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lunedì 18 luglio 2011

Torna il condono sulle liti fiscali

La manovra permette di definire tutte le controversie, fino a 20.000 euro, nelle quali sia parte l’Agenzia delle Entrate
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Tra le tante novità contenute nel DL n. 98/2011, convertito con la L. 15 luglio 2011 n. 111, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 164 del 16 luglio e in vigore da ieri, la definizione delle liti fiscali pendenti è senz’altro una delle più interessanti, visto che lo scopo della disposizione è quello di deflazionare il contenzioso tributario. L’art. 39, comma 12 del citato DL, concede ai contribuenti di definire le liti fiscali pendenti davanti alle Commissioni tributarie ed agli organi della giustizia ordinaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, con valore inferiore a 20.000 euro.
La relazione governativa chiarisce che le disposizioni ricalcano quelle introdotte dall’art. 16 della L. n. 289/2002, con alcuni adattamenti. La stessa relazione richiama, per i concetti di lite autonoma e di valore della lite, le regole contenute nel comma 3, lettere b) e c) del menzionato art. 16. I due concetti, in ogni caso, dipendono da quello di “lite pendente”, intesa come tutte le controversie nelle quali sia parte l’Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione dell’Agenzia stessa, notificati ed impugnati dal contribuente avanti gli organi competenti. La data di pendenza della lite è il 1° maggio 2011, purché alla stessa data non sia intervenuta sentenza definitiva. Da questa premessa si evince che sono escluse dalla definizione tutte le controversie dove sono coinvolte altre Agenzia fiscali (es. Territorio) e gli enti locali.
La data di pendenza della lite è il 1° maggio 2011
Ritornando al concetto di lite autonoma, per essa si intende quella relativa agli atti rientranti nella predetta nozione di lite pendente, mentre si annovera, nel valore della lite da assumere a base del calcolo per la definizione, l’importo dell’imposta oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con atto separato. In caso di lite concernente provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, per valore della lite si tiene conto delle stesse sanzioni.
Tanto precisato, si può affermare che la lite è pendente qualora il contribuente abbia proposto ricorso avanti la Commissione tributaria provinciale, anche se, alla data del 1° maggio 2011, non sia stato effettuato il deposito presso detta Commissione, a condizione che non sia ancora decorso il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio. Per la definizione delle liti pendenti dinanzi l’autorità giudiziaria occorre che l’atto di citazione sia stato notificato. Sono definibili anche le liti fiscali pendenti a seguito di rinvio, effettuato anteriormente alla data del 1° maggio 2011, davanti alle Commissioni tributarie o all’Autorità giudiziaria ordinaria di merito.
Contrariamente al precedente provvedimento di definizione delle liti fiscali pendenti, di cui all’art. 16 della L. n. 289/2002, la novella non cita, tra le possibili liti definibili, quelle derivanti dalla decisione di inammissibilità dell’atto introduttivo, dichiarata sia nel primo che nei gradi successivi, con pronuncia non definitiva alla predetta data. Sul punto, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 12 del 21 febbraio 2003, a chiarimento delle disposizioni contenute nel richiamato art. 16, ha stabilito che l’esistenza di cause di inammissibilità non rileva ai fini della definibilità della lite, finché sia pendente.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, non è richiesta la pendenza della lite sul rapporto sostanziale, essendo ammessa la chiusura della lite stessa in tutti i casi in cui sussiste l’obbligo per il giudice di emanare la decisione; a nulla rileva la circostanza che l’atto introduttivo sia affetto da vizi comportanti invalidità o inammissibilità ostative all’esame nel merito. Sul punto, il documento di prassi precisa che “a tale regola fanno eccezione i casi (piuttosto rari) di inesistenza dell’atto introduttivo per mancanza dei requisiti minimi di forma e di contenuto indispensabili a ricondurre lo stesso nell’ambito delle previsioni delle norme processuali (v. Cass. 7 febbraio 2001, n. 1700)“.
In proposito, va ricordato che il ricorso non sottoscritto rientra tra le cause di inammissibilità, e non di inesistenza, come previsto dall’art. 18, comma 4 del DLgs n. 546/1992. Si ricorda, altresì, che l’inammissibilità del ricorso è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e non è sanabile.
Conclusivamente, in attesa dell’emanazione delle disposizioni applicative, una lite si può considerare pendente e, quindi, definibile se:
- al 1° maggio 2011, è stato proposto il ricorso introduttivo del giudizio, anche se alla stessa data non sia stato effettuato il deposito presso la Commissione adita;
- al 1° maggio 2011, è stata emessa una pronuncia, anche di inammissibilità, da parte dell’organo giudicante, ma non sono scaduti i termini per l’impugnazione;
- al 1° maggio 2011, è stato disposto il rinvio o la rimessione del processo da parte di un giudice ad altro giudice.

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