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martedì 8 novembre 2011

Definibili le liti sul canone RAI, ma non quelle sui contributi INPS

Non sanabili le cause sulle sanzioni per «lavoro nero», nonostante la parte in causa sia l’Agenzia delle Entrate
La sanatoria delle liti pendenti introdotta dal DL 98/2011 può concernere, come detto varie volte, ogni atto di imposizione, a condizione che il valore della lite non sia superiore a 20.000 euro. Per “atto di imposizione” si intende un provvedimento che contesti, per le più varie ragioni, una maggiore imposta, quindi un atto che non abbia valore semplicemente liquidatorio.
Con la circolare n. 48 del 2011 sono stati chiariti vari aspetti sui provvedimenti definibili, alcuni dei quali già esaminati in precedenti interventi.
A parte le ordinarie imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate (IRES, IRPEG, IRPEF, IVA, IRAP, imposte d’atto), rientrano nella sanatoria anche le liti sul contributo al servizio sanitario nazionale nonché sui bolli auto, a condizione che siano dovuti da contribuenti residenti in Regioni a statuto speciale.
Tra le precisazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate si ricorda l’affermazione secondo cui è definibile la lite sul canone RAI, a patto che, ovviamente, non si tratti di provvedimenti aventi una finalità liquidatoria; infatti, al paragrafo 4.11 della circolare, si legge che la possibilità di sanatoria sussiste a condizione che non si tratti di semplici omessi versamenti.
Ove la causa sia definibile, si rammenta che, per le liti di valore non superiore a 2.000 euro, si paga sempre una somma fissa di 150 euro, per cui la definizione può rivelarsi conveniente. Per valore della lite, tra l’altro, si intende l’importo dell’imposta contestata in primo grado, al netto degli interessi e delle sanzioni amministrative collegate al tributo.
Invece, è chiaro che la definizione delle liti pendenti non può trovare applicazione per i contributi e premi previdenziali, visto che si tratta di entrate aventi natura contributiva e non fiscale e, inoltre, sono amministrate da enti diversi dall’Agenzia delle Entrate, come l’INPS.
Per i contributi c’è un altro procedimento
Il Legislatore, con il DL 98/2011, ha introdotto una definizione circoscritta alle liti fiscali, quindi va da sé che i contributi previdenziali esulano da ciò, visto che inoltre le relative liti non possono essere radicate dinanzi alla giustizia tributaria, ma dinanzi al giudice ordinario (per la stessa ragione, non possono essere definite la cause sulle sanzioni irrogate dall’Agenzia delle Entrate, se non hanno natura fiscale, come quelle sul cosiddetto “lavoro nero”).
Il fatto che talvolta negli avvisi di accertamento siano indicati i contributi previdenziali (in quanto determinati, come le imposte, nell’ambito del modello UNICO) non ha rilievo, posto che i contributi non sono richiesti dall’Agenzia delle Entrate, ma indicati per finalità meramente informativa.
Non a caso, il procedimento amministrativo per la contestazione dei maggiori contributi dovuti per effetto della più elevata imposta richiesta segue altre vie, disciplinate ora dall’art. 30 del DL 78/2010, che ha introdotto, sulla falsariga di ciò che avviene per le imposte sui redditi e per l’IVA, l’atto di addebito esecutivo”.

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