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mercoledì 8 febbraio 2012

Con l’autotutela l’Ufficio non può avanzare una nuova pretesa

L’istanza di autotutela relativa ad un avviso di accertamento divenuto definitivo può soltanto essere accolta o respinta dall’Agenzia
 Alessandro BORGOGLIO
Nel caso in cui il contribuente presenti un’istanza di autotutela avverso un avviso di accertamento divenuto definitivo, l’Ufficio deve limitarsi ad accoglierla o respingerla, senza poter esercitare una nuova e diversa azione accertatrice. Lo ha stabilito la C.T. Reg. di Torino, con la sentenza n.01/06/12 del 20 gennaio 2012.
Un contribuente aveva ricevuto un avviso di accertamento, che era divenuto definitivo per decorrenza dei termini per l’impugnazione. Presentava all’Agenzia delle Entrate, quindi, un’istanza di autotutela, osservando che l’accertamento effettuato si fondava su errati presupposti che, in effetti, l’Amministrazione finanziaria aveva poi riconosciuto come tali. Pertanto l’Ufficio, con la risposta all’istanza di autotutela, esercitata solo parzialmente, in relazione agli errori contestati dal contribuente rideterminava la pretesa a suo tempo avanzata, basandosi questa volta soltanto sull’applicazione degli studi di settore (l’accertamento originario, invece, prescindeva da tale strumento presuntivo).
Il contribuente impugnava l’atto, lamentando che l’Amministrazione finanziaria aveva illegittimamente esercitato una nuova azione accertatrice, facendo un uso scorretto del potere di autotutela, giacché aveva trasformato il provvedimento di rifiuto parziale di autotutela in un atto con la forma e le caratteristiche di un avviso di accertamento, anziché limitarsi ad adottare un provvedimento motivato di accoglimento o diniego dell’autotutela richiesta.
La C.T. Prov., richiamando recente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 7388/2007, n. 16778/2005, n.9669/2009), stabiliva che in effetti l’Ufficio, nell’esercitare l’autotutela, non si era limitato ad accogliere o rigettare le richieste del contribuente, ma aveva operato un’ulteriore azione accertatrice fondata esclusivamente sui risultati dello studio di settore e, pertanto, illegittima, stanti le pronunce delle Sezioni Unite nn.26635-6-7-8/2009, con cui gli Ermellini hanno precisato che gli accertamenti fondati soltanto sugli standard degli studi di settore non sono sufficienti a legittimare la pretesa impositiva, essendo necessari ulteriori specifici elementi di supporto. In conclusione, quindi, i giudici di prima istanza accoglievano l’impugnazione del contribuente, annullando il nuovo atto impositivo.
Opponeva gravame l’Agenzia delle Entrate, osservando che la decisione impugnata avrebbe trasformato il termine per la proposizione di ricorso di cui all’art. 21 del DLgs. 546/1992 da perentorio a ordinatorio, permettendo al contribuente un surrettizio bis in idem e al giudice una funzione sostitutiva all’Amministrazione finanziaria. La difesa erariale censurava, inoltre, l’operato dei primi giudici per aver in ammissibilmente dato ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto ormai definito.
La C.T. Reg., confermando la sentenza impugnata, ha osservato che l’Ufficio non si era limitato ad accogliere o rigettare l’istanza di autotutela ma aveva, di fatto, notificato un nuovo atto impositivo fondato sul solo studio di settore e, quindi, illegittimo. Peraltro, la Cassazione aveva confermato, con le sentenze richiamate dai primi giudici, la competenza delle Commissioni tributarie a giudicare sul diniego di autotutela opposto dal Fisco, che, secondo gli Ermellini, è impugnabile anche quando l’avviso di accertamento è ormai divenuto definitivo. In conclusione, quindi, il collegio del riesame ha confermato l’annullamento del nuovo atto fondato solo sugli studi di settore.
In proposito, è appena il caso di aggiungere che, secondo la Suprema Corte, l’esercizio del potere di autotutela può estrinsecarsi oltre che nel rimedio di tipo “demolitorio”, attraverso il quale la Pubblica Amministrazione annulla d’ufficio e integralmente l’atto “viziato”, anche mediante interventi di tipo “sostitutivo”, con i quali l’Amministrazione finanziaria può riformare il precedente atto, con l’emissione di un nuovo provvedimento che sostituisce quello originario affetto di illegittimità (cfr. Cass. n. 937/2009).
La Cassazione ha altresì stabilito, in passato, che l’esercizio del potere di autotutela non implica la consumazione del potere impositivo, che anzi, dopo l’eliminazione del primo atto, deve nuovamente essere esercitato (cfr. Cass. n.16115/2007 e n. 14377/2007), con effetto ex tunc, atteso che il nuovo provvedimento non dispone per l’avvenire ma retroagisce al momento dell’applicazione dell’imposta, venendo a sostituire il precedente atto (cfr. Cass. n. 1148 del 21 gennaio 2008 e n. 27906 del 30 dicembre 2009).
Recentemente, poi, con la sentenza n.21719/2011, gli Ermellini hanno statuito che la riforma dell’atto impositivo non è limitata ai soli vizi formali, ma può estendersi a tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto (cfr. Cass. n.4272/2010 e n.2531/2002), incontrando, invero, la sola limitazione costituita dalla decadenza del potere di accertamento prevista per la notifica degli atti impositivi e dal divieto di violazione o elusione del giudicato sostanziale formatosi sull’atto viziato (cfr. Cass. n.11114/2003 e n. 24620/2006), nonché dal diritto di difesa del contribuente (Cass. n. 7335/2010).
 

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