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giovedì 27 settembre 2012

Unico 2012: gli ultimi controlli


Premessa – Con l’avvicinarsi del 1° ottobre 2012, termine (per i soggetti solari) per l’invio di Unico 2012, si intensificano i controlli finali. Particolare attenzione merita il quadro RN e il controllo del pagamento delle imposte dovute.

Controlli dei pagamenti - Il primo controllo da fare corrisponde, infatti, alla verifica che le imposte risultanti da Unico risultino pagate nei termini previsti. In caso risultassero degli omessi versamenti è ancora possibile provvedere con il ravvedimento operoso. Dato che il termine di 15 giorni e di 30 giorni rispetto alla data di scadenza del saldo (9 luglio 2012 o 20 agosto 2012 con magg. 0,40%) risultano già superati è possibile versare le somme a saldo solamente ricorrendo al ravvedimento “lungo” che comporta il pagamento dell’imposta o maggiore imposta, della sanzione del 3,75% e degli interessi moratori (con maturazione giorno per giorno).

Controllo dei quadri 
- Il controllo del contenuto delle dichiarazioni, attiene alla verifica del contenuto ovvero, di quello che si è inserito nel modello che verrà poi trasmesso. È importante focalizzare l'attenzione su alcuni aspetti che possono determinare un carico sanzionatorio preoccupante. Si potrebbe dire che è imprescindibile riflettere sulle modalità di compilazione del modello degli studi di settore (tanto per quanto attiene i dati strutturali che per quanto riguarda i dati contabili), sul prospetto delle società di comodo e sul quadro RW.

Familiari a carico - Successivamente è consigliato verificare se il coniuge o i familiari fiscalmente a carico non hanno superato il limite di reddito di 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Il superamento del limite esclude il beneficio della detrazione. Nel caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione per i figli a carico spetta a quest'ultimo per l'intero importo.

Quadro RN - Infine è consigliato controllare i riepiloghi dei redditi, crediti d'imposta e ritenute: ogni importo deve concordare con il relativo quadro; la somma dei redditi deve corrispondere al totale indicato al quadro RN.

Invio - Effettuato il controllo finale di Unico, si procede con la sua trasmissione telematica. Una volta spedita la dichiarazione, il servizio telematico Entratel restituisce all’intermediario la “comunicazione di avvenuto ricevimento”, ossia la c.d. ricevuta che costituisce la prova di presentazione della dichiarazione. Come precisato dalle istruzioni ai modelli, a fronte di ciascun invio vengono prodotte una ricevuta relativa al file inviato o tante ricevute quante sono le dichiarazioni contenute nel file.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 25 settembre 2012

Beni ai soci: ulteriori chiarimenti delle Entrate


Circolare N. 36/E del 24 settembre 2012

Con la Circolare N. 36/E del 24 settembre 2012 l’Agenzia fornisce ulteriori chiarimenti in merito alla tanto discussa comunicazione dei beni ai soci, nuovo obbligo in capo ai contribuenti (e di conseguenza agli operatori) introdotto dall’articolo 2, commi da 36 terdecies a 36-duodevicies, del D.L. n. 138/2011, convertito dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148.

Le precisazioni fornite dall’Amministrazione si concentrano sulla certificazione dell’accordo tra concedente e utilizzatore per il godimento del bene, sul divieto di doppia tassazione in capo all’utilizzatore e sul godimento degli autoveicoli, nemmeno menzionando la questione relativa ai finanziamenti o capitalizzazioni dei soci.

Certificazione con data certa antecedente – L’Amministrazione Finanziaria chiarisce che la certificazione scritta di data certa antecedente all’inizio dell’utilizzo, richiesta dal precedente documento di prassi in materia (Circolare n. 24/E del 15 giugno 2012) è solo una forma per dimostrare la certezza e la documentabilità del godimento.
Lo scopo è evidentemente antielusivo: se alcuni contribuenti ipotizzavano di costruire a posteriori degli accordi di utilizzo tra società e soci (o familiari) solo in caso di necessità (ad esempio, un contratto di noleggio di pochi giorni per l’utilizzo di un natante teso a dimostrare il mancato utilizzo per la restante parte dell’anno), tale posizione dell’Agenzia ha di fatto giustamente eliminato questa velleità.
Ora l’Agenzia apre alla possibilità, tuttavia, di utilizzare altre forme di documentazione probatoria. Si può ad esempio ipotizzare l’emissione della fattura (annotata poi nei registri Iva) per l’utilizzo del bene o un verbale di assemblea nel quale viene dettagliata la modalità d’uso e i termini relativi. L’importante è che, qualsiasi mezzo venga utilizzato, siano specificati gli elementi essenziali dell’accordo tra concedente e utilizzatore, quali il corrispettivo, l’inizio e la durata del godimento del bene, vista la correlazione tra le parti interessate.

Il caso della ditta individuale, delle società di persone e di società trasparenti per opzione – Giunge, seppur tardivamente, un chiarimento atteso da tempo: l’applicazione delle nuove disposizioni non deve comportare in capo all’utilizzatore dei fenomeni di doppia imposizione sulla base del medesimo presupposto.
La violazione dell’art. 163 del Tuir (divieto di doppia tassazione giuridica) era uno spauracchio che andava evitato. L’Agenzia delle Entrate chiarisce, dunque, che nelle ipotesi in cui l’utilizzatore coincida con l’imprenditore individuale o con il socio di società di persone e di società trasparenti per opzione di cui all’articolo 116 del Tuir, il reddito diverso da assoggettare a tassazione in capo a quest’ultimo va ridotto del maggior reddito d’impresa imputato allo stesso utilizzatore (imprenditore individuale o socio tassato per trasparenza) a causa dall’indeducibilità dei costi del bene concesso in godimento che ha generato il reddito diverso.
Il reddito diverso da assoggettare a tassazione va, quindi, determinato confrontando la differenza tra il valore normale del diritto di godimento del bene e il corrispettivo pagato, con il reddito d’impresa imputato all’imprenditore individuale o la quota parte del reddito attribuito al socio per trasparenza corrispondente all’ammontare dei costi non ammessi in deduzione. Solo l’eventuale eccedenza tra detta differenza e il predetto reddito o quota parte di reddito sarà assoggettata a tassazione come reddito diverso.

Il godimento degli autoveicoli - Nel caso in cui oggetto del godimento sia un autoveicolo, ai fini della determinazione del valore normale, per esigenze di semplificazione, il valore normale deve essere determinato ai sensi dell’articolo 51, comma 4, del Tuir.
Conseguentemente per determinare il reddito diverso da tassare in capo all’utilizzatore va confrontato il valore normale del diritto di godimento del bene (determinato con la regola utilizzata per i fringe benefit) al
netto del corrispettivo pagato, con il reddito imputato all’imprenditore individuale o attribuito al socio utilizzatore per trasparenza corrispondente all’ammontare dei costi non ammessi in deduzione per effetto della percentuale di forfetizzazione prevista dal Tuir (60%). L’eventuale eccedenza del valore normale rispetto al predetto reddito sarà assoggettata a tassazione come reddito diverso.

Autoveicoli a uso esclusivamente aziendale - Ultimo chiarimento, non necessario perché sovrabbondante, che fornisce l’Agenzia è quello relativo al fatto che per i beni aziendali per i quali il legislatore già prevede l’integrale deducibilità del costo nell’ambito del reddito d’impresa (autovetture adibite a uso pubblico, es taxi) le disposizioni di cui all’articolo 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies non trovano applicazione. Su questo punto non vi erano dubbi già prima del chiarimento di ieri.

All’appello mancano gli attesi chiarimenti relativi ai finanziamenti e alle capitalizzazioni, da parte del Ministero o del legislatore.
Autore: Carla De Luca

venerdì 21 settembre 2012

Dichiarazione ICI entro il 1° ottobre


La dichiarazione deve essere presentata, nei casi in cui è ancora obbligatoria, per le variazioni intervenute nel 2011.
Arianna ZENI

Con l’approssimarsi del termine entro cui dover adempiere per l’ultima volta alla presentazione della Dichiarazione ICI, sostituita dal 2012 dall’IMU, pare opportuno riepilogarne gli aspetti principali. 
Entro il 1° ottobre 2012 (in quanto il 30 settembre è domenica), infatti, deve essere presentata, nei casi in cui è ancora obbligatoria, la dichiarazione ICI per le variazioni intervenute nel 2011 da parte dei soggetti che, entro lo stesso termine, devono presentare il modello UNICO 2012.
Nonostante l’obbligo, facente capo al contribuente, di presentare la dichiarazione o denuncia di variazione ICI, di cui all’art. 10, comma 4 del DLgs. 30 dicembre 92 n. 504, sia stato soppresso dall’art. 37, comma 53 del DL 223/2006, esso persiste in generale:
- al fine di fruire di riduzioni o detrazioni d’imposta (es. per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati e per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale e dai medesimi condotti);
- nei casi in cui le modificazioni soggettive ed oggettive che danno luogo ad una diversa determinazione degli importi dovuti dipendano da atti per i quali non sono applicabili leprocedure di aggiornamento telematico previste dall’art. 3-bis del DLgs. 18 dicembre 97 n. 463, mediante il “modello unico informatico” (MUI);
- in tutti gli altri casi in cui gli elementi rilevanti ai fini dell’ICI non siano acquisibili da parte dei Comuni attraverso la consultazione della banca dati catastale (es. se l’immobile è stato oggetto di locazione finanziaria o di un atto di concessione amministrativa su aree demaniali, se l’atto costitutivo, modificativo o traslativo del diritto ha avuto ad oggetto un’area fabbricabile; se l’immobile è stato oggetto di vendita all’asta giudiziaria o nell’ambito delle procedure di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa).
La dichiarazione deve essere presentata, in duplice esemplare, al Comune nel cui territorio sono ubicati gli immobili oggetto di denuncia, direttamente ovvero mediante lettera raccomandata.
Se un immobile è situato nel territorio di più Comuni e ha un’unica rendita catastale, lo si considera interamente situato nel Comune nel quale si trova la maggior parte della superficie.
La dichiarazione deve essere presentata entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui il pagamento dell’ICI è stato effettuato.
Il Comune, tuttavia, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, può stabilire altre modalità di trasmissione e un diverso termine di presentazione della dichiarazione.
Il modello è reperibile sul sito del Ministero
Il modello di dichiarazione ICI da utilizzare è quello approvato dal DM 12 maggio 2009 per gli anni 2008 e successivi, con le relative istruzioni alla compilazione.
Tale modello è disponibile:
- sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze www.finanze.it;
- ovvero su altri siti a condizione che quello prelevato abbia le caratteristiche tecniche richiamate nell’art. 4 del DM 12 maggio 2009 e rechi l’indirizzo del sito dal quale è stato prelevato nonché gli estremi del citato decreto di approvazione.
 

giovedì 20 settembre 2012

Tracciabilità: più limiti e sanzioni


Ancora novità sulla tracciabilità dei pagamenti, sanzioni di 3000 euro per l’emissione di assegni trasferibili superiori al tetto massimo consentito.

Novità in tema di antiriciclaggio – Sul tema della tracciabilità dei pagamenti, lo scopo del legislatore è quello di rendere sempre più obbligatorio l’utilizzo dei sistemi di pagamento elettronici. Tutti gli ultimi interventi normativi si dirigono in questo senso e le nuove disposizioni si intravedono nel prossimo decreto Sviluppo. 
Diversi sono stati gli interventi del Governo anche con il decreto sulla sanità (prevedendo l’obbligo di pagare i medici con mezzi tracciabili qualunque sia l’importo da versare). Con riferimento al credito al consumo ad esempio, sono stati previsti degli interventi che limitano l’uso del contante e incidono sulle sanzioni. Il Governo ha varato un provvedimento che prevede un nuovo limite per i cambiavalute con una serie di interventi sanzionatori (amministrativi/pecuniari), in particolare sugli importi che ovviamente aumentano. 

Limite per i cambiavalute - Il nuovo decreto in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale prevede che la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta attuata dai soggetti che svolgono l'attività di cambiavalute per il trasferimento in contanti, avrà un limite fino a 2.500 euro. Questo limite deroga a quanto è stabilito in modo ordinario dal primo comma dell'articolo 49 del D.Lgs. 231/07 per tutti i movimenti in contanti tra privati, che fissa la soglia di riferimento a un limite di mille euro. Nelle ipotesi di violazione di questa disposizione è prevista una sanzione che va da un minimo dell'1 per cento a un massimo del 40 per cento dell'importo oggetto del trasferimento.

Le sanzioni pecuniarie - Un altro intervento del Governo riguarda l'aumento delle sanzioni amministrative/pecuniarie previste in caso di violazioni antiriciclaggio per i libretti di deposito bancari e postali al portatore. Con il nuovo decreto legislativo è previsto un innalzamento delle sanzioni pecuniarie per i casi di saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore con importo pari o superiore a mille euro, in questo caso la sanzione minima aumenterà dal 20 al 30% del saldo del libretto al portatore. La soglia proposta, andrà da un minimo del 30 a un massimo del 40% (l'attuale va dal 20 al 40%). L’aumento della sanzione dall'attuale soglia che va dal 10 al 20% del saldo del libretto alla nuova, che parte da un minimo del 30 a un massimo del 40%, è da considerasi di rilievo. La sanzione è prevista per la mancata estinzione al 31 marzo 2012 o mancata riduzione del saldo dei libretti bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a mille euro, per il trasferimento di libretti di deposito bancari o postali al portatore qualora sia stata omessa la comunicazione da parte del cedente alla banca o alle Poste italiane entro il termine di 30 giorni.

Emissione assegni non trasferibili – Un nuovo intervento riguardante le sanzioni ha a che fare con i casi di negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta operata dai cambiavalute, per gli assegni bancari e postali trasferibili emessi per importi pari o superiori a mille euro, per gli assegni bancari e postali emessi all'ordine del traente e per gli assegni circolari, vaglia postali e cambiari. In questi casi la sanzione prevista per l’emissione con importi superiori alla soglia è determinata nell’importo di 3000 euro. Pertanto, se viene emesso un assegno trasferibile, senza indicare il beneficiario, di 1.500 euro la sanzione minima irrogabile è di 3mila euro.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 19 settembre 2012

Euribor: il tasso che decide il “costo” del mutuo


I mutui a tassi variabili sono condizionati dal valore dell’Euribor. In questo momento i valori sono molto bassi, ma negli anni passati esso ha generato parecchi grattacapi ai mutuatari.

Il tasso che influenza i mutui – L’Euribor è un concetto caro alle famiglie italiane che hanno sulle spalle il peso di un mutuo a tasso variabile. Qualche anno fa è stato anche uno dei motivi di tanti grattacapi per via della crescita molto alta dei tassi di interesse. Euribor è l’acronimo di “tasso interbancario di offerta in euro” ed è un tasso di riferimento: ogni giorno infatti viene calcolato il tasso medio delle transazioni finanziarie tra le principali banche.

Come avviene il calcolo giornaliero? – Del panel di rilevazione fanno parte 43 banche: ognuna di esse fornisce le quotazioni del tasso che è disposta a concedere per il prestito di denaro ad altre banche primarie dell’area euro. Ogni banca ha a disposizione un panel privato in cui può inserire i dati fino alle 10:45 (Fuso orario dell’Europa Centrale) di ogni giorno in cui è aperto il “Target” (sistema trans-europeo automatizzato di trasferimento espresso con regolamento lordo in tempo reale). In caso di ulteriori segnalazioni, le banche possono usufruire di un lasso di tempo in cui hanno la possibilità di correggere le proprie quotazioni; successivamente Reuters calcola il tasso basandosi su una media arrotondata a tre cifre decimali, dopo aver però escluso il 15% più alto o più basso delle rilevazioni. La rilevazione si ritiene valida se almeno il 50% delle banche coinvolte ha inviato i propri dati attraverso il proprio panel. Dopo la rilevazione Reuters si preoccupa di pubblicare immediatamente tali dati, rendendoli visibili ai sottoscrittori.

Euribor e politica monetaria – L’Euribor quindi è un dato medio che valuta il tasso al quale le banche scambiano denaro, e l’andamento e il destino di tali tassi è legato inscindibilmente alla politica monetaria intrapresa dalla Bce: se si diminuisce il costo del denaro la politica viene detta espansiva e i tassi diminuiscono. Se invece la politica è riduttiva, i tassi si puntano al rialzo. L’Euribor è nato in concomitanza con l’Euro e ne fanno parte alcune banche italiane tra le quali sono da rammentare Intesa Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena.

L’influenza sui mutui –
 La riduzione dell’indice dimostra che c’è incertezza nella zona euro, quindi dovrebbe essere un fattore negativo. Ma alcune note positive non mancano: quest’incertezza infatti risulta molto positiva per i mutuatari che riescono a ottenere una riduzione delle rate del mutuo se i tassi scendono. Ma i tassi dei mutui sulla prima casa non sono condizionati solamente da tale tasso: anche lo spread – cioè il margine che gli istituti applicano ai mutui – gioca un ruolo di primo piano: spesso infatti i costi possono essere maggiori anche di molto. In ogni caso, si stima che gli Euribor rimarranno sotto la quota dell’1% fino all’autunno del 2014: quindi una situazione favorevole che permarrà nel tempo per i sottoscrittori di mutui a tasso a tasso variabile, almeno fino al 2016, quando i tassi cominceranno a salire.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 14 settembre 2012

La sanzione è fissa a 258 euro se si integra il quadro RW


Il contribuente che integra il quadro RW entro il termine per l'accertamento e senza che sia stata contestata una violazione da parte dell'Amministrazione Finanziaria, è soggetto al pagamento della sanzione fissa di 258 euro e a quella proporzionale prevista dal D.L. n. 167/1990.
Stessa cosa vale per l’integrazione "spontanea" del modello Unico in caso di mancata indicazione nel quadro RF dei costi black list.
La norma di comportamento n.185 dei dottori commercialisti, emanata lo scorso 11 settembre 2012, dall’apposita Commissione della Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili, si esprime in tal senso.
In vista dell’ormai imminente scadenza di invio dei modelli dichiarativi (01 ottobre 2012) la questione è di estrema importanza.

La fattispecie è tornata di estrema attualità, tuttavia, anche per il fatto che è stata aperta una procedura di infrazione da parte della Ue nei confronti dell'Italia sul tema dell'eccessiva onerosità delle sanzioni prescritte in materia di monitoraggio fiscale e in considerazione della totale assenza di conseguenze reddituali derivanti dall’omessa compilazione del quadro RW o dalla sua incompletezza.

L’integrativa e il ravvedimento operoso- La dichiarazione integrativa può essere presentata dal contribuente solamente se è stata originariamente presentata la dichiarazione dei redditi, ancorché tardivamente entro i 90 giorni dalla scadenza. Se la dichiarazione viene presentata entro i termini per l’invio della dichiarazione dei redditi relativi all’anno successivo, è possibile regolarizzare la propria posizione, mediante ravvedimento operoso, pagando le sanzioni in misura ridotta.
Relativamente al Modello UNICO 2011, la presentazione di una dichiarazione integrativa entro il 30 settembre 2012 (01 ottobre 2012) comporta il pagamento delle seguenti sanzioni: per la mancata presentazione del modulo RW, una sanzione pari al 10% degli importi non dichiarati (art. 5 del D.L. n. 167/1990); se non risultano imposte dovute € 258 in misura fissa (art. 8, co. 1, D.Lgs. n. 471/1997); se risultano maggiori imposte dovute, sanzione proporzionale per dichiarazione infedele ordinariamente prevista nella misura del 100%, maggiorata di un terzo (133%) trattandosi di violazioni che riguardano redditi prodotti all’estero (art. 1, co. 2 e 3, D.Lgs. n. 471/1997).
Avvalendosi del ravvedimento operoso, tali sanzioni possono essere ridotte a un ottavo.

La norma di comportamento n.185 dei dottori commercialisti –
 Nel nuovo documento pubblicato dalla Commissione della Associazione italiana dottori commercialisti viene fatto un parallelismo tra le violazioni in materia di monitoraggio fiscale e quanto affermato dall'Agenzia delle Entrate con riferimento alla mancata indicazione dei costi black list all'interno del modello Unico.
Il comma 3 bis dell'articolo 8 del D.Lgs. 471 del 1997 prevede per tali costi, in caso di integrazione spontanea della dichiarazione entro i termini di accertamento per il periodo di imposta e di assenza di controlli da parte dell'Amministrazione Finanziaria, la debenza di una sanzione pari a 258 euro.
Per logicità e vista l’infrazione aperta a livello comunitario, secondo l’ADC è possibile sanare la mancata compilazione del quadro RW ovvero la sua incompletezza provvedendo, entro il termine di accertamento del relativo periodo di imposta, se non sono stati avviati controlli da parte dell'Amministrazione Finanziaria, al pagamento della sanzione fissa di 258 euro ulteriormente riducibile, con ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997). “Una volta effettuata tale sanatoria, il contribuente eviterà anche l'applicazione della misura della confisca, avendo sanato la violazione principale”, continua la norma di comportamento.

La mancata compilazione della sola sezione III del quadro RW (trasferimenti da e verso l’estero nei quali siano intervenuti intermediari finanziari residenti), infine, non comporta alcuna sanzione, vista la conoscenza, da parte dell'Amministrazione dei dati in questione, indipendentemente dall'obbligo dichiarativo.
Autore: Carla De Luca

giovedì 13 settembre 2012

La SRL semplificata: appunti


Per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 3 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 24 gennaio 2012, n. 19, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, è stata introdotta nel nostro ordinamento la nuova figura della “S.r.l. s.” , la S.r.l. semplificata. 
Questa nuova variante alla ordinaria S.r.l., destinata ai soci persone fisiche che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione, gode di molteplici agevolazioni, come l’obbligo di un capitale sociale minimo ridotto a un solo euro. 
La nuova forma di S.r.l. è operativa dallo scorso 29 agosto 2012, data di entrata in vigore del D.M. 138/2012, c.d. D.M. Giustizia, attuativo del dettato normativo.
A oggi è possibile raccogliere le prime posizioni interpretative assunte dalle Camere di Commercio che gestiscono i registri delle imprese.

I dottori commercialisti non possono effettuare cessioni di quote per i soci delle S.r.l.s. secondo le CCIAA – Un primo dubbio interpretativo di natura tecnica da parte degli operatori del settore riguarda l’individuazione dei soggetti autorizzati a effettuare la cessione di quote della S.r.l.s. A oggi i registri imprese propendono per il diniego verso l'operatività dei commercialisti in tali operazioni (cessioni di quote redatte ai sensi dell'art. 36 comma 1-bis della L. n. 133/2008). Data la riserva di competenze al notaio per l'accertamento dei requisiti anagrafici in sede di costituzione, obbligo imposto e sanzionato per il solo notaio dall'art. 49 (novellato) della L. not. n. 89/1913 e visto il punto n. 4 dello statuto standard (s.s.) che colpisce con la nullità il trasferimento delle quote per atto tra vivi a soggetti over 35, le Camere di Commercio hanno assunto una posizione interpretativa negativa.

L’immodificabilità dello statuto standard 
- L'art.2463 bis del c.c., recante la disciplina della S.r.l.s. stabilisce che l'atto costitutivo debba essere redatto tenendo conto del modello standard tipizzato, approvato con il D.M., senza apporvi eventuali modifiche. Il regolamento ministeriale n. 138/2012 emanato dal Ministero sembra tuttavia aprire alla possibilità di applicare, per quanto non regolato dal modello standard, le norme della S.r.l. ordinaria ove non derogate dalla volontà delle parti. Non c’è conflitto fra dettato civilistico e regolamento, se si ritiene che l’adattabilità si riferisca ai soli tratteggi da completare consentiti dallo stesso statuto standard e relativi soprattutto alla scelta del sistema di amministrazione, consentendo anche l'opzione per l'amministrazione congiunta o disgiunta, vi è conflitto invece se fosse lasciata maggiore libertà nella redazione dell’atto. Chiarimenti sono opportuni.

Il decesso del socio e le conseguenze per la società
 – In caso di decesso di uno dei soci (successione mortis causa dell'under 35), non è chiaro quali siano le conseguenze per la società. Secondo un’interpretazione rigorosa, se il nuovo socio successore fosse over 35, andrebbe liquidata la quota sociale o, in alternativa, sciolta la società. Secondo un’interpretazione più morbida, sarebbe ammissibile la successione a favore di soggetti over 35 o, addirittura, a favore di soggetti diversi dalle persone fisiche, essendo il divieto limitato al solo caso di cessione inter vivos, per evitare intenti anti elusivi.

Le perdite che riducono il capitale nella S.r.l.s
. – Nonostante il capitale minimo della S.r.l.s. sia di 1 euro, la disciplina civilistica fa comunque riferimento alla disciplina ordinaria della S.r.l. in tema di riduzione per perdite del capitale e conseguente scioglimento della società. In assenza di una norma specifica per la nuova figura di S.r.l. “speciale”, va comunque fatto riferimento all’articolo del codice previsto per la S.r.l. ordinaria.

La perdita del requisito anagrafico – Non è chiaro quali conseguenze abbia il fatto che uno o più soci della S.r.l.s. raggiungano il 35° anno di età. Sembra che tale vicenda non debba comportare alcuna conseguenza significativa da un punto di vista giuridico né per la singola partecipazione (esclusione di diritto del socio o obbligo di cessione a persona under 35) né per la società (scioglimento o obbligo di trasformazione in srl ordinaria). Il passaggio da S.r.l.s. a S.r.l.c.r. (S.r.l. a capitale ridotto) o a S.r.l. ordinaria non è una vera e propria trasformazione ex artt. 2498 del c.c. e s.s., ma a oggi è essenzialmente una modifica squisitamente statutaria.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 12 settembre 2012

Prelievi non giustificati


Sentenza della Cassazione in materia di indagini finanziarie

I prelievi sul conto corrente, se non giustificati, lasciano legittimamente presumere la percezione di maggiori ricavi non contabilizzati, da parte dell’imprenditore.

La sentenza. Questo, in sostanza, è quanto si evince dalla sentenza numero 13500 della Suprema Corte di Cassazione, pubblicata il 27 luglio 2012. Con tale pronuncia la Sezione Tributaria Civile ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

L’avviso. La vicenda giudiziaria ha tratto origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio finanziario aveva recuperato a tassazione, ai fini IRPEF e ILOR, ai sensi dell’art. 32 comma 1 del D.P.R. 600/1973, ricavi costituiti da versamenti non contabilizzati e prelevamenti corrispondenti a costi non documentati, effettuati dal contribuente sui propri conti bancari.

I giudizi di merito. I primi due gradi di giudizio si sono conclusi in senso favorevole al contribuente. In particolare, per i giudici dell’appello, l’art. 32 citato non poteva trovare applicazione in riferimento ai prelevamenti effettuati dal contribuente sul conto di sua pertinenza.

Il principio di diritto
. In una passaggio chiave delle lunghe motivazioni che hanno condotto gli Ermellini verso l’accoglimento del ricorso del Fisco, si legge che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, “l'art. 32, del d.P.R. n. 600/73 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi, ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, essendo, tra l'altro, le presunzioni inserite a pieno titolo nel catalogo delle prove tipiche disponibili per il giudice, attesa la loro collocazione nel titolo II del libro VI (tutela dei diritti) del codice di rito, dedicato alle ‘prove’. Anche se è evidente che le presunzioni in materia dovranno essere sottoposta ad un'attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti evidenziati dal contribuente, dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (sempre che sia grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati”. Senonché, nel caso esaminato, a fronte di numerosi elementi presuntivi desumibili dai conti correnti, il contribuente non ha offerto nessuna prova di segno contrario, neanche sul piano presuntivo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 10 settembre 2012

Non si applica ai "minimi" la riduzione di deducibilità dei costi auto.


Il reddito si determina a prescindere dalla norme previste dal Tuir

Premessa – I contribuenti minimi determinano il reddito sulla base di specifiche regole le quali non fanno alcun rinvio alle disposizioni previste dal Tuir. Per tale motivo questi soggetti non saranno colpiti dalla riduzione della percentuale di deducibilità delle auto previste dalla Riforma del lavoro che ha modificato l’art. 164 del Tuir portando il limite di deducibilità dal 40% al 27,5%.

Riforma del lavoro – La principale novità fiscale della L. 28 giugno 2012, n. 92, emanata per affrontare una serie di problematiche occupazionali e di crescita, è contenuta nell'art. 4, co. 72, ed è rappresentata dalla modifica dell'art. 164, co. 1, Tuir, e precisamente dal ribasso dei coefficienti di deducibilità parziale dei componenti negativi relativi ai veicoli. In particolare, è ridotta dal 40% al 27,50% la quota deducibile delle spese relative ai veicoli adibiti a uso promiscuo. Le predette novità normative non sono, tuttavia, immediatamente efficaci, essendo prevista la loro applicabilità soltanto a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 18 luglio 2012 (per i contribuenti solari dal 2013).

Contribuenti minimi – Tali novità non coinvolgono i contribuenti che si avvalgono del “Regime dei Minimi”. Per tale regime sono, infatti, previste delle regole particolari di determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito. In particolare, l’art. 1 comma 96 della Finanziaria 2008 ha previsto che il reddito di impresa o di lavoro autonomo dei soggetti che rientrano nel regime dei minimi “è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa o dell’arte o della professione”. La norma non fa alcun rinvio, quanto alle modalità di determinazione delle componenti reddituali positive e negative, ai criteri del Tuir. Questo significa che, nel rispetto del principio di cassa, la base imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva è data da una mera somma algebrica estranea a qualunque limitazione di deducibilità, se non laddove viene imposta (50%) dall’impiego promiscuo del bene.

Circolare 7/E/2008 Agenzia delle Entrate
 - Il mancato rinvio alle norme del Tuir è stato confermato prima nella circolare n. 7/E/2008 dove viene affermato che: “a prescindere dalle disposizioni del TUIR che prevedono uno specifico limite di deducibilità per le spese di acquisto delle autovetture e dei telefonini, si ritiene che, come precisato con la circolare n. 73/E del 2007, al paragrafo 2.1, trattandosi di beni ad uso promiscuo, tali spese rileveranno, in ogni caso, nella misura del 50 per cento del relativo corrispettivo. La stessa limitazione si applica anche ai canoni di leasing nell’ipotesi in cui i menzionati beni siano ad uso promiscuo ed acquisiti mediante un contratto di leasing finanziario”.

Auto per i minimi 
- Considerato che la parziale deducibilità (27,5%) dei costi per le autovetture è prevista dall’art. 164 del Tuir (modificato dalla Legge 92/2012 2008) si ritiene che tale limitazione non debba interessare i contribuenti che si avvalgono del “regime dei minimi”, i quali continueranno ad applicare la percentuale di deducibilità del 50%.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 7 settembre 2012

Srl a un euro e semplificata senza garanzia per i finanziamenti


Le due nuove forme di S.r.l.: S.r.l.s. e S.r.l.c.r. - Come noto, in base all’art. 2463-bis c.c., introdotto dall’art. 3 del D.L. n. 1/2012, c.d. “Decreto Liberalizzazioni”, i soggetti aventi determinati requisiti possono costituire una “Società a responsabilità limitata semplificata” (S.r.l.s.). A seguito delle modifiche apportate dal Decreto in esame la nuova tipologia di società, il cui capitale sociale non può essere inferiore ad € 1 e superiore a € 10.000, può ora essere costituita anche “da persone fisiche che abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione”.
Va evidenziato che in tal caso la costituzione può avvenire mediante contratto o atto unilaterale; l’atto costitutivo va redatto per atto pubblico; gli amministratori possono anche essere persone fisichediverse dai soci; la denominazione di srl a capitale ridotto, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e il Registro delle Imprese presso il quale la stessa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza e “nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico”.

Inoltre è previsto che alle srl a capitale ridotto sono applicabili, in quanto compatibili, le disposizioni del Codice civile del libro V, titolo V, capo VII.

Con il D.L. Sviluppo 83/2012, convertito nella L. 134/2012 è stata varata un altro tipo di assetto societario ovvero la società a responsabilità limitata a capitale ridotto (S.r.l.c.r.), portando cosi a tre il numero delle Srl di cui il nostro ordinamento permette la costituzione ovvero:
→ la Srl ordinaria;
→ la Srls semplificata;
→ la Srlcr (società a responsabilità limitata a capitale ridotto).

Da notare subito che la società a responsabilità limitata a capitale ridotto non è una mera variante della Srl semplificata.

I punti in comune tra S.r.l.s. e S.r.l.c.r. 
- L’aspetto che accomuna le due tipologie di società ( la Srl semplificata e la Srl a capitale ridotto) è il capitale sociale, infatti entrambe devono avere un capitale tra 1 e 9.999,99 euro, da versare solo in denaro (sono esclusi i conferimenti in natura o di servizi). All'atto della costituzione, per tutte e due le società, il capitale va versato per intero nelle mani degli amministratori, mentre nelle Srl ordinarie il capitale iniziale va collocato transitoriamente in banca, e può essere versato anche non per intero (se la società non è a socio unico), ma in misura non inferiore al 25 per cento.

Le differenze tra S.r.l.s. e S.r.l.c.r. -
 La società a responsabilità limitata a capitale ridotto, non gode di agevolazioni in termini di costi istitutivi come la Srl semplificata (viene costituita con normale atto pubblico), ma non è neppure assoggettata ai vincoli dello statuto standard pur dovendosi attenere agli stessi limiti di capitale delle srl semplificate.
Le principali differenze rispetto alla Srls (società a responsabilità limitata semplificata) riguardano: la denominazione della società; il fatto che l'atto costitutivo possa esser redatto, per atto pubblico, secondo le regole tipiche della srl; la circostanza che gli amministratori possano essere scelti fra soggetti non soci; la possibilità che l'assemblea possa essere presieduta anche da soggetti non coincidenti con l'amministratore unico o presidente del CDA; il requisito che concerne l'età dei soci che qui devono essere tutti over 35.
Il requisito dell’età rende possibile che la srl semplificata con unico socio, possa trasformarsi in società a capitale ridotto quando il socio supera il 35° anno di età. Inoltre in questa struttura societaria tutti i soci devono aver superato il 35° anno di età, ciò rende di difficile comprensione l'ultimo periodo dell'art. 44 del D.L. 83 aggiunto in sede di conversione in legge, secondo cui al fine di favorire l'accesso ai giovani imprenditori al credito, il Mef promuove con l'Abi un accordo per fornire credito a condizione di favore ai giovani di età inferiore ai 35 anni, che intraprendono una attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una srl a capitale ridotto.

La S.r.l.c.r. e la S.r.l.s. senza garanzie - Il problema attuale, tuttavia, abbastanza prevedibile già agli albori della normativa sulle nuove forme di S.r.l., riguarda il reperimento delle fonti di finanziamento esterno per l’avvio dell’attività.
L’ambizione di aprire una Srl con un capitale di un euro esente da imposta di bollo, diritti di segreteria e onorario notarile, si scontra contro il muro delle banche nel momento in cui si debba ottenere un credito.
Un genitore dovrebbe garantire per il figlio-imprenditore, se nullatenente, presentando il Cud, oppure la garanzia di un immobile. La fidejussione è del 30% in più rispetto alla cifra richiesta del finanziamento per lo start-up (se si chiedesse alla banca un credito di 50.000 euro, la garanzia richiesta sarebbe di 65.000).
Anche un buon business plan, redatto dal proprio consulente, non è sufficiente per ottenerlo.
Senza garanzie, dato che il capitale della nuova realtà non ne fornisce, la Srl semplificata o a capitale ridotto rischia, dunque, di rimanere solo un atto notarile.
Autore: Carla De Luca

giovedì 6 settembre 2012

IMU e abitazione principale


Per abitazione principale si intende l’immobile iscritto o iscrivibile (non è necessario che il fabbricato sia effettivamente accatastato, essendo sufficiente la sua semplice iscrivibilità in Catasto) nel Catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente (art.13 c.2 del D.L. 201/2011).

Non solo gli immobili di lusso pagano l’IMU - A differenza di quanto stabilito per l’Ici fin dal 2008, l’assoggettamento al tributo IMU non si limita alle prime case di maggior prestigio, dato che sono comunque assoggettati all’IMU tutti gli immobili adibiti ad abitazione principale, e non solo quelli accatastati come A/1 (abitazioni di lusso), A/8 (ville), A/9 (castelli, abitazioni di eminente pregio).

Rispetto dei requisiti - Ai fini dell’IMU si considera abitazione principale del contribuente quella inderogabilmente caratterizzata dalla compresenza di due requisiti: quello soggettivo (dimora abituale nel fabbricato) e quello oggettivo (iscrizione residenza anagrafica).
La nozione di abitazione principale valida ai fini Imu è, quindi, sostanzialmente diversa da quella che era stata adottata ai fini dell’esenzione Ici.
Necessariamente, ai fini Imu, vi deve essere coincidenza di dimora e residenza anagrafica perché l’immobile possa essere considerato abitazione principale. Se il soggetto passivo risiede in un comune ma, per motivi di lavoro, dimora abitualmente in un Comune diverso, non vi sarà abitazione principale Imu in nessuno dei due comuni.

Accatastamento unitario - Inoltre l’abitazione principale non può che essere una sola unità immobiliare; se il contribuente dimora e risiede in una casa composta da più di una unità immobiliari al catasto (es. piano sopra distinto da piano sotto), le singole unità immobiliari vanno assoggettate separatamente ad imposizione, ciascuna con la propria rendita rivalutata: per un’unità viene applicata l’aliquota del 4 per mille in acconto e le agevolazioni dell’abitazione principale, mentre l’altra è considerata altro fabbricato e sconta l’aliquota base del 7,6% in acconto e l'aliquota deliberata dal comune per tali tipologie di fabbricati a saldo. Il contribuente sceglie a quale delle due applicare l’aliquota agevolata (probabilmente nella dichiarazione IMU).
Dunque, in presenza di due unità autonomamente accatastate, anche se destinate unitariamente a dimora della famiglia, i benefici Imu si applicano solo per una delle due, a meno che non si dimostri di averne richiesto l'accatastamento unitario.

I coniugi – L’abitazione principale è l'unica unità immobiliare in cui il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Se due coniugi dimorano e risiedono in immobili diversi nello stesso comune, una sconta l’aliquota ordinaria dello 7,6% e l’altra del 4%. Un solo immobile è considerato abitazione principale.
Se i due coniugi risiedono e dimorano in due immobili diversi in due comuni diversi, la legge tace e la circolare OMNIBUS n. 3/DF/2012 apre alla possibilità di riconoscere l’aliquota ridotta del 4 per mille e le relative detrazioni a entrambi gli immobili, ma al fine di evitare comportamenti elusivi, i coniugi per poter scontare l’aliquota del 4 per mille e le agevolazioni abitazione principale devono stabilire la residenza e il domicilio negli immobili. Il Comune è l’ente che si occuperà dei relativi controlli.
In quest’ultimo caso, infatti, spiega la circolare, il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative.
Il coniuge che per motivi di lavoro risiede in un comune diverso da quello del proprio nucleo familiare ha comunque diritto alle agevolazioni Imu per l'abitazione principale.
Nessun problema si ha, invece, nel caso in cui il figlio risieda in un immobile di sua proprietà nello stesso Comune di residenza dei genitori: le agevolazioni Imu saranno valide sia per l'immobile dei genitori sia per quello di proprietà del figlio.

Nel caso, assai frequente, di coniugi separati, ai soli fini Imu (e non sul piano reddituale), il coniuge assegnatario dell'ex casa coniugale si considera titolare del diritto di abitazione sull'immobile. Il bene dovrà essere assoggettato a Imu in capo all'assegnatario per intero, a prescindere dalle quote di proprietà. Se vi sono figli conviventi di età non superiore a 26 anni, si potrà fruire della maggiorazione di 50 euro a figlio. Il coniuge non assegnatario potrà disporre delle agevolazioni Imu con riferimento all'immobile di proprietà in cui egli risiede e dimora, anche se il bene si trova nello stesso Comune dell'ex casa coniugale.

Comodato d’uso abitazione
 – Il fatto che il proprietario dia in comodato d'uso l’abitazione ai parenti non dà più diritto ad alcuna agevolazione di legge. Questa fattispecie era esente ai fini Ici, se regolamentata per tempo dal Comune, mentre nell'Imu è soggetta alla disciplina generale, con applicazione dell'aliquota ordinaria dello 0,76%, senza nessuna detrazione.
I Comuni, nei loro regolamenti, non possono assimilare il comodato d'uso all'abitazione principale, perché privi di un’espressa disposizione autorizzativa governativa in tal senso.

Assimilazioni all’abitazione principale e non - Unica eccezione: le unità immobiliari non locate possedute da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero e quelle dei cittadini italiani iscritti all'Aire, le quali sono assimilate all’abitazione principale, se una specifica delibera regolamentare del Comune lo prevede.
Hanno alcune agevolazioni di legge dell’abitazione principale (detrazioni), ma non sono assimilati all'abitazione principale, gli immobili delle cooperative a proprietà indivisa, assegnate ai soci della stessa e degli Iacp. Per ciascuna di tali unità trova applicazione la detrazione base di 200 euro, ma l'aliquota di riferimento resta lo 0,76%, salvo diversa deliberazione comunale.
Autore: Carla De Luca

martedì 4 settembre 2012

IMU: il 17 settembre la seconda rata


Il prossimo 17 settembre 2012 i contribuenti che hanno optato per il pagamento dell’Imu in 3 rate sono chiamati al versamento della seconda rata di acconto.
I possessori di un immobile, considerato abitazione principale, che hanno scelto di rateizzare l’imposta (2 rate di acconto e 1 di saldo), solo per l’anno 2012 possono avvalersi di una scadenza aggiuntiva, rispetto a quelle ordinarie del 16 giugno e del 16 dicembre.
Il contribuente dovrebbe aver già provveduto al versamento di 1/3 dell’imposta lo scorso 18 giugno (il 16 cadeva di sabato), entro il prossimo 17 settembre provvederà al pagamento di un ulteriore 1/3 e verserà il rimanente a saldo, entro il termine ordinario del prossimo 17 dicembre (il 16 cade di domenica).
Mentre le prime due rate sono identiche, l'ultima verrà determinata come differenza tra l’imposta dovuta per l'anno e l'importo pagato nelle prime due tranche.

Si ricorda che tale rateazione, anche se poco utilizzata dai contribuenti, è ipotizzabile anche per gli immobili assimilati all'abitazione principale.

Acconti con aliquote e detrazioni standard
 – Per conoscere effettivamente l’ammontare dell'imposta IMU totale dell’anno, è necessario verificare le delibere comunali. Tuttavia, dato che le amministrazioni possono adottare i necessari provvedimenti tributari sino al 31 ottobre 2012, con effetto retroattivo dal 1° gennaio 2012, alla data di scadenza dell'adempimento, il contribuente potrebbe non conoscere le decisioni locali.
Le rate di giugno e di settembre, per tale motivo, vengono calcolate applicando le aliquote e le detrazioni base (di legge), posticipando al momento del saldo l'applicazione delle delibere comunali.
Per il versamento dell'acconto si deve considerare l'aliquota dello 0,4% e la detrazione di 200 euro, oltre alla maggiorazione di 50 euro per ciascun figlio convivente, di età non superiore a 26 anni.

Il saldo varia a seconda delle scelte comunali - Il potere regolamentare dei Comuni sull'Imu devono, comunque, tenere conto del dettato normativo: aliquote IMU inferiori all’aliquota minima del 2 per mille non sono ammesse, così come un aumento della maggiorazione della detrazione per i figli conviventi non può essere considerata valida, nonostante lo preveda il regolamento comunale.
L’ente comunale ha ampi margini di manovra, invece, per un’eventuale differenziazione delle aliquote e aumento della detrazione base di 200 euro. Potremmo assistere a una diversificazione delle aliquote per l'abitazione principale in funzione della categoria catastale dell'immobile, purché si rimanga tra lo 0,2 e 0,6 per cento.
È inoltre possibile elevare la detrazione per la totalità dei contribuenti o adottare un’ulteriore detrazione solo per determinate categorie di soggetti passivi, in funzione della loro situazione reddituale e/o patrimoniale.
Se l’ente decidesse di rendere l'abitazione principale esente dal tributo, non potrebbe procedere all’aumento dell'aliquota base dello 0,76% per i possessori di unità immobiliari a disposizione.

I rurali accatastati
 - Le unità abitative rurali in generale seguono da un punto di vista IMU, il principio generale, fatta eccezione per le unità abitative che, avendo i requisiti di ruralità, sono prive di rendita e devono essere accatastate entro la fine di novembre.
In tal caso il versamento dell’imposta va effettuata in un'unica soluzione entro il termine del saldo (17 dicembre 2012). La stessa regola viene applicata all'immobile che è già stato accatastato nel corso del 2012.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 3 settembre 2012

La convenienza dell’auto dell’amministratore


La nuova deducibilità più ridotta porta a preferire l’intestazione agli amministratori

Premessa – La riduzione della deducibilità del costo delle auto dal reddito d’impresa e le problematiche sull'utilizzo delle stesse da parte dei soci anche per motivi personali (comunicazione per il 2011 in scadenza il prossimo 15 ottobre), porterà molte imprese a preferire l'intestazione delle autovetture direttamente agli amministratori per le società di capitali, agli accomandatari per le sas o ai soci per le snc.

Stretta sulle auto – Con l’approvazione della c.d. Riforma del lavoro (Legge 92/2012) è stata ridotta la percentuale di deducibilità dei costi relativi all’acquisto/utilizzo dei veicoli a motore per le imprese e i lavoratori autonomi. In particolare viene disposto che dal 2013 detti costi sono deducibili nella misura del 27,5% (anziché 40%) per la generalità delle imprese e lavoratori autonomi e nella misura del 70% (anziché 90%) per i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti. Questo taglio incide anche sull'importo massimo di deduzione del costo d’acquisto (con finanziamento o leasing che sia), che passerà dagli attuali euro 7.230,40 a euro 4.970,90 (costo massimo riconosciuto fiscalmente di 18.075,99 euro per 27,5%).

Auto degli amministratori - Le società che affidano auto a dipendenti o amministratori valuteranno se procedere, entro la fine dell'esercizio in corso, alla loro intestazione personale. Il drastico ridimensionamento dei benefici nella deduzione dei costi, unito all'attenzione dei verificatori, anche nei controlli su strada, su chi usa auto intestate a società, renderanno in diversi casi conveniente passare al sistema dei rimborsi a pie' di lista, con cui la deduzione delle indennità chilometriche per l'uso in specifiche trasferte resta integrale.

Deducibilità - Per tale fattispecie, infatti, non sono previste modifiche e si continua ad applicare la disciplina attualmente in vigore, la quale prevede che sono escluse dal reddito dell’amministratore le somme documentate e rimborsate per spese di viaggio, alloggio e vitto relative a prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale della sua residenza.

Rimborsi chilometrici –
 Per quanto riguarda in particolare le indennità chilometriche è previsto un limite massimo di deduzione per l'impresa, pari al costo di percorrenza relativo ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel (articolo 95, comma 3, Tuir). Le autovetture con 17 cavalli fiscali hanno una cilindrata tra 1505,9 e 1643,3 cc., mentre quelle di 20 cavalli fiscali tra 1930,6 e 2080,1 cc. (decreto legge 8 ottobre 1976, n. 691). La risoluzione delle Entrate 6 maggio 2011, prot. 954-59477-2011, ha chiarito che “per costo di percorrenza deducibile quale indennità chilometrica rimborsata ai dipendenti o ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa debba intendersi il costo complessivo di esercizio in Euro al Km calcolato dall'Aci, comprensivo della quota relativa al costo non proporzionale al chilometraggio” (assicurazione Rca, tassa automobilistica, quota interessi). Ai fini della deduzione del costo per l'impresa, quindi, si può utilizzato il costo Aci complessivo di esercizio (sempre nei limiti dei 17 o 20 cv), il quale è l'importo massimo deducibile per l'impresa.

Amministratore - In capo al percettore, invece, questa indennità non concorre mai a formare il reddito, neanche se si utilizza una tariffa Aci superiore (articolo 51, comma 5, Tuir) e neanche se il rimborso spese analitico, comprensivo anche di altre spese di viaggio e trasporto (aereo o treno) o di vitto e alloggio, supera i 180,76 euro giornalieri (258,23 euro, se all'estero). Questo limite, infatti, riguarda solo la deduzione in capo all'impresa delle spese di vitto e alloggio per le trasferte (articolo 95, comma 3, Tuir).
Autore: Redazione Fiscal Focus

domenica 2 settembre 2012

Equitalia: limiti all'ipoteca esattoriale

Sentenza della CTR Roma

Il principio. E' illegittima l'iscrizione ipotecaria quando il valore del bene sottoposto al provvedimento non è proporzionale al credito vantato e superiore rispetto al doppio del credito.

La sentenza. Lo ha sostenuto la Commissione Tributaria Regionale di Roma - Sezione XXI^, con la sentenza numero 152 dell'11 giugno 2012. Il giudizio ha riguardato l'impugnazione di un avviso di iscrizione ipotecaria, notificato ex art. 77 del D.P.R. n. 602/1973.

Le eccezioni della contribuente
. Con il ricorso introduttivo si chiedeva al giudice tributario di prima istanza l'annullamento del detto atto, per due ordini di motivi: in primo luogo, Equitalia aveva sottoposto a vincolo l'immobile adibito a residenza principale della contribuente, ignorando del tutto gli altri immobili di proprietà della medesima; in secondo luogo, si trattava di una provvedimento palesemente sproporzionato rispetto all'entità del credito per il quale si procedeva.

L'appello
. Ebbene, l'adita Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso della contribuente e, per l'effetto, condannava l'Ente incaricato della riscossione alla rifusione delle spese di lite. A questo punto, Equitalia proponeva appello, ma senza successo. Vediamo perché.

Le osservazioni della CTR
. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha osservato come l'iscrizione ipotecaria contestata abbia interessato un immobile del valore commerciale di 1.000.000,00 di euro, a fronte di un credito di euro 97.021,07 vantato dall'Agenzia delle Entrate, in relazione a un'imposta di registro su una sentenza emessa in un contenzioso non ancora definitivo. Sicché è parsa evidente la sproporzione esistente tra la somma iscritta a ruolo e l'immobile ipotecato, anche in considerazione del fatto che la contribuente possedeva altri appartamenti nel Comune di Barletta, che non ne costituivano la residenza “e che per il valore economico avrebbero potuto costituire idonea garanzia del credito erariale”. Di più. I giudici romani ricordano che, in ogni caso, l'art. 77 citato fa divieto all'Ente incarico per la riscossione di iscrivere ipoteca per un valore superiore al doppio del credito tributario.
Autore: Redazione Fiscal Focus