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lunedì 30 settembre 2013

Errori in sede di ravvedimento nel termine lungo

Circolare Assonime n. 29 del 27 settembre 2013

Assonime commenta i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la Circolare n. 27/E del 2 agosto 2013, in merito al comportamento da adottare in caso di errori commessi dai contribuenti in sede diravvedimento operoso e di versamento delle imposte nel c.d. “termine lungo”. 
Si tratta di chiarimenti che, ispirati a principi di equità e logicità del sistema, rettificano la prassi adottata in passato da alcuni uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria e confermano le posizioni interpretative espresse da Assonime.

Con la circolare n. 27/E del 2 agosto 2013 l’Agenzia delle entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito alla tematica degli errori commessi dai contribuenti in sede di applicazione degli istituti di cui agli artt. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 e 17, comma 2, del D.P.R. n. 435/2001; il primo permette di versare una sanzione ridotta in caso di omesso o parziale versamento delle imposte e il secondo la facoltà di effettuare il versamento del saldo e del primo acconto scaturenti da Unico e IRAP nel termine lungo, cioè entro il trentesimo giorno successivo al termine ordinario, previo pagamento di una maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo. Con tale documento di prassi, fa notare Assonime, l’Agenzia ha condiviso le posizioni interpretative che l’Associazione aveva prospettato: in particolare, l’Agenzia ha attribuito preminente rilevanza al comportamento concludente dei contribuenti.

Gli errori commessi dai contribuenti in merito alle somme dovute a titolo di ravvedimento
 –I contribuenti che commettono errori in sede di versamento delle imposte dovute possono fruire dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997) ottenendo una riduzione:
a un decimo delle sanzioni previste per l’omesso versamento delle imposte (pari al 30 % dell’omesso versamento - art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997), se il pagamento viene effettuato entro trenta giorni dalla data di scadenza del termine di versamento - c.d. ravvedimento nel termine breve;
o a un ottavo, qualora il predetto versamento sia effettuato entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione (art. 13, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 472/1997) - c.d. ravvedimento nel termine lungo.

Oltre alla sanzione, i contribuenti devono provvedere anche al pagamento del tributo, degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno.
Al riguardo, taluni Uffici dell’Amministrazione finanziaria, in un iniziale approccio interpretativo, avevano ritenuto che anche errori di lievissima entità nella determinazione degli importi dovuti a titolo di ravvedimento (imposta, sanzioni e interessi) rappresentassero fattori che impediscono il perfezionamento del ravvedimento, con conseguente comminatoria delle sanzioni in misura integrale.
Tuttavia, è spesso accaduto e ben può continuare ad accadere ancora che i contribuenti abbiano commesso errori non sul quantum dell’imposta da versare, bensì sull’importo della sanzione dovuta a titolo di ravvedimento; nell’esempio precedente ad esempio la società versa a titolo di sanzione solo 5 (anziché 10). In questi casi, gli organi accertatori hanno ritenuto che 5 è un importo sufficiente per ravvedere il 50% della violazione e, cioè, 50; con la conseguenza che in sede di rettifica hanno applicato lasanzione ordinaria pari al 100% sul residuo importo di 50, sul residuo importo, cioè, dell’imposta originariamente dovuta, non attribuendo alcuna rilevanza al fatto che tale residuo importo sia stato, pur sempre, correttamente versato nei termini previsti per il ravvedimento operoso.
Assonime aveva fatto notare come l’efficacia (parziale) del ravvedimento si sarebbe dovuta correttamente valutare in “termini quantitativi complessivi”, ponendo attenzione, appunto, al versamento totale effettuato dal contribuente, a prescindere da come egli abbia ripartito la somma versata nel relativo modello di pagamento. In altri termini, riprendendo l’esempio sin qui prospettato, deve assumersi che il versamento della società risulti congruo a ravvedere la violazione in esame per 95,45, così come emerge dalla proporzione 110:100=105:X, in ragione del fatto che il versamento effettuato da tale società unitariamente considerato (105) dovrebbe essere ripartito in 95,45 a titolo di imposta e 9,55 a titolo di sanzione ridotta. Con la conseguenza, quindi, che la società B doveva essere chiamata a versare le sanzioni in misura integrale in relazione a quella parte di violazione non ravveduta pari a 4,55 e non a 50.
Con la risoluzione n. 27/E del 2013, l’Agenzia delle entrate ha condiviso questa soluzione interpretativa, confermando che in questi casi il ravvedimento deve intendersi perfezionato in misura proporzionata al versamento complessivamente effettuato dal contribuente e che gli uffici, a tal fine, devono provvedere, ove occorra, a variare i codici tributo e a suddividere l’importo versato in modo tale riallocare correttamente la somma versata nelle varie componenti di debito nascenti dalla disciplina del ravvedimento.
Autore: Redazione Fiscal Focus

IRAP. Rimborso al professionista con dipendenti

Sentenza della Cassazione Tributaria

Se il dipendente non contribuisce in maniera significativa all’aumento del reddito, il professionista non deve pagare l’IRAP. Lo afferma la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza 25 settembre 2013, n. 22020.

Emolumenti e terzi. Gli Ermellini hanno confermato la sentenza della CTR della Puglia che, sia pur parzialmente, ha accolto il ricorso proposto da un medico contro il silenzio-rifiuto delle Entrate su un’istanza di rimborso IRAP. Ad avviso del giudice di legittimità, la presenza di spese modeste per emolumenti a terzi (così come accertato dalla CTR) non è sufficiente per determinare l’automatica sottoposizione a IRAP del professionista. Del resto la presenza di dipendenti non è di per sé elemento costitutivo dell’autonoma organizzazione, bensì elemento presuntivo da cui essa può essere dedotta.

Il “valore aggiunto”. Nelle interessanti motivazioni della sentenza in esame, la S.C. precisa, fra l’altro, che l’imposta regionale sulle attività produttive coinvolge una capacità produttiva che può non essere compiutamente autonoma, ma deve pur sempre essere impersonale e aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa esterna, cioè da un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale del professionista, cosicché è il “surplus” di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva e integra il professionista a essere interessato dall'imposizione che colpisce l'incremento potenziale, o “quid pluris”, realizzabile rispetto alla produttività auto-organizzata del solo lavoro personale. Spetta al giudice accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore e aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, tale da escludere che l’IRAP divenga una (probabilmente incostituzionale) “tassa sui redditi da lavoro autonomo”.

Non deve scoraggiare le assunzioni. La Corte conclude sostenendo “che la sottoposizione a tassazione aggiuntiva di chi assume un dipendente anche quando tale dipendente non determini un qualche significativo aumento del reddito e quindi manchi il presupposto giuridico dell'IRAP, costituirebbe una sorta di sanzione che scoraggerebbe l’assunzione di dipendenti”.

Respinto il ricorso del Fisco. Alla luce di quanto sopra, gli Ermellini hanno respinto il ricorso del Fisco in quanto in esso non sono stati evidenziati elementi da cui sia stato possibile dedurre che il dipendente part- time della contribuente abbia dato luogo a un qualche potenziamento della sua capacità produttiva. Le spese del giudizio sono state compensate.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 27 settembre 2013

DICHIARAZIONE DEI REDDITI: le Sezioni I e III del modulo RW

Il modello RW è stato letteralmente stravolto dalla Legge Europea n.97/2013, pubblicata in G.U. lo scorso 20 agosto: si attendono pertanto i chiarimenti del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate al quale sarà affiato il compito di ridisegnare la nuova dichiarazione annuale, che perderà la sezione I e III, dedicata ai trasferimenti.

La sezione II del modulo RW, unica a rimanere in vita nei prossimi anni, deve essere compilata dai contribuenti fiscalmente residenti in Italia per indicare gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria detenuti alla data del 31 dicembre 2012. Gli investimenti vanno indicati indipendentemente all’effettiva produzione di redditi, in quanto il modello ha esclusivamente finalità legate al monitoraggio da parte dell’Agenzia delle Entrate, e infatti la sua omissione da Unico non incide direttamente sul pagamento delle imposte (sebbene sia comunque sanzionato).
Gli obblighi di dichiarazione non sussistono, invece, per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano riscossi attraverso l’intervento degli intermediari stessi.
La Legge Europea per il 2013 conferma, in sostanza, questa disposizione, ma ne subordina l'efficacia (da Unico 2014 per il 2013) al fatto che l'intermediario abbia assoggettato il provento percepito a ritenuta alla fonte o imposta sostitutiva.

I trasferimenti da, verso e sull’estero - Questo sarà l’ultimo anno in cui nel modulo RW saranno accolti anche i trasferimenti che nel corso del periodo d’imposta hanno interessato gli investimenti e le attività, sempreché l’ammontare complessivo dei movimenti, calcolato tenendo conto anche dei disinvestimenti, sia stato superiore a euro 10.000.
I disinvestimenti dovranno essere considerati in valore assoluto: pertanto, nel caso di un investimento di 6.000 e un successivo disinvestimento di 5.000 si considera superata la soglia dei 10.000 euro.
I movimenti possono riguardare i trasferimenti:
- dall’estero verso l’Italia;
- dall’Italia verso l’estero;
- tra due Stati esteri o nell’ambito del medesimo Stato estero (in tal caso si parla di trasferimenti “sull’estero”).
I trasferimenti devono essere riportati nella Sezione III, anche se al termine del 2012 i soggetti interessati non detengono più investimenti o attività all’estero, in quanto a tale data è intervenuto il disinvestimento o l’estinzione dei rapporti finanziari, e qualunque sia la modalità con cui sono stati effettuati i trasferimenti (quindi vanno indicati anche se i movimenti sono avvenuti attraverso intermediari residenti).

Nella sezione III non devono invece essere indicati:
a) i pagamenti effettuati in Italia (a residenti) per l'acquisto di beni all'estero, poiché in tal caso manca una movimentazione di denaro verso l'estero, sebbene sia comunque necessario indicare a fine anno la consistenza dell’investimento estero nella sezione II. Devono invece essere indicati i trasferimenti a proprio beneficio effettuati da altri soggetti: è il caso, ad esempio, del padre che trasferisce denaro all’estero per consentire al proprio figlio di acquistare un immobile. Il figlio, titolare dell’investimento, deve indicare nel modulo RW della propria dichiarazione dei redditi la consistenza dell’investimento e i relativi trasferimenti dei quali è stato beneficiario, in quanto il trasferimento è stato effettuato dal padre, ma a beneficio di un investimento comunque riferibile al figlio:
b) gli acconti versati per acquisti o investimenti non ancora concretizzati nel periodo d'imposta;
c) l'incremento degli investimenti esteri per effetto del versamento dei frutti degli investimenti.

La Sezione I riguarda invece i trasferimenti da e verso l’estero relativi a operazioni correnti, ossia per cause diverse dagli investimenti e attività estere di natura finanziaria, effettuati attraverso non residenti senza il tramite di intermediari residenti, se l’ammontare complessivo di tali trasferimenti nel corso del periodo d’imposta sia stato superiore ad euro 10.000,00.
Sono esempi di “operazioni correnti” il pagamento di compensi, il risarcimento di danni, le transazioni commerciali, le spese per servizi in genere. Non vanno invece indicati i canoni di locazione percepiti da immobili situati all’estero, in quanto questi ultimi andranno indicati nella sezione II.

In mancanza di precisazioni, si ritiene che sia la Sezione I che la Sezione III dovranno essere compilate in Unico 13. Tuttavia, in virtù del principio secondo il quale nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione, non si ritiene punibile l’omessa compilazione delle sezioni I e III in Unico 13, in quanto le stesse sono state abrogate.
Per effetto del principio del «favor rei», inoltre, anche le nuove sanzioni ridotte previse dalla Legge europea si applicano alle violazioni già commesse. Si ricorda infatti che la sanzione minima è stata ridotta dal 10% al 3% degli importi non dichiarati e la massima dal 50% al 15%; è stata anche eliminata la sanzione accessoria della confisca ed è prevista una sanzione ridotta di 258 euro per chi regolarizza l'eventuale violazione entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione.
Ovviamente, non è possibile richiedere la restituzione della sanzione laddove sia già intervenuto il pagamento.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 26 settembre 2013

Equitalia: nuovi canali di pagamento per le cartelle

Possibile pagare le cartelle di Equitalia notificate dalla fine di giugno scorso che hanno uno speciale codice a barre

Il comunicato di Equitalia - Con un comunicato stampa di ieri 25 settembre, Equitalia annuncia che grazie agli accordi con le due reti di ricevitorie Lottomatica e Sisal Pay, i cittadini possono pagare i bollettini Rav allegati alle cartelle, usufruendo anche di un’ampia fascia oraria e di tutti i giorni, compresi sabato e domenica. I cittadini possono così disporre di circa 60 mila punti di pagamento in più, oltre agli sportelli di Equitalia e agli altri canali già attivi sul territorio.

Cartelle a partire da giugno scorso - Nei punti vendita Lottomatica e Sisal Pay possono essere pagate le cartelle di Equitalia notificate a partire dalla fine di giugno di quest’anno in cui è presente uno speciale codice a barre.
Il pagamento nelle ricevitorie può essere effettuato sia entro la scadenza dei 60 giorni dalla data di notifica della cartella sia oltre la scadenza, in quanto l’importo viene aggiornato automaticamente con le somme aggiuntive previste dalla legge. I nuovi canali di pagamento si aggiungono agli sportelli di Equitalia, delle banche, dei tabaccai e delle Poste.

I nuovi punti per pagare - Per trovare i Punti vendita LIS Paga di Lottomatica abilitati al servizio, che accolgono anche pagamenti con carta PagoBancomat, carte prepagate Lottomaticard e carte di credito, basta consultare il sito www.lisclick.it. Per scoprire invece il punto SisalPay più vicino a casa è disponibile l’indirizzo www.sisalpay.it. Si ricorda che le cartelle possono essere pagate oltreché in contanti (entro i limiti previsti dalla normativa antiriciclaggio), anche con carta di credito o ricaricabile sul sito internet del gruppo Equitalia (www.gruppoequitalia.it), cliccando sulla voce “Pagare online” oppure attraverso l’Estratto conto online.

Pagamento oltre i termini – Si ricorda che l’importo riportato sul bollettino è valido solo entro la data di scadenza indicata sul documento a cui è allegato. Oltre tale data si potrà comunque pagare il RAV, ma l’importo andrà ricalcolato in quanto alla cifra prestampata andranno sommati gli oneri di riscossione aggiuntivi Infine, se il pagamento viene effettuato oltre i termini di scadenza indicati nella cartella/avviso, all'importo dovuto si aggiungeranno:
- ulteriori interessi di mora e sanzioni, previsti dalla legge e versati interamente agli enti creditori;
- un aggio interamente a carico del contribuente e pari all'8% dell’importo dovuto. Per i ruoli emessi fino al 31 dicembre 2012 l'aggio è pari al 9%;
- eventuali spese per le azioni cautelari/esecutive.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 25 settembre 2013

Unico 2013: spese di rappresentanza, vitto e alloggio

Gli operatori che compilano il modello Unico e in particolare i righi dedicati alle spese di rappresentanza,devono aver preliminarmente rilevato in contabilità le diverse voci di spesa, già adottando una logica fiscale.
Se, infatti, le scritture contabili già seguono una classificazione per natura, come richiesto dalla disciplina tributaria e in particolare dal D.M. 19 novembre 2008, si riduce notevolmente la possibilità di effettuare errori.

Le diverse tipologie di spesa - Possono essere così descritte:
spese di viaggio, vitto e alloggio (art. 1, co. 5, del D.M. 19.11.2008): esse vengono sostenute per ospitare clienti in occasione di eventi o di visite a unità produttive dell'impresa e sono deducibili integralmente, ovvero nella misura del 75%, se riferiti a vitto e alloggio (art. 109, comma 5, Tuir);

spese di trasferta analiticamente sostenute dai lavoratori dipendenti fuori dal territorio comunale. Nella determinazione del reddito d'impresa non trova applicazione il nuovo limite di deducibilità pari al 75%, è ammessa infatti la deducibilità totale (cfr. C.M. n.6/2009), qualora vengano rispettati i limiti giornalieri dettati dal Tuir all'art. 95, co. 3 (180,76 euro al giorno, elevato a euro 258,23 giornalieri per le trasferte all'estero);

spese di trasferta analiticamente sostenute dai lavoratori dipendenti nel territorio comunale. Nella determinazione del reddito d'impresa trova applicazione il nuovo limite di deducibilità pari al 75%.
Attenzione tra i dipendenti rientrano anche gli amministratori di società (collaboratori), per i quali i rapporti di lavoro non rientrano nell'attività di lavoro autonomo. Pertanto le spese sostenute al di fuori del territorio comunale (in cui ha sede l'azienda) sono deducibili nei limiti di cui all'art.95, comma 3 del TUIR e le spese sostenute all'interno del territorio comunale sono deducibili nel limite del 75%;

spese di rappresentanza pure (es. spettacolo offerto in coincidenza con una fiera): sono deducibili nel periodo di imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con D.M. 19.11.2008, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa e dell'attività internazionale dell'impresa.
In ogni caso le spese di rappresentanza, dopo le novità apportate dalla Finanziaria 2008, sono deducibili in proporzione all'ammontare dei ricavi/proventi della gestione caratteristica dell'impresa:
- all'1,3% dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni;
- allo 0,5% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;
- allo 0,1% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni.
Per le imprese di nuova costituzione, le spese di rappresentanza non dedotte nell’esercizio per incapienza di ricavi, possono essere riportate a nuovo e dedotte nell'esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi e in quello successivo nella misura massima derivante dall'applicazione delle percentuali sopra riportate. In tal caso occorre riportare l’importo delle suddette spese non deducibili nel periodo d’imposta 2012 in Unico 2013 al rigo RS101.
Nella determinazione dell'importo deducibile non si tiene conto delle spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro che sono sempre integralmente deducibili nel periodo di sostenimento.

- Spese di vitto e alloggio e di rappresentanza: in questo caso si deve considerare l'indeducibilità del 25% della spesa e in seguito valutare se la quota residua (pari al 75%) sia o meno compresa all'interno degli scaglioni previsti dal D.M. 19.11.2008.

Compilazione di Unico - Le società di capitali indicano in Unico i predetti oneri attraverso la compilazione di due righi del quadro RF: rigo RF24 ed RF43, indicando cioè una variazione in aumento per l'intero importo della spesa e una variazione in diminuzione per la quota deducibile. Nel rigo RF24 vanno indicate, a colonna 1, tutte le spese di vitto e alloggio, a prescindere dal fatto che siano o meno qualificabili come spese di rappresentanza, diverse da quelle di cui al comma 3 dell’art.95 del Tuir; nella colonna 2, vanno riportate le spese di rappresentanza pure, diverse da quelle di vitto e alloggio. La somma degli importi indicati nelle colonne 1 e 2 va infine riportata a colonna 3.
Nel rigo dedicato alla variazione in diminuzione, RF43, anch'esso composto da tre colonne, va indicato, a colonna 1, 75% delle spese di rappresentanza relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande di cui al comma 5 dell’art. 109 del TUIR diverse da quelle di cui al comma 3 dell’art. 95 del TUIR; nella colonna 2 vanno indicate le spese di rappresentanza di cui all’art. 108, comma 2, secondo periodo, del TUIR, comprensivo delle spese indicate in colonna 1, per l’ammontare deducibile ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.M. del 19 novembre 2008.
Infine, in colonna 3 va indicata la quota complessivamente deducibile, costituita dalla somma tra l'importo indicato a colonna 2 e il 75% delle spese di vitto e alloggio non qualificabili come spese di rappresentanza.

Va osservato che nel rigo delle variazioni in diminuzione non è più presente la colonna dove indicare le spese di rappresentanza contabilizzate in anni precedenti (fino al 2007 compreso), considerato che l'ultima quota deducibile (1/5 di 1/3 delle spese di rappresentanza sostenute nel 2007) ai sensi dell'articolo 108, comma 2, Tuir ante Finanziaria 2008, è stata indicata nel modello Unico 2012.
Stesse regole per Unico PF 2013 per i soggetti in contabilità ordinaria. Le imprese in contabilità semplificata non effettuano variazioni, ma indicano semplicemente l'importo deducibile delle spese in oggetto.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 23 settembre 2013

Redditometro: le spese per elementi certi

Sotto osservazione le spese sostenute per mantenere i beni già presenti nell'Anagrafe tributaria

Premessa - L’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 24 del 31 luglio scorso ha indicato quali sono le tipologie di spese che entrano in gioco per dare concreta attuazione alla fase di selezione e successivo accertamento con il nuovo redditometro. Tra queste figurano anche le “spese per elementi certi”.

La selezione - Nella fase di selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo con il nuovo redditometro saranno rilevanti le seguenti spese: le “spese certe”, cioè già presenti nell'Anagrafe tributaria, ovvero indicate dallo stesso contribuente nella dichiarazione dei redditi; le “spese per elementi certi”, cioè le spese sostenute per mantenere i beni già presenti nell'Anagrafe; le spese per beni e servizi di uso corrente la cui classificazione è mutuata dall'ISTAT e infine le spese sostenute per l'acquisto di beni e servizi durevoli.

Le spese per elementi certi -
 Sono riconducibili nell'ambito della categoria delle spese per elementi certi “le spese di ammontare determinato dall'applicazione di elementi presenti in Anagrafe tributaria o, comunque, disponibili (ad esempio potenza delle auto, lunghezza delle barche, ecc.) di valori medi rilevati dai dati dell'ISTAT o da analisi degli operatori appartenenti ai settori economici di riferimento”.

Godimento di immobili -
 Sono riconducibili nell'ambito di tale categoria di spese le cc.dd. spese gestionali connesse al godimento degli immobili quali, ad esempio, gli oneri condominiali. “Il nuovo strumento considera tutte le abitazioni, comprese quelle all'estero, nella disponibilità del contribuente a qualsiasi titolo siano detenute”. In tale ipotesi il Fisco ha certezza del possesso dei predetti beni, quindi acquisisce, sia pure indirettamente, la certezza che il contribuente abbia sostenuto le relative spese di manutenzione/gestione (spese per acqua e condominio e per manutenzione ordinaria).

Servizi per la casa - 
Si considerano tali anche le spese sostenute per l'acquisto di elettrodomestici e arredi e per altri beni e servizi per la casa. In buona sostanza se il contribuente possiede (a qualsiasi titolo) un'abitazione si presume che abbia anche sostenuto spese per l'acquisto dei predetti beni o servizi. Secondo quanto precisato dalla circolare n. 24 del 31 luglio scorso, in assenza di importi certi, le spese in questione “sono determinate moltiplicando la spesa media ISTAT della tipologia di nucleo familiare di appartenenza per il numero di unità abitative detenute in proprietà o altro diritto reale […] o in locazione (da rapportarsi alla quota o al periodo di possesso)”. Ad esempio l'ammontare così determinato sarà diverso per un nucleo familiare che vive in una regione del nord est rispetto a una regione del sud. Analogamente l'importo sarà diverso per una coppia con figli rispetto a una coppia senza figli.

Spese per trasporti -
 Si considerano tali anche le spese per i trasporti con particolare riguardo al mantenimento dei mezzi di trasporto. Preliminarmente è necessario individuare tutti i mezzi di trasporto di cui il contribuente ha avuto la disponibilità nel corso del periodo d'imposta. Nell'ipotesi in cui non sia possibile individuare con puntualità le predette spese, si deve fare riferimento alla potenza del mezzo di trasporto espressa in kw; di conseguenza “è calcolata la relativa spesa per carburante, olio, pezzi di ricambio e manutenzione, applicando i parametri contenuti nell'Allegato 1 della Tabella A allegata al D.M. 24.12.2012. La predetta tabella determina i Kw medi delle tipologie di nuclei familiari, relativi ai mezzi di trasporto. Agli importi così determinati (presuntivamente o meglio in base a valori medi) devono essere aggiunte le spese relative alle assicurazioni obbligatorie quantificate sulla base dei dati oggettivamente riscontrati”. Per i veicoli posseduti in leasing o noleggio assumeranno rilevanza i canoni pagati nell'anno, comunicati dagli operatori del settore.

Natanti, autovetture e aeromobili 
- Un ragionamento pressoché simile riguarda i natanti, le imbarcazioni e le navi da diporto. La Tabella A allegata al D.M. 24 dicembre 2012 individua (presuntivamente in base alle medie ISTAT) le spese di manutenzione. Il parametro di riferimento è costituito dalla lunghezza del natante e dalla tipologia (a motore o a vela) e, di conseguenza, si determina la spesa relativa al carburante, olio, pezzi di ricambio e manutenzione. La spesa è rapportata alla quota e ai mesi di possesso da parte del contribuente. Analogamente alle autovetture devono essere aggiunte le spese oggettivamente individuabili quali le assicurazioni obbligatorie e le altre assicurazioni riferite all'unità da diporto. Le medesime modalità devono essere tenute in considerazione per le spese relative agli aeromobili. La tabella A effettua una distinzione in base alla diversa tipologia di mezzo di trasporto.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 20 settembre 2013

Diritti d’autore e d’immagine. Focus sull’aspetto contributivo

L’imposizione contributiva scatta solo se i compensi per lo sfruttamento economico del diritto di autore derivano dall’esercizio abituale di arti e professioni

Premessa – L’INPS, con il messaggio n. 14712/2013, ha fornito utili chiarimenti in ordine al trattamento contributivo di somme percepite a titolo di compenso per lo sfruttamento economico del diritto di autore e del diritto di immagine, anche in relazione a situazioni di presunta irregolarità rilevate nell’ambito delle operazioni di accertamento sui soggetti titolari di redditi derivanti da arti e professioni, dichiarati nel quadro RE del Modello Unico, in assenza di contribuzione alla gestione separata di cui all’art. 2, co. 26 della L. n. 335/95 (operazione POSEIDONE).

Trattamento fiscale e contributivo
 – In via preliminare, l’INPS rammenta che il diritto di autore (disciplinato dall’art. 2575-2583 c.c.) riguarda “le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, al teatro, alla cinematografia, all’informatica ed al disegno industriale, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. Il titolare del diritto di autore è l’autore stesso, che lo acquisisce, a titolo originario, con la creazione dell’opera. Sul piano tributario, il compenso per lo sfruttamento economico del diritto di autore, è assoggettato a diversa imposizione a seconda che risulti percepito: dall’autore; da aventi causa a titolo gratuito (es. eredi o legatari dell’autore); da soggetti che abbiano acquisito a titolo oneroso l’utilizzazione economica del diritto medesimo. Nel primo caso, per la determinazione del reddito imponibile, all’importo del compenso si applica una deduzione forfettaria delle spese di produzione pari al 25% (per contribuenti con età superiore a 35 anni) ovvero al 40% (per contribuenti con età pari o inferiore a 35 anni) della misura del compenso medesimo. Nel secondo caso invece, il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore rientra nella categoria dei redditi diversi e costituisce reddito imponibile per l’intero importo. Anche nel terzo caso, il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore rientra nella categoria dei redditi diversi, ma all’importo lordo del compenso si applica una deduzione forfettaria delle spese di produzione in misura pari al 25% del suo importo (art. 71, TUIR).

Aspetto previdenziale - Sotto il profilo previdenziale, il reddito per lo sfruttamento economico del diritto di autore risulta soggetto a imposizione esclusivamente laddove derivi dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di arti e professioni. Ai fini dello svolgimento delle attività di accertamento di eventuali irregolarità contributive desumibili dall’incrocio delle informazioni fiscali e previdenziali, di norma, il soggetto titolare dei redditi in questione può rientrare in una delle seguenti fattispecie: libero professionista iscritto a una delle forme previdenziali previste dal D.Lgs. n. 509/1994 e dal D.Lgs. n. 103/1996 (Casse dei professionisti); artista iscritto al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo ex ENPALS (di seguito, per brevità, “FPLS”); lavoratore autonomo non iscritto ad una delle Casse dei professionisti e non rientrante nelle categorie degli artisti iscritti al FPLS. Nel primo caso, l’obbligo contributivo sussiste nei limiti e sulla base delle regolamentazioni adottate dalle singole Casse; nel secondo caso, invece, l’obbligo contributivo (e informativo) sussiste in capo al datore di lavoro, con diritto di rivalsa nei limiti della contribuzione posta a carico del lavoratore (aliquota vigente 9,19% incrementata al 10,19% per la parte di compenso che supera la misura prevista dall’art. 3-ter del D.L. n. 384/1992 convertito dalla L. n. 438/1992). Nel terzo e ultimo caso (lavoratore autonomo non iscritto al FPLS né iscritto a una Cassa professionale), trattandosi di redditi qualificati alla stregua di redditi di lavoro autonomo (quadro RL, sez. III, Unico PF), si configura, in prima approssimazione e fatti salvi eventuali errori nella compilazione della dichiarazione dei redditi (che possono utilmente essere riscontrati con l’Amministrazione Finanziaria, attesa anche la diversa modulazione delle deduzioni forfettarie in ragione della qualità del percettore), l’iscrizione alla Gestione separata e il conseguente assoggettamento a contribuzione obbligatoria.

Diritto di immagine – Il diritto di immagine altro non è che un diritto riconosciuto alla persone affinché la propria immagine non venga diffusa o pubblicata senza l’autorizzazione della persona medesima. Sul piano tributario, il compenso per l’utilizzazione del diritto di immagine rientra nei redditi di lavoro autonomo derivanti dalla “cessione […] di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale” (art. 54, co. 1-quater, TUIR) ovvero nei redditi diversi rivenienti “dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere” (art. 67, co. 1, lett. l)). In tal caso, il trattamento fiscale si differenzia a seconda che i proventi per l’utilizzazione del diritto siano percepiti da: il titolare originario del diritto nell’esercizio della sua attività professionale; il titolare originario del diritto al di fuori dell’esercizio della sua attività professionale, nonché un soggetto diverso dal titolare originario del diritto avente causa al suo sfruttamento economico a titolo gratuito ovvero oneroso. Nel primo caso il compenso rientra fra i redditi di lavoro autonomo ed è assoggettato ad imposizione, nel periodo di imposta di percezione, per l’intero ammontare. Nel secondo caso, il reddito è indicato nel quadro RL (altri redditi), sez. II-A (redditi diversi), al rigo RL16 che riporta specificamente i redditi derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 19 settembre 2013

ULTERIORI CHIARIMENTI PER RISTRUTTURAZIONI, RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA ED ACQUISTO DI MOBILI E GRANDI ELETTRODOMESTICI.

L'AGENZIA DELLE ENTRATE, CON LA CIRCOLARE N.29/E DEL 18 SETTEMBRE 2013, HA FORNITO ULTERIORI CHIARIMENTI RIGUARDO LE DETRAZIONI PER RISTRUTTURAZIONE, RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA ED ACQUISTO DI MOBILI E GRANDI ELETTRODOMESTICI.
DI SEGUITO GLI ARTICOLI, TRATTI DALLA RIVISTA ONLINE FISCAL FOCUS, CHE SPIEGANO QUANTO INDICATO NELLA CIRCOLARE.

Bonus ristrutturazioni: l’Agenzia fa luce sulla detrazione

Il D.L. 4 giugno 2013, n. 63, entrato in vigore il 6 giugno 2013, convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2013, n. 90, contiene tra le altre misure agevolative la proroga fino al 31 dicembre 2013 delladetrazione per il recupero del patrimonio edilizio con la maggiore aliquota del 50% e con il maggior limite di spesa di euro 96.000. 

Con il documento di prassi in commento, l’Agenzia fornisce chiarimenti su alcune questioni interpretative poste all’attenzione della stessa e riguardanti l’applicazione delle detrazioni indicate.

Proroga della detrazione del 50% con limite di spesa di euro 96.000 -
 Le detrazioni per le spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio sono disciplinate, a decorrere dal 2012, dall’art. 16-bis del TUIR. L’art. 16-bis del TUIR consente le detrazioni per un importo pari al 36% delle spese documentate, per un ammontare complessivo delle spese stesse non superiore a euro 48.000. 
Tuttavia, nell’ambito delle misure per lo sviluppo economico adottate con D.L. n. 83 del 2012, l’art. 11, comma 1, ha previsto per le spese documentate relative agli interventi di cui all’articolo 16-bis, comma 1, del TUIR, sostenute dal 26 giugno 2012 e fino al 30 giugno 2013, una detrazione dall’imposta lorda pari al 50% delle spese, fino ad un ammontare complessivo delle spese stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare.
L’Agenzia chiarisce che l’innalzamento della percentuale di detrazione dal 36% al 50% e l’incremento delle spese ammissibili da euro 48.000 a euro 96.000 si applicano anche alle spese sostenute per gli interventi di restauro e risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia (art. 16-bis co.3 del TUIR),assunte in misura pari al 25% del prezzo di acquisto o di assegnazione dell’unità immobiliare. 

Interventi antisismici in zone ad alta pericolosità - Il comma 1-bis dell’articolo 16 del decreto, aggiunto in sede di conversione in legge, stabilisce che per le spese sostenute per gli interventi di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettera i), del Tuir, su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), individuate dall'ordinanza del Presidente del CdM n. 3274 del 20 marzo 2003, riferite a costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività produttive, spetta, fino al 31 dicembre 2013, una detrazione dall'imposta lorda pari al 65%, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. 
Il rinvio alla lett. i) dell’art. 16-bis del Tuir, secondo l’Agenzia, comporta che gli interventi agevolabili coincidono con quelli ammessi alla detrazione del 36% (50% fino al 31 dicembre 2013, in forza della proroga disposta dall’art. 16, comma 1, del decreto). La lett. i) include gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche con particolare riguardo all'esecuzione di opere:
- per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali;
- per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio;
- per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione.
Le unità immobiliari che possono essere oggetto degli interventi agevolabili sono individuate con un duplice criterio: la localizzazione territoriale in zone sismiche ad alta pericolosità e il tipo di utilizzo. L’Agenzia chiarisce che non rileva, invece, la categoria catastale dell’unità immobiliare, non sussistendo alcun vincolo al riguardo.
Per il profilo territoriale, gli edifici devono ricadere nelle zone sismiche (ogni zona coincide con il territorio di un comune) ad alta pericolosità individuate con i codici 1 e 2 nell’allegato A dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”.
Per il tipo di utilizzo, rileva la circostanza che la costruzione sia adibita “ad abitazione principale o ad attività produttive”, con ciò privilegiando gli immobili in cui è maggiormente probabile che si svolga la vita familiare e lavorativa delle persone. L’Agenzia chiarisce che per “costruzione adibita ad abitazione principale” si intende l’abitazione nella quale la persona fisica o i suoi familiari dimorano abitualmente, secondo la nozione rilevante in ambito IRPEF.
Inoltre, per “costruzioni adibite ad attività produttive”, stante la particolare finalità della disposizione in esame di tutela delle persone prima ancora che del patrimonio, si intendono le unità immobiliari in cui si svolgono attività agricole, professionali, produttive di beni e servizi, commerciali o non commerciali.

Unico edificio con unità abitative e produttive - L’amministrazione specifica che la circostanza che un unico edificio localizzato in una zona sismica ad alta pericolosità possa comprendere unità immobiliari destinate ad attività produttive, ad abitazioni principali, nonché ad altre abitazioni, comporta che l’aliquota del 65% potrà essere fruita solo per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2013 riferite alle unità immobiliari destinate ad attività produttive e ad abitazione principale, applicandosi l’aliquota del 50% per le altre unità immobiliari residenziali, anche a uso promiscuo, nei casi in cui le spese siano sostenute da soggetti che possono avvalersi della detrazione dall’IRPEF di cui all’art. 16-bis del TUIR.

Decorrenza dell’agevolazione - Le spese sostenute per gli interventi in precedenza descritti possono fruire fino al 31 dicembre 2013 dell’aliquota del 65%, a condizione che le procedure di autorizzazione siano avviate a decorre dal 4 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Il tetto massimo di spesa agevolata è fissato nella misura di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare facente parte dell’edificio.
Per l’individuazione della modalità di pagamento, fruizione della detrazione, documentazione da conservare, l’Agenzia ritiene che si debba fare riferimento alle disposizioni applicabili per gli interventi di cui alla lett. i) del comma 1 dell’art. 16-bis del TUIR.
La detrazione deve essere ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.

Eco-bonus: arrivano i chiarimenti dell’Agenzia

Il D.L. 4 giugno 2013, n. 63, entrato in vigore il 6 giugno 2013, convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2013, n. 90, contiene alcune misure agevolative dirette a favorire il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici e il recupero del patrimonio edilizio, anche con finalità di stimolo dei settori produttivi di riferimento. 

In sintesi il decreto:
proroga fino al 31 dicembre 2013 la detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, elevando contestualmente dal 55% al 65% l’aliquota della detrazione; la proroga viene estesa fino al 30 giugno 2014 per gli interventi riguardanti parti comuni degli edifici condominiali o tutte le unità immobiliari del condominio;
- prevede la detrazione del 65% delle spese sostenute dal 4 agosto al 31 dicembre 2013 per interventi antisismici su costruzioni ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità;
- proroga fino al 31 dicembre 2013 la detrazione per il recupero del patrimonio edilizio con la maggiore aliquota del 50% e con il maggior limite di spesa di euro 96.000;
- introduce una ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili, nonché per l’acquisto di grandi elettrodomestici di classe energetica A+ (classe A per i forni), finalizzati all’arredo di immobili oggetto di ristrutturazione, per le spese sostenute dal 6 giugno al 31 dicembre 2013, fino a un limite massimo di euro 10.000.

Con il documento di prassi in commento, l’Agenzia fornisce chiarimenti su alcune questioni interpretative poste all’attenzione della scrivente e riguardanti l’applicazione delle detrazioni indicate.

Chiarimenti in relazione all’Eco - bonus - L’art. 14 del Decreto Energia, nel prorogare le detrazioni per gli interventi di efficienza energetica, non ne ha modificato l’impianto normativo di riferimento. Pertanto, restano valide, in quanto compatibili, le disposizioni istitutive dell’agevolazione, i relativi decreti e provvedimenti di attuazione, nonché i documenti di prassi che ne hanno illustrato l’applicazione.

Interventi interessati dalla proroga delle detrazioni - La proroga al 31 dicembre 2013 riguarda tutte le tipologie di interventi di efficienza energetica previsti dall’art. 1, commi 344 e seguenti, della Legge n. 296 del 2006, di seguito indicati:
a) interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, introdotti a decorrere dal 2007 dall’art. 1, comma 344, della legge n. 296 del 2006, con un limite massimo della detrazione pari a euro 100.000.Per questa tipologia di interventi non è specificato quali opere o quali impianti occorre realizzare per raggiungere le prestazioni energetiche richieste;
b) interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi, con un limite massimo della detrazione pari a euro 60.000;
c) installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università, con un limite massimo della detrazione pari a euro 60.000;
d) interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione, con un limite massimo della detrazione pari a euro 30.000;
e) sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia, con un comune limite massimo della detrazione pari a euro 30.000;
f) interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, introdotti a decorrere dal 2012 dall’art. 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011 e ricondotti nell’ambito degli interventi di cui all’art. 1, comma 347, della legge n. 296 del 2006, con un comune limite massimo della detrazione pari a euro 30.000.

Per quanto riguarda le ultime due tipologie di interventi, chiarisce l’Agenzia, il comma 1 dell’art. 14, nella formulazione entrata in vigore il 6 giugno 2013, escludeva la proroga per “gli interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza ed impianti geotermici a bassa entalpia” e per “la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria”. La legge di conversione n. 90 del 2013, tuttavia, ha soppresso le suddette esclusioni dalla proroga. Al riguardo, l’Agenzia ritiene che le modifiche apportate dalla legge di conversione siano applicabili fin dal 6 giugno 2013, data di entrata in vigore del decreto, e non dal 4 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione.

L’Agenzia ricorda che per le detrazioni in esame, diversamente da quelle per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, di cui all’art. 16-bis del TUIR, è previsto un limite di importo detraibile, variabile in funzione dell’intervento agevolatoe non un limite di spesa ammissibile. Dunque, la maggiore aliquota del 65%, rispetto all’applicazione dell’aliquota del 55%, comporta nella sostanza una riduzione dei limiti massimi di spesa agevolabile.

Decorrenza dell’aliquota del 65% - Per gli interventi indicati, l’aliquota del 65% si applica alle spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2013. Ai fini dell’imputazione delle stesse occorre fare riferimento:
- per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e gli enti non commerciali al criterio di cassa e, quindi, alla data dell’effettivo pagamento, indipendentemente dalla data di avvio degli interventi cui i pagamenti si riferiscono; ad esempio, un intervento ammissibile iniziato a maggio 2013, con pagamenti a maggio, luglio e settembre comporta l’applicazione dell’aliquota del 55% per il pagamento di maggio e dell’aliquota del 65% per i pagamenti di luglio e settembre;
per le imprese individuali, le società e gli enti commerciali al criterio di competenza, quindi alla data di ultimazione della prestazione, indipendentemente dalla data di avvio degli interventi cui le spese si riferiscono e indipendentemente dalla data dei pagamenti.

I medesimi principi devono essere applicati anche per quanto riguarda la verifica del sostenimento delle spese entro il 31 dicembre 2013, termine finale previsto dal co. 1 dell’art. 14 del decreto, ovvero entro il 30 giugno 2014, per gli interventi su edifici condominiali indicati al successivo comma 2 (cfr. paragrafo 1.3).


Acquisto di mobili e grandi elettrodomestici

L’art. 16, comma 2, del D.L. 4 giugno 2013, n. 63 prevede che ai contribuenti che fruiscono della detrazione per le ristrutturazioni, è altresì riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, nella misura del 50% delle ulteriori spese documentate e sostenute per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. 

La detrazione da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro. 
Soggetti che possono beneficiare della detrazione - I soggetti che possono avvalersi del beneficio fiscale sono gli stessi che fruiscono della detrazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio, di cui all’art. 16-bis del Tuir con la maggiore aliquota del 50% e con il maggior limite di 96.000 euro di spese ammissibili.

Interventi edilizi che costituiscono il presupposto per la detrazione – Vi è una stretta correlazione tra l’incentivo a favore del settore del mobile e quello a favore del settore edile.
L’Agenzia delle entrate, chiarisce, in particolare, che possono costituire valido presupposto per la fruizione della detrazione in esame, l’effettuazione di interventi edilizi sia su singole unità immobiliari residenziali sia su parti comuni di edifici residenziali di cui all’art. 1117 c.c. (cfr. paragrafo 1.3 Circolare n. 29/E/2013).
Ma attenzione perché l’effettuazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni condominiali non consente ai singoli condomini, che fruiscono pro-quota della relativa detrazione, di acquistare mobili e grandi elettrodomestici da destinare all’arredo della propria unità immobiliare.
In sintesi, la detrazione in esame è collegata agli interventi:
- di manutenzione ordinaria, di cui alla lett. a) dell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale;
- di manutenzione straordinaria, di cui alla lett. b) dell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali;
- di restauro e di risanamento conservativo, di cui alla lett. c) dell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali;
- di ristrutturazione edilizia, di cui alla lett. d) dell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali;
- necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, ancorché non rientranti nelle categorie precedenti, sempreché sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
- di restauro e di risanamento conservativo, e di ristrutturazione edilizia, di cui alle lettere c) e d) dell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro sei mesi dal termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile.

Avvio degli interventi di recupero del patrimonio edilizio - L’Agenzia ritiene che il legislatore abbia considerato il sostenimento di spese dal 26 giugno 2012 per gli interventi edilizi in precedenza elencati, come presupposto cui collegare la possibilità di avvalersi della detrazione del 50% per l’acquisto di mobilio e grandi elettrodomestici, essendo rappresentativo di lavori in corso di esecuzione o comunque terminati da un lasso di tempo sufficientemente contenuto, tale da presumere che l’acquisto sia diretto al completamento dell’arredo dell’immobile su cui i lavori sono stati effettuati.
L’agenzia ritiene possibile, inoltre, che le spese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici siano sostenute anche prima di quelle per la ristrutturazione dell’immobile, a condizione che siano stati già avviati i lavori di ristrutturazione dell’immobile cui detti beni sono destinati. In altri termini, la data di inizio lavori deve essere anteriore a quella in cui sono sostenute le spese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, ma non è necessario che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima di quelle per l’arredo dell’abitazione (cfr. paragrafo 2.1 della circolare n. 21/E del 2010).
La data di avvio potrà essere comprovata dalle eventuali abilitazioni amministrative o comunicazioni richieste dalla vigente legislazione edilizia in relazione alla tipologia di lavori da realizzare.

Beni agevolabili - La detrazione compete per le spese sostenute dal 6 giugno al 31 dicembre 2013 per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici di classe energetica non inferiore alla A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica.
La legge di conversione del decreto, nell’estendere il beneficio all’acquisto di grandi elettrodomestici, ha espressamente specificato che possono beneficiare della detrazione in esame le spese sostenute dal 6 giugno 2013, data di entrata in vigore del decreto.
Si precisa, inoltre, che possono essere agevolate solo le spese sostenute per gli acquisti di mobili o grandi elettrodomestici nuovi. 
Inoltre, l’acquisto di mobili o di grandi elettrodomestici è agevolabile anche se detti beni siano destinati all’arredo di un ambiente diverso da quelli oggetto di interventi edilizi, purché l’immobile sia comunque oggetto degli interventi edilizi indicati al paragrafo 3.2.
Rientrano tra i “mobili” agevolabili, a titolo esemplificativo, letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione.
Non sono agevolabili, invece, gli acquisti di porte, di pavimentazioni (ad esempio, il parquet), di tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo.

Per l’individuazione dei “grandi elettrodomestici”, l’Agenzia chiarisce che costituisce utile riferimento l’elenco di cui all’allegato 1B del D.Lgs. 25 luglio 2005, n. 151, secondo cui rientrano nei grandi elettrodomestici, a titolo esemplificativo: frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento.


mercoledì 18 settembre 2013

Unico SC 2013: la scadenza e i rimedi dopo la stessa

In base al D.P.R. n. 322 del 1998, e successive modificazioni, il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, compresa quella unificata (redditi e IVA), scade l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta.
Ai fini dell’adempimento della presentazione, non assume quindi rilevanza la data di approvazione del bilancio o del rendiconto, ma solo la data di chiusura del periodo d’imposta.
Ad esempio, una società di cui all’art. 73, comma 1, lett. a), del TUIR, con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dovrà presentare la dichiarazione in via telematica, direttamente o tramite intermediario abilitato o società del gruppo, entro il 30 settembre 2013.
Una società invece con periodo d’imposta 1/7/2012 – 30/6/2013, dovrà presentare la dichiarazione dei redditi (Mod. UNICO 2013 ) per via telematica entro il 31 marzo 2014 .
Nel caso di presentazione per via telematica, la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è trasmessa mediante procedure telematiche e precisamente nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate (cfr. circolare n. 6/E del 25 gennaio 2002).
Ai sensi degli articoli 2 e 8 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza dei suddetti termini sono valide, salva l’applicazione delle sanzioni previste dalla legge.
Quelle presentate, invece, con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono titolo per la riscossione dell’imposta che ne risulti dovuta.

Correzione ed integrazione della dichiarazione - Nell’ipotesi in cui il contribuente intenda, prima della scadenza del termine di presentazione, rettificare o integrare una dichiarazione già presentata, deve compilare una nuova dichiarazione, completa di tutte le sue parti, barrando la casella “Correttiva nei termini”.
Scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando, secondo le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione.
Presupposto per poter presentare la dichiarazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Per quanto riguarda quest’ultima, si ricorda che sono considerate valide anche ledichiarazioni presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni.
Nel modello Unico SC 2013 ci sono tre caselle dedicate all’indicazione di una dichiarazione integrativa: “dichiarazione integrativa a favore”, “dichiarazione integrativa” e “dichiarazione integrativa di cui all’ art. 2, co. 8-ter, D.P.R. n. 322/98”.

Dichiarazione integrativa a favore – Nel modello Unico SC 2013 la casella “dichiarazione integrativa a favore” va barrata nei seguenti casi:
– presentazione di una dichiarazione integrativa, ai sensi dell’art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322 del 1998, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, per correggere errori od omissioni, che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito. In tal caso l’eventuale credito risultante da tale dichiarazione può essere utilizzato in compensazione ai sensi del Decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero richiesto a rimborso;
– presentazione di una dichiarazione integrativa, ai sensi dell’art. 2, commi 8 e 8-bis, del D.P.R. n. 322 del 1998, per la correzione di errori od omissioni non rilevanti per la determinazione della base imponibile, dell’imposta, né per il versamento del tributo e che non siano di ostacolo all’esercizio dell’attività di controllo.

Dichiarazione integrativa – La casella “dichiarazione integrativa” va barrata in caso di presentazione di una dichiarazione che integra quella originale:
– nelle ipotesi di ravvedimento previste dall’art. 13 del Decreto legislativo n. 472 del 1997, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo. Tale dichiarazione può essere presentata sempreché non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche e consente l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta, oltre ovviamente agli interessi;
– nell’ipotesi prevista dall’art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322 del 1998, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di minor reddito o, comunque, di un minor debito d’imposta o di un maggior credito e fatta salva l’applicazione delle sanzioni.

Nel caso di presentazione della “dichiarazione integrativa” è necessario evidenziare nella stessa quali quadri o allegati della dichiarazione originaria sono oggetto di aggiornamento e quali non sono stati invece modificati.

Dichiarazione integrativa (art. 2, co. 8-ter, D.P.R. n. 322/98) – Nel caso di presentazione di una dichiarazione integrativa nell’ipotesi prevista dall’art. 2, comma 8-ter, del D.P.R. n. 322 del 1998 va barrata la terza casella dedicata; ciò avviene quando si deve modificare la originaria richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta per effettuare la scelta della compensazione, sempreché il rimborso stesso non sia stato già erogato anche in parte.
Tale dichiarazione va presentata entro 120 giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione, secondo le disposizioni di cui all’art. 3 del citato D.P.R. n. 322 del 1998, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione.
In caso di presentazione di dichiarazione integrativa che, oltre alla modifica consentita dal comma 8-ter, contenga anche la correzione di errori od omissioni non va barrata tale casella, ma deve essere barrata la casella “Dichiarazione integrativa a favore” ovvero “Dichiarazione integrativa” a seconda della tipologia di correzioni effettuate.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 17 settembre 2013

MODELLO UNICO: le novità del quadro RW

Il quadro del modello Unico, dedicato al monitoraggio fiscale, viene interessato da sostanziali modifiche apportate dall’art. 9 della Legge n.97/13.

Le novità apportate dalla L. 97/2013 - Tale disposto, modificando i primi articoli del D.L. n.167/90, conv. con modif. dalla Legge n. 227 del 4 agosto 1990, ha apportato le seguenti modifiche:
- la riduzione dell’ammontare delle sanzioni. Per le mancate segnalazioni riferite ai Paesi c.d. collaborativi, la sanzione minima si riduce dal 10% al 3%, mentre per i Paesi black list la sanzione si riduce al 6%;
- l’obbligo, in futuro, di compilare il quadro indicando esclusivamente lo stock, la consistenza delle attività finanziarie e non i flussi che hanno interessato detti investimenti; ciò farà sì che la struttura del quadro venga ridotta a una sola sezione (sezione II), dove appunto sono evidenziati i capitali detenuti al 31 dicembre di ogni anno;
- la possibilità di presentare tardivamente il quadro RW entro i 90 giorni successivi alla scadenza del termine di dichiarazione vedendosi comminare la sola sanzione formale di €258.

I quadri RW relativi all’anno 2012 - A oggi l’Amministrazione Finanziaria non si è espressa circa l’anno 2012. La compilazione di tale quadro non influenza in nessun modo gli imponibili fiscali e le imposte dovute.
I contribuenti che hanno già provveduto all’invio dello stesso, con le vecchie regole, effettuando le necessarie indicazioni anche nelle sezioni I e III del quadro RW, non devono porsi alcun problema.
La questione è posta da coloro che ancora devono effettuare l’adempimento dichiarativo e si trovano a dover monitorare una marea di flussi.
Alla luce delle novità, adottare la nuova disposizione sarebbe assai più agevole.
L’Amministrazione potrebbe comportarsi in due modi:
- interpretando la nuova disposizione come applicabile già relativamente alla prima dichiarazione successiva all’entrata in vigore della Legge n.97/13. L’ Unico 2013 (anno 2012), secondo le nuove indicazioni normative, comporta l’obbligo di compilare solo la sezione II del quadro RW, a prescindere dalle istruzioni e dai modelli che fanno ancora riferimento alle sezioni I e III;
interpretando la nuova disposizione come applicabile alla data di entrata in vigore della legge. In questo caso gli investimenti effettuati nel 2013 verranno interessati dalle novità e a decorrere da Unico 2014 si vedranno i primi modelli con le nuove regole.

In via cautelativa è consigliabile procedere, comunque, alla compilazione anche delle sezioni I e III, nonostante l’Amministrazione possa interpretare la norma nella prima versione ipotizzata sopra.
Il documento di prassi dell’Amministrazione Finanziaria dovrebbe giungere a momenti e ci si auspica entro il 30 settembre 2013, termine di invio dei modelli Unico 2013.

La questione sanzioni - Proprio sul sistema sanzionatorio si era creata una diversa posizione della prassi dell’Amministrazione Finanziaria, rispetto alle tesi della dottrina prevalente. La disposizione di riferimento è l’art.5, co.4, del D.L. n.167/90, ai sensi del quale:
- la sanzione era stabilita nella misura dal 10 al 50% degli importi non dichiarati. Ad esempio, se l’importo da indicare è pari a €100.000, la sanzione minima irrogabile è pari ad €10.000;
- con la possibile confisca di beni di equivalente valore; anche se secondo la dottrina la confisca per equivalente non può che riferirsi all’ammontare della sanzione irrogabile (nell’esempio €10.000) (cfr. NDC dell’AIDC n.185 del 2012).
Sulla questione era stata avviata una procedura europea di infrazione circa l’evidente sproporzione delle sanzioni stabilite dall’art.5, commi 4 e 5 del D.L. n.167/90, che ha appunto condotto alle nuove modifiche introdotte dal Legislatore.
A parere della norma di comportamento n.185/12 emanata dall’AIDC, nelle violazioni riguardanti la corretta compilazione del quadro RW, non essendovi evasione d’imposta, la sola sanzione irrogabile sarebbe, invece, quella di €258,00, ex art.8, co.1, del D.Lgs. n.471/97. Inoltre, se ricorrono i termini del ravvedimento operoso, tale sanzione può essere anche corrisposta in misura ridotta.
Gli estremi delle due tesi sono totalmente contrapposti, con il forte rischio di creare un considerevole contenzioso tributario.
In tale scenario si pongono le variazioni normative, rispetto alle quali il vero auspicio è che l’Amministrazione Finanziaria sappia assumere delle posizioni volte alla semplificazione dell’adempimento, soprattutto per il passato.

Il nuovo regime sanzionatorio – Novità anche in relazione alle sanzioni.
Le sanzioni sono state sensibilmente ridotte (art.5 del D.L. 167/90, come modificato dalla L. 97/2013):
- nella misura minima del 3% per le violazioni riferite a paesi c.d. white list;
- e in quella raddoppiata del 6% nel caso in cui il Paese di riferimento sia black list.
Tra l’altro, per quanto concerne i Paesi black list in forza dell’art.1 del D. L. n.194/09, la tempistica per l’irrogazione della sanzione è doppia rispetto ai Paesi white list.
Siamo in attesa della pubblicazione di un documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate dove venga chiarito che in forza del principio del favor rei, le novità normative debbono trovare applicazione anche per il passato.

Se dovesse essere confermata la logica del favor rei, e nel caso di violazione reiterata, la sanzione irrogata sarebbe incrementata del 50% (cumulo giuridico) e comunque diverrebbe definibile nella misura di 1/3. In pratica per i Paesi white list la sanzione irrogabile per le violazioni in diversi anni sarebbe del 3% incrementata dell’1,5%, per un totale del 4,5%, con possibilità di definizione nella misura di 1,5% (ossia un terzo), mentre nel caso di Paesi black list il tutto potrebbe essere definito in misura doppia.
Verrebbe, inoltre, confermata la tesi dell’ADC, dunque in assenza di evasione verrebbero applicate non le sanzioni in misura percentuale, bensì la sola violazione formale di importo pari a 258 euro.
Se il contribuente omette l’indicazione dei suoi investimenti all’estero, non preoccupandosi di occultare ulteriori elementi al Fisco, non essendosi configurata evasione d’imposta, dovrebbe sussistere solo laviolazione di irregolare compilazione della dichiarazione. 
Dalla lettura della norma (art. 5 del D.L. 167/90) si evince come il legislatore abbia specificato che “nel caso in cui la dichiarazione prevista dall'articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di € 258”.
Il legislatore, cioè, specifica che la sanzione di €258 è applicabile solo a quelle casistiche di compilazione del quadro RW avvenute nei fatidici 90 giorni successivi al termine di presentazione della dichiarazione
. Sembra dunque portare alla seguente casistica:
- se le correzioni sono effettuate nei 90 giorni successivi, la sanzione è fissa e pari a €258, anche ravvedibile al ricorrere delle condizioni (mentre chi nel passato ha sanato entro tale tempistica potrà richiedere l’applicazione della sola sanzione di €258);
- se, invece, le correzioni avvengono dopo, allora vanno applicate le sanzioni in percentuale e per coloro che possono avvalersi del ravvedimento, procedere alla riduzione nella misura di 1/8.
Si attendono i chiarimenti di prassi.
Autore: Carla De Luca