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mercoledì 28 settembre 2011

Presunzioni bancarie valide anche per i co.co.co

Il meccanismo, solo per i versamenti, vale per ogni categoria reddituale, non essendo circoscritto ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo
Le presunzioni legali di cui all’art. 32 del DPR 600/73 inerenti le movimentazioni bancarie che non trovano riscontro nelle scritture contabili hanno portata generale, e non possono ritenersi circoscritte ai possessori di reddito d’impresa e di lavoro autonomo.
Questa è l’interessante affermazione contenuta nella sentenza della Corte di Cassazione n. 19692 depositata ieri, che, a quanto pare per la prima volta, si pronuncia su un aspetto di grande interesse, adottando un’interpretazione sfavorevole nei confronti dei contribuenti e, invero, a nostro avviso suscettibile di critica.
La difesa aveva sostenuto, vista la portata dell’art. 32 del DPR 600/73, che le presunzioni bancarie operino solo in caso di attività d’impresa o di lavoro autonomo, non quindi per le altre categorie reddituali, come le collaborazioni coordinate e continuative (le quali costituiscono redditi assimilati a lavoro dipendente).
I giudici di Cassazione, invece, hanno replicato che le presunzioni in esame hanno valenza generale, e che a diverse conclusioni non si può pervenire nemmeno sulla base del fatto che l’art. 32 del DPR 600/73 contiene un espresso riferimento ai “ricavi” e alle scritture contabili.
Precisamente:
- per i prelevamenti, la presunzione di maggior reddito può operare solo per possessori di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, “non potendosi certamente in via generale e per qualsiasi contribuente presumere la produzione di un reddito da una spesa, e potendo viceversa una simile presunzione trovare giustificazione per imprenditori o lavoratori autonomi, per i quali le spese non giustificate possono infatti ragionevolmente ritenersi costitutive di investimenti”;
- quanto esposto, però, non impedisce all’Ufficio “di desumere per qualsiasi contribuente che i versamenti operati sui propri conti correnti, e privi di giustificazione, costituiscano reddito, dovendosi ritenere tale attività accertativa pienamente consentita dalla norma in esame e assolutamente ragionevole”.
Invero, il dato normativo potrebbe anche avallare l’impostazione della Cassazione, siccome è stabilito che le rettifiche di cui agli artt. 38, 39, 40 e 41 del DPR 600/73 possono fondarsi sui dati rinvenuti a seguito di indagine bancaria, “se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine”.
Presunzione “ridotta” per i prelevamenti
Tuttavia, ricavare, da ciò, l’operatività della presunzione versamenti “non giustificati” = reddito occultato al Fisco appare eccessivo, in ragione del fatto che, ad esempio, un lavoratore dipendente non è tenuto alla formazione di una corretta contabilità, quindi non deve documentare le entrate e le uscite, come se fosse un’impresa o un professionista.
Allora, anziché parlare di applicabilità del meccanismo presuntivo (lasciando intendere che si tratti di presunzione legale relativa), sarebbe forse stato più corretto riferirsi, in genere, alla possibilità che i dati derivanti dalle indagini bancarie (tra cui i versamenti) possano fondare l’accertamento, fermo restando l’onere della prova in capo all’Ufficio, ovvero previa dimostrazione che il versamento sia sintomatico di un reddito non dichiarato, sulla base di elementi gravi, precisi e concordanti.

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