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giovedì 8 agosto 2013

Depositi bancari garantiti fino a 100.000 euro

A prescindere da quanti conti il cliente abbia presso lo stesso istituto bancario, i depositi bancari sono garantiti fino a 100.000 euro pro-capite.
Gli articoli 96 e seguenti del c.d. TUB, Testo unico bancario, definiscono i sistemi di garanzia per i depositanti, cui aderiscono le banche italiane. Tali sistemi effettuano i rimborsi nei casi di liquidazione coatta amministrativa delle banche autorizzate in Italia.
L'assicurazione dei depositi è una delle componenti fondamentali su cui si fonda la rete di garanzia atta ad assicurare la stabilità del sistema bancario.

Scopo della garanzia – Il fine del sistema di garanzia dei depositi è offrire tutela al risparmiatore "non informato", cioè come colui che non ha facile accesso alle informazioni necessarie per valutare lo stato di salute dei soggetti cui affida il proprio risparmio.

Crediti ammessi ed esclusi dal rimborso 
- Sono ammessi al rimborso i crediti relativi ai fondi acquisiti dalle banche con obbligo di restituzione, sotto forma di depositi o sotto altra forma, nonché agli assegni circolari e agli altri titoli di credito ad essi assimilabili. I sistemi di garanzia subentrano nei diritti dei depositanti nei confronti della banca in liquidazione coatta amministrativa nei limiti dei rimborsi effettuati e, entro tali limiti, percepiscono i riparti erogati dalla liquidazione in via prioritaria rispetto ai depositanti destinatari dei rimborsi medesimi. Dunque, oltre ai conti correnti, sono garantiti depositi, assegni circolari e certificati di deposito nominativi.
Sono, invece, esclusi dalla tutela, a mero titolo esemplificativo: i depositi e gli altri fondi rimborsabili al portatore; le obbligazioni e i crediti derivanti da accettazioni, pagherò cambiari e operazioni in titoli; i depositi delle amministrazioni dello Stato, degli enti regionali, provinciali, comunali e degli altri enti pubblici territoriali; gli strumenti finanziari disciplinati dal codice civile.

Limite e termini del rimborso
 - Il limite di rimborso per ciascun depositante è pari a 100.000 euro. La Banca d'Italia aggiorna tale limite per adeguarlo alle eventuali variazioni apportate dalla Commissione europea in funzione del tasso di inflazione. Il rimborso è effettuato entro venti giorni lavorativi dalla data in cui si producono gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta ai sensi dell'art. 83, co. 1. Il termine può essere prorogato dalla Banca d'Italia, in circostanze del tutto eccezionali per un periodo complessivo non superiore a 10 giorni lavorativi, a decorrere dalla data in cui si producono gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'articolo 83 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario).

Cointestazione del conto deposito -
 La tutela dei fondi di garanzia opera per depositante, dunque nel caso di un conto cointestato la garanzia è di 100.000 euro per ciascun depositante, a condizione che i depositanti titolari del conto cointestato non possiedano altri conti correnti presso lo stesso istituto.
In quest'ultimo caso il depositante avrà diritto a vedersi garantiti i propri depositi comunque sino alla menzionata somma.
La garanzia opera non solo per depositante, ma anche per istituto bancario, indipendentemente dal numero di conti accesi presso lo stesso istituto. Se lo stesso depositante ha due o più conti aperti presso banche differenti, la garanzia opera separatamente, sino alla soglia dei 100.000 euro, su ciascun conto.
La tutela si estende anche ai conti aperti dalle persone giuridiche.

Filiali italiane di banche extra-UE - Tutte le banche italiane, come anche le filiali italiane di banche extracomunitarie, devono aderire obbligatoriamente a un sistema di garanzia, di conseguenza, tutti i depositanti godono delle medesime tutele.
L'assicurazione dei depositi garantisce i depositanti delle banche italiane, delle succursali di queste negli altri Paesi comunitari, nonché delle succursali in Italia di banche comunitarie ed extracomunitarie.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 7 agosto 2013

Redditometro : la prova salva dall’accertamento

Al fine di giustificare le proprie spese non in linea con il reddito dichiarato nell’anno precedente, il contribuente soggetto al controllo fiscale da parte dell'Agenzia delle entrate, deve addurre le prove che giustificano l’acquisto, pur non avendo incassato la provvista finanziaria necessaria.
Lo chiarisce l’Agenzia Entrate nella Circolare n.24/E/2013. Tale strumento di lotta all’evasione verrà usato per selezionare i contribuenti più a rischio di infedeltà fiscale, partendo dai redditi del 2009. Tale "nuovo" redditometro è fondato sulle spese medie elaborate dall'Istat per categorie omogenee di famiglie, suddivise in diverse aree geografiche. Si presenta, dunque, come un accertamento di massa non adattato alla posizione reddituale di ogni singolo contribuente e il risultato che fornisce non è che un mero indizio del reddito imputabile al soggetto accertato.

Ambito oggettivo - 
Quattro sono le potenziali tipologie di spese:
- quelle sostenute direttamente dal contribuente o dal familiare fiscalmente a carico, quali i costi per abitazione o per mezzi di trasposto;
- le spese per elementi certi ottenute applicando ai dati certi i valori medi rilevati dai dati dell'Istat o da analisi degli operatori di mercato
- le spese di mantenimento derivanti dalla concreta disponibilità di un bene, quale l'abitazione, di cui l'Agenzia possiede le caratteristiche tecniche quali, ad esempio, ampiezza e categoria catastale;
- infine gli investimenti patrimoniali sostenuti nell'anno.
Gli acquisti oggetto di controllo devono esser stati finanziati con redditi diversi da quelli posseduti nel medesimo periodo, con redditi esenti oppure soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o con redditi legalmente esclusi dalla base imponibile. Inoltre per tutte le tipologie di spesa si può dimostrare che le spese sono state sostenute da terzi o con redditi per i quali non vi è obbligo di dichiarazione.

Parametri per l’individuazione - Nelle indicazioni agli uffici per selezionare i contribuenti da sottoporre a controllo, l'Agenzia delle entrate ha fissato dei parametri. È infatti necessario che i contribuenti selezionati presentino scostamenti “significativi” tra reddito dichiarato e capacità di spesa manifestata. La percentuale di scostamento è del 20%.
Inoltre, i controlli non devono interessare le situazioni di marginalità economica, come i casi di chi ha perso il lavoro e non ha dichiarato di conseguenza redditi in un determinato anno o lo ha fatto solo per alcuni mesi. Nella valutazione va preso in considerazione anche il reddito del nucleo familiare, in quanto se uno dei componenti ha una capacità di spesa ridotta, ma tenendo in considerazione i redditi degli altri membri l’acquisto diventa coerente, allora la spesa è da ritenersi giustificata.

L’incontro chiarificatore – La circolare n.24/E/2013 indica, altresì, la necessità che venga fissato un incontro ad hoc, al fine di meglio accertare il reddito prodotto. Tale fase si ha solo se il contribuente non è stato in grado di fornire prove contrarie al reddito accertato dall’Agenzia secondo il principio della presunzione di irregolarità della dichiarazione (Cass. n.23554/2012). Fondamentale, è dunque esibire i documenti che possono giustificare le spese sostenute, in quanto ogni tipo di acquisto può richiedere una tipologia diversa di prova. L'attività di controllo si esaurisce se, in sede di contraddittorio, il contribuente fornisce chiarimenti esaustivi. Al contrario, il contraddittorio verrà esteso anche alle spese Istat. In tal caso, egli potrà utilizzare argomentazioni logiche a sostegno della diversa rappresentazione della situazione di fatto.
La persistenza di elementi di incertezza a seguito del contraddittorio, oppure anche la mancata presentazione del contribuente all'invito, legittimano l'ufficio ad attivare indagini finanziarie e richieste di dati e notizie a soggetti terzi. Prende così avvio la seconda fase del contraddittorio con la trasmissione di un nuovo invito contenente la quantificazione di maggior reddito accertabile e maggiori imposte oltre che la proposta di adesione.

Casi pratici – Si propongono di seguito alcuni casi pratici:
- Caio ha acquistato nel 2009 un appartamento di 110 metri quadrati per 450.000 euro, con mutuo quinquennale per 100.000 euro, con rate annue di circa 20.000 euro. Dichiarando nel 2009 un reddito annuo di 80.000 euro e verificandosi, dunque, uno scostamento superiore al 20%, egli potrà giustificare l'esborso dimostrando di aver ricevuto una parte della somma dai propri genitori in seguito al disinvestimento di Bot e CCT in scadenza quell'anno.
- Tizio ha assunto nel 2010 una collaboratrice domestica, corrispondendole uno stipendio di circa 1.000 euro al mese, al lordo dei contributi previdenziali. La contribuente ha dichiarato nello stesso anno di imposta un reddito professionale di circa 32.000 euro. L'Agenzia ha individuato uno scostamento superiore alla soglia di tolleranza del 20%. Ella potrà ad esempio dimostrare che nello stesso anno 2010 la sua Cassa professionale di assistenza e previdenza le ha liquidato un'indennità di maternità per circa 15.000 euro oppure dimostrare che, mensilmente, suo marito provvede all'accredito della somma di 1.000 euro sul suo conto corrente, usata poi per pagare lo stipendio alla colf.
- Nel 2010, Sempronio ha acquistato un'autovettura di grossa cilindrata per circa 45.000 euro pur essendo privo di fonti di reddito. Egli potrà sostenere di aver ricevuto la somma necessaria dai suoi familiari in occasione del suo diploma di laurea e/o di altre ricorrenze e che le spese relative al mantenimento dell'autovettura sono sostenute dagli stessi familiari che dichiarano un reddito sufficientemente capiente.
- Daniele ha ristrutturato nel 2009 un appartamento di sua proprietà per un importo di circa 50.000 euro e beneficiando così delle detrazioni previste dalla legge. Avendo dichiarato nello stesso anno 2009 un reddito annuo pari a 30.000 euro e verificandosi, dunque, uno scostamento superiore al 20%, egli potrà dimostrare di aver accantonato la somma necessaria alla ristrutturazione grazie ai canoni percepiti in seguito alla locazione dell'immobile ristrutturato e dichiarati regolarmente negli anni precedenti.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 6 agosto 2013

Beni e finanziamenti ai soci: modelli e semplificazioni

Pubblicati in data 5 agosto due attesi Provvedimenti Direttoriali:
- il primo relativo alle modalità di comunicazione dei dati relativi ai beni dell'impresa concessi in godimento a soci o familiari (articolo 2, comma 36 sexiesdecies, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148);
- il secondo riguardante le modalità e i termini di comunicazione dei dati relativi ai soci o familiari dell’imprenditore che effettuano finanziamenti o capitalizzazioni nei confronti dell’impresa (articolo 2, comma 36-septiesdecies, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148).
Entrambi i Provvedimenti, oltre a fornire i modelli di compilazione, fissano come termine ultimo per le comunicazioni il 30 aprile dell’anno successivo. Per il 2012, primo anno di applicazione della disposizione, la scadenza è tuttavia fissata al 12 dicembre 2013.
La comunicazione deve essere trasmessa attraverso i canali telematici dell’Agenzia, Entratel o Fisconline, direttamente o tramite intermediari autorizzati.

Beni concessi in godimento ai soci

Con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, che sostituisce il provvedimento del direttore dell’Agenzia del 16 novembre 2011, vengono indicati modalità e termini della comunicazione all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento ai soci o ai familiari.
La comunicazione dei dati deve essere effettuata per ogni bene concesso in godimento nel periodo d’imposta, qualora esista una differenza tra il corrispettivo annuo relativo al godimento del bene e il valore di mercato del diritto di godimento. L’obbligo sussiste anche se il bene è stato concesso in godimento in periodi precedenti, nel caso in cui ne permanga l’utilizzo nell’anno di riferimento della comunicazione.
Sono chiamati all’adempimento coloro che esercitano attività d’impresa, sia individualmente sia in forma collettiva, quindi: imprenditori individuali, società di persone, società di capitali, società cooperative, stabili organizzazioni di società non residenti, associazioni (limitatamente ai beni relativi alla sfera commerciale). In alternativa, può provvedervi lo stesso socio o familiare che ha ricevuto il bene in godimento.
Sono invece dispensate le società semplici.
Gli elementi richiesti sono: codice fiscale e dati anagrafici del “beneficiario” (per i non residenti, anche Stato estero), informazioni circa l’utilizzo del bene, data della concessione (data di inizio e fine), corrispettivo versato, valore di mercato del bene.
Il provvedimento, come accennato, riduce inoltre le informazioni da inviare all’Anagrafe tributaria. Rimangono infatt fuori dalla comunicazione:
- i beni concessi in godimento agli amministratori della società,
- i fringe benefit (articoli 51 e 54 del Tuir) dei soci dipendenti o lavoratori autonomi,
- i beni concessi in godimento all’imprenditore individuale,
- i beni di società ed enti associativi (anche non residenti) che svolgono attività commerciale concessi in godimento a enti non commerciali soci, che utilizzano tali beni per fini esclusivamente istituzionali,
- gli alloggi delle cooperative edilizie di abitazione a proprietà indivisa concessi ai soci,
- i beni a uso pubblico per i quali è prevista l’integrale deducibilità dei costi, nonostante l’utilizzo privatistico riconosciuto per legge,
- i finanziamenti concessi ai soci o ai familiari dell’imprenditore.
L'obbligo della comunicazione non sussiste, inoltre, quando i beni concessi in godimento al socio o familiare dell'imprenditore, inclusi nella categoria “altro” del modello (cioè, diversi da autovetture e altri veicoli soggetti a registrazione, unità da diporto, aeromobili e immobili), siano di valore non superiore a tremila euro, al netto dell’imposta sul valore aggiunto

Finanziamenti di soci o familiari

L’impresa che riceve, nell’anno di riferimento, finanziamenti o capitalizzazioni da parte di soci o familiari di importo inferiore a 3.600 euro non deve comunicarlo all’Agenzia delle Entrate. E’ questo uno dei principali punti fissati dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
La comunicazione è inoltre obbligatoria soltanto per i finanziamenti e le capitalizzazioni effettuate a decorrere dall’anno 2012 e l’anzidetto limite riguarda l’ammontare complessivo per ogni tipologia di apporto (finanziamento o capitalizzazione).
Nella comunicazione devono essere indicati, oltre al codice fiscale, ai dati anagrafici e per i non residenti lo Stato estero, l’ammontare dei finanziamenti e delle capitalizzazioni erogati da soci o familiari dell’imprenditore nel periodo di imposta.
Altra importante semplificazione può essere inoltre rinvenuta nell’esclusione dall’obbligo di comunicazione dei dati relativi a qualsiasi apporto di cui l’Amministrazione sia già in possesso (per esempio il finanziamento effettuato per atto pubblico o scrittura privata autenticata).
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 5 agosto 2013

Equitalia: le armi di difesa del “decreto del fare”

Più facili i pagamenti dilazionati, alzata a 50 mila euro la soglia per i pignoramenti delle case

Difendersi da Equitalia - Con il cosiddetto “decreto del fare” i contribuenti hanno più strumenti per difendersi da Equitalia. Un primo passo in avanti è stato fatto con la tutela della propria abitazione, infatti la soglia di pignoramento è stata alzata a 50 mila euro, e in nessun caso può avvenire pignoramento se vi è una rateizzazione, secondariamente (ma non meno importante) vi è una maggiore possibilità di gestire le rateazioni.

Una soglia più alta – La novità più importante prevista dal Governo consiste nell’aver alzato da 20 mila euro a 50 mila euro la soglia di importo per ottenere la rateazione automatica, ovvero senza dover allegare alcuna documentazione per dimostrare una situazione di difficoltà economica. Questa costituisce un’importante agevolazione se si pensa che all’atto della richiesta di rateazione è possibile anche proporre un piano di dilazione a rate variabili e crescenti anziché a rate costanti come un tempo.

Cosa succede sopra i 50 mila euro - Sopra i 50 mila euro la storia cambia. In particolare si può optare per le rate solo dopo aver presentato l’ISEE. Il mancato pagamento di una sola rata non determina la decadenza della dilazione, soltanto nel caso in cui non vengano versate due rate consecutive, infatti si perde il beneficio del rateizzo e il debito dovrà essere versato subito e in un’unica soluzione. Per questo si può anche in un secondo tempo se sopraggiunge un’ulteriore difficoltà economica chiedere altre rate.

Possibile compensare – I debiti scaduti si possono compensare (Iva, Irpef, e altre imposte), debiti e crediti si possono incrociare purché ci sia un F24 a dimostrarne l’esistenza.

I ricorso al giudice – È possibile, ogni qualvolta si ritiene essere vittima di errori, anche rivolgersi a un giudice. Ad esempio per un vizio di motivazione, o una omessa indicazione del responsabile. In ogni caso quando a un contribuente viene recapitata una cartella di pagamento che risulta essere sbagliata, o addirittura vengono chieste somme già pagate, con un ravvedimento fatto di recente, il cittadino che vuole contestare il contenuto e la somma da pagare, può avvalersi dell’autotutela che è uno strumento utile sia per l’Amministrazione Finanziaria sia che per il contribuente. L’autotutela serve ad evitare il contenzioso, basterà una domanda in carta semplice per l’istanza segnalando l’atto per il quale si richiede l’annullamento con tanto di documentazione relativa e soprattutto i motivi per i quali il contribuente chiede l’annullamento della cartella.

La mediazione tributaria – Per le scadenze per cifre inferiori a 20 mila euro vale invece l’istituto della mediazione tributaria. In questo caso è inutile impugnare l’atto davanti alle commissioni tributarie, le quali prenderebbero in esame il ricorso per dire che lo stesso non può essere esaminato.

Annullamento automatico - Il “decreto del fare” ha portato anche una buona notizia per chi da anni vive contenziosi tributari per debiti di natura tributaria o di altra natura, sia per contributi Inps sia per multe, contravvenzioni stradali e sanzioni di vario genere. Dalla fine del mese in particolare tutte le cartelle esattoriali non pagate di importo non superiore a duemila euro, comprese imposte sanzioni e interessi, escluso l’aggio di riscossione, iscritte a ruolo prima del 31 dicembre 1999, devono essere annullate automaticamente. Bisognerà così stare attenti alle date di prescrizione delle cartelle, e se Equitalia insiste a esigere pagamenti di cartelle dopo tale scadenza significa che sta aggredendo il contribuente senza averne titolo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 2 agosto 2013

Studi di settore per i professionisti ex minimi

Come si è già avuto modo di chiarire, per i soggetti che nell’anno 2012 cessano di applicare il regime dei minimi ed esercitano attività d’impresa, gli studi di settore non possono essere utilizzati per l’azione di accertamento.
Tale inapplicabilità dello strumento accertativo esplica i suoi effetti solo per il primo periodo d’imposta successivo all’uscita dei minimi e il contribuente interessato deve inserire il codice 12 tra le cause di esclusione.

Come chiarito dalla Circolare 23/E del 15/07/2013, per quanto riguarda invece i lavoratori autonomi, in mancanza di una previsione normativa analoga, gli studi di settore si applicano pienamente sin dal primo anno di cessazione del regime: di conseguenza questi soggetti dovranno opportunamente procedere alla rielaborazione dei dati contabili per consentire il corretto calcolo di Gerico.

In tal caso sarà tuttavia possibile barrare il rigo “Cessazione del regime dei minimi in uno dei tre periodi d’imposta precedenti” del modello studi, per evitare che i controlli telematici previsti al momento dell’invio delle dichiarazioni segnalino un’anomalia per la non coincidenza tra gli importi inseriti nei quadri contabili di UNICO e quelli inseriti nei modelli degli studi di settore.

Infatti, nelle istruzioni, parte generale, degli studi di settore è stata introdotta un’avvertenza riguardante la specifica modalità di compilazione da parte dei contribuenti ex minimi, la quale potrebbe portare a una divergenza tra i dati indicati nei quadri RE, RF o RG del modello Unico2013 e quelli indicati negli studi di settore.
In particolare è stato evidenziato che i soggetti che hanno cessato di avvalersi del regime dei contribuenti minimi, devono fare attenzione a fornire alcuni dati contabili, da indicare nei quadri degli studi di settore, senza tenere conto degli effetti derivanti dal principio di cassa, applicato nei periodi di imposta precedenti e correlato al citato regime.

Da una prima e veloce analisi, quanto appena esposto potrebbe sembrare irrilevante per i professionisti, i quali continuerebbero comunque ad applicare il principio di cassa.

In realtà, mentre il principio di cassa “ordinario” di cui all’art. 54 del Tuir è spesso derogato per l’applicazione del principio di competenza (si pensi agli ammortamenti, ai canoni di leasing, ecc.), quello previsto nell’ambito dei minimi è “esclusivo” e non ammette alcuna deroga.
Pertanto, se ad esempio, un professionista ha acquistato un bene strumentale nell’anno 2010, avrà dedotto l’intero costo in quell’anno, ma dovrà comunque indicare nel modello degli studi di settore sia la quota di ammortamento (in F20), sia il valore del bene (in F29).

Una lieve apertura è stata invece mostrata, sempre nella stessa circolare, nei confronti dei giovani professionisti che rientrano negli studi WK03U geometri, WK04U avvocati, WK05U commercialisti e consulenti dei lavoro, WK18U architetti.

È stato infatti introdotto un correttivo che agisce unicamente sul tempo dedicato all’attività (non sulle spese) dei soggetti che, avendo un’anzianità professionale non superiore a 6 anni, svolgono la propria attività in forma individuale esclusivamente presso altri studi e/o strutture.
Autore: Lucia Recchioni

giovedì 1 agosto 2013

Redditometro: gli attesi chiarimenti del Fisco

Confermata l’eliminazione delle spese Istat dalla fase di selezione

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Premessa – L’Agenzia delle Entrate ha finalmente pubblicato la circolare con le istruzioni operative del nuovo redditometro (circolare n. 24). Nella circolare trovano conferma le indiscrezioni date dagli esponenti dell’Agenzia delle Entrate nel corso di questi mesi: le medie Istat non verranno utilizzate nella fase di selezione del contribuente da controllare e l’accertamento si basa sul confronto con il contribuente chiamato a raffrontarsi con l’Agenzia delle Entrate per ben due volte.

La selezione dei contribuenti – L’Agenzia delle Entrate nella circolare in questione dopo aver riepilogato il funzionamento del nuovo redditometro sulla base di quanto previsto dall’art. 38 del D.P.R. 600/73 e dal D.M. 24 dicembre 2012 entra nel vivo delle istruzioni operative dettando i criteri da utilizzare per selezionare i contribuenti da controllare. In particolare, l’Agenzia sottolinea che saranno selezionate le posizioni di quei contribuenti per i quali è emerso un significativo scostamento tra reddito dichiarato e spese sostenute rientranti tra le “spese certe” (presenti nell’Anagrafe tributaria o indicate dal contribuente stesso in dichiarazione dei redditi) e le “spese per elementi certi” (le spese per mantenere i beni presenti in Anagrafe, quali l’abitazione o i mezzi di trasporto). Nella selezione non avranno valenza le spese per beni di uso corrente che fanno riferimento alla spesa media risultante dall’indagine annuale Istat sui consumi delle famiglie. Saranno, inoltre, evitate le situazioni di marginalità economica e le categorie di contribuenti che, in base ai dati noti, legittimamente non dichiarano, in tutto o in parte, i redditi conseguiti. Così come, tenendo conto del reddito complessivo dichiarato dalla famiglia, non verranno effettuati controlli sulle persone le cui spese risultano coerenti a livello di reddito familiare.

Primo confronto – Una volta selezionato il contribuente inizia la doppia fase di confronto con l’ufficio delle Entrate. Fin dal primo incontro con l’Amministrazione, infatti, il contribuente può fornire chiarimenti sugli elementi di spesa individuati e sul proprio reddito. Il contraddittorio riguarderà: le spese certe, per le quali il contribuente potrà documentare l’errata imputazione o l’inesattezza delle informazioni in possesso dell’Amministrazione; la disponibilità dei beni per i quali l’Amministrazione possiede le informazioni sulle caratteristiche tecniche per la quantificazione delle spese di mantenimento (il contribuente potrà rappresentare fatti e situazioni per far rilevare l’errata ricostruzione o imputazione della spesa; ad esempio, l’inagibilità dell’immobile, il sequestro del veicolo, eccetera); le spese per investimenti sostenute nell’anno, per le quali si potrà dimostrare in che modo si è formata la provvista; il risparmio, in relazione al quale il contribuente fornirà le informazioni relative alla quota formatasi nell’anno. Se le sue indicazioni sono esaustive, l’attività di controllo si chiude già in questa prima fase. Il contribuente che definisce l’invito versando le somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione, fruisce della riduzione alla metà delle sanzioni.

Secondo confronto - In caso contrario, il contribuente riceve un nuovo invito al contraddittorio, in questa seconda fase saranno oggetto del contraddittorio anche le spese medie rilevate dall’ISTAT (“spese ISTAT”), connesse all’appartenenza a una determinata tipologia di famiglia che vive in una specifica zona geografica, per le quali il contribuente potrà utilizzare argomentazioni logiche a sostegno di una sua diversa rappresentazione della situazione di fatto. In sede di contraddittorio l’Agenzia ripone la massima attenzione sull’utilizzo di argomenti comprensibili atti ad assicurare un agevole e trasparente confronto con il contribuente. Per ogni incontro viene redatto un verbale in cui è riportata sinteticamente la documentazione prodotta dal contribuente e le motivazioni addotte. Se continuano a sussistere elementi di incoerenza o il contribuente non si presenta, l’ufficio valuta l’opportunità di adottare più penetranti poteri di indagine conferiti all'Amministrazione, adeguati al caso concreto, anche in ragione della significatività dello scostamento tra reddito dichiarato e reddito determinabile sinteticamente.

Avviso di accertamento - 
Se al termine del contraddittorio si perviene al perfezionamento dell’accertamento con adesione, si fruisce del beneficio dell’applicazione delle sanzioni ridotte a un terzo del minimo previsto dalla legge. Nel caso in cui il contribuente non si presenti ovvero al termine del procedimento non si pervenga al perfezionamento dell’adesione, l’ufficio emette l’avviso di accertamento.
Autore: Redazione Fiscal Focus