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venerdì 3 febbraio 2012

Equitalia risponde anche per i vizi imputabili all’Ufficio

Se l’Agente della riscossione ritiene di essere estraneo alla censura sollevata, deve chiamare in causa l’ente impositore
 Alfio CISSELLO
Il tema dell’omessa notifica dell’atto presupposto è sempre di rilievo, in quanto non è raro che il contribuente, per le più varie ragioni, scaturenti quasi sempre da irregolarità nelle notifiche, venga reso edotto della maggiore pretesa solo con la cartella di pagamento, e il problema, se le cose non cambieranno, è destinato ad ampliarsi con l’avvento degli accertamenti esecutivi, visto che dopo tale atto non c’è più la cartella di pagamento ma direttamente il pignoramento, l’ipoteca o il fermo.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 1532 depositata ieri, ha puntualmente applicato i principi affermati dalle Sezioni Unite con la storica sentenza 16412/2007, ovvero: l’atto successivo (cartella di pagamento) è di per sé nullo se non preceduto dalla rituale notifica di quello presupposto (avviso di accertamento).
In questi casi, il contribuente può notificare il ricorso tanto all’uno quanto all’altro soggetto, quindi tanto ad Equitalia quanto all’ente impositore, non essendoci litisconsorzio necessario tra i due soggetti.
È rimessa all’Agente della riscossione la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore interessato, ove egli sia stato notificatario di un ricorso fondato solo su vizi imputabili all’ente.
Con ciò non si intende dire che Equitalia deve essere ritenuta responsabile anche per i vizi che non possono esserle attribuiti, ma che occorre sempre ricordare una norma molto importante, di cui spesso ci si scorda: l’art. 39 del DLgs. 112/1999.
L’articolo richiamato impone, a chiare lettere, che il concessionario della riscossione, se non vuole rispondere esso stesso della lite, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato, ove il contribuente non lo abbia fatto.
Allora, se il contribuente notifica il ricorso solo a Equitalia eccependo, come nella specie, la mancata notifica dell’accertamento (vizio chiaramente imputabile all’ente creditore), essa non può limitarsi a sostenere la propria estraneità al vizio sollevato, ma deve necessariamente provvedere alla citazione dell’ente, magari domandando alla Commissione tributaria l’autorizzazione alla chiamata del terzo (ma tale aspetto è degno di ulteriori approfondimenti, che esulano dal presente commento). A questo punto, l’ente creditore, come prevede l’art. 14 del DLgs. 546/92, si costituirà in giudizio mediante le forme conteplate per la parte resistente.

La Cassazione richiama la sentenza delle Sezioni Unite 16412/2007
Per C.T. Prov. Torino 26 gennaio 2011 n. 7/9/11, ove Equitalia non abbia chiamato in causa l’Ufficio, il ricorso deve essere accolto, siccome non vi può ovviare il giudice, non vertendo la lite in ipotesi di litisconsorzio necessario.
È interessante notare che la Suprema Corte è giunta, relativamente alla questione sull’inammissibilità, alle stesse conclusioni nell’ipotesi opposta, ove il contribuente, sbagliando, ha citato in giudizio l’ente impositore per vizi imputabili ad Equitalia, quali, ad esempio, la tardività nella notifica della cartella di pagamento (si veda Cass. 27 febbraio 2009 n. 4900 e Cass. 16 settembre 2010 n. 19635). In relazione a quest’ultimo caso, esistono anche sentenze in senso contrario, relative, però, a situazioni peculiari.
Tanto premesso, l’orientamento della giurisprudenza è comunque chiaro nell’escludere ogni forma di inammissibilità nelle liti ove sono coinvolti sia l’ente impositore sia Equitalia in ordine alla chiamata in causa dei legittimati processuali. Ciò, tuttavia, non toglie che i contribuenti debbano sempre porre la massima attenzione nella corretta delineazione del resistente.

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