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martedì 29 aprile 2014

Locazione e riduzione del canone: no al nuovo contratto


Il caso - Ho locato il mio immobile e attualmente, nello stesso, è esercitata attività di bar/gelateria.
Purtroppo, negli ultimi tempi, la forte crisi economica ha portato l’imprenditore a richiedermi un abbattimento del canone di locazione, che dovrebbe passare da 1.000 euro mensili a 700 euro.

Volendo venire incontro al conduttore ho deciso di accettare la riduzione del canone, ma vorrei evitare di stipulare un nuovo contratto di locazione commerciale della durata di 6+6 anni.
Posso modificare il canone con un separato accordo? L’accordo in oggetto deve essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate? Quanto deve essere pagato a titolo di imposta di registro?
Avendo appena versato l’imposta di registro per il rinnovo annuale, ho diritto a qualche rimborso?

L’analisi –
 Purtroppo, è sempre più frequente che gli inquilini chiedano ai proprietari degli immobili una riduzione del canone di locazione e, data la crisi che investe anche il settore immobiliare, i locatori si vedono spesso costretti ad accettare le richieste.

In questo caso, però, non si può parlare di novazione del rapporto contrattuale, in quanto la modifica del canone di locazione rientra, appunto, tra le modificazioni accessorie dell’obbligazione.

Pare confermare tale orientamento anche la Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza del 9 aprile 2003, n. 5576 ha chiarito che “[…] le sole variazioni del canone non sono di per sé indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione […] la novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula, infatti, il mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione, ex art. 1230 c.c.”.

Sarà pertanto sufficiente stipulare tra le parti un accordo, il quale andrà a incidere semplicemente sulla misura del canone, senza portare con sé ulteriori conseguenze, relative, ad esempio, alla durata del contratto.

La registrazione – L’accordo stipulato tra le parti dovrà essere redatto in forma scritta ed è preferibile che sia sottoposto a registrazione.
È inoltre preferibile che il nuovo accordo riporti gli estremi di registrazione del contratto variato.

La registrazione dell’accordo si rende necessaria soprattutto a tutela del locatore che, in caso contrario, si troverebbe a dover versare le imposte sulla base del canone originariamente fissato e ben più alto di quello successivamente previsto.

Così come chiarito dalla Risoluzione n.60/E del 28 giugno 2010, tuttavia, la registrazione non è necessaria, eccezion fatta per l’ipotesi in cui il predetto accordo di riduzione del canone venga formalizzato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.

Solo per le cessioni, le proroghe e le risoluzioni, è infatti richiesto il versamento dell’imposta di registro entro 30 giorni dal verificarsi dell’evento, ai sensi dell’articolo 17 del TUR.

Sarà invece sempre necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate eventuali aumenti nel canone di locazione, in quanto dagli stessi segue la liquidazione di una maggiore imposta di registro.

L’imposta da versare - 
Circa la quantificazione dell’imposta relativa alla registrazione dell’accordo intervenuto, si ricorda che, così come stabilito al punto II) della nota posta in calce all’articolo 5 della Tariffa allegata al TUR, l’ammontare dell’imposta, per le locazioni e gli affitti di beni immobili, non può essere inferiore alla misura fissa di euro 67.
Pertanto, qualora si volesse procedere alla registrazione, l’imposta da versare è pari a euro 67.

Non dovrà essere inoltre dimenticato che la scrittura privata con cui si riduce il canone di locazione è altresì soggetta a imposta di bollo nella misura di euro 16.

Gli effetti sull’imposta di registro già versata – Con riferimento all’imposta di registro già versata, deve essere rilevato come sempre la stessa Risoluzione n.60/E del 2010 abbia chiarito che gli effetti della riduzione del canone sulla determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione, ai fini dell’imposta di registro, decorrono dall’annualità successiva a quella in cui è stata concordata la nuova misura del canone.
Nessun rimborso potrà quindi essere richiesto per l’imposta di registro già versata.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 28 aprile 2014

Bonus energetico allargato

Si allargano i beneficiari della detrazione Irpef del 65%

Premessa – Con le recenti risposte dell’Enea si va ampliando la platea dei soggetti che possono fruire del Detrazione Irpef del 65% per risparmio energetico. L’agevolazione fiscale viene, infatti, estesa ai casi di demolizione e ricostruzione dell’immobile e alla fattispecie di installazione di impianti di riscaldamento integrati a caldaia a condensazione e pompa di calore.

Enea – Per quanto riguarda il primo caso di ristrutturazione con demolizione e successiva ricostruzione, l'Agenzia Nazionale per lo Sviluppo delle nuove Tecnologie, l'Energia e lo sviluppo economico sostenibile, rispondendo a un quesito di un contribuente che chiedeva delucidazioni in merito, ha inserito la risposta all'interno delle proprie FAQ (Frequently Asked Questions) ricordando che la Legge 9 agosto 2013, n. 98, di conversione del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (il c.d. Decreto del Fare), ha rivisto la definizione di "ristrutturazione edilizia" contenuta nel Testo Unico Edilizia (D.P.R. n. 380/2001) eliminando all'art. 3, comma 1, lett. d) il riferimento alla "sagoma".

Demolizione e ricostruzione - 
Più precisamente si trattava di un contribuente che aveva intenzione di effettuare una ristrutturazione edilizia attraverso la demolizione e successiva ricostruzione in modo più efficiente dal punto di vista energetico, usufruendo delle detrazioni fiscali del 65%. Alla luce della recente normativa il contribuente chiedeva se fosse tenuto a rispettare la stessa sagoma o se fosse sufficiente mantenere la medesima volumetria.

La risposta – Nella sua risposta Enea ha precisato che dal 21 agosto 2013 sono compresi tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli che consistono nella demolizione e ricostruzione di un immobile con la stessa volumetria di quello precedente, senza che sia necessario rispettarne la sagoma. Sono compresi nella ristrutturazione anche gli interventi “volti al ripristino degli edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”. Dal 21 agosto 2013, quindi, qualora l’intervento abbia le caratteristiche per configurarsi come “ristrutturazione edilizia” (ossia l’immobile non sia soggetto a vincolo ai sensi del D.Lgs. 42/2004 e non ricada nella zona A del D.M. 1444/68), è possibile usufruire della detrazione per risparmio energetico (65%) per gli interventi che consistono nella demolizione di un immobile e nella sua ricostruzione mantenendone la volumetria originaria.

Sistemi integrati – 
Per la seconda fattispecie enunciata in premessa con la Faq n. 74 all’Enea è stato fatto presente che sul mercato sono ormai disponibili sistemi innovativi per la climatizzazione invernale degli immobili, costituiti di un’unità esterna e di un’unità interna che in un unico contenitore prevede sia la caldaia a condensazione che una pompa di calore di piccola potenza. I produttori di questi sistemi dichiarano che gli stessi sono agevolabili al 55-65% facendo riferimento al comma 347 della legge finanziaria, ma prima di procedere all’acquisto, il contribuente voleva essere sicuro che installandoli, poteva usufruire di questi incentivi.

Finalità – Enea nella risposta ha fatto presente che in linea generale, considerate le finalità della misura, volta a favorire gli interventi energeticamente sempre più efficienti, lo sviluppo tecnologico intercorso negli ultimi anni (nel 2007 questi apparecchi di fatto non esistevano), e il requisito posto alla base dell’incentivo (rendimento della caldaia), si ritiene che l’intervento oggetto del quesito sia compatibile con il sistema di detrazione fiscale per l’efficienza energetica. Quindi, nello specifico, si ritiene che ai fini dell’agevolazione ai sensi del comma 347, fermo restando il rispetto dei requisiti tecnici essenziali per la caldaia a condensazione (di cui al comma 1 dell’art.9 del “decreto edifici”), la pompa di calore, nella configurazione connessa e integrata alla caldaia, rientri tra le apparecchiature elettriche ed elettroniche agevolabili ai sensi dell’art.3 del “decreto edifici”. Enea poi precisa che quanto sopra esposto è riferito esclusivamente alla configurazione relativa al riscaldamento invernale con macchine di piccola taglia.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 24 aprile 2014

Canoni di locazione: tracciabilità dei pagamenti

Tutto come prima per i canoni di locazione: non possono infatti essere riscontrate particolari novità rispetto al passato, sebbene la Legge di stabilità 2014 abbia richiesto l’obbligo di tracciabilità dei pagamenti dei canoni, pena l’applicazione di imprecisate sanzioni. 


Infatti, se è vero che l’obbligo è entrato in vigore il 1° gennaio, sono intervenute subito dopo, il 5 febbraio 2014, le precisazioni del Mef che, con la nota DT10492, ha praticamente annullato le novità introdotte.

Una disposizione, quindi, nata e morta in appena due mesi: appena il tempo per creare confusione tra i contribuenti e obbligarli a dotarsi di apposito conto corrente bancario, per poter garantire una tracciabilità successivamente rivelatasi non necessaria.

L’obbligo

L’obbligo di tracciabilità di pagamento dei canoni di locazione è stato introdotto con la Legge di stabilità 2014 che aveva escluso i pagamenti non tracciabili, qualunque fosse l’importo degli stessi.

Inizialmente, nel silenzio della disposizione, si ritennero applicabili le sanzioni previste dalla disciplina antiriciclaggio in tema di violazione delle norme in tema di circolazione del contante: sanzioni salatissime, comprese tra l’1 e il 40% dell’importo trasferito, con una soglia minima di 3.000 euro.

I chiarimenti del MEF


Con la nota DT 10492 del 5 febbraio 2014 il Mef ha precisato che è comunque possibile il pagamento dei canoni in contanti, se l’importo non supera i 999,99 euro, in quanto la sanzione prevista dalla disciplina antiriciclaggio è confinata soltanto ai casi in cui sia superata la soglia prevista in tema di circolazione del contante.

La tracciabilità richiesta dalla norma potrà quindi essere soddisfatta fornendo una semplice prova documentale: la vecchia e cara “ricevuta”, in altre parole.

È ovvio come, in questi termini, non pare vi siano particolari novità rispetto agli anni precedenti, in quanto, anche in passato, coloro che effettuavano i pagamenti in contanti avevano tutto l’interesse di richiedere una quietanza di pagamento.

La sanzione


Dato il quadro prospettato, l’unica sanzione prevista nel caso in cui non sia assicurata la tracciabilità dei pagamenti è rappresentata dalla perdita delle agevolazioni di natura fiscale.

Pertanto, non si potrebbero indicare in dichiarazione, ad esempio, le detrazioni spettati ai conduttori per i contratti di locazione delle unità immobiliari a uso abitativo utilizzate quali abitazioni principali.

L’anno prossimo, quindi, il contribuente che voglia fruire della detrazione in oggetto non potrà limitarsi a fornire copia del contratto di locazione, ma dovrà altresì conservare copia delle ricevute di pagamento dei singoli canoni di locazione.
Autore: Redazine Fiscal Focus

giovedì 17 aprile 2014

IRAP & professionisti. Compensi a consulenti esterni


Cassazione Tributaria, ordinanza depositata il 16 aprile 2014

I compensi corrisposti a consulenti esterni dimostrano che l’attività professionale del contribuente è svolta senza autonoma organizzazione. È quanto si evince dall’ordinanza 16 aprile 2014 n. 8914 della Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile – T.

Sì al rimborso per il veterinario. La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna ha condannato l’Agenzia delle Entrate alla restituzione di quanto versato a titolo di IRAP dal contribuente, di professione veterinario. Da qui il giudizio di legittimità che si è chiuso sempre in senso favorevole alla parte privata.

Le motivazioni. La ricorrente Agenzia delle Entrate, per dimostrare l’esistenza della “stabile organizzazione”, presupposto dell'IRAP, ha fatto leva sui compensi corrisposti dal contribuente a terzi; ma sul punto gli Ermellini rilevano come la CTR emiliana abbia accertato che tali compensi erano stati “erogati a consulenti esterni per materie che esorbitavano dal campo propriamente veterinario”.

D’altro canto, per la S.C., è evidente come il ricorso a consulenti esterni non sia affatto sintomo di stabile organizzazione, semmai il contrario, “perché – si legge nell’ordinanza depositata ieri - proprio chi non dispone di una organizzazione articolata è costretto a ricorrere a consulenze esterne”.

Altre pronunce sul tema delle consulenze. Il tema dei costi per le consulenze è stato trattato più volte dalla S.C.

Per esempio, con l’ordinanza n. 10025 del 2012, gli Ermellini hanno chiarito come la giurisprudenza più rigorosa e meno favorevole ai contribuenti esige che i compensi a terzi costituiscano corrispettivo di lavoro subordinato, poiché solo tale forma di utilizzazione del lavoro altrui determina il sorgere di una “struttura organizzata” la quale invece non sussiste, ove il contribuente si avvalga dell’opera di lavoratori autonomi quali, ad esempio, il consulente fiscale.

Con due ordinanze pubblicate il 27 novembre 2012 (la n. 21069 e la n. 21106) la Suprema Corte ha pure negato che l’IRAP debba essere corrisposta dall’artista che paghi collaboratori esterni, come l’agente teatrale e i truccatori occasionali, e dall’ingegnere che spenda importi modesti per beni strumentali e compensi a terzi.

Con la più recente ordinanza n. 2123 del 2013 la SC conferma questa linea interpretativa, affermando che la misura dei compensi corrisposti a terzi non sempre è decisiva ai fini dell’IRAP. Si pensi infatti all’ipotesi in cui si renda necessaria la consulenza di un “luminare” dai costi altissimi e che opera al di fuori della struttura del committente.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 16 aprile 2014

Commercio elettronico indiretto: la gestione delle operazioni


Nel commercio elettronico indiretto la transazione (accordo e pagamento) avviene per via telematica, ma la consegna del bene avviene “tradizionalmente”. Si tratta pertanto di una normale cessione di beni, così come stabilito dalla stessa Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 133/E del 2004, in cui Internet viene definito “un canale alternativo di offerta”.

Fatte queste brevi considerazioni preliminari, passiamo ad analizzare le cessioni poste in essere da un cedente soggetto passivo IVA in Italia, distinguendo a seconda che l’acquirente sia:
  • un soggetto passivo o un privato;
  • e, distinguendo ulteriormente, a seconda della nazionalità dell’acquirente (italiano, comunitario, extra comunitario).

Acquirente italiano - Nel caso di acquirente italiano, non sussistono particolari profili di criticità dell’operazione. Nel caso di vendite che avvengono “Italia su Italia” si applicano le disposizioni previste dall’art. 2 del D.P.R. 633/72 che disciplinano le “cessioni di beni”.
Dunque:
  • l’operazione sarà territorialmente rilevante in Italia e il cedente dovrà applicare l’imposta nei modi ordinari, con l’aliquota propria del bene ceduto.

Da un punto di vista documentale, rientrando l’operazione nell’alveo delle vendite per corrisondenza: non è obbligatoria l’emissone della ricevuta fiscale o dello scontrino o della fattura, salvo che la stessa non sia richiesta.

Clienti comunitari -
 Nel caso di acquirenti comunitari, si rende necessario distinguere a seconda che l’acquirente sia un privato o un soggetto passivo IVA.
Nel caso in cui le cessioni siano effettuate nei confronti di soggetti intracomunitari privati o che beneficiano del regime derogatorio, sono applicabili le disposizioni previste per le vendite a distanza:
1. se il cedente residente, sia nell’anno precedente che in quello in corso, ha effettuato nello Stato membro in cui risiede il cliente vendite a distanza di ammontare inferiore a 100.000 euro (o al minor limite stabilito nell’ambito della disciplina interna di ciascun Stato membro), le cessioni sono imponibili in Italia, salvo opzione da parte del cedente italiano per l’applicazione dell’IVA nello Stato di destinazione;
2. nel caso l’ammontare delle vendite nell’altro Stato membro sia invece superiore alla soglia in questione, il soggetto italiano dovrà nominare un rappresentante fiscale nello Stato estero ovvero identificarsi direttamente nell’altro Stato ai fini dell’assolvimento dell’IVA.

Nel caso in cui le cessioni siano effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA, l’operazione seguirà le normali regole delle cessioni intracomunitario, ex art. 41, D.L. 331/1993, fatturando l’operazione “non imponibile” e indicando l’operazione nei modelli INTRA.

Cliente extra – comunitario - Nel caso di acquirenti extra - comunitari, si dovranno seguire le normali regole IVA previste dall’art. 8, D.P.R. 633/1972, per le esportazioni, ovvero fatturando le operazioni come “non imponibili”.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 9 aprile 2014

La correzione degli errori contabili

Il caso - In occasione della chiusura dei conti al 31.12.2013 ci siamo accorti come vi siano alcuni errori tra le scritture relative all’anno precedente. Sono importi irrisori e derivano principalmente da alcune piccole fatture per le quali è stato erroneamente registrato il pagamento o spese che sono state registrate due volte. 


Quale deve essere il corretto comportamento contabile da tenere?

L’analisi – Nel caso in cui sia necessario correggere degli errori in bilancio è necessario ricorrere alla contabilizzazione di una sopravvenienza straordinaria (attiva o passiva).

È bene tuttavia considerare come il principio contabile OIC n. 29 abbia espressamente chiarito che debbano essere necessariamente distinti gli errori determinanti da quelli non determinanti.

Più nello specifico, sono definiti errori determinanti quegli errori che hanno un effetto talmente rilevante sui bilanci su cui essi sono stati commessi che i bilanci medesimi non possono più essere considerati attendibili: nei casi più gravi, in questo caso, può essere addirittura necessario correggere i bilanci degli esercizi precedenti.

Nel caso, invece, degli errori non determinanti, sarà necessario correggerli nell’esercizio stesso in cui essi vengono scoperti, attraverso la rettifica della posta contabile che a suo tempo fu interessata dall’errore, con contropartita la voce afferente alle sopravvenienze straordinarie.

In quanto componenti straordinari di reddito, dette sopravvenienze andranno contabilizzate nella voce “E.20 Proventi straordinari” (sopravvenienze straordinarie attive) o “E.21 Oneri straordinari” (sopravvenienze straordinarie passive).

I movimenti dei conti finanziari- Alcuni problemi potrebbero porsi con riferimento a quegli errori che riguardano esclusivamente componenti finanziarie.

Si pensi, come presentato nel caso di specie, a una fattura per la quale sia erroneamente stato rilevato il pagamento al fornitore.

In questo caso, sebbene i principi contabili nulla dicano in merito, autorevole dottrina ha sottolineato come sarebbe errato movimentare un conto economico.

Secondo quanto prima detto sarebbe infatti necessario movimentare il conto sopravvenienze attive (in contropartita al conto cassa) e sopravvenienza passiva (in contropartita al conto debiti verso fornitori), ma ciò entrerebbe in contrasto con il principio di rappresentazione veritiera e corretta.

Pare pertanto più opportuno stornare i due conti con una scrittura inversa.
In tal caso, la scrittura contabile che dovrà essere effettuata, alla data in cui l’errore viene rilevato, è la seguente: Cassa contanti (dare) a Fornitore (avere).
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 2 aprile 2014

Srl semplificata anche per il lavoratore dipendente.

Il caso - Due lavoratori dipendenti a tempo pieno possono costituire una srl semplificata? 


L’analisi – Con specifico riferimento alla disciplina prevista in tema di srl semplificata, non possono essere individuati limiti alla possibilità, per due lavoratori dipendenti, di costituire una nuova società.

Al contrario, è possibile richiamare un’importante novità introdotta con il D.L. 76/2013 (c.d. Decreto lavoro), e con le successive modifiche della legge di conversione (L.9 agosto 013, n. 99).
A seguito dell’intervento normativo in oggetto è stata infatti ammessa l’amministrazione anche da parte dei non soci, oltre ad altri importanti aspetti quali la possibilità di costituire una srls anche per coloro che hanno più di 35 anni e la completa inderogabilità delle clausole dello statuto standard.

Potrà quindi ben accadere che, nel caso in cui i soggetti non possano seguire le vicende societarie, in quanto impegnati con il loro lavoro, sia nominato un amministratore esterno, il quale provvederà alla gestione dell’attività della società in completa autonomia.

Il divieto di concorrenza – Occorre tuttavia osservare alcuni accorgimenti per quanto riguarda i rapporti con il datore di lavoro, sebbene debba essere escluso che possano essere posti dei limiti allo svolgimento di ulteriori attività da parte dei dipendenti.

Si parla, nello specifico, di quello che l’art. 2105 c.c. definisce come “obbligo di fedeltà”.
Secondo l’articolo in oggetto il prestatore di lavoro non deve infatti trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né può divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare a essa pregiudizio.

Pertanto risulta essenziale prestare particolare attenzione ove l’attività che la nuova srls andrà a svolgere possa configurarsi come in concorrenza con quella dell’attuale datore di lavoro: in questo caso, infatti, il rischio non si concretizza soltanto in un possibile licenziamento, in quanto la responsabilità potrebbe avere anche natura risarcitoria.

Per detti motivi spesso risulta utile ottenere un consenso scritto da parte del datore di lavoro (eccezion fatta, ovviamente, per tutte quelle situazioni in cui il rischio di concorrenza tra le due attività può essere decisamente escluso).

Il dipendente pubblico – Ben diversa è la situazione per i dipendenti pubblici.
Come noto, infatti, il D.Lgs. 165/2001, mentre lascia alcuni spiragli di libertà ai lavoratori aventi un rapporto di lavoro a tempo parziale, impedisce al lavoratori full time lo svolgimento delle attività di commercio, industria, e di qualsiasi altra professione, nonché l’instaurazione di rapporti di lavoro con società private.

Sono altresì esclusi incarichi da società esterne, se non a seguito dell’autorizzazione dell’ente di appartenenza, che dovrà verificare che non vi possano essere conflitti né attuali né potenziali.

Allo stesso modo, il dipendente pubblico non potrà in alcun modo accettare cariche in società aventi finalità di lucro, eccezion fatta per tutti quegli enti e società per i quali la nomina è riservata allo Stato. Unica eccezione riguarda le società cooperative, per le quali non risultano costituiti dei limiti.

Gli aspetti previdenziali – Merita infine di essere ricordato come tra i casi nei quali è prevista la “non iscrivibilità” alle gestione commercianti ai fini INPS vi è altresì quello dello svolgimento di attività da lavoro dipendente a tempo pieno.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 1 aprile 2014

Visure catastali e ipotecarie con un click

Da oggi le visure catastali potranno essere consultate direttamente dal sito dell’Agenzia delle entrate, comodamente da casa. 


Con il comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate del 31 marzo viene infatti precisato che i contribuenti potranno accedere, attraverso la registrazione ai canali telematici Entratel e Fisconline ad un ampio spettro di dati relativi ai propri immobili.

Non solo infatti sarà possibile consultare quella che è la rendita catastale dell’immobile, ma sarà possibile anche ottenere la completa visura catastale (per soggetto e per immobile), nonché la mappa con la particella dei terreni, la planimetria del fabbricato e la visura ipotecaria.

Spariscono dunque le lunghe file presso l’ufficio provinciale del Territorio competente, a seguito di quest’importante innovazione introdotta con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 4 marzo scorso.

Le precisazioni - Tutti gli immobili presenti sul territorio nazionale potranno essere oggetto di consultazione, eccezion fatta per gli immobili situati nelle province autonome di Trento e Bolzano.

Inoltre, con specifico riferimento alle visure ipotecarie, il servizio non sarà disponibile nelle zone dove è in vigore il sistema tavolare.

Al fine di poter accedere al servizio i contribuenti dovranno risultare titolari, anche in parte, del diritto di proprietà o di altri diritti reali di godimento.

Inoltre, sempre con il comunicato stampa del 31 marzo, l’Agenzia delle entrate torna a precisare che le informazioni catastali potranno essere consultate gratuitamente anche presso gli sportelli catastali decentrati, in questo caso non solo per le persone fisiche.

Invio telematico degli atti - Ma le novità non si fermano qui: è infatti previsto, tra l’altro, che i pubblici ufficiali, come i segretari comunali, gli agenti della riscossione e gli ufficiali roganti della Pubblica amministrazione, potranno trasmettere, in via telematica, tutti i documenti necessari per la trascrizione di atti o per l’iscrizione delle ipoteche comodamente dal proprio studio.

Oltre ai notai, dunque, un ampio numero di soggetti potrà evitare di recarsi presso gli uffici per richiedere le trascrizioni, le iscrizioni e le annotazioni.
Anche per loro si aprono infatti i nuovi servizi messi a disposizione dell’Agenzia delle entrate.

Anche quest’ultima novità è frutto di un importante provvedimento direttoriale, del 10 marzo scorso.
Autore: Redazione Fiscal Focus