebito delle sanzioni sugli omessi versamenti al 30%, oltre all'aggio della riscossione (pari ad oggi all'8%). Ne consegue, dunque, che se da un lato il contribuente con la cartella di pagamento può beneficiare di più tempo per pagare, dall'altro il debito è decisamente superiore.

Decadenza - In relazione alla possibile decadenza dalla rateazione, il decreto “del fare” ha alleggerito la previsione normativa. Se, infatti, prima era sufficiente il mancato pagamento di due rate consecutive per decadere dal beneficio della rateazione con conseguente impossibilità di rateizzare ulteriormente il debito che veniva iscritto a ruolo per la parte ancora da saldare, a seguito del nuovo intervento normativo, invece, tale previsione è limitata ai casi in cui il debitore non paghi otto rate, anche non consecutive. Pertanto, il contribuente decade dal beneficio della dilazione qualora non paghi otto rate, anche non consecutive, del piano di ammortamento concesso.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 11 ottobre 2013

Cartella. Nulla se motivazione “carente”

Sentenza della CTR Puglia

È nulla la cartella esattoriale priva di motivazione adeguata. Al destinatario dell’atto deve essere consentita l’agevole comprensione delle ragioni che giustificano la pretesa fiscale. È quanto emerge dalla sentenza n. 257/24/13 della Commissione Regionale di Bari - Sezione Staccata di Lecce, depositata lo scorso 1° ottobre.

Il caso. La controversia trae origine dall’impugnazione, a opera di una società, di una cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione. La ricorrente, per quanto qui interessa, ha eccepito la nullità della cartella per carenza di motivazione.

Motivazione assente. Ebbene, i giudici tributari di secondo grado hanno effettivamente riscontrato il vizio lamentato dalla ricorrente, poiché la cartella oggetto del contendere – si legge in sentenza -“riproduce semplicemente le voci relative ai tributi ed accessori senza nessuna ulteriore analitica ancorché succinta motivazione”.

Orientamento consolidato.
 La Commissione regionale della Puglia richiama il pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale, in ipotesi di liquidazione di imposta, ai sensi degli articoli 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 o 54 bis del D.P.R. n. 633/1972, la cartella di pagamento costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere adeguatamente motivata. Si può parlare di motivazione adeguata quando l’atto di riscossione contenga indicazioni sufficienti a consentire al contribuente l’agevole identificazione della causale delle somme pretese dall’Amministrazione Finanziaria, mentre non si può invocare l’equipollenza tra la corretta indicazione di tali elementi nell’atto impugnato e la conoscenza che, di fatto, di essi abbia avuto il contribuente, essendo piuttosto necessario il corretto adempimento dell’obbligo di motivazione del ruolo e della cartella (cfr. Cass., sentenze n. 11446 del 2006 e n. 15188 del 2013).

Cause di nullità della cartella. Di recente la Suprema Corte, con la brevissima ordinanza n. 20211/2013, ha stabilito che l’indicazione di un “omesso o carente versamento” non soddisfa affatto l’obbligo di motivazione della cartella esattoriale, che deve pertanto ritenersi nulla. La cartella è altresì nulla se non contiene indicazioni dettagliate in ordine alle modalità di determinazione degli interessi maturati sulla somma pretesa (cfr. Cass., sentenza n. 4516 del 2012). Ciò vuol dire che la cartella di pagamento non può limitarsi a riportare la cifra globale degli interessi dovuti. Al contrario, in essa deve essere indicato come si è arrivati a un dato calcolo, specificando le singole aliquote a base delle varie annualità prese in considerazione (CTR Piemonte, sentenza n. 92/36/12).
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 10 ottobre 2013

PRESENTAZIONE TARDIVA DI UNICO ENTRO IL 30 DICEMBRE.

L’omessa presentazione può essere sanata entro 90 giorni

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Premessa – La mancata presentazione di Unico 2013 può essere sanata entro il 29 dicembre 2013 corrispondente a 90 giorni dal termine per l’invio (che slitta al 30 dicembre, in quanto il 29 cade di domenica).

Il termine – Scaduto il termine per presentare in via telematica le dichiarazioni annuali relative al 2012, modelli Unico 2013, Iva 2013 e Irap 2013, i contribuenti che non hanno inviato la dichiarazione, hanno 90 giorni di tempo per rimediare, con l'applicazione di mini-sanzioni. Infatti, le dichiarazioni sono considerate valide se presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine, ferma restando l'applicazione delle sanzioni per il relativo ritardo.

Dichiarazione omessa 
- Le dichiarazioni presentate dopo 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute. Per esempio, chi non ha presentato in via telematica l'Unico 2013 entro il 30 settembre 2013, può valersi del ravvedimento (il termine ultimo è lunedì 30 dicembre 2013). I contribuenti che si “pentono” hanno riduzioni automatiche delle sanzioni applicabili, a condizione che le violazioni oggetto di regolarizzazione non siano state già constatate e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, inviti di comparizione, questionari, richiesta di documenti, eccetera, delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza. Insomma, il perdono deve essere spontaneo.

Le imposte - In caso di assenza di imposte dovute, il ravvedimento comporta il versamento della sola sanzione ridotta pari a 25 euro (un decimo di 258 euro). In caso di dichiarazione unificata, la sanzione deve essere pagata per ciascun tipo di dichiarazione compresa nel modello Unico tardivamente trasmesso. Se invece sono dovute imposte, oltre a sanare la tardiva presentazione, occorre anche regolarizzare i versamenti eventualmente non effettuati. Per questi ultimi la sanzione ridotta è pari al 3,75% (un ottavo della sanzione del 30%), per i versamenti effettuati oltre 30 giorni dal termine di scadenza.

Integrativa - Se il modello è stato presentato validamente o verrà presentato in ritardo, ma entro 90 giorni dalla scadenza, sarà poi possibile correggere gli errori commessi presentando una dichiarazione integrativa. Quest'ultima è a favore del contribuente se fa emergere un maggior credito o un minor debito d'imposta, “pro Fisco” in caso contrario. Il tipo di modello integrativo è individuato barrando una casella ad hoc nel frontespizio.

Controllare il consulente - Al contribuente spetta il compito di verificare gli adempimenti dell'intermediario, segnalando eventuali inadempienze alle Entrate, e rivolgersi eventualmente a un altro intermediario per presentare la dichiarazione e non incorrere nella violazione di omissione della dichiarazione. Gli intermediari che hanno presentato in via telematica, entro il 30 settembre, le dichiarazioni devono entro 30 giorni rilasciare ai clienti l'originale della dichiarazione inviata online.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 7 ottobre 2013

Aumento Iva: gli acquisti intracomunitari

Vale il momento della spedizione. Irrilevanti gli acconti

L’innalzamento dell’aliquota ordinaria Iva impatta anche sula gestione degli acquisti intracomunitarirelativamente alla individuazione della corretta aliquota Iva applicabile.
Sul tema, è opportuno evidenziare che l’ art. 1, comma 326, lett. b), L. 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di Stabilità per il 2013), a decorrere dal 1° gennaio 2013, con modalità applicative disciplinate dall’art. 1, co. 335 del medesimo art. 1, L. 228/2012, ha profondamente ridisegnatol’art. 39, D.L. 331/1993 che disciplina il momento di effettuazione delle cessioni e degli acquisti intracomunitari.

La nuova formulazione della norma - L’art. 39, co. 1, D.L. 331/1993 prevede che “le cessioni intracomunitarie e gli acquisti intracomunitari di beni si considerano effettuati all'atto dell'inizio del trasporto o della spedizione al cessionario o a terzi per suo conto, rispettivamente dal territorio dello Stato o dal territorio dello Stato membro di provenienza”.
Il co. 2 della citata disposizione sancisce che “Se anteriormente al verificarsi dell'evento indicato nel comma 1 è stata emessa la fattura relativa ad un'operazione intracomunitaria la medesima si considera effettuata, limitatamente all'importo fatturato, alla data della fattura”.

Le differenze -La nuova formulazione dell’art. 39, D.L. 331/1993, prevede che acconti incassati o pagati non sono più rilevanti, e pertanto, non vi è più l’obbligo di emettere la fattura. Resta ferma, invece, la previsione secondo cui se, anteriormente all’inizio del trasporto o della spedizione dei beni viene emessa fattura, l’operazione si considera effettuata alla data di emissione della fattura, sebbene limitatamente all’importo fatturato.

La registrazione dell’acquisto intracomunitario – L’art. 46, co. 1, D.L. 331/1993 sancisce, in merito alla fatturazione degli acquisti intracomunitari, che “la fattura relativa all’acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione, espressi in valuta estera, nonché dell’ammontare dell’imposta, calcolata secondo l’aliquota dei beni”. 
Di conseguenza, anche per gli acquisti intracomunitari si pone il problema circa la corretta aliquota Iva da applicare per le operazione a cavallo del 1° Ottobre 2013, spartiacque tra l’applicazione della vecchia aliquota ordinaria del 21% e la nuovo aliquota ordinaria del 22%.

Il caso - Si pensi al caso di una società italiana che abbia proceduto all’acquisto di merci da un fornitore comunitario versando un acconto il 20 Settembre 2013. Le merci verranno spedite il 15 Ottobre.
In tal caso, come precedentemente affermato, per le cessioni e gli acquisti intracomunitari si dovrà far riferimento, al fine di determinar la corretta aliquota Iva applicabile, al momento di spedizione dallo Stato Membro d’origine.

L’acconto pagato non costituisce un autonomo fatto generato d’imposta nella nuova formulazione dell’art. 39, D.L. 331/1993.
Di conseguenza, non avendo il fornitore comunitario emesso fattura relativamente all’acconto versato questo non rileverà ai fini dell’individuazione del momento di effettuazione dell’operazione.
La fattura emessa al momento della spedizione dovrà essere integrata applicando l’aliquota Iva del 22% e successivamente annotata seguendo le regole dell'articolo 47, Dl 331/93.
Diversamente, qualora fosse stata emesse fattura da parte del fornitore comunitario prima del 30 Settembre 2013la stessa dovrà essere integrata applicando l’aliquota Iva del 21% in quanto, come previsto dal co. 2, dell’art. 39, D.L. 331/1993, se, anteriormente all’inizio del trasporto o della spedizione dei beni viene emessa fattura, l’operazione si considera effettuata alla data di emissione della fattura, sebbene limitatamente all’importo fatturato. Dunque, l’emissione della fattura costituisce un autonomo fatto generato d’imposta e se avvenuta entro il 30 Settembre renderà necessaria l’applicazione dell’aliquota Iva del 21%.
Autore: Gioacchino De Pasquale

venerdì 4 ottobre 2013

Redditometro: spese per immobili

Nel nuovo redditometro non tutte le spese vengono trattate allo stesso modo

Premessa – Nel nuovo redditometro le spese certe degli immobili sono quelle relative ai mutui (quota capitale + interessi) o ai canoni di locazione, mentre sono spese per elementi certi quelle relative alla manutenzione ordinaria e utenze. Inoltre al variare della tipologia dell’immobile varia il diverso trattamento nella ricostruzione del reddito.

Circolare - L’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 24 del 31 luglio scorso ha ripercorso le spese mappate dal decreto attuativo del redditometro. Fra le categorie di spesa determinate dal D.M. 24 dicembre 2012 particolare rilevanza rivestono quelle relative alle abitazioni.

La casa - Innanzitutto l’Agenzia delle Entrate dà per certo il fatto che il contribuente disponga di almeno un’abitazione nel comune dove risiede (da solo o con la famiglia). L’immobile va individuato nelle relative banche dati e può essere posseduto: in proprietà, o altro diritto reale (ad esempio usufrutto); in locazione (in qualità di locatario) o in leasing immobiliare; in uso gratuito.

La distinzione – Poi l’Agenzia delle Entrate individua tra le spese “certe”, perché conosciute/conoscibili dall’Amministrazione Finanziaria, quindi utilizzabili fin già dalla prima fase di selezione del contribuente, quelle relative ai mutui (quota capitale + interessi) o ai canoni di locazione; mentre sono annoverabili fra le spese gestionali, catalogabili come spese per elementi certi, ad esempio, quelle relative agli elettrodomestici, alla manutenzione ordinaria dell’immobile o ad alcune utenze (acqua e condomino), il cui apporto alla stima sintetica avviene per l’appunto, in assenza di importi certi sulla base della spesa media Istat.

Il tipo di immobili
 - Un importante chiarimento attiene anche alla circostanza per cui vanno esclusi dagli immobili, tutte le categorie che per loro natura sono destinate a un uso strumentale (uffici, negozi, magazzini, opifici ecc. ), rilevando a tal fine solo le abitazioni, comprese quelle all’estero, nella disponibilità del contribuente e a qualsiasi titolo detenute. Non sono comunque prese in considerazione le pertinenze (box, cantine, soffitte) anche se individuate separatamente dall’immobile. Non rilevano nemmeno le abitazioni che non sono nella disponibilità del contribuente (immobili locati o dati in uso gratuito).

Medicinali spese certe - Tra gli altri costi si evidenzia che i costi sostenuti per medicinali e visite mediche sono invece annoverabili fra quelli definiti per "spese certe", in quanto il relativo ammontare viene desunto in relazione a ciò che viene indicato fra gli oneri detraibili nella dichiarazione dei redditi.

Autoveicoli - La circolare chiarisce ulteriormente che, per quanto attiene la valorizzazione degli autoveicoli, in assoluta discontinuità rispetto alla determinazione contenuta nei decreti relativi al redditometro di prima generazione, vanno considerate, in assenza di spese puntualmente individuate, solo quelle determinate in base alla potenza in KW derivanti dalla spesa media Istat a cui vanno aggiunte quelle concernenti le assicurazioni obbligatorie Rc, le altre assicurazioni (incendio e furto), nonché la tassa di circolazione pagata. A tali somme così determinate non vanno pertanto applicati ulteriori coefficienti o ricalcoli induttivi tali da generare nuove sovrastime.
Autore: Redazione Fiscal Focus