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mercoledì 2 marzo 2011

Fondo patrimoniale aggredibile solo se il debito è connesso ai bisogni familiari

Qualora, invece, il debito fiscale sia sorto per finalità estranee alle necessità della famiglia, il fondo non può essere aggredito dal Fisco
Risulta sempre più difficile, per il Fisco, aggredire i beni inseriti in fondo patrimoniale per il mancato pagamento di imposte da parte di imprese a cui partecipino i coniugi costituenti il fondo stesso. È quanto si evince dalla più recente giurisprudenza delle Commissioni tributarie, che da alcuni mesi, in modo sostanzialmente costante, si pronuncia nel senso di non consentire l’azione esecutiva su beni (tipicamente immobili) inseriti dai coniugi in fondi patrimoniali. L’orientamento delle Commissioni (si citano, fra le più recenti, la C.T. Prov. Milano 20 dicembre 2010 n. 437, la C.T. Reg. Torino 18 maggio 2010, la C. T. Prov. Grosseto 30 novembre 2009 n. 280, la C.T. Reg. Torino 18 novembre 2009 n. 56; contra C.T. Reg. Venezia 10 novembre 2009 n. 4) è, infatti, quello di precludere ad Equitalia l’azione esecutiva e cautelare che si fonda sulla trascrizione di ipoteche anche su beni inseriti in fondi patrimoniali (per l’approfondimento, si veda “Gli strumenti di tutela del patrimonio”). Tale ultimo orientamento (che sta in qualche modo affermandosi, rispetto a quello 2007/2008 e dei primi mesi del 2009 maggiormente ondivago e che fondava l’iscrivibilità o meno dell’ipoteca sulla natura rispettivamente cautelare o esecutiva dell’istituto ipotecario) trae presumibilmente le sue mosse da due pronunce della Cassazione intervenute nel corso del 2009: la n. 15852 del 7 luglio 2009 e la n. 38925 del 7 ottobre 2009. In esse è, infatti, emerso il seguente “assioma”: il giudice di merito adìto dovrà di volta in volta valutare non la natura legale o contrattuale dell’obbligazione, bensì lo scopo per cui tale obbligazione è sorta. In altri termini, sulla base delle disposizioni di cui all’art. 170 c.c., l’indagine, secondo i giudici di legittimità, andrà effettuata nel merito e dovrà essere finalizzata a evidenziare se il debito (fiscale) è specificatamente sorto per soddisfare i bisogni familiari, situazione in cui il fondo potrà essere aggredito, o se il debito sia nato per finalità estranee alle necessità della famiglia, situazione nella quale al Fisco non sarà consentita azione alcuna. In sostanza, ai fini degli effetti “segregativi” del vincolo di destinazione costituito attraverso il fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva non va ricercato nella natura (ex contractu, ex lege o ex delicto) delle obbligazioni, bensì nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia. Su queste basi la maggior parte delle Commissioni tributarie (seppure con qualche eccezione) ha ritenuto negli ultimi mesi che, nel caso di debiti fiscali, manchi quell’inerenza immediata e diretta fra i crediti erariali e i bisogni della famiglia che nascono da una specifica obbligazione legale del tutto “esterna” ai bisogni familiari. In pratica, i debiti tributari non sarebbero collegati in modo “immediato e diretto” con le esigenze familiari e quindi non legittimerebbero l’esecutività. Irrilevante, al riguardo, si è ritenuta la mancata conoscibilità da parte del Fisco dell’estraneità dell’obbligazione tributaria rispetto ai bisogni della famiglia, espressamente richiesta dall’art. 170 c.c. al fine di escludere l’esecutibilità dei beni e dei frutti conferiti nel fondo. Tale eventuale conoscenza, infatti, non consentendo al creditore nessuna scelta di merito, non potrà incidere sull’opponibilità del vincolo. Appare opportuno segnalare, peraltro, come il novellato art. 96 comma 3 del codice di procedura civile potrebbe rendere ancora più prudente Equitalia in merito all’iscrizione di ipoteche in situazioni di dubbia legittimità. Non può, infatti, sottacersi come il Tribunale di Roma (sentenza del 9 dicembre 2010, commentata in “Risarcito il contribuente se l’ipoteca è illegittima” del 17 gennaio 2011), seppur per vicenda di carattere extra-fiscale, ma sulla base di princìpi validi anche in ambito fiscale, abbia condannato Equitalia alla corresponsione di una somma a titolo di indennizzo in applicazione del suddetto articolo per l’iscrizione su bene di ipoteca illegittima. In definitiva, pare di poter concludere che, se è indubbio che la costituzione di un fondo potrebbe anche essere funzionale al successivo mancato pagamento delle imposte da parte della famiglia che lo ha costituito, e possa essere impiegato per scopi illegali, è altrettanto vero che lo stesso potrà essere revocato ex art. 2901 c.c. e invalidato, riconoscendone la “simulazione” con rischio di incriminazione non solo per i costituenti ma anche, a titolo concorsuale, per i loro consulenti, soprattutto per reati di bancarotta distrattiva (art. 216 L. fall.) o per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 DLgs. 74/2000) ed eventuale concorso in tali reati. Qualora, tuttavia, non siano dimostrati intenti fraudolenti e siano trascorsi cinque anni da tale costituzione, il fondo si consolida e l’Erario che voglia iscrivere ipoteca sul bene immobile dovrà dimostrare che il debito è riconducibile alle necessità familiari, onere, questo, ai limiti della probatio diabolica.
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