DATI DI CONTATTO:

E-MAIL: martufi.p@gmail.com
TEL. 06 5201169 (per appuntamenti)
FAX 06 233213554
Via Berna n.3 - 00144 Roma



mercoledì 31 luglio 2013

Ristrutturazioni: detrazioni per l’ex coniuge

Il titolo per detrarre le spese è dato dalla sentenza

Premessa – È possibile detrarre le spese di ristrutturazione nel caso in cui una sentenza conceda il diritto di abitazione nell’ex casa coniugale al contribuente che intende realizzare i lavori di ristrutturazione sull’immobile oggetto di assegnazione, ma tale immobile sia di proprietà dell’altro coniuge. La sentenza rappresenta un titolo idoneo al fine di considerare in detrazione gli oneri di ristrutturazione.

Soggetti beneficiari – I beneficiari della detrazione per le spese per ristrutturazione corrispondono al proprietario o il nudo proprietario dell’immobile, il titolare di un altro diritto reale sul medesimo (uso, usufrutto, abitazione), ma anche l’inquilino o il comodatario.

Separazione - Ipotesi particolare si ha nel caso in cui sia sopraggiunto un provvedimento di separazione legale di due coniugi. In particolare il problema si pone se la sentenza ha concesso il diritto di abitazione nell’ex casa coniugale al contribuente che intende realizzare i lavori di ristrutturazione sull’immobile oggetto di assegnazione. Tuttavia tale immobile è di proprietà dell’altro coniuge, dunque si pone il problema se possano essere considerate in detrazione le spese sostenute su un immobile di proprietà di un soggetto terzo (il coniuge separato).

Duplice condizione - Il problema è stato affrontato dall’Agenzia delle Entrate (circolare 13/E/2013) sulla base dell’art. 16- bis del T.U.I.R., il quale prevede una duplice condizione ai fini della detraibilità delle predette spese. Infatti, gli oneri devono essere sostenuti e rimasti effettivamente a carico del contribuente che ne chiede la detrazione. Inoltre lo stesso soggetto deve possedere o detenere l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi in base ad un titolo idoneo.

Detrazione per il coniuge separato - Nell’ipotesi di separazione legale il coniuge che deve effettuare la ristrutturazione “occupa” l’immobile non “abusivamente”, ma in forza di una decisione del giudice come risulta da apposita sentenza. La sentenza rappresenta, quindi, un titolo idoneo nel senso stabilito dall’art. 16-bis al fine di considerare in detrazione gli oneri di ristrutturazione per i lavori effettuati su un immobile di proprietà appartenente ad un altro soggetto, cioè al coniuge separato.

Decesso e locazione - Un’altra ipotesi può riguardare il trasferimento della detrazione laddove il conduttore sia deceduto. In particolare il conduttore può aver effettuato ingenti lavori di ristrutturazione, ma beneficiava della detrazione in virtù di un contratto di locazione. Il problema si è posto circa la trasferibilità della detrazione agli eredi allorquando il conduttore è deceduto.

Subentro - L’art. 16-bis, comma 8, secondo periodo, del T.U.I.R. stabilisce che “la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene”. Nel caso di specie è subentrato nell’intestazione del contratto di locazione, anche a seguito del consenso manifestato dal proprietario, un erede. In tale ipotesi l’erede ha conservato la detenzione materiale e diretta del bene come previsto dall’art. 16- bis. L’erede può quindi continuare a utilizzare il beneficio fiscale considerando in detrazione, negli anni successivi, le rate residue anche se gli oneri dei lavori sono stati effettivamente sostenuti dal de cuius.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 29 luglio 2013

Fallimento società estinta. Un anno di tempo

L’istanza di fallimento può essere presentata dai creditori entro un anno dall’estinzione della società di capitali

La società di capitali estinta può fallire. I creditori hanno un anno di tempo per dare avvio alla procedura di fallimento, decorrente dalla cancellazione della debitrice dal registro delle imprese. Il contraddittorio deve essere instaurato nei confronti del liquidatore.

La sentenza. È il principio di diritto riaffermato dalla Corte di Cassazione – Prima Sezione Civile, con la sentenza n. 18138 depositata il 26 luglio 2013.

Il caso. Equitalia otteneva dal Tribunale di Napoli la dichiarazione di fallimento di una S.r.l. milanese, che l’anno precedente era stata cancellata dal registro delle imprese. Di qui la proposizione del reclamo da parte del legale rappresentante e di una socia della fallita, per lamentare che il contradditorio non era stato instaurato nei confronti dei soci, bensì del liquidatore. Aderendo alla tesi dei reclamanti, la Corte d’appello di Napoli revocava la sentenza di fallimento. Di qui il ricorso del concessionario della riscossione al giudice di vertice.

Contraddittorio col liquidatore. Dando ragione ad Equitalia, i Supremi giudici hanno confermato l’indirizzo secondo cui, in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poiché, pur implicando detta cancellazione l'estinzione della società, ai sensi dell'art. 2495 cod. civ. (novellato dal D.Lgs. n. 6 del 2003), nondimeno entro il termine di un anno da tal evento è ancora possibile, ai sensi dell'art. 10 L.fall., che la società sia dichiarata fallita se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o nell'anno successivo, con procedimento che deve svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione è altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento tenuto conto che, in generale, tale mezzo d’impugnazione ex art. 18 L.fall. è esperibile da parte di chiunque vi abbia interesse (da ultimo anche Cass. Sez. I civ. sentenza 13659/13).

Le SS.UU. Tale orientamento ha trovato l’avallo delle Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza n. 6071 del 2013), che hanno evidenziato l’eccezionalità della disposizione contenuta nell’articolo 10 della L.fall., che sancisce la sopravvivenza della società fallenda per un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. Ciò comporta, necessariamente, che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento quanto le eventuali successive fasi impugnatorie continuino a svolgersi nei confronti della società, impersonata da chi legalmente la rappresenta. Si tratta di una finzione giuridica che postula come esistente ai soli fini del procedimento concorsuale un soggetto oramai estinto, come del resto accade per l’imprenditore persona fisica che sia dichiarato fallito entro l’anno dalla morte.

Il rinvio. In conclusione, la parola è tornata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.

Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 26 luglio 2013

Lavoratori autonomi occasionali: profili impositivi e dichiarativi

Autore: Gioacchino De Pasquale


I chiarimenti della R.M. 49/E/2013

I redditi derivanti dallo svolgimento di attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente sono ricompresi tra i redditi diversi di cui all’art. 67, co. 1, lett. l), D.P.R. 917/1986. Le modalità di determinazione di tali redditi sono individuate dall’art. 71, co. 2, D.P.R. 917/1986.

Le modalità di determinazione del reddito - L’art. 71, co. 2, D.P.R. 917/1986 stabilisce che i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo occasionale «sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione». La locuzione utilizzata dal Legislatore «ammontare percepito» fa rientrare, tra i proventi percepiti, dunque nel concorso del reddito imponibile, anche i rimborsi spesa inerenti alla produzione del reddito. Tale tesi è stata confermata dall’Amministrazione Finanziaria in numerosi documenti di prassi, e ribadito, da ultimo, dall’Amministrazione Finanziaria nella R.M. 49/E/2013.

Il collegamento funzionale tra compensi e spese - I redditi dei lavoratori autonomi occasionali sono determinati proprio in ragione della loro occasionalità, tenendo conto del collegamento specifico tra compenso e spesa sostenuta per conseguirlo. Da tale collegamento ne deriva, così come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria nella R.M. 49/E/2013, che le spese sono deducibili nel medesimo periodo d’imposta d’incasso dei compensi, anche se sostenute in un diverso periodo d’imposta.

L’applicazione della ritenuta alla fonte - L’art. 25, co. 1, D.P.R. 600/1973 prevede l’applicazione, sui compensi corrisposti per lavoro autonomo occasionale, di una ritenuta alla fonte del 20% a titolo di acconto sull'imposta sul reddito delle persone fisiche. L’utilizzo della locuzione “compensi comunque denominati” congiuntamente all’equiparazione operata dall’Amministrazione Finanziaria tra compensi percepiti e rimborsi spesa inerenti alla produzione del reddito, rende necessario l’applicazione della ritenuta a titolo d’acconto anche sui rimborsi spese.

I profili dichiarativi - Da un punto di vista dichiarativo, in riferimento a UNICO PF 2013, si dovrà indicare: i)nel quadro RL, rigo RL 15, col. 1, i compensi derivanti da attività di lavoro autonomo, anche se svolte all’estero, non esercitate abitualmente; ii) nel quadro RL, rigo RL 15, col. 2 le spese specificatamente inerenti alla produzione del reddito; iii) nel quadro RL, rigo RL 20 le ritenute subite a titolo di acconto.

I profili contributivi - L’art. 44, c. 2 del D.L. 269/03, convertito in L. 326/03, ha disposto l’iscrizione alla Gestione Separata, a decorrere dal 1° gennaio2004, dei lavoratori autonomi occasionali, ma solo per redditi fiscalmente imponibili superiori a 5.000 euro nell’anno solare, considerando la somma dei compensi corrisposti da tutti i committenti occasionali. L’imponibile previdenziale è costituito dal compenso lordo erogato al lavoratore, dedotte eventuali spese poste a carico del committente e risultanti dalla fattura. Tali contributi, ove dovuti, potranno essere dedotti nel Modello UNICO PF 2013, rigo RP21, col.2.

Le prestazioni gratuite e le semplificazioni previste - L’Amministrazione Finanziaria, nel recente intervento di prassi chiarisce, in un’ottica di semplificazione fiscale, la possibilità per il soggetto erogante non assoggettare alla ritenuta alla fonte, di cui all’art. 25 del DPR n. 600 del 1973in ipotesi di attività occasionali di carattere sostanzialmente gratuito.
Tale chiarimento è giustificato dal fatto che nella fattispecie oggetto di analisi il compenso è pari alle spese sostenute, e, dato il collegamento funzionale tra compensi e spese, si avrà un reddito nullo. 
Nel documento di prassi in esame, si precisa che tale semplificazione è applicabile solo nei casi in cui le spese sono solo quelle strettamente necessarie per lo svolgimento dei seminari, o, più in generale, per lo svolgimento dell’attività occasionale, previa acquisizione dei titoli certificativi delle spese.
Diversamente, nei casi in cui, invece, il compenso, anche nella forma di spese rimborsate o anticipate dal committente, eccede le spese strettamente necessarie per lo svolgimento dell’attività occasionale, la semplificazione non risulta applicabile. In tal caso, l’intero importo erogato dal committente costituirà reddito di lavoro autonomo occasionale assoggettabile a ritenuta. 

Oltre a tale semplificazione, in base alle indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria nella R.M. 49/E/2013, in in ipotesi di attività occasionali di carattere sostanzialmente gratuito, è prevista una ulteriore semplificazione, sempreché si verifichino le medesime condizioni previste per l’esonero dell’applicazione della ritenuta, che riguarda la possibilità per il percipiente di omettere di riportare dette somme e le corrispondenti spese nella dichiarazione dei redditi.

mercoledì 24 luglio 2013

Fisco: gli sconti per le famiglie

Dalle novità in tema di detrazioni familiari al sostengo per le mamme lavoratrici

Sconti per le famiglie - Con riferimento agli sconti previsti dal fisco italiano, la formula prevalente pare essere quella del “tanti figli e poco reddito”, ma lo stesso fisco tuttavia finora non ha riservato grosse attenzioni alle famiglie, e l’ultimo intervento in materia è quello che ha rimodulato il sistema delle detrazioni fiscali per i figli a carico. L’alleggerimento fiscale al di là delle cifre teoriche, non è stato particolarmente incisivo, tuttavia si tratta sempre di qualcosa in più per le famiglie. Le nuove norme inserite nella legge di stabilità approvata alla fine del 2012, hanno in pratica ampliato la detrazione base per i figli a carico con più di tre anni per un importo pari a 150 euro, e quella riservata ai figli più piccoli è pari a 320 euro. Sulla carta il beneficio fiscale è passato da 800 a 950 euro per la prima fascia, e da 900 a 1.220 per i figli sotto i tre anni. Se in famiglia ci sono più di tre figli, alla detrazione di base andrà aggiunto un importo di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo.

Solo cifre teoriche - Gli importi individuati sono senza dubbio sostanziosi, tuttavia si tratta di cifre solamente teoriche, infatti l’importo diminuisce con l’aumentare del reddito fino ad annullarsi quando le entrate raggiungono la soglia dei 95.000 euro, soglia che si alza di 15 mila euro per ogni figlio successivo al primo. In tal caso il bonus si assottiglia considerevolmente. È abbastanza evidente che la posta massima non è mai configurabile perché al di sotto dei 12/14 mila euro di reddito la maggior parte dei contribuenti rientra nella categoria degli incapienti, ovvero coloro che non pagano alcuna Irpef e non hanno di conseguenza nulla su cui applicare la detrazione. Al di sopra di tale fascia di reddito, i benefici iniziano ad aggirarsi rispettivamente tra gli 800 e 1.000 euro. Per una famiglia tipo italiana mono reddito e con figli a carico, i benefici maggiori si concentrano nella fascia di reddito tra i 14.000 e i 20.000 euro. In questa fascia per le famiglie con figli maggiori di tre anni lo sconto rispetto alla precedente normativa non supera i 130/140 euro, mentre per chi ha figli minori di tre anni si può arrivare fino a 260/270 euro.

Il calcoli della Consulta dei Caf -
 La consulta dei Caf ha effettuato diverse simulazioni sui nuovi importi delle detrazioni. Ad esempio un operaio che ha un neonato in casa e uno stipendio sotto i 20 mila euro, avrà una detrazione di 963 euro l’anno e potrà giovare di questo vantaggio fiscale fino ai tre anni del bambino, se invece vi sono due bambini piccoli il vantaggio salirà a 1.966 euro. Relativamente a un reddito tra i 35 e i 40 mila euro l’anno, ovvero la condizione media degli impiegati dello Stato, un bambino porterà una detrazione fino a 700 euro che scenderà a 500 per redditi fino a 50.000 euro.

Altre agevolazioni per le famiglie - Il sistema delle detrazioni non è l’unico settore in cui si tiene conto della composizione del nucleo familiare. Ad esempio anche l’IMU, per la quale il Governo sta studiando una rimodulazione che ne annulli o ne limiti gli effetti sulle famiglie più deboli, già incorpora per la prima casa una detrazione base di 200 euro che viene maggiorata di 50 euro (fino a 400 euro) per ogni figlio convivente fino a 26 anni.

Gli assegni familiari - Un’altro sostegno per le famiglie è costituito dai vecchi assegni familiari che sono tuttora in vita, che spettano a tutti i lavoratori e vengono modulati in base al reddito e al numero dei figli. Anche in questo caso l’importo va ad esaurirsi con l’aumentare delle entrate.

Il bonus bebè - Per le mamme lavoratrici, un decreto del Ministero del Lavoro dello scorso dicembre ha previsto l’introduzione del bonus bebè. L’agevolazione è studiata per essere di sostegno alle famiglie più bisognose in base al reddito ed è previsto non soltanto per l’anno in corso, ma anche per il 2014 e il 2015. Secondo la normativa, la madre, terminato il congedo di maternità obbligatorio, deve rinunciare al periodo di astensione facoltativa e deve fare domanda o per le spese di una tata che si prenda cura del bambino, o in alternativa per pagare la retta di un asilo nido. In tal modo potrà ottenere un bonus di 300 euro al mese fino a un massimo di sei mesi (entro 11 mesi dal rientro della maternità). Per la concessione del bonus l’Inps provvedere alla redazione di una graduatoria.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 23 luglio 2013

Sospensione dei termini processuali

Anche per la trattazione della controversia bisogna tenere conto della sospensione

Premessa – Ogni anno, dal 1° agosto, parte la consueta sospensione feriale dei termini processuali fino al 15 settembre. Dal giorno 16 settembre, dunque, i contribuenti e l’Amministrazione Finanziaria potranno ricominciare a contare i giorni entro i quali sarà consentito di agire in giudizio per la rivendicazione dei rispettivi diritti.

L’interruzione - L’interruzione feriale è prevista dall’articolo 1 della Legge 742/1969 e dispone la sospensione di diritto, dal 1° agosto al 15 settembre di ciascuna annualità, del decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie e amministrative, opera a tutti gli effetti nel rito tributario. La pausa determina l’allungamento delle scadenze entro le quali le parti in giudizio possono procedere al deposito di atti e documenti, previsti dalle disposizioni che regolano il processo tributario. I termini riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione e nel caso in cui il conto dei giorni dovesse iniziare durante la fase di intervallo, l’inizio dello stesso conto è differito alla fine del periodo di sospensione.

Il processo tributario – La sospensione trova applicazione per tutti gli atti processuali ed anche per la proposizione del ricorso che costituisce l'atto introduttivo con il quale si instaura il processo tributario. In pratica, vengono “neutralizzati” tutti i giorni nel periodo feriale e il computo dei termini va ripreso con il 16 settembre, tenendo conto dei giorni decorsi anteriormente al 1° agosto.

Avviso trattazione controversia – L’art. 31, D.Lgs. 546/1992 prevede l'obbligo della segreteria della Commissione tributaria di dare comunicazione alle parti costituite in giudizio della data di trattazione della controversia, stabilendo che tale comunicazione deve essere fatta almeno 30 giorni liberi prima della data stabilita. A tal riguardo, il Ministero delle Finanze, con la C.M. 23.4.1996, n. 98, ha precisato che i termini “liberi”, a differenza dei termini normali, si computano senza considerare né il giorno iniziale né quello finale e che, quindi, fra la ricezione della comunicazione e l'udienza di trattazione devono intercorrere 30 giorni interi. La segreteria della Commissione tributaria, per il computo dei 30 giorni liberi, deve tener conto anche della sospensione feriale (1° agosto - 15 settembre).

Appello in Ctr –
 L’art. 51, D.Lgs. 546/1992 prevede che le sentenze delle Commissioni tributarie provinciali possano essere impugnate entro un “termine breve” o un “termine lungo”, a seconda che sia o meno notificata (a mezzo ufficiale giudiziario) la sentenza impugnata, ad istanza della controparte. Termine breve: il termine breve è di 60 giorni a decorrere dalla data di notifica che, come stabilito dall'art. 38, co. 2, D.Lgs. 546/1992, deve avvenire a cura delle parti in base agli artt. 137 e segg. c.p.c., vale a dire avvalendosi dell'ufficiale giudiziario. Dal computo dei 60 giorni va escluso il periodo feriale (1° agosto - 15 settembre). Termine lungo: nel caso in cui la sentenza non venga notificata, si applica il termine lungo di 6 mesi dalla data della sua pubblicazione, vale a dire dal momento in cui essa è depositata in segreteria; all'anno va aggiunto anche il periodo di sospensione feriale (1° agosto - 15 settembre), per cui il termine diventa normalmente di 6 mesi e 46 giorni (ma potrebbe anche essere superiore, se la sentenza venisse depositata durante il periodo feriale come affermato, con riferimento al processo civile, dalla Corte di Cassazione, Sentenza 11.4.1987, n. 3613). Si ricorda che il termine di 6 mesi (che prima era di un anno) si applica a tutti i processi tributari iniziati dopo il 4.7.2009 (facendo riferimento alla data di notifica all'Ufficio del ricorso alla Commissione tributaria provinciale).
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 22 luglio 2013

Spesometro e acquisti con San Marino

La Repubblica di San Marino è un Paese extra-UE, i cui rapporti, da un punto di vista Iva, sono disciplinati dalla L. n.217 del 2011 (cd Legge comunitaria), stante la mancanza di frontiere doganali di confine.

Rispetto agli altri Paesi extra-UE, infatti, la Repubblica di San Marino ha la particolarità di non possedere frontiere doganali di confine con l’Italia e con l’Unione europea, in base all’accordo interinale di buon vicinato siglato con la Repubblica Italiana il 31 marzo 1939, e dell’accordo di cooperazione e di unione doganale, siglato con l’UE il 16 dicembre 1991.
L’assenza di frontiere fiscali ha da sempre, dunque, caratterizzato l’applicazione dell’Iva nelle operazioni di scambio con questo Paese.

Cessioni di beni dall’Italia verso la Repubblica di San Marino - Le cessioni di beni nei confronti di operatori residenti nella RSM sono assimilate, ai sensi dell’art. 71 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, alle esportazioni.
A carico degli operatori italiani sono previsti specifici adempimenti contenuti in un apposito Decreto (D.M. 24 dicembre 1993). Come specificato nella C.M. 16.9.96, n. 225/E, durante il trasporto, i beni devono essere “scortati” da un documento di trasporto o di consegna, nel quale vanno indicate le generalità e l’indirizzo delle parti, la natura, qualità e quantità dei beni esportati, la data di effettuazione dell’operazione, la causale del trasporto, nonché le generalità dell’eventuale incaricato del trasporto. Il predetto documento va emesso in almeno n. 3 copie, in quanto una copia deve rimanere in possesso dell’emittente, mentre almeno altre due copie devono essere esibite all’Ufficio tributario di San Marino, per i necessari riscontri, all’atto dell’introduzione dei beni nel territorio. In aggiunta a quanto sopra l’operatore italiano (cedente) deve:
- emettere la fattura in 4 esemplari, in regime di non imponibilità, indicando anche il codice identificativo del proprio cliente sammarinese (ad esempio, SM 00343);
- consegnare o spedire 3 dei predetti esemplari al destinatario dei beni (ditta sammarinese).
L’acquirente dovrà restituire un esemplare munito del timbro a secco circolare dell’Ufficio tributario di San Marino, nonché dell’apposita marca debitamente perforata con l’indicazione della data apposta sempre dall’Ufficio tributario di San Marino. Tale ultimo esemplare della fattura andrà, poi, allegato al documento di trasporto o di consegna in possesso della ditta italiana.

Cessioni di beni dalla Repubblica di San Marino verso l’Italia
 - Il regime degli acquisti effettuati in Italia di beni provenienti dalla Repubblica di San Marino è disciplinato dal disposto dell’art. 3 del D.P.R. 633/1972 che parifica il regime di queste cessioni a quello delle importazioni. Le procedure a disposizione degli operatori italiani sono due: procedura mediante addebito dell’IVA e procedura senza addebito di IVA.

Procedura mediante addebito dell’IVA: in questo caso il cedente sammarinese emette la fattura in n. 4 copie, con le indicazioni necessarie (numero di identificazione fiscale e di partita IVA proprio e del cessionario italiano, natura, qualità e quantità dei beni oggetto della compravendita, l’ammontare dell’IVA da egli stesso dovuta). Il cedente sammarinese trasmetterà poi al cessionario italiano la fattura originale vidimata dall’Ufficio Tributario di San Marino. L’importo dell’IVA risultante dalla fattura andrà versata dal cedente sammarinese all’Ufficio Tributario della RSM (che la riverserà all’Ufficio IVA di Pesaro). Il cessionario italiano registrerà le fatture originali a norma dell’art. 25 del D.P.R. n. 633/72 e detrarrà l’IVA secondo le sue possibilità (nei limiti oggettivi e soggettivi di cui all’art. 19 del D.P.R. 633/1972). I cessionari italiani non sono tenuti alla compilazione dell’elenco INTRA 2-bis degli acquisti relativi alle fatture con IVA e non devono inviare alcuna comunicazione aggiuntiva.

Procedura senza addebito di IVA - In questa seconda ipotesi il cedente sammarinese emette la fattura in 3 esemplari (uno in meno), sempre indicando il proprio numero di identificazione fiscale e di partita IVA, con l’indicazione di quello del cessionario italiano e indicando al solito natura, qualità e quantità dei beni oggetto della compravendita e sempre trasmettendo poi al cessionario italiano la fattura originale vidimata dall’Ufficio Tributario di San Marino.
Il cessionario italiano deve però in questo caso liquidare l’imposta in base al disposto del comma 3 dell’articolo 17 D.P.R. 633/1972, ovvero indicando (aggiungendo) l’IVA sull’originale della fattura vidimata dall’Ufficio Tributario sammarinese così come ricevuta dal cedente sammarinese.
La fattura andrà annotata sui registri sia delle vendite sia degli acquisti secondo il disposto degli articoli 23 e 25 D.P.R. 633/1972. I cessionari italiani non sono obbligati alla compilazione dell’elenco riepilogativo degli acquisti intracomunitari, ma sono tenuti a comunicare all’Ufficio delle Entrate l’avvenuta annotazione della fattura nei registri IVA vendite e acquisti, entro 5 giorni dalla registrazione stessa indicando il numero progressivo annuale dei registri.

La futura semplificazione: l’inserimento nello spesometro - Con comunicato stampa del 3 luglio 2013, l’Amministrazione Finanziaria ha reso note alcune misure che verranno adottate per ridurre e semplificare gli adempimenti a vantaggio di cittadini e imprese. Tra le semplificazioni amministrative, previste dall’Agenzia Entrate, si ricorda quella relativa allo spesometro, una delle comunicazioni obbligatorie al Fisco.
La comunicazione obbligatoria all’Agenzia, oggi fatta in modalità cartacea, troverà spazio nel nuovo Spesometro.
Gli operatori economici italiani che effettuano acquisti da operatori economici con sede a San Marino potranno comunicare le avvenute registrazioni degli acquisti direttamente online utilizzando il modello previsto per le operazioni rilevanti Iva (Spesometro). Il modello dovrà essere presentato entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di annotazione nei registri. (Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate di prossima emanazione, attuativo dell’art. 21 del D.L. n. 78/2010, come modificato dal D.L. n. 16/2012).
Autore: Redazione Fiscal Focus

Antiriciclaggio: pagamenti in contanti e operazioni frazionate

Il divieto di trasferimento di operazioni in contanti opera anche quando è effettuato con una pluralità di pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati.

Il decreto legislativo precisa la definizione di operazione frazionata quale: "operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la sussistenza dell'operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale".

Pertanto, in linea generale:
- i trasferimenti di denaro effettuati oltre il predetto limite di sette giorni non sono riferibili alla medesima operazione;
- sono tuttavia vietate le operazioni singolarmente inferiori alla soglia, ma che siano artificiosamente suddivise per eludere la stessa;
- il limite non si applica per l'acquisto in luoghi diversi di vari beni (cioè la soglia dei 999,99 euro vale per ogni acquisto giornaliero di uno stesso oggetto, non di più d'uno);
- nelle vendite a rate il limite non è applicabile;
- le donazioni e i lasciti testamentari sono anch'essi assoggettati al limite per i trasferimenti in contante.

Infatti, se il frazionamento è previsto dalla natura stessa dell’operazione, ovvero deriva da un preventivo accordo tra le parti, e per ogni singolo pagamento viene conservata la disposizione scritta dei contraenti circa la corresponsione e l’accettazione del versamento, la condotta in oggetto non configura un'azione illecita.
Quindi:
- sono ammessi frazionamenti previsti da prassi commerciali o frutto della libertà contrattuale delle parti purché se ne possa dare prova documentale (è bene pertanto che le parti sottoscrivano un accordo per il pagamento rateale o annotino la modalità di pagamento sulla fattura, e, ad ogni pagamento avvenuto, il creditore rilasci quietanza firmata e datata);
- allo stesso modo sono ammessi pagamenti frazionati allorquando il frazionamento sia connaturato all’operazione stessa (ad esempio un contratto di somministrazione);
- non sono ammessi frazionamenti artificiosamente realizzati per dissimulare il passaggio di somme ingenti di contanti.
Rientra comunque nel potere discrezionale dell’Amministrazione Finanziaria valutare, caso per caso, se il frazionamento sia stato comunque realizzato con lo specifico scopo di eludere il divieto imposto dalla disposizione.

Si ricorda, infine, che l’omessa comunicazione al MEF delle infrazioni delle limitazioni all’uso del contante e agli altri strumenti di pagamento o di deposito comporta una sanzione pecuniaria dal 3% al 30% dell’importo dell’operazione, con un minimo di 3.000 euro.
Autore: Lucia Recchioni

giovedì 18 luglio 2013

Equitalia:pagamenti web attivi in tutta Italia

Pagamenti via web - Con un comunicato stampa di ieri 17 luglio, Equitalia ha reso noto che si ampliano i servizi online messi a disposizione dei contribuenti, e grazie allo sviluppo di una piattaforma web ancora più avanzata, i cittadini possono ottenere informazioni sempre aggiornate sul proprio debito e mettersi in regola con i pagamenti senza dover andare allo sportello. Lo sviluppo di canali di assistenza più evoluti, sicuri ed efficienti, consente inoltre a Equitalia di puntare a una continua semplificazione del rapporto con i cittadini e le imprese.

Possibile pagare online - È stata estesa a tutto il territorio nazionale di competenza di Equitalia, con esclusione quindi della Sicilia, la possibilità di pagare online cartelle e avvisi utilizzando carte prepagate e carta di credito. Basta collegarsi al sito internet www.gruppoequitalia.it e con pochi passaggi è possibile effettuare il pagamento. Nello specifico si deve entrare nella sezione “Paga online”, senza bisogno di registrazione, inserire il numero del bollettino (codice Rav di 17 cifre), il relativo importo e il codice fiscale dell’intestatario. Inoltre, in caso di pagamento oltre la data di scadenza indicata sul bollettino, il sistema è in grado di ricalcolare e aggiornare l’importo. Tale funzionalità, al momento, è disponibile solo per le cartelle non interessate da una procedura (ad esempio fermo amministrativo, ipoteca, etc). Equitalia informa che il servizio è sempre attivo e al termine dell’operazione il contribuente riceverà il riepilogo con la ricevuta di pagamento.

Estratto conto online – Con il servizio dell’estratto conto online, si possono avere informazioni ancora più aggiornate. Il servizio che in media ogni mese registra 650 mila accessi, permette ai cittadini di verificare i dettagli del proprio debito comodamente da casa.

Uno sportello virtuale - L’estratto conto online è in pratica come uno sportello virtuale che consente di monitorare la propria situazione debitoria complessiva, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e di verificare la presenza di cartelle da pagare, il dettaglio dei singoli tributi, la ripartizione degli interessi e le altre spese. Per mezzo dell’estratto conto, inoltre, è possibile anche controllare il piano di rateazione in corso e aggiornarsi sugli eventuali provvedimenti emessi (sgravi, sospensioni, fermi amministrativi, ecc).

Accesso al servizio - Per accedere al servizio è possibile utilizzare le credenziali (nome utente e password) fornite dall'Agenzia delle Entrate o dall'Inps oppure avvalersi della Carta Nazionale dei Servizi. Per coloro che vogliono effettuare il pagamento, a seguito del check up delle cartelle, le modalità per procedere sono estremamente semplici, è sufficiente, infatti, selezionare le cartelle interessate e creare il codice Rav (la serie numerica che identifica il pagamento), da utilizzare, entro la giornata, per pagare sul sito di Equitalia, attraverso la rete bancaria o dei tabaccai, oppure tramite il proprio servizio di home banking.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 17 luglio 2013

UNICO 2013: rateizzazione delle imposte

Le persone fisiche sono tenute al versamento delle imposte dovute a saldo (e come prima rata d’acconto)entro il 16 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi e IRAP. Qualora tali soggetti decidano di differire il pagamento, il versamento si considera effettuato nei termini se avvieneentro il trentesimo giorno successivo al 16 giugno, applicando una maggiorazione dello 0,40%. In sostanza, per le persone fisiche i termini utili per effettuare il pagamento sono il 16 giugno (termine ordinario) e dal 17 giugno al 17 luglio (maggiorazione 0,40%).

I termini di versamento del 2013 - Secondo quanto disposto dalle istruzioni alla compilazione del modello UNICO, il versamento delle imposte (IRPEF e addizionali, acconto 20% redditi a tassazione separata, ecc.) deve essere effettuato entro il 17 giugno 2013 (termine ordinario), ovvero dal 18 giugno 2013 al 17 luglio 2013 (con maggiorazione dello 0,4% a titolo di interesse corrispettivo).

La proroga per i contribuenti soggetti agli studi - Grazie al Dpcm 13/06/2013, che ha concesso la proroga, all'8 luglio 2013 ovvero al 20 agosto 2013 (con applicazione della maggiorazione dello 0,40%) del versamento delle imposte, determinate in sede dichiarativa (Unico/Irap 2013), per i contribuenti soggetti agli studi di settore, si rende necessario fare il punto, vista l’imminente scadenza e i termini differenziati.

Rateizzazione delle imposte e contributi
 - L’art. 20 del D.Lgs. n. 241/1997, prevede la possibilità di rateizzare i versamenti di saldo e l’eventuale prima rata di acconto, suddividendo il debito d’imposta in un definito numero di rate a scelta del contribuente. In generale sono esclusi dai pagamenti rateali le imposte e i contributi che:
- non emergono da dichiarazione annuale;
- hanno un termine di pagamento diverso da quello delle imposte sui redditi;
- sono dovuti a titolo di acconto nel mese di novembre e dicembre.

Dunque l'importo dovuto in Unico 2013 per imposte e contributi a titolo di saldo 2012 e acconto 2013 può essere versato in un'unica soluzione o a rate, fermo restando che il pagamento si deve concludere entro novembre 2013.

Per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, la rateizzazione deve concludersi entro il mese di novembre e si rende necessario calcolare gli interessi, nella misura dello 0,33% mensile (4% annuo), a decorrere dal termine per il versamento del saldo e della prima rata di acconto.
Vi sono termini diversi per i versamenti a seconda che il soggetto sia sottoposto o meno agli studi di settore: 
- se sottoposti agli studi, il versamento delle imposte e dei contributi doveva avvenire entro l'8 luglio 2013, ovvero entro il 20 agosto 2013, con applicazione dello 0,40%;
- se non sottoposti agli studi, il versamento doveva avvenire entro il 17 giugno 2013 e, con la medesima maggiorazione, entro il 17 luglio 2013.
Per determinare il numero di rate con cui ripartire il debito tributario e contributivo va individuato il termine di pagamento della 1° rata, corrispondente a quello disposto per il versamento dell'unica soluzione.
Anche i contributi previdenziali (commercianti, artigiani e gestione separata), determinati in sede di dichiarazione dei redditi, possono essere rateizzati come i debiti tributari derivanti dalla dichiarazione, rispettando le medesime scadenze e con applicazione della maggiorazione (0,40%).

Il versamento Iva - Il contribuente può sempre differire il versamento del saldo 2012, e se presenta la dichiarazione in forma unificata lo può fare aggiungendo gli interessi nella misura dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo al 18 marzo 2013; pertanto, il saldo Iva deve essere maggiorato dell'1,20% e può essere rateizzato per il numero individuato dal contribuente, aggiungendo uno 0,33% a titolo di interessi mensili sugli importi riferiti alle rate successive alla prima. I contribuenti che liquidano trimestralmente l'Iva devono anche applicare gli interessi trimestrali (1%), con la conseguenza che prima applicano questi interessi e solo successivamente, su detto montante, applicano l'ulteriore maggiorazione dello 0,40%.
Anche la maggiore Iva richiesta per l'adeguamento agli studi di settore può essere oggetto di rateizzazione, mentre resta esclusa la maggiorazione del 3% (obbligatoria se la differenza tra i ricavi presunti da Gerico e quelli realizzati supera il 10%).

Altre imposte – È rateizzabile anche l'imposta sostitutiva per i nuovi minimi (co. 1 e 2, art. 2, D.L. 98/2011), quella per i contribuenti che applicano il regime delle nuove iniziative produttive (art. 13 L. 388/2000) e la cedolare secca, l’IVIE e l’IVAFE, il contributo di solidarietà (3% per i redditi superiori a 300.000 euro).
Va precisato che in presenza di compensazioni tra crediti e debiti, il contribuente non deve applicare la maggiorazione (0,40%) per il differimento soltanto in presenza compensazione totale, mentre deve applicarla sulla differenza, in presenza di debiti di ammontare superiore ai crediti (nota MEF 17/04/1998 n. 61366).
Infine, in caso di rateazione nel modello F24 deve essere indicato il numero della rata cui fa riferimento, il versamento stesso e il numero complessivo delle rate, arrotondando al centesimo di euro l'importo di ogni singola rata.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 15 luglio 2013

Lotta all’evasione fiscale: le proposte del Governo Letta

L’estensione anche ad altri settori del meccanismo per il contrasto di interessi, già in uso per le spese sanitarie e le ristrutturazioni edilizie, è la proposta formulata dal presidente Letta durante il question time alla Camera. Il contrasto di interessi sussiste quando chi riscuote in modo non regolare, al fine di sottrarre materia imponibile, danneggia chi potrebbe risparmiare nel pagamento delle proprie imposte, se avesse un giustificativo valido per detrarre la stessa. Molto è stato fatto già nel 2012, anno in cui il contrasto all’evasione ha riportato nelle casse dell’Erario un importo di circa 12,5 miliardi di euro, grazie all’inserimento di una disposizione nella Legge di delega fiscale, volta a consentire la detrazione delle spese documentate con scontrini o ricevute.

Obiettivo – Il fine è quello della lotta all'evasione e dell'emersione del lavoro nero in Italia, in parte già perseguito con i bonus per l'edilizia e le ristrutturazioni ecologicamente compatibili, a favore dei settori dell'arredo e di produzione di elettrodomestici; con il cd Decreto del fare varato dal Consiglio dei ministri circa un mese fa, gli sforzi sono andati in tal senso. Spetta al Ministero dell'Economia individuare altri ambiti cui applicare tale meccanismo, calcolando l’importo di possibile rientro del mancato gettito.

Gli strumenti – Servono strumenti che consentano all'Amministrazione Finanziaria di incrociare i dati di acquirente e venditore/prestatore d'opera per il riconoscimento dei benefici fiscali, come già avvenuto per le agevolazioni circa le ristrutturazioni edilizie. Lasciare che sia il contribuente, con la propria discrezionalità, a detrarre un numero vasto di spese, demandando così le verifiche a una fase successiva, causerebbe l'ingovernabilità del sistema per l’impossibilità oggettiva delle stesse.
La Commissione europea ha proposto più volte di delineare una base imponibile comune del reddito di impresa, al fine di impedire la delocalizzazione delle attività economiche nei Paesi a bassa fiscalità. Quanto invece al reddito dei privati, esso è determinato dallo Stato, in quanto la base imponibile e le aliquote devono tener conto della spesa pubblica e delle entrate a titolo di imposte.

Spese sanitarie e di ristrutturazione edilizia – Il meccanismo per il contrasto di interessi è in uso già da anni, nel nostro ordinamento, per le spese sanitarie e per le spese di ristrutturazione degli edifici abitativi. Il sistema prevede l’obbligo di pagare tali spese con “bonifico tracciabile”, ma si potrebbe altresì concedere la detrazione del 50% (a regime 36%) per le spese di manutenzione ordinaria delle abitazioni, ora prevista per le sole spese sostenute per le parti comuni condominiali.

Critiche – Tale meccanismo va, tuttavia, rapportato al numero rilevante di contribuenti il cui reddito dichiarato, al netto di deduzioni e/o detrazioni, non li classifica come debitori di Irpef, dunque, la previsione di ulteriori abbattimenti, non avrebbe alcun effetto pratico. Ulteriore problema riguarda le formalità di pagamento e di conservazione dei documenti per il controllo formale ex art. 36-ter, in quanto l'Agenzia delle Entrate dovrebbe mettere a disposizione ulteriori verificatori per una migliore gestione degli accertamenti, con l’ovvia conseguenza della minor efficacia dell'azione amministrativa. Infine vi è il rischio dell’emissione di fatture per importi “falsi” o a favore di soggetti, che in realtà non hanno posto in essere la spesa.

Le proposte – Visto il periodo di forte crisi economica, un settore che agevolerebbe i contribuenti è quello dei mutui sulle abitazioni principali. Gli interessi passivi ed i relativi oneri accessori pagati su essi, già detraibili al 19% dall'Irpef, dovrebbero essere certificati dalle banche senza ostacoli. Questo bonus fiscale, introdotto per incentivare queste spese e per aiutare le persone fisiche, non incide sul conflitto di interessi. Lo stesso vale per la detrazione delle tasse e dei contributi per la frequenza di corsi di istruzione secondaria ed universitaria, presso università italiane e straniere, pubbliche o private. Discorso invece in linea con il meccanismo del conflitto di interessi, quello che attiene alla detrazione delle spese per le rette degli asili nido pubblici o privati, dove il genitore è invogliato a pretendere la fattura o la ricevuta; per le visite mediche specialistiche; per gli abbonamenti ad associazioni sportive dilettantistiche e l'abbonamento annuale a palestre e piscine che sconta l'aliquota Iva del 21% e, dove, dunque, la detrazione del 19% è poco in conflitto di interessi con l'eventuale "sconto" che può praticare il titolare dell'esercizio.
Autore: Redazione Fiscal Focus

venerdì 12 luglio 2013

QUADRO RW: sempre più vicina la riduzione delle sanzioni

Il Senato, lo scorso 8 luglio 2013, ha approvato la prima stesura della legge di delega europea e della legge europea 2013, dando così attuazione ad oltre venti direttive europee.

Normativa europea – Questo insieme di leggi interviene in diversi settori, quali ad esempio, le TLC, gli strumenti derivati OTC, nei settori del lavoro, ambiente, turismo e altresì nel settore del servizio di riscossione delle imposte sulle pubbliche affissioni e monitoraggio fiscale.

Obiettivo – Lo scopo di queste normative è di parametrare la disciplina italiana agli obiettivi posti dalla Commissione europea, dopo l’insorgenza del caso EU-Pilot 1711/11/Taxu, dunque di contrastare il comportamento abusivo dei soggetti che detengono rilevanti patrimoni, attraverso holding non interposte costituite o acquistate con un investimento sotto la soglia. Questa modifica porta con sé la parificazione del monitoraggio fiscale tra soggetti non residenti e soggetti italiani.

Sanzioni L'omessa registrazione ed anche l’omessa comunicazione all'Agenzia delle entrate da parte degli intermediari finanziari, quali banche, sim, Sgr, fiduciarie, money transfer, circa i trasferimenti, da o verso l'estero, di fondi di persone fisiche, enti non commerciali e società semplici ed equiparate, è soggetta ad una sanzioni pari al 20- 25% dell'importo non segnalato; con il limite minimo di importo del flusso transfrontaliero, pari ad euro 15.000, anche qualora il flusso riguardi le c.d. “operazioni frazionate”. L’eventuale violazione dell’obbligo di dichiarazione è invece stata attenuata, cosi come suggerito dalla Commissione europea, e va da un minimo del 3% a un massimo del 15% (anziché dal 10 al 50%) sull’importo inizialmente dovuto.

Conseguenze – Gli obblighi di registrazione e comunicazione hanno come effetto quello di eliminare, dalla dichiarazione dei redditi, le sezioni I e III del quadro RW, a beneficio dei contribuenti. Rimangono, invece, obbligati alla compilazione di dette sezioni, i possessori formali delle attività estere e coloro i quali possono essere considerati titolari effettivi, su quali dunque ricade l’onere di dichiararli anche nei casi in cui dette attività, pur essendo formalmente intestati a persone giuridiche risultino riconducibili a persone fisiche o altri soggetti residenti tenuti agli obblighi dichiarativi previsti dall'articolo 4 del D.L. n.167/1990. Su tali redditi, gli intermediari soggetti alla normativa antiriciclaggio, devono applicare le ritenute a titolo d'acconto, ma solo nell'ambito della determinazione del reddito complessivo risultante dalla dichiarazione dei redditi.

Critiche – Alcuni dei nuovi obblighi risultano però di difficile attuazione, uno su tutti è l'obbligo di indicare nel modulo RW:
- sia le attività detenute all'estero per il tramite di soggetti fittiziamente interposti;
- sia quelle detenute indirettamente;
- sia quelle di cui il contribuente è titolare effettivo ai fini della normativa antiriciclaggio;
dunque il test della detenzione del 25% +1 di partecipazione andrebbe applicato a tutti i livelli di proprietà diretta e indiretta.

Ad esempio, se un contribuente, persona fisica, detiene il 25%+1 della società Alfa, la quale a sua volta detiene il 25% + 1 della società Beta, che ancora a sua volta detiene il 25% + 1 della società Gamma, e così via, risulterà titolare effettivo il detentore dell'ultima società della catena, la quale dovrà essere indicata nel modulo RW insieme alle altre.
Sorge poi il dubbio se questa norma possa essere applicata anche qualora la partecipazione in testa alla catena sia amministrata da una fiduciaria italiana.
Autore: Redazione Fiscal Focus

giovedì 11 luglio 2013

Redditi esteri: chiarimenti sul metodo di calcolo

È dell’8 luglio 2013 la risoluzione con cui l'Agenzia delle Entrate ha fornito nuovi criteri interpretativi sullemodalità di determinazione del credito d'imposta estera per i redditi di lavoro dipendente prodotti all'estero e tassati sulla base delle retribuzioni convenzionali ai sensi dell'art. 51, comma 8-bis, del Tuir (Risoluzione n.48/E/2013).

La disciplina - I redditi prodotti all’estero devono essere dichiarati per il loro intero ammontare nella dichiarazione dell’anno cui si riferiscono. Al fine di evitare la doppia imposizione, sia all’estero che in Italia, le imposte sui redditi esteri possono dare diritto a un credito d’imposta. Tale credito, tuttavia, spetta solo quando le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo, cioè quando sono diventate irripetibili. 
Quindi, le imposte estere pagate in via provvisoria, a titolo di acconto o quelle per cui è possibile richiedere il rimborso totale e parziale, non danno origine al credito d’imposta.
Solo quando dette imposte diventano definitive o irripetibili si possono far valere ai fini del credito d’imposta, anche qualora ciò avvenga in anni successivi a quello in cui il reddito estero è stato dichiarato.
In Unico PF 2013, quindi, può accadere che vi siano:
imposte pagate all’estero divenute definitive a partire dal 2012 (se non già indicate nella dichiarazione precedente) e fino al termine di presentazione della presente dichiarazione, su redditi esteri del 2012 dichiarati nel medesimo modello (quadri RC, RE, ecc.);
imposte pagate all’estero su redditi pregressi dichiarati in anni precedenti, che si sono rese definitive o irripetibili nel corso del 2012 (o al più tardi entro il termine di presentazione della presente dichiarazione) e che danno diritto al credito d’imposta solo a partire dal 2012.

Il limite del credito d’imposta - In base all’art. 165, TUIR, il credito sulle imposte pagate definitivamente all’estero spetta fino a concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo dell’anno medesimo. 
La formula per la determinazione del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero è quindi la seguente: Limite max credito per imposte estere = (Reddito estero anno n / Reddito complessivo anno n) * imposta lorda anno n.
Il comma 10 dell’art.165 del Tuir introduce una parziale correzione al comma 1, cioè stabilisce che l’imposta estera utilizzabile in detrazione va considerata nella sola misura in cui afferente il reddito estero che concorre effettivamente alla formazione del reddito imponibile in Italia. Cioè il credito d’imposta per le imposte assolte all’estero deve essere riconosciuto solo proporzionalmente alla quota di reddito “convenzionalmente” imponibile, e non in base a quanto effettivamente percepito dal contribuente.

Il chiarimento dell’amministrazione - L'Agenzia chiarisce che, ai fini dell'applicazione dell'art. 165 comma 10 del Tuir, l'imposta estera deve essere riproporzionata per il rapporto tra reddito convenzionale e reddito estero, così come risulta dalla rideterminazione eseguita secondo le regole previste nell'articolo 51 del Tuir.
Le imposte versate fuori confine a titolo definitivo, ha precisato l’Amministrazione, devono essereridotte proporzionalmenteal rapporto tra la retribuzione convenzionale determinata in base all’articolo 51, comma 8-bis, del Tuir, e il reddito di lavoro dipendente che sarebbe stato tassabile in via ordinaria in Italia.
Il documento di prassi, pertanto, ritiene più aderente al dettato normativo dell'articolo 165, comma 10, del Tuir, ai fini del calcolo dell'imposta estera detraibile, rapportare il reddito estero, determinato in misura convenzionale, al reddito che risulterebbe tassabile, in via ordinaria, se la medesima attività lavorativa fosse prestata in Italia.

Dubbi irrisolti – Il chiarimento così disposto, porta con sé più di qualche complicazione ed incertezza applicativa, risolvibili solo dai competenti uffici in fase di controllo delle dichiarazioni e di riconoscimento del credito spettante. Ciò in quanto, la rideterminazione dell'imponibile estero secondo le regole italiane comporterebbe una valutazione soggettiva della determinazione dei valori imponibili ex art. 51 co. 1 e segg. del Tuir.

Soluzione – Per ovviare a questi ultimi problemi, esposti a titolo esemplificativo, e ad altre problematiche, l’unica soluzione possibile è ritenere che tale intervento di prassi abbia effetto solo per il futuro, in ossequio ai principi contenuti nello statuto del contribuente, e non anche effetto retroattivo.
Archivia
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 10 luglio 2013

INPS. La verifica dei contributi sbarca sul web

Dal 22 luglio prossimo sarà possibile verificare telematicamente la regolarità contributiva INPS

Premessa – Semplificato il rapporto INPS-imprese. Infatti, a decorrere dal 22 luglio prossimo le aziende (o l’intermediario abilitato) potranno accedere sul sito dell’INPS (www.inps.it) e verificare telematicamente la regolarità contributiva INPS e, se sono presenti anomalie, procedere al versamento per la regolarizzazione. E non solo. È possibile anche comunicare gli estremi del versamento, stampare la regolarità contributiva e indicare l’indirizzo Pec del soggetto che riceverà il certificato di regolarità contributiva. Tutto ciò sarà reso possibile grazie a una nuova procedura informatica, presentata lunedì scorso dall’INPS durante una videoconferenza che ha messo in collegamento tutte le sedi territoriali INPS.

Verso la telematizzazione - La nuova applicazione informatica si inserisce nel disegno di una sempre maggiore semplificazione del rapporto tra Pubblica Amministrazione e aziende, riducendo tempi e passaggi, consentendo al contempo il controllo della posizione direttamente ai responsabili delle aziende, ovvero agli intermediari da esse delegati. L’INPS, inoltre, ha anche confermato di aver già avviato un progetto, che coinvolge direttamente l’INAIL e Casse edili, al fine di portare in breve tempo al rilascio del Durc online.

Posizioni verificabili – Le posizioni che possono essere monitorati sono tutti quelli che il soggetto ha in essere presso l’INPS e per cui è previsto l’obbligo di versamenti contributivi. Gli archivi che si potranno controllare sono quelli dell’Uniemens, della gestione separata – che interessa, in particolare, i committenti – nonché il data base dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione degli artigiani e commercianti. In particolare, il controllo avverrà al momento dell’inserimento del codice fiscale.

Regolarizzazione contributiva – Ma la novità più interessante dell’intera procedura è che in caso di violazioni è possibile prenderne immediatamente atto e garantire ugualmente il rilascio del Durc. Infatti il sistema per ogni posizione contributiva scoperta rilascia un dettaglio delle partite debitorie che hanno generato l’esito di irregolarità.

Durc online – Oltre alla verifica della regolarità contributiva telematica, l’INPS sta avviando un progetto chiamato “Durc online”, allo scopo di accelerare le tempistiche per il rilascio del documento (si pensi per esempio ai 15 giorni di tempo messi a disposizione dell’azienda per la regolarizzazione).
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 9 luglio 2013

Unico: il versamento dopo l’8 luglio 2013

Con il D.p.c.m. del 13 giugno 2013, il Consiglio dei ministri ha disposto la proroga per i versamenti a saldo e il pagamento del primo acconto relativo alle imposte sui redditi, Irap e Iva.
Il termine di pagamento non è dunque scaduto per i contribuenti soggetti agli studi di settore, i quali possono pagare l’imposta, dal 9 luglio al 20 agosto 2013, con un importo maggiorato del 0,40%. Tutti gli altri dovranno invece versare le imposte e i contributi entro il 17 luglio 2013, con la maggiorazione dello 0,40%, con possibilità di usufruire però del ravvedimento operoso oltre detto termine.

Ambito soggettivo – Beneficiano di questa ulteriore scadenza, le imprese individuali, le società di persone e i relativi soci o associati, i quali, pur essendo persone fisiche, percepiscono un reddito che deriva dalla partecipazione in una società soggetta a studi di settore. Vi rientrano anche le società di capitale soggette alla disciplina degli studi di settore.

Esclusione – Non rientrano in questo termine benevolo, oltre alle società che non sono soggette alla disciplina degli studi di settore, anche le società di capitali che hanno approvato il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio. Esse devono, allora, eseguire il versamento, entro il 16 del mese successivo a quello di approvazione del bilancio. Rimane ferma la scadenza del 16 luglio, dunque l’approvazione del bilancio entro tale data comporta il pagamento dell’imposta senza alcuna maggiorazione.

Ulteriori pagamenti – Alle scadenze di cui sopra sono stati adeguati anche i contributi Inps e il diritto annuale per la camera di commercio; in quanto, circa l’Inps, il comunicato n.10385 del 27 giugno 2013 ha chiarito che le scadenze per il versamento dei contributi artigiani, commercianti e per la gestione separata dei liberi professionisti assoggettati a studi di settore, vanno riferite alle scadenze previste per l’imposta sui redditi e l’Irap. È altresì specificato che la differenza tra l’importo iniziale e quello maggiorato, va versato separatamente dai contributi, utilizzando la causale “Api” per gli artigiani o “Cp” per i commercianti o “Dppi” per i liberi professionisti iscritti alle gestione separata. Quanto al diritto annualedovuto per l'iscrizione nel registro imprese, da pagare alle rispettive camere di commercio di appartenenza, il Ministero dello Sviluppo economico, con la circolare del 17 giugno 2013, ha disposto il differimento della scadenza di tale diritto insieme alle imposte da dichiarazione. Vale dunque, per entrambe i pagamenti, quanto detto sopra, cioè che il contributo subisce una maggiorazione del 0,40%, dal 9 luglio fino al 20 agosto 2013, sull’importo dovuto inizialmente. Si ricorda, infine, che il diritto annuale da pagare alla camera di commercio non può però essere rateizzato, dunque va versato in un'unica soluzione.

Novità nella procedura di calcolo 
– Circa la procedura da seguire per il calcolo dei versamenti e del primo acconto, si deve tener conto di alcune novità che riguardano:
- i costi delle auto aziendali, la cui deducibilità dal reddito d'impresa e di lavoro autonomo passa dal 40% al 20% se impiegati nell’esercizio di impresa, mentre scende dal 90% al 70% per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti;
- le società di capitali cd di comodo, cioè quelle società che nel 2012 si trovavano in situazione di perdita sistemica o che non hanno superato il test di operatività, devono versare la maggiorazione di 10,5 punti percentuali, la quale trova applicazione anche sulla quota di reddito imputata per trasparenza dai soggetti di comodo a soggetti Ires;
- nel determinare il saldo 2012 e l'acconto 2013 dei contributi che scaturiscono dal quadro “RR” di Unico persone fisiche, l'imprenditore individuale deve calcolare la base imponibile al lordo dell'Ace, ed, allo stesso modo, il socio lavorante di una Srl deve calcolare la base imponibile, prendendo a base la quota di partecipazione prima dell'agevolazione Ace, mentre il socio di società di persone e Srl trasparenti deve sommare l'Ace alla quota attribuita per trasparenza;
- i contribuenti che dal 2013 sono usciti dal regime dei minimi possono non versare l'acconto sulla sostitutiva, sfruttando il metodo previsionale e non devono versare altresì l'acconto Irpef, dal momento che non esiste una norma circa tale obbligo. Esse dovranno provvedere a versare l'Irpef direttamente a saldo nel giugno 2014 mentre sono tenute a versare l'acconto Irpef, se già nel 2012 possedevano altre tipologie di redditi assoggettate a tale imposta;
- i contribuenti che entrano nel regime dei minimi dal 2013, possono non versare l'acconto Irpef, se non possiedono altri redditi assoggettati a tale imposta e non sono tenuti al versamento dell'acconto sull'imposta sostitutiva;
- per il triennio 2013-2015, i redditi agricoli e dominicali sono determinati attraverso una doppia rivalutazione della rendita catastale, in quanto a quella consueta dell'80% (reddito dominicale) o del 70% (reddito agrario) se ne aggiunge una ulteriore del 15%(o del 5% in alcuni casi).
Autore: Redazione Fiscal Focus

Nuove srl semplificate: aumentano le possibilità

Maggiori possibilità per fare impresa, anche se le semplificazioni e i risparmi riguardano soprattutto solo la fase costitutiva

Le novità del decreto lavoro - Tra le novità apportate dal decreto lavoro alle Srl vi è un’estensione della possibilità di far ricorso alle Srl semplificate. Inoltre vengono abrogate le Srl a capitale ridotto. Le novità alle disposizioni delle Srl “minori” fanno sì che queste tornano a essere integralmente disciplinate nella loro sede naturale ovvero nel codice civile.

Srl a capitale ridotto - L'art. 9, del D.L. n. 76, pubblicato in G.U. n. 150 del 28 giugno 2013 (da convertire in Legge entro agosto) ha abrogato i commi 1-2-3 e 4 dell'art. 44 del D.L. 83/12 (convertito con Legge n. 134/2012) con il quale era stata introdotta la società a capitale ridotto. Con l’abrogazione, è previsto che tutte le società a capitale ridotto iscritte al 28 giugno 2013 presso il registro delle imprese, saranno riqualificate come Srl semplificate, e tutte le agevolazioni in merito all'accesso al credito (attraverso l'accordo Abi–Mef) riconosciute, ad oggi, ai giovani imprenditori che intervengano quali soci in società a capitale ridotto, saranno riconosciute ai soggetti under trentacinquenni delle Srl semplificate.

Le nuove Srl semplificate – A seguito della nuova previsione normativa, tutte le Srl con capitale inferiore ai 10.000 euro saranno esclusivamente Srl semplificate, così tutte le Srl “minori” beneficeranno delle agevolazioni sui diritti di segreteria e sull'imposta di bollo e, se verranno costituite con gli statuti “standard”, non dovranno pagare le spese notarili. Relativamente ai soci non è più previsto il limite di età, tuttavia dovranno essere sempre persone fisiche. Una conseguenza di tale cambiamento e che non ci sarà nessun problema quando i soci all'interno della compagine supereranno il 35° anno di età. Sarà inoltre libera l'alienazione di quote a soggetti di qualsiasi età, nonché i trasferimenti di quote mortis causa. Come amministratori potranno essere nominate anche persone diverse dai soci, ma ciò deve essere previsto nell’ambito dell’atto costitutivo (art. 2475 c.c.).

Aspetti identificativi della semplificate - Vengono confermati gli aspetti identificativi delle Srl semplificate, cioè il capitale inferiore a 10.000 euro, la necessità che lo stesso sia versato integralmente in denaro e nelle mani dell'organo amministrativo, la necessità che i soci siano necessariamente persone fisiche, nonché la possibilità di utilizzare lo statuto standard con relativo risparmio di costi in sede costitutiva a prescindere dall'età dei soci.

Modifiche alle “start up” innovative - Il “decreto lavoro”, ha introdotto modifiche anche sulle “start-up innovative” (D.L. 18.10.2012 n. 179, conv. nella legge 17.12.2012 n. 221) aumentando le situazioni in cui le società di capitali possono rientrare nel regime agevolato. In ottica societaria viene abrogata la disposizione che richiedeva, al momento della costituzione della società e nei 24 mesi successivi, che la maggioranza delle quote o azioni rappresentative del capitale sociale e dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria fossero detenuti da soci persone fisiche. D’ora in poi dunque, potranno legittimamente richiedere di rientrare nel novero delle start-up anche società aventi come soci solo persone giuridiche.

Requisiti alternativi - L'art. 25 della Legge 221/12 viene modificato in diverse parti e amplia le condizioni che consentono alle società di capitali di nuova costituzione (o costituite nell'ultimo quadriennio) di accedere al regime agevolativo. Nello specifico viene abbassato dal 20 al 15% l'importo delle spese di ricerca e sviluppo rispetto al maggior valore fra costo e valore della produzione, richieste alla società per essere una start up, viene estesa la possibilità di utilizzo del regime premiale alle società titolari di un software originario registrato presso la Siae, viene introdotta una nuova possibilità di rientrare nel regime agevolato alle società con almeno i 2/3 della forza lavoro costituita da persone in possesso di laurea magistrale. Assonime su quest’ultima circostanza, con la circolare n. 11 del 6 maggio 2013 ritiene che le particolari qualifiche richieste ai lavoratori o collaboratori, possano essere assolte anche utilizzando le figure degli stessi amministratori.
Autore: Redazione Fiscal Focus

lunedì 8 luglio 2013

UNICO 2013: gli acconti d'imposta.

Con l’avvicinarsi della scadenza dei versamenti relativi al Modello Unico 2013, i contribuenti si trovano alle prese con le norme che chiedono di rideterminare gli acconti dovuti per il periodo d’imposta 2013. 
Le disposizioni tributarie impongono infatti che, nel calcolo degli acconti con il metodo storico, si debba tener conto di un’eventuale minore deducibilità dei costi prevista per il 2013. 

È doveroso ricordare che vi sono due metodi a presiedere il conteggio degli acconti Irpef/Ires per le persone fisiche e le società di capitali: 

- il “metodo storico”, secondo il quale gli acconti d’imposta per l’anno 2013 sono dovuti in misura pari al 99% dell’imposta dovuta sul reddito delle persone fisiche e al 100% dell’imposta dovuta sul reddito delle società; 

- il “metodo previsionale” secondo il quale le persone fisiche e i soggetti Ires assumono come termine di raffronto l’imposta che si prevede di versare per l’anno di competenza (2013). Con tale criterio si deve però portare attenzione a non versare un importo inferiore a quanto sarà effettivamente dovuto per l’anno in corso evitando così di incorrere in eventuali sanzioni. Infatti, qualora l’acconto dovesse risultare inferiore a quanto dovuto, l’Amministrazione Finanziaria applicherà una sanzione amministrativa pari al 30% dell’imposta non versata, maggiorata degli interessi dovuti. 

Il versamento dell’acconto Irpef - Il saldo che risulta da Unico PF e l’eventuale prima rata di acconto devono essere versati entro il 16 giugno dell’anno in cui si presenta la dichiarazione, oppure entro i successivi 30 giorni con la maggiorazione dello 0,40%. La scadenza per l’eventuale seconda o unica rata di acconto è invece il 30 novembre
L’acconto Irpef è dovuto se l’imposta riferita all’anno precedente, al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta, delle ritenute e delle eccedenze, è superiore a € 51,65. L’acconto deve essere versato in una o due rate, a seconda dell’importo: 
- unico versamento entro il 30 novembre, se l’acconto non supera € 257,52; 
- due rate se l’acconto è pari o superiore a € 257,52 (la prima pari al 40% entro il 16 giugno (insieme al saldo, la seconda – pari al restante 60% – entro il 30 novembre). 

Il saldo e la prima rata di acconto possono essere versati in rate mensili (l’acconto di novembre, invece, deve essere pagato in un’unica soluzione). In ogni caso, il versamento rateale deve essere completato entro il mese di novembre. 

Il versamento dell’acconto Ires - I versamenti a saldo e l’eventuale primo acconto Ires devono essere effettuati entro il 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, oppure entro il trentesimo giorno successivo, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse. 
I contribuenti che approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, devono versare il saldo e il primo acconto entro il giorno 16 del mese successivo a quello di approvazione del bilancio. Se il bilancio non viene approvato entro la scadenza disciplinata dalla legge, il versamento del saldo deve in ogni caso essere versato entro il 16 del mese successivo a quello di approvazione del bilancio

Il versamento dell’acconto Ires avviene in due rate se l’importo supera i 103 euro. In questo caso, la prima rata comprenderà il 40% dell’acconto, mentre il residuo verrà versato alla scadenza della seconda, cioè entro l’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione. In ogni caso è contemplata la possibilità di rateizzare i versamenti delle somme dovute a titolo di saldo e di primo acconto in un numero massimo di sei rate. 

Casi particolari che obbligano il contribuente al ricalcolo degli acconti 
– I dati per il ricalcolo degli acconti 2013 dovranno far capo alle specifiche norme tributarie, che hanno prodotto modifiche alle regole di determinazione del reddito sia delle persone fisiche che delle persone giuridiche per l’anno in corso, quali:
- la riduzione della percentuale di deducibilità dei costi sostenuti per le auto aziendali e dei professionisti (dal 40% nel 2012 al 20% nel 2013); 
- la maggiore rivalutazione del reddito dominicale e del reddito agrario dei terreni; 
- la proroga per il 2013 delle agevolazioni a favore dei lavoratori dipendenti “frontalieri”; 
- la proroga per il 2013 delle detrazioni per carichi di famiglia in favore di soggetti non residenti; 
- la deduzione forfetaria a favore degli esercenti impianti di distribuzione carburante; 
- la detassazione per le reti di imprese. 

È inconfutabile, quindi, che se il contribuente è coinvolto da almeno una di queste modifiche normative, dovrà conteggiare le dovute rettifiche sul reddito del 2012 riliquidando l’imposta a saldo e su questa ricalcolare l’acconto dovuto che dovrà essere versato secondo le regole ordinarie sopra enunciate.