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lunedì 30 giugno 2014

UNICO 2014: CHIARIMENTI SUL QUADRO FABBRICATI

Con riferimento alle novità introdotte con Unico14, una delle disposizioni intorno alle quali sono state sollevate le maggiori perplessità riguarda la rilevanza ai fini Irpef del 50% del rendita degli immobili a uso abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale. 


Un effetto sostitutivo Imu-Irpef zoppo, che vale solo per la metà, introdotto dalla legge di stabilità 2014, ma che ha rilevanza sin dall’esercizio 2013 per la determinazione delle imposte.

La nozione di abitazione principale
Con riferimento alla novità introdotta, uno degli aspetti più controversi riguarda la nozione stessa di abitazione principale: è infatti da ricordare come nel nostro ordinamento si possano distinguere diverse definizioni di abitazione principale.

La prima che possiamo richiamare è sicuramente quella prevista dal Tuir, che individua l’abitazione principale in quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente.

Ma una definizione che potrebbe essere considerata è anche quella appositamente formulata ai fini Imu. In questo caso è necessario richiamare l’art. 13 del D.L. 201/2011, secondo il quale per “abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”.

Dubbi erano invece sorti con riferimento a una terza possibile interpretazione: abitazione principale come residenza del soggetto.
In altre parole, dalla lettura della norma poteva essere dedotto che anche se il soggetto risiedesse in un immobile concesso in locazione o comodato, tutti gli altri immobili nel Comune di residenza erano imponibili al 50%.

Ebbene, con la Circolare 11/E del 2014 è stata data una risposta a tale quesito: per la definizione dell’abitazione principale il criterio da adottare è quello utilizzato nell’ambito della normativa in materia di imposte sui redditi ai fini della deduzione IRPEF di cui all’art. 10, comma 3-bis, del TUIR.

Per tale motivo il soggetto che risiede in un immobile concesso in comodato (o in locazione) e che possiede a titolo di proprietà altri immobili non locati nello stesso Comune, non dovrà sottoporre questi ultimi a tassazione per il 50% della rendita catastale.

A livello prettamente operativo pertanto, possiamo dire che vi potrà essere tassazione sul 50% della rendita catastale solo nel caso in cui vi sia, nel quadro RB, almeno un immobile per il quale è stato indicato il codice “1” nella colonna “utilizzo”.

La tassazione degli immobili
In considerazione di quanto appena esposto, gli immobili riportati nel quadro RB di quest’anno potranno essere tassati secondo le situazioni che seguono:
• nel caso in cui il contribuente non indichi nemmeno un immobile con codice utilizzo 1, sicuramente non vi saranno immobili che possono essere oggetto di tassazione al 50%;
• qualora il contribuente indichi in dichiarazione almeno un’abitazione principale (codice utilizzo “1”), allora tre sono le situazioni che possono prospettarsi con riferimento agli altri immobili dichiarati:
1. gli altri immobili sono situati in un comune differente da quello dell’abitazione principale, quindi nessun immobile sarà soggetto a Irpef nella misura del 50%;
2. gli altri immobili sono situati nello stesso comune ma sono locati: allora non vi è effetto sostitutivo Imu-Irpef e l’Irpef deve essere corrisposta con riferimento all’intera rendita catastale;
3. gli altri immobili sono situati nello stesso comune dell’abitazione principale, sono a uso abitativo e sono non locati: in quest’ultimo caso deve essere applicata la nuova disposizione che prevede la rilevanza ai fini Irpef del 50% della rendita (eventualmente maggiorata di un terzo se l’immobile è a disposizione).
Occorrerà quindi indicare il codice “3” nella colonna 12.
Autore: Redazione Fiscal Focus

sabato 28 giugno 2014

EQUITALIA: RIPARTONO LE PROCEDURE DI RECUPERO.


Equitalia mette in guardia i contribuenti. Scaduti i termini di adesione alle rottamazione delle cartelle, in questi giorni stanno riprendendo le normali procedure di recupero previste dalla legge: come chiarisce lo stesso Agente della riscossione, si tratterà quindi “di un’attività consistente che interesserà una rilevante platea di contribuenti”.

Proprio in considerazione di questa “esplosiva” ripresa, vengono illustrate, con un apposito Comunicato stampa, tutte le procedure messe a diposizione del contribuente nei rapporti con l’Agente della riscossione.

Gli strumenti a diposizione dei contribuenti
Ben 145mila sono state le adesioni alla definizione agevolata dei ruoli, con incassi pari a 725,5 milioni di euro: un buon risultato, che si è concentrato soprattutto nei primi mesi di vigenza dell’agevolazione.

Molti di più sono stati però i contribuenti che hanno potuto beneficiare della sospensione delle attività di recupero dei crediti.

A breve questi ultimi potrebbero però vedersi recapitare un sollecito di pagamento.

Una strada percorribile è sicuramente la rateazione degli importi.
A tal proposito, Equitalia ricorda che, per debiti fino a 50 mila euro è sufficiente una semplice domanda senza aggiungere altri documenti e in presenza di particolari condizioni previste dalla legge, si può:
• ottenere un piano di pagamenti dilazionato fino a 10 anni (la c.d. “rateazione straordinaria” con 120 rate);
• prorogare una rateizzazione già in corso.

Merita inoltre di essere ricordato che, come previsto dalla legge di conversione del D.L. 66/2014, i debitori decaduti dalle rateazioni Equitalia prima del 22 giugno 2013 sono ammessi a una nuova rateazione fino a un massimo di 72 rate.

Inoltre, per chi vanta dei crediti erariali o crediti commerciali nei confronti della pubblica amministrazione, è possibile procedere alla compensazione degli importi.

È importante infine ricordare che il contribuente può chiedere direttamente a Equitalia la sospensione della riscossione se ritiene di non dover pagare le somme richieste dagli enti creditori.
Equitalia si fa carico di inoltrare all’ente stesso la documentazione presentata, evitando così al cittadino la spola tra uffici pubblici.

Le tutele accordate dall’Ordinamento
Il nostro Ordinamento non propone soltanto strumenti per saldare gli importi a debito, ma anche importanti tutele a favore del contribuente.
Deve essere infatti ricordato che, prima di attivare le procedure cautelari (fermo e ipoteca) o quelle esecutive (pignoramento), il cittadino è avvisato in anticipo con apposite comunicazioni.

Tale avviso assume particolare rilevanza con riferimento al fermo amministrativo dei beni strumentali: in questo caso, infatti, il contribuente potrà dimostrare la strumentalità del cespite per poter bloccare l’azione cautelare.

Importanti disposizioni sono state inoltre recentemente introdotte per tutelare i contribuenti difronte alle azioni esecutive immobiliari.

La consulenza
Nel comunicato stampa in oggetto viene altresì ricordato che i cittadini possono rivolgersi agli sportelli sul territorio aperti al pubblico dal lunedì al venerdì dalle ore 8.15 alle 13.15.

Inoltre, per le situazioni più complesse e delicate è attivo lo “Sportello Amico”, un punto di ascolto dove è possibile trovare soluzioni anche per casi di particolare difficoltà.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 26 giugno 2014

E-COMMERCE INDIRETTO: ASPETTI IVA


Il commercio elettronico indiretto è la forma di e-commerce di più facile gestione, dato che la consegna fisica del bene presso il consumatore finale avviene tramite posta o corriere e consente, di conseguenza, di individuare agevolmente il luogo nel quale l’operazione è resa.

Come lo definisce il Se.c.i.t. (Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario), nella relazione annuale del 1999 esso consiste in una tipologia di transazioni in cui “la fase preliminare di ordine ed anche il pagamento vengono effettuati on-line, ma il bene viene poi fisicamente spedito al domicilio o alla sede dell’acquirente. Si tratta della vendita di beni tradizionali (come vino, libri, computer, eccetera) che ha delle analogie con la vendita per corrispondenza e che si avvantaggia della forma elettronica per espandere i propri canali e le proprie vendite”.

Trattamento fiscale - Il commercio elettronico di tipo indiretto, eseguito in Italia, è assimilato allevendite distanza o per corrispondenza. La disciplina IVA ed i connessi adempimenti sono differenti, a seconda che si tratti di:
- cessioni effettuate in Italia;
- cessioni intracomunitarie;
- esportazioni;
- acquisti intracomunitari;
- importazioni.

CESSIONI IN ITALIA - Tale operazione è imponibile secondo le regole ordinarie. Il comma 1, lett. oo), art. 2, D.P.R. n. 696/1996, prevede, inoltre, che le cessioni di beni effettuate per corrispondenza, non sono soggette all’obbligo di:
certificazione tramite emissione di ricevuta fiscale o scontrino;
emissione della fattura, salvo che non sia richiesta espressamente dal cliente e, comunque, non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.
In ogni caso, resta fermo l’obbligo di annotazione nel registro dei corrispettivi dell’ammontare totale delle vendite effettuate giornalmente.

CESSIONI INTRACOMUNITARIE - Il comma 1, art. 41, lett. b), D.L. n. 331/1993, prevede che le cessioni effettuate per corrispondenza in altri Stati UE sono soggette ad IVA in Italia alle seguenti condizioni: 
- ibeni devono essere spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro;
- i cessionari non devono essere soggetti IVA;
- le vendite in ciascuno Stato membro non devono superare l’importo annuo di € 100.000 o il minor ammontare previsto in ogni Stato a norma dell’art. 34 della Direttiva 2006/112/CE (si veda la tabella sotto specificata).

Il cedente può optare, anche nel caso in cui non superi il limite quantitativo previsto dalla citata disposizione, per l’applicazione dell’IVA nell’altro Stato membro.
In questo caso, la vendita nei confronti di soggetti privati si considera come operazione non imponibile in Italia, e il cedente dovrà nominare un rappresentante fiscale nello Stato UE di destinazione dei beni oidentificarsi direttamente.
In tale circostanza, il soggetto passivo di imposta italiano dovrà adempiere agli obblighi di compilazione dei modelli Intrastat– cessioni, sia agli effetti fiscali che statistici.
La tabella aggiornata al mese di marzo 2012 delle soglie degli acquisti a distanza fissate dai singoli Stati membri, può essere reperita all’indirizzo Internet:www.ec.europa.eu/taxation_customs/taxation/vat/traders/vat_community/index_en.htm. 

Le cessioni che avvengono dall’Italia verso uno stato comunitario sono, dunque:
Imponibili in Italia, se il volume delle vendite effettuate dal cedente italiano verso privati consumatori e/o soggetti equiparati residenti in uno Stato UE, nell’anno precedente e in quello in corso, è inferiore a € 100.000 o alla minor somma prevista dallo Stato di destinazione;
Imponibili nello Stato dell’acquirente, se il volume delle cessioni è superiore alla soglia di € 100.000 o alla minor somma stabilita nello Stato di destinazione; se l’operatore ha optato per il regime ordinario; se l’acquirente è un soggetto passivo identificato in un altro Stato UE.

ESPORTAZIONI- Per quanto riguarda le esportazioni, tale operazione non è imponibile ai sensi dell’art. 8, del D.P.R. n. 633/1972, a condizione che sia provata l’uscita dei beni dal territorio della UE. L’esportazione deve risultare da:
apposito documento doganale (DAU);
- vidimazione apposta dall’Ufficio doganale su copia della fattura o della bolla di accompagnamento o del documento di trasporto.

ACQUISTI INTRACOMUNITARI ED IMPORTAZIONI 
- Non sono previste specifiche disposizioni in merito agli acquisti via internet da soggetti UE o extra UE. Essi vanno trattati, rispettivamente, come ordinariacquisti intracomunitari, con adempimento delle formalità previste dal D.L. n. 331/1993 oppure come importazioni.
Nel caso delle importazioni, l’IVA è dovuta in Italia, in base alle aliquote ivi vigenti, sul valore dei beni oggetto dell’operazione, aumentato:
- dei dazi doganali;
- delle spese di trasporto o spedizione fino al luogo di destinazione all’interno della UE.

In base ad accordi internazionali conclusi con l’Unione Europea, l’invio di pacchetti di valore inferiore ad € 22 è, in ogni caso, esonerato da qualsiasi imposta.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 25 giugno 2014

IVA: omaggi detraibili se inferiori a 50 euro


Tra le tante misure inserite nello schema di Decreto Semplificazioni fiscali vi è anche l’innalzamento della soglia rilevante per la detraibilità IVA degli omaggi di beni non rientranti nell’attività d’impresa.
Più in dettaglio, si prevede l’innalzamento da euro 25,82 a euro 50,00 della soglia per la detraibilità degli omaggi.

Con tale modifica si allinea il limite per la detraibilità IVA degli omaggi con il limite per la deducibilità integrale dei costi sostenuti per l’acquisto di beni destinati a omaggio ai fini IRES/ IRPEF, in base alle disposizioni dell’art. 108, co.2, D.P.R. 917/1986; la suddetta disposizione prevede infatti che i costi sostenuti per l’acquisto di beni destinati ad omaggio, ricompresi fra le spese di rappresentanza in base al D.M. 19.11.2008, sono deducibili integralmente se di valore unitario non superiore a € 50, considerando nel costo la parte dell’IVA indetraibile.

È bene premettere che nella norma attualmente in vigore, in particolare l’art. 19 bis1, co. 1, lett. h), D.P.R. 633/1972, si prevede che non è ammessa in detrazione l'imposta relativa alle spese di rappresentanzacome definite ai fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per l'acquisto di beni di costo unitario non superiore a lire cinquantamila” (euro 25,82).

Si ricorda che anche ai fini IVA (C.M. 34/E/2009) per l’individuazione delle spese di rappresentanza è necessario fare riferimento a quanto disposto dall’art. 1, D.M. 19.11.2008, il quale detta i criteri specifici affinché la spesa per l’omaggio rientri tra quelle di rappresentanza, ovvero le spese:
• siano sostenute con finalità promozionali e di pubbliche relazioni;
• siano ragionevoli in funzione dell’obiettivo di generare benefici economici;
• siano coerenti con gli usi e le pratiche commerciali del settore.


Una volta stabilito che l’omaggio rientra tra le spese di rappresentanza, il secondo step riguarda i limiti per detraibilità dell’IVA; in particolare, l’IVA assolta sull’acquisto di beni destinati a essere omaggiati non rientranti nell’attività d’impresaqualificabili come spese di rappresentanza:
• è detraibile se il costo unitario dell’omaggio è inferiore a € 25,82;
• è indetraibile se il costo unitario dell’omaggio è superiore a € 25,82.

La successiva cessione gratuita del bene (omaggio), indipendentemente da valore dell’omaggio, in base alle disposizioni dell’art. 2, co. 2, n. 4), D.P.R. 633/1972, è esclusa da campo di applicazione dell’IVA (a eccezione dei lavoratori autonomi per le cessioni gratuite di beni destinati a essere omaggiati di importo inferiore a € 25,82).

Per quanto riguarda l’acquisto di alimenti e bevande (ovviamente che non formano oggetto dell’attività d’impresa), l’art. 19, co. 1, lett. f), D.P.R. 633/1972 prevede che “non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di alimenti e bevande ad eccezione di quelli che formano oggetto dell'attività propria dell'impresa o di somministrazione in mense scolastiche, aziendali o interaziendali o mediante distributori automatici collocati nei locali dell'impresa”.

In deroga a tale disposizione, l’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 54/E/2002 ha riconosciuta la detrazione dell’IVA purché gli stessi siano di costo unitario non superiore a € 25,82 e rientrino fra le spese di rappresentanza per le quali trova applicazione il richiamato art. 19 bis1, co. 1, lett. h), D.P.R. 633/1972.
Nello schema di D.Lgs. varato nel CDM del 20.06.2014 è stato previsto, come precedentemente accennato, l’innalzamento da euro 25,82 a euro 50,00 della soglia per la detraibilità degli omaggi.

Tale modifica normativa comporterà che l’IVA assolta sull’acquisto di beni destinati a essere omaggiati non rientranti nell’attività d’impresaqualificabili come spese di rappresentanza:
• sarà detraibile se il costo unitario dell’omaggio risulterà inferiore a € 50,00;
• sarà indetraibile se il costo unitario dell’omaggio risulterà superiore a € 50,00.

Per rendere la successiva cessione gratuita del bene comunque esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, il nuovo limite di 50 euro verrà inserito anche nell’art. 2, comma 2, n. 4), D.P.R. n. 633/72.

Nulla cambia invece per gli omaggi di beni rientranti nell’attività d’impresa.

Gli omaggi di beni rientranti nell’attività d’impresa, secondo le indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 188/E/1998 “non costituiscono spese di rappresentanza”.
Da tale affermazione deriva l’inapplicabilità a tali operazioni dell’art. art. 19-bis1, lett. h), D.P.R. n. 633/72 e, conseguentemente, dell’art. 2, dall’art. 2, comma 2, n. 4), D.P.R. n. 633/72.
Pertanto:
• l’IVA assolta all'atto dell'acquisto è detraibile. Non trova, infatti, applicazione la previsione di indetraibilità oggettiva di cui all'art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del D.P.R. 633/72;
• la cessione gratuita è imponibile IVA indipendentemente dal costo unitario dei beni (art. 2 comma 2 n. 4 del D.P.R. 633/72).
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 17 giugno 2014

RIDOTTO A 50.000 EURO IL CAPITALE MINIMO PER LA COSTITUZIONE DI SPA


Capitale sociale minimo ridotto da 120.000,00 euro a 50.000, 00 euro. Conseguenze: maggiori le nomine degli organi di controllo nelle SRL.

Nel corso del Consiglio dei ministri tenutosi il 13 giugno, sono state varate una serie di misure (in corso di pubblicazione in GU) rivolte a incentivare la costituzione di SPA, nonché facilitare per tutte le società di capitali il reperimento di capitali “esterni” (fattore di vitale importanza in un periodo di stretta creditizia del sistema bancario).
Tra le misure adottate dal Governo, assume un ruolo centrale la riduzione da 120.000,00 euro a 50.000 euro del capitale sociale minimo occorrente per costituire una Spa.

Le norme attualmente in vigore
 - L’attuale versione dell’art. 2327 del codice civile dispone che “la società per azioni deve costituirsi con un capitale non inferiore a centoventimila euro”.
L’art. 2454 del codice civile prevede che la medesima disposizione si applichi per le SAPA.
Per quanto riguarda le SRL, gli articoli 2463 e 2463 – bis del codice civile prevedono che il capitale sociale minimo per la costituzione sia pari a euro 10.000,00. È prevista la possibilità di costituzione di Srl con 1 solo euro. Inoltre, per le Srl semplificate il capitale minino deve essere almeno pari a 1 euro e inferiore all'importo di 10.000 euro.

La riduzione del capitale sociale minimo per le SPA - Il decreto legge varato dal Consiglio dei ministri modifica l’art. 2327 del codice civile prevedendo la riduzione da 120.000,00 euro a 50.000 euro delcapitale sociale minimo occorrente per costituire una Spa.
È evidente che la finalità della modifica normativa è incentivare la costituzione di SPA.

Gli effetti - Gli effetti derivanti dalla modifica del capitale sociale minimo necessario alla costituzione del capitale sociale sono molteplici:
1. le perdite rilevanti per l’attuazione delle misure indicate dagli articoli 2446 e 2447 del codice civile saranno pari ad 1/3 di 50.000 euro;
2. la ricostituzione del capitale per perdite dovrà avvenire nel rispetto del nuovo limite di capitale minimo;
3. per le SRL (lo stesso dicasi per le cooperative) la nomina dell’organo di controllo o del revisore sarà obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a euro 50.000,00 (ovvero il nuovo livello minimo stabilito per le società per azioni).


In merito a quest’ultimo punto, è doveroso segnalare che per le Srl che a seguito della modifica normativa vedranno superato il nuovo limite, non sarà necessaria la nomina dell’organo di controllo nel 2014.

Questo perché l’art. 2477 del Codice civile impone la nomina dell'organo di controllo nella Srl, a causa dell'aumento del suo capitale sociale a un valore nominale pari o superiore al valore del capitale minimo richiesto per la Spa, entro i trenta giorni successivi all'assemblea che approva il bilancio in cui viene "registrato" l’aumento del capitale sociale della Srl.

Di conseguenza, il superamento del capitale sociale minimo che fa scattare l’obbligo dell’organo di controllo verrà rilevato nel bilancio 2014 da approvare nel 2015 (nel caso di esercizio coincidente con l’anno solare). Nei trenta giorni successivi all’approvazione del bilancio 2014 sarà necessario nominare l’organo di controllo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

domenica 15 giugno 2014

PROROGA AL 7 LUGLIO PER I VERSAMENTI DELLE DICHIARAZIONI FISCALI.

PROROGA AL 7 LUGLIO PER I VERSAMENTI DELLE DICHIARAZIONI FISCALI. INTERESSATI TUTTI I CONTRIBUENTI CON STUDI DI SETTORE

Slitta dal 16 giugno al 7 luglio 2014, il termine per effettuare i versamenti derivanti dalla dichiarazione dei redditi, dalla dichiarazione Irap e dalla dichiarazione unificata annuale da parte dei contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore.
Lo prevede il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, che e' stato firmato dal premier Matteo Renzi e che e' in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
La proroga riguarda anche i contribuenti che, pur facendo parte delle categorie per le quali sono previsti gli studi di settore, presentano cause di esclusione o inapplicabilità (ad esempio, nel caso di non normale svolgimento di attività, o per il primo anno di attività) o i contribuenti che rientrano nel regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e per i lavoratori in mobilità.
Usufruiscono inoltre della proroga i contribuenti che partecipano a società, associazioni e imprese soggette agli studi di settore.
Dopo il 7 luglio e fino al 20 agosto 2014 i versamenti possono essere eseguiti con una maggiorazione, a titolo di interesse, pari allo 0,40 per cento.
Contribuenti interessatiTipologia di versamentiVecchia scadenzaNuova scadenzaScadenza con interessi
Contribuenti per i quali sono previsti gli studi di settore
 
Versamenti derivanti dalla dichiarazione dei redditi, dichiarazione Irap e dichiarazione unificata annuale16 giugno 20147 luglio 2014Dall’8 luglio al 20 agosto 2014 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse

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sabato 7 giugno 2014

Accertamento cause di scioglimento di Srl e nomina dei liquidatori.

In un recente parere, il Ministero dello Sviluppo Economico si è soffermato sull’accertamento delle cause di scioglimento di s.r.l. ex art. 2484, comma 1, nn. 1-5, c.c. e alla contestuale nomina dei liquidatori secondo modalità semplificate, cioè senza ricorso alla funzione notarile.
In materia si è già sviluppata autorevole dottrina, prevalentemente concorde nel considerare “legittima la delibera assembleare mediante la quale sono nominati i liquidatori di una società a responsabilità limitata, senza l’ausilio di un notaio, in tutti i casi di scioglimento previsti dall’art. 2484 c.c. che non rappresentino un’espressione della volontà dei soci tesa a modificare l’atto costitutivo societario” (documento Irdcec n. 11).

CONTROLLO FORMALE

Al Registro imprese spetta un controllo di validità formale, verificando cheevidenti illogicità presenti nell’atto medesimo impediscano di ricondurlo alla previsione di legge, incentrato sulla verifica di:
  • l’autenticità della sottoscrizione della domanda;
  • la regolarità della compilazione del modello di domanda;
  • la corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge;
  • l’allegazione dei documenti dei quali la legge prescrive la presentazione;
  • il concorso delle altre condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione.

CAUSE DI SCIOGLIMENTO

  • Conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l’assemblea, all’uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie. L’evento indicato deve essere tale da rendere definitivamente e obiettivamente impossibile il raggiungimento dell’ (univoco) oggetto sociale. “Dalla dichiarazione degli amministratori dovrà, inoltre, risultare, al fine del compiuto avveramento della causa in esame, che l’assemblea dei soci “all’uopo convocata” si é opposta ad ipotesi di modificazioni dell’oggetto sociale atte a rimuovere la causa di scioglimento (tale fatto potrà essere oggetto di apposita dichiarazione sostitutiva da parte degli amministratori stessi, oppure potrà essere dimostrato attraverso l’allegazione di una copia semplice della delibera assembleare).”
  • Impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea. “La continuata inattività dell’assemblea può derivare o dalla perdurante mancata convocazione dell’assemblea o dalla perdurante diserzione dei soci. Ciò che deve risultare concretamente impossibile é l’adozione di deliberazioni necessarie e indispensabili al regolare svolgersi della vita societaria. Tra queste rientrano senza dubbio quelle di approvazione del bilancio di esercizio e di nomina o sostituzione degli amministratori e dei sindaci. Non basta quindi una mera mancanza di attività in senso inqualificato, occorre che l’inattività dell’assemblea abbia riflessi paralizzanti sulla vita della società e sulla sua normale conduzione” (Trib. Biella, 25/11/05, n. 942/05 R.G.C.)
  • Riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto é disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter. L’organo amministrativo dovrà effettuare una verifica infra-annuale della situazione contabile e convocare tempestivamente l’assemblea affinché valuti la possibilità di ricapitalizzare la società, oppure la trasformazione della stessa. Nel caso in cui l’assemblea decida di non procedere in tal senso la causa in questione potrà considerarsi intervenuta. La dichiarazione degli amministratori di accertamento dello scioglimento ai sensi del n. 4 cit. deve, pertanto, attesta, mediante dichiarazione sostitutiva, anche l’esito della predetta riunione assembleare; in alternativa, a fini meramente probatori, potrà prodursi copia semplice del verbale dell’assemblea.
  • Ipotesi previste dagli articoli 2437-quater e 2473 (ovvero impossibilità di liquidare la partecipazione del socio receduto). In tale evenienza la dichiarazione degli amministratori dovrà dare conto del negativo esperimento dei vari passaggi previsti dai commi 3 e 4 del citato art. 2473 c.c. (vendita agli altri soci; a terzi; rimborso mediante riserve disponibili; rimborso mediante riduzione del capitale sociale); in alternativa, alla stessa dovrà essere allegata, a fini meramente probatori, copia semplice delle delibere assembleari presupposte.