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mercoledì 15 gennaio 2014

Amministratori. Sulla deducibilità dei compensi

Compensi determinati in sede di bilancio

I compensi corrisposti agli amministratori sono deducibili dal reddito d'impresa anche quando manca una delibera assembleare che ne abbia determinato l'erogazione. È quanto emerge da dalla sentenza 182/07/13 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Inserimento nel bilancio approvato dall’assemblea. La CTR meneghina, a conferma della decisione di prime cure, oggetto d'impugnazione da parte dell'Agenzia delle Entrate, ha ritenuto che la contribuente avesse legittimamente dedotto dal reddito d’impresa i costi per compensi corrisposti agli amministratori poiché, anche in assenza di una delibera assembleare, gli emolumenti erano stati approvati con il bilancio di esercizio. Ad avviso della CTR, la disposizione della preventiva delibera assembleare è prevista da norme civilistiche e non fiscali “essendo sufficiente sotto tale aspetto, quale prova del relativo costo, la documentazione dell’erogazione effettuata” (nello stesso senso: CTP Torino 137/16/11, CTR Lombardia 36/2006 e CTR Toscana 170/2008).

La posizione della S.C. 
La Corte di Cassazione è intervenuta di recente su una questione sostanzialmente analoga a quella tratta dal giudice regionale di Milano, chiarendo che, relativamente ai compensi per gli amministratori, si può parlare di costi deducibili per l’impesa, laddove quest’ultima dimostri la predeterminazione degli stessi attraverso una delibera assembleare che abbia stabilito le somme spettanti ai membri del CDA, in assenza di un’apposita previsione dello statuto.

Cass. sentenza n. 17673 del 2013. La Sezione Tributaria del Palazzaccio ha ricordato che ai sensi del TUIR (art. 49, II comma, lett. a]) l'attività di amministratore di società è compresa fra “i rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività che, pur avendo contenuto intrinsecamente professionale, sono svolte senza vincolo di subordinazione in favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita”.

La giurisprudenza di legittimità, con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’articolo 2389, comma 1, cod. civ., ha sostenuto che, qualora il compenso non sia stabilito nello statuto, è necessaria un’esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata anche nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltreché dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea. Ne deriva che l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 c.c., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori.

Mancanza di prova sulla predeterminazione dei compensi
. Alla luce delle considerazioni che precedono, gli Ermellini hanno accolto un ricorso dell’Agenzia delle Entrate cassando, per l’effetto, la sentenza di secondo grado che aveva annullato la ripresa a tassazione concernente gli emolumenti corrisposti dalla contribuente (una SRL) agli amministratori. L’Agenzia fiscale ha lamentato con successo l’assenza di prova circa la predeterminazione dei compensi per i componenti del CDA.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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