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martedì 15 febbraio 2011

Accertamento bancario: «prova contraria» anche le dichiarazioni di terzi

Essendo valide soltanto come «elementi indiziari», però, non possono costituire da sole il fondamento della decisione
Per vincere la presunzione di cui all’art. 32 comma 2 del DPR n. 600/1973, è onere del contribuente dimostrare che i versamenti in conto corrente sono stati registrati in contabilità e i prelevamenti sono stati utilizzati per il pagamento di individuati soggetti beneficiari degli stessi.
Tuttavia, se un contribuente è in contabilità semplificata e utilizza un unico conto corrente, sia per l’esercizio dell’attività sia per le spese personali, per giustificare i prelevamenti riguardanti la sfera privata è sufficiente indicare il beneficiario del prelevamento effettuato in contanti o a mezzo assegno.
Questo il principio sancito dalla sentenza n. 262/05/10 della C.T. Prov. di Frosinone, depositata il 28 ottobre 2010.
In particolare, i Giudici di merito hanno chiarito che i prelevamenti relativi alla sfera privata non possono essere considerati ricavi se il contribuente indica il beneficiario e la motivazione del pagamento, atteso che, nell’ipotesi di conto corrente su cui transitano versamenti e prelevamenti non solo attinenti all’attività imprenditoriale o professionale, ma anche quelli attinenti alla vita quotidiana, “questi ultimi non possono di certo far presumere al Fisco l’occultamento di operazioni commerciali inerenti la propria attività”.
Ma l’aspetto, a mio avviso, più interessante della sentenza in commento è relativo all’utilizzo, sia nel procedimento amministrativo sia nella successiva fase giudiziale, delle dichiarazioni di terzi al fine di giustificare i movimenti di un conto corrente.
I giudici laziali, in sostanza, ribadiscono il principio in base al quale è ammessa la possibilità che le dichiarazioni rese da terzi agli organi dell’Amministrazione finanziaria trovino ingresso, a carico del contribuente, in un processo tributario, e che il valore probatorio di tali dichiarazioni è “solamente quello proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione” (Corte Costituzionale, sentenza n. 18/2000).
Tuttavia, per dare concreta attuazione ai princìpi del giusto processo di cui all’art. 111 della Costituzione, lo stesso potere di introdurre dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale deve essere necessariamente riconosciuto anche al contribuente per garantire la parità delle “armi” processuali nonché l’effettività del diritto di difesa. Naturalmente, tali dichiarazioni non potranno avere valore di prova, bensì di “elementi indiziari”, che necessitano di essere valutati assieme ad altri elementi, non potendo da soli costituire il fondamento della decisione (Cass. n. 14960 del 22 giugno 2010).
Quindi è sostanzialmente pacifico che il contribuente abbia la possibilità di introdurre a proprio favore, in prima battuta nella fase endoprocedimentale e in seconda battuta nel processo tributario, dichiarazioni rese da terzi evidentemente rilasciate a proprio favore, il tutto con la consapevolezza che tali dichiarazioni assumono valenza probatoria di elementi indiziari e quindi liberamente valutabili dal giudice per giungere alla decisione della controversia.
Fra gli strumenti, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio
Ci si potrebbe, però, chiedere come il contribuente possa “far entrare” nel procedimento la dichiarazione di un terzo rilasciata a proprio favore. Tra gli strumenti utilizzabili va annoverata la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, “concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato” (art. 47 del DPR n. 445/2000). Infatti, le dichiarazioni rese all’Amministrazione (e alla Guardia di Finanza), tradotte nel processo verbale di constatazione, attestano quantomeno la provenienza dal soggetto che le ha rilasciate, mentre quelle rilasciate al contribuente, se non rilasciate in forma di scrittura privata autenticata o nella forma di dichiarazioni sostitutive di atto notorio e, quindi, se non autenticate da un Pubblico ufficiale (art. 2702 c.c.), potrebbero anche non provenire dall’asserito sottoscrittore e, in ogni caso, non implicherebbero alcuna responsabilità per chi le produce e, eventualmente, per chi le abbia sottoscritte.
 

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