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giovedì 13 dicembre 2012

Co.co.pro. Si stringe il cerchio


Elencate le attività lavorative non rientranti nell’alveo dei co.co.pro.

Premessa – Arriva l’elenco delle attività lavorative che non possono essere inquadrate come rapporti di co.co.pro., i quali dovranno quindi essere trasformati dal personale ispettivo in contratti di lavoro subordinato. Attenzione però, in quanto si tratta di un elenco di attività “indicate a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, sulla base degli orientamenti giurisprudenziali già esistenti”. A chiarirlo è il Ministero del Lavoro con la circolare n. 29 dell’11 dicembre 2012 fornendo utili chiarimenti interpretativi in merito volti a consentire un corretto svolgimento della attività di vigilanza, nonché l’uniformità di comportamento del personale ispettivo sull’intero territorio nazionale.

Soggetti esclusi dalle co.co.pro. – Dunque, le attività lavorative difficilmente inquadrabili nell’ambito di un genuino rapporto di co.co.pro. sono: addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; addetti alle agenzie ippiche; addetti alle pulizie; autisti e autotrasporto; baristi e camerieri; commessi e addetti alle vendite; custodi e portieri; estetiste e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di contatori; magazzinieri; manutentori; muratori e qualifiche operaie dell’edilizia; piloti e assistenza di volo; prestatori di manodopera nel settore agricolo; addetti alle attività di segretaria e terminalisti; addetti alla somministrazione di cibi o bevande; prestazione rese nell’ambito di call center per servizi c.d. “in bound”.

Il progetto –
 Nella circolare ministeriale viene affrontata anche la delicata questione del progetto, che resta l’elemento fondamentale a cui ricondurre i rapporti di co.co.co. sottoscritti successivamente al 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della Riforma del Lavoro). Infatti, la disciplina novellata chiarisce che: “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore” e non più, come nella precedente formulazione, anche a “programmi di lavoro o fasi di esso”. Inoltre, così come modificato dalla Riforma del Lavoro, viene ribadita la necessità che il progetto: sia funzionalmente indirizzato a un determinato risultato finale, che deve essere indicato nel contratto individuale stipulato fra le parti; non consista in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente; non comporti lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; deve indicare il risultato finale che s’intende conseguire; salvo che per prestazioni di elevata professionalità, l’attività non sia resa con modalità analoghe a quelle svolte dai dipendenti del committente.

Il compenso – Altra novità importante si ha in tema di compenso, che deve essere proporzionato alla quantità e qualità dell’attività svolta e “non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività (…) in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dai datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati”.

Il profilo sanzionatorio - Sul versante sanzionatorio, invece, è prevista la costituzione di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo indeterminato in caso di mancata individuazione del progetto. Particolare è il caso del collaboratore a progetto che esegue le prestazioni in maniera non autonoma, bensì con modalità analoghe a quelle dei lavoratori subordinati; in questo caso, opera una presunzione relativa di subordinazione, suscettibile di prova contraria da parte del committente, il quale potrà quindi dimostrare in giudizio la genuinità della collaborazione. La presunzione non opera invece per le prestazioni di elevata professionalità meglio declinate dalla contrattazione collettiva comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale mediante specifiche clausole
Autore: Redazione Fiscal Focus

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