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venerdì 16 marzo 2012

Definizione delle liti pendenti, contano i giudicati formatisi prima della proroga

La circ. 7 conferma l’orientamento dell’Agenzia, si sofferma sugli ultimi orientamenti della Cassazione e annuncia alcuni dinieghi di condono
Alfio CISSELLO
La circolare n. 7 dell’Agenzia delle Entrate, divulgata ieri, si pronuncia in merito al disposto del “decreto milleproroghe“, che, in sede di conversione, ha prorogato alcuni termini relativi alla definizione delle liti pendenti, introdotta, come noto, dall’art. 39 del DL 98/2011.
Nello specifico, questi sono i termini interessati dalla proroga:
- il termine entro cui la lite doveva essere pendente, che passa dal 1° maggio 2011 al 31 dicembre 2011;
- il termine entro cui eseguire i versamenti, che passa dal 30 novembre 2011 al 2 aprile 2012.
I termini sono stati postergati dalla Legge 14/2012, entrata in vigore in data 28 febbraio 2012, il che, secondo l’Agenzia, ha come si dirà un rilievo operativo.
Rimangono invariati gli altri termini, quindi il diniego di condono dovrà essere notificato entro la fine di settembre, e la sospensione dei processi sarà operativa sino alla fine di giugno per i processi astrattamente definibili e sino alla fine di settembre per quelli interessati dalla definizione.
Per prima cosa, l’Agenzia delle Entrate ha confermato il proprio orientamento, espresso con la circolare 48/2011, già criticato in interventi precedenti, che dà rilievo ai giudicati formatisi prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del DL 216 del 2011. In altre parole, come detto chiaramente nella circolare, pendenza della lite al 31 dicembre 2011 significa che, al massimo in tale data, deve essere stato notificato il ricorso introduttivo, ma che, con riferimento al termine finale di pendenza della lite, ovvero alla formazione del giudicato, ci si debba invece riferire alla data di entrata in vigore della legge di conversione; così, se il termine ad esempio per l’appello spira, per richiamare l’esempio riportato dall’Agenzia, in data 13 gennaio, nonostante la lite fosse pendente al 31 dicembre, essa non è ritenuta definibile, posto che in detta data la proroga non era ancora stata disposta.
Tale orientamento, come già detto, è criticabile, ma sul punto non rimane che attendere la parola delle Commissioni tributarie.
Ferma restando la necessità di rispettare il termine di pagamento e di invio della domanda di definizione (2 aprile 2012 per entrambi gli adempimenti), il contribuente può chiedere alla Commissione tributaria di sospendere il giudizio ove, prima dell’entrata in vigore della L. 14/2012, fosse già stata fissata la data di trattazione.
Viene poi richiamata la sentenza 19693 del 2011 della Suprema Corte, già oggetto di analisi in un intervento precedente, ove si sostiene che la definizione non sussiste se, in caso di ricorso “ultratardivo“, dal complesso della fattispecie si evince che l’impugnazione sia stata fatta con il solo fine di beneficiare del condono (prima, ciò era difficilmente configurabile, ma ora che è stata disposta la proroga, può esserci il caso di un contribuente che, sentendo “puzza di condono”, abbia proposto ricorso tardivamente per questo fine). Ad ogni modo, il diniego di condono, in questi casi, deve essere adeguatamente motivato.
Fuori dalla sanatoria la tassazione separata
Viene poi affrontata l’annosa questione della determinazione delle somme nel giudizio di rinvio, ove l’Agenza delle Entrate persiste (circolare 48 § 8.2) nel ritenere applicabile la misura del 30% qualora la Cassazione abbia cassato con rinvio la sentenza, posto che tale decisione fa venire meno quelle precedenti. Su tal punto, l’Agenzia si discosta dalla sentenza 23596/2011, anch’essa oggetto di commento in un precedente intervento.
Novità anche sul versante delle cartelle di pagamento emesse a seguito di tassazione separata, fuori dalla definizione, il che è censurabile siccome, in tal caso, non si tratta di atto avente semplice funzione liquidatoria, ma di atto contro cui può essere fatto ricorso censurando il merito della pretesa (si veda, in tal senso, Cass. 6186 del 2006).

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