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venerdì 13 dicembre 2013

E-commerce: se vendi in Italia, paghi qui le tasse!

Una modifica alla legge di stabilità potrebbe obbligare i venditori online a munirsi di P.Iva italiana.

Una possibile modifica - Interessanti novità nel campo del commercio elettronico sono quelle emerse in questi giorni dall’esame, in Commissione Bilancio della Camera, del disegno di legge sulla stabilità. Nello specifico, si è palesata una proposta di modifica secondo la quale, chi effettua transazioni di vendita nel nostro Paese, dunque con i canali di rete messi a disposizione dall’Italia, deve possedere una partita Iva italiana, pertanto presenta una cosiddetta ‘stabile organizzazione’ sul nostro territorio nazionale.

Le multinazionali del web – L’intervento potrebbe quindi mutare i rapporti delle grandi multinazionali della rete con il web nostrano, in quanto le obbligherebbe a rispettare gli oneri fiscale dei Paesi nei quali traggono guadagni, come appunto è l’Italia. L’intento del possibile emendamento sarebbe quindi quello di porre dei paletti a questi imprenditori cibernauti che nella maggior parte dei casi non risultano fedeli alle imposizioni nazionali. Inoltre l’intervento risulterebbe quale valido aiuto alla Polizia tributaria che al momento trova non poche difficoltà nel dimostrare la stabile organizzazione nel nostro Paese di aziende che effettuano qui le loro transazioni pur dichiarando d’aver sede in altre nazioni. Dunque, in base a questa proposta di modifica, se un ‘venditore’ online svolge la propria attività in Italia vuol dire che in Italia possiede una stabile organizzazione, non potranno quindi esser presi in considerazione escamotage che pretendono di dimostrare il contrario.

Cos’è la stabile organizzazione? –
 Fin qui, oltre ad aver indicato la possibile modifica al testo del disegno di legge sulla stabilità, abbiamo altresì posto un focus sulla questione della stabile organizzazione. Ma cosa si intende quando diciamo che un soggetto ha una stabile organizzazione in un dato stato? Ebbene, per risolvere incomprensioni e controversie sorte tra l’Amministrazione Finanziaria e contribuenti, è stata recentemente diffusa una nuova e più esaustiva definizione del concetto del quale stiamo parlando, al fine di non cadere in equivoci ed errate interpretazioni. Secondo questa ri-definizione, vediamo che “costituisce stabile organizzazione l'utilizzo abituale della rete nazionale, sia essa fissa, mobile o satellitare, per trasmettere dati da elaboratori elettronici, localizzati anche al di fuori del territorio nazionale, verso indirizzi IP italiani, al fine di fornire servizi online, ivi inclusi quelli consistenti in tutte le azioni poste in essere al fine di attribuire maggiore visibilità sulla rete internet al fruitore del servizio, compresi banner o finestre di pop up visualizzati nelle pagine web, indicizzazione e visualizzazione di link sponsorizzati sui motori di ricerca, annunci pubblicitari trasmessi via email, visualizzati all'interno di social network o per mezzo di applicazioni su dispositivi mobili".

Il dettaglio della modifica – Qualora l’emendamento venisse approvato, esso andrebbe a modificare l’articolo 17. Si tratterebbe infatti dell’articolo 17-buis della legge di stabilità, il quale sottolinea che “i soggetti passivi che intendano acquistare servizi on line sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana”. A quali servizi si riferisce l’intervento che potrebbe mutare la fisionomia del citato disegno di legge? Dunque, secondo quanto apposto dal legislatore, i servizi oggetto di interesse, venduti tramite transazioni elettroniche, sono le compravendite di "spazi pubblicitari on line, link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca (altrimenti detti servizi di search advertising), visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio on line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili". Una volta approvata questa nuova disposizione, siffatti servizi potranno essere acquistati esclusivamente da soggetti che risultano titolari di partita Iva italiana, tra questi ‘venditori’ ai quali l’acquirente potrà rivolgersi vengono indicati editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altri operatori pubblicitari. Il pagamento potrà avvenire solo con modalità tracciabile, quindi avvalendosi del bonifico bancario.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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