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martedì 22 novembre 2011

Nuovo redditometro: arriva la «piramide» dei bisogni

Per gli oltre 100 beni e servizi, «peso» differenziato a seconda che si tratti di bisogni o di spese voluttuarie
Carlo NOCERA
Le prime risultanze in materia di nuovo accertamento sintetico, frutto del rilascio del “test” su una versione provvisoria del relativo software di calcolo a cura dell’Agenzia delle entrate, delineano già con nettezza la filosofia che anima il nuovo strumento quanto alla considerazione degli elementi-indice di capacità contributiva.
È opportuno rammentare che, in ragione di quanto previsto al quinto comma dell’art. 38 del DPR n. 600/73, il Fisco non abbandona affatto la significatività del tenore di vita del contribuente ma, piuttosto che “lasciare”, anziché “raddoppiare” decuplica, delineando un paniere di beni e servizi di oltre cento voci: ben altra cosa, quindi, rispetto a quello – da definire, ora, perlomeno “scarno” – previsto dalla tabella ministeriale del 10 settembre 1992, attualmente vigente per i controlli effettuati fino al periodo d’imposta 2008.
Le oltre 100 voci – rappresentative di tutti gli aspetti della vita quotidiana e indicative di capacità di spesa – che contribuiscono congiuntamente alla stima del reddito, sono aggregate nelle seguenti 7 categorie:
- abitazione;
- mezzi di trasporto;
- assicurazioni e contributi;
- istruzione;
- attività sportive e ricreative e cura della persona;
- altre spese significative;
- investimenti immobiliari e mobiliari netti.
Ora, al di là delle note di colore che potrebbero essere tratteggiate per l’avvento nel “paniere”, ad esempio, della pay-tv o dell’abbonamento teatrale, quanto qui interessa è il criterio di valorizzazione che sembra profilarsi per queste voci, volto alla quantificazione del reddito sinteticamente attribuibile al contribuente persona fisica.
Ebbene, ponendo lungo un ideale “asse di bisogno” tutti i beni e i servizi contemplati dalla nuova Tabella, alcuni saranno caratterizzati, in termini presuntivi, da un’incidenza di reddito pari o anche inferiore alla spesa sostenuta e altri, la stragrande maggioranza, da un’incidenza di reddito superiore alla spesa sostenuta.
Così, per esemplificare il tutto, il bene-indice Alfa con coefficiente 1 “peserà” sulla quantificazione reddituale in misura pari alla spesa sostenuta – ad esempio, per una spesa di 5.000 euro si presumerà una quota-parte di reddito sintetico di 5.000 euro – mentre il bene-indice Beta, con coefficiente 1,3 peserà sulla quantificazione reddituale per il 130% della spesa sostenuta – ad esempio, per una spesa di 5.000 euro si presumerà una quota-parte di reddito sintetico per 6.500 euro.
A ben vedere, niente di nuovo sotto il sole, atteso che si tratta della medesima ratio che ha ispirato, seppure con modalità del tutto diverse, la coefficientazione attualmente in vigore con la Tabella del 1992: in sostanza, un coefficiente “in crescendo” quanto più la spesa per quel determinato elemento-indice di capacità contributiva può essere qualificata come voluttuaria.
In altre parole, si presume che, prima di effettuare una spesa, poniamo, per una crociera, l’individuo sia tenuto a soddisfare bisogni primari che nella scala delle priorità sono quasi insopprimibili (alimentazione, vestiario, educazione, eccetera).
Sarebbe preferibile che il criterio venisse reso trasparente
Nulla quaestio sulla “filosofia”, dunque, ma sarà interessante verificare, a questo punto, il “posizionamento” dei singoli beni o servizi lungo questo asse ideale crescente – o, se si vuole, lungo questa sorta di “piramide” del voluttuario, dove alla base allignano i bisogni primari e alla cuspide quelli dei quali si potrebbe fare a meno – attesa la variabilità che un’idea del genere, anche condivisibile in termini astratti e “generalissimi”, potrebbe comportare a seconda di chi (e di come) ha effettuato la rilevazione statistica.
Sarebbe dunque auspicabile che venisse reso “trasparente” il criterio seguito per la determinazione della stima della relazione tra reddito e voci indicative della capacità di spesa, spiegando efficacemente, questa volta, il ruolo della funzione di regressione multivariata e, soprattutto, come – per ciascuno dei 55 gruppi omogenei – le voci indicative della capacità di spesa contribuiscono in misura differenziata alla stima del reddito della famiglia.
Anche se, in proposito, le trascorse vicende in materia di studi di settore, la cui “formula” è ancora secretata, non lasciano ben sperare.

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