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venerdì 25 gennaio 2013

Sanzioni tributarie: principio del “favor rei”


Cassazione Tributaria, sentenza del 24 gennaio 2013

Il giudice tributario, anche d’ufficio, può applicare al contribuente sanzioni fiscali più leggere se previste da norme subentrate a quelle applicabili all’epoca dell’accertamento. Tanto, in ossequio del principio del “favor rei”.

La sentenza
. Lo ha ricordato la Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza numero 1656, pubblicata ieri.

Il caso. L’Agenzia delle Entrate, mediante la notifica di un avviso d’accertamento,contestava a un istituto di credito l’omessa ritenuta alla fonte su interessi relativi a depositi in valuta presso altre banche e istituzioni estere, detenuti dalla contribuente in qualità di “banca agente”. In tale frangente venivano anche irrogate alcune soprattasse. Ne è scaturito un contenzioso, che in sede di legittimità si è concluso solo parzialmente a favore della parte privata.

Regime più favorevole. La Corte ha accolto il motivo di ricorso con il quale la banca ha lamentato la mancata applicazione delle disposizioni di legge che in tema di sanzioni stabilivano un regime più favorevole rispetto alle norme, ormai abrogate, cui aveva fatto riferimento l’Amministrazione Finanziaria.

Favor rei
 .E infatti sul punto i giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che, in via generale, “costituisce jus receptum il principio secondo cui, in forza dello jus superveniens più favorevole – correlabile anche alla Statuto del contribuente – può affermarsi che, in tema di sanzioni tributarie, alla abrogazione del principio di ultrattività delle disposizioni sanzionatorie è subentrato il principio del favor rei nella sua duplice prospettazione; nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che secondo la legge posteriore non costituisce violazione punibile; se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa si applica la legge più favorevole”.

Non serve istanza di parte.La Corte ha poiprecisato che il principio è applicabile anche d’ufficio e in ogni stato e grado del giudizio, a condizione che vi sia un procedimento ancora pendente e che il provvedimento impugnato non sia definitivo. La giurisprudenza si è pronunciata più volte in questo senso e, in particolare, con la sentenza numero 1055 del 2008 è stato chiarito che le disposizioni di legge invocate dalla ricorrente (ossia gli articoli 3 e 25, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 1997) sono entrate in vigore il 1° aprile 1998, incidendo sul “quantum” della sanzione tributaria in senso favorevole al contribuente. Esse hanno infatti sostituito alla somma delle singole sanzioni speciali criteri di calcolo previsti per il concorso di violazioni tributarie e per la continuazione. Inoltre, il D.Lgs. n. 472 del 1997 “rende espressamente applicabili le nuove disposizioni – in particolare, per quanto interessa, quelle contenute nell’art. 3, comma 3, stesso testo, introduttive del principio di legalità e di favore per il contribuente – ai processi in corso, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo” (v. Cass. n. 4408/2001).
Autore: Redazione Fiscal Focus

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