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mercoledì 13 novembre 2013

Redditi esteri: la plusvalenza sull’immobile estero

La Convenzione non risolve la doppia imposizione

Per i contribuenti fiscalmente residenti in Italia, che intendono cedere immobili detenuti all’estero, si rende necessario valutare i profili impositivi dell’operazione. Il punto di partenza per analizzare la fattispecie è il diverso criterio utilizzato per tassare i residenti e i non residenti. I primi sono tassati sui redditi ovunque prodotti, mentre i secondi sono tassati esclusivamente sui redditi prodotti in Italia.

Il criterio appena descritto, sancito dall’art. 3 del Tuir, comune a molti stati stranieri, determina evidenti fenomeni di doppia imposizione che, a livello internazionale, sono risolti dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
In riferimento agli utili derivanti dalla cessione di beni immobili, la disciplina è rinvenibile all’art. 13 del Modello OCSE che costituisce il prototipo convenzionale di riferimento.
Prima di analizzare le disposizioni convenzionali, va innanzitutto verificata la “tassabilità” secondo l’ordinamento interno.

La disciplina interna - Ai sensi dell’articolo 67 del Tuir, sono imponibili le plusvalenze realizzate dalla vendita di immobili acquistati o costruito da non più di cinque anni, fatta eccezione per quelli che per la maggior parte del periodo sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
In base alla disciplina interna, l’imponibilità dell’operazione è esclusa nel caso in cui:
- l’immobile venga ceduto trascorsi cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione;
- l’immobile sia stato adibito ad abitazione principale.
Il mancato soddisfacimento delle suddette condizioni rende l’operazione imponibile e, ai sensi del successivo articolo 68 del Tuir, la plusvalenza è costituita dalla differenza tra i corrispettivi percepiti e il prezzo di acquisto dell’immobile, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo (ad esempio, oneri accessori, come spese notarili sostenute al momento dell’acquisto).

Le norme convenzionali - L’applicazione della normativa interna deve, tuttavia, fare i conti con le disposizioni convenzionali, verificando l’esercizio della potestà impositiva italiana.
In tal senso, si dovranno verificare le disposizioni relative ai beni immobili contenute nella Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e il Paese in cui è ubicato l’immobile.
Generalmente, come detto, le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia seguono il Modello OCSE 2010, che disciplina gli utili derivanti dalla cessione di beni immobili nell’art. 13. Tale disposizione recita “Gli utili provenienti dalla alienazione di beni immobili secondo la definizione di cui al paragrafo 2 dell'articolo 6, sono imponibili nello Stato contraente dove detti beni sono situati”. La disposizione richiamata concede la tassazione allo Stato in cui i beni immobili sono collocati.
Il mancato utilizzo dell’espressione “soltanto” tuttavia fa sì che la potestà impositiva spetti anche al Paese di residenza del soggetto che ha conseguito il reddito.
In sintesi, il disposto Convenzionale prevede che i “soggetti” italiani che realizzano plusvalenze da beni immobili all’estero possono essere tassati sulle plusvalenze sia nello Stato estero che in Italia. Di conseguenza, il contribuente subirà una doppia imposizione che potrà essere eliminata/ridotta attraverso l’ottenimento di un credito d’imposta ex art. 165 Tuir.

Profili dichiarativi -
 Si segnala, infine, per quanto attiene ai profili dichiarativi, in riferimento a UNICO PF 2013, che la plusvalenza assume rilevanza, ai fini Irpef, per il suo intero ammontare, e va indicata nel rigo RL6 del modello Unico PF, concorrendo alla formazione del reddito complessivo da riportare nel quadro RN.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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