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mercoledì 25 luglio 2012

Accertamento: accesso a conti di soci e familiari


Sentenza della Cassazione Tributaria

Nell’ambito di indagini dirette all'accertamento dell'evasione di imposta da parte di una società di capitali a ristretta base sociale, l’Amministrazione finanziaria può chiedere agli istituti di credito l’accesso ai conti correnti personali dei soci e a quelli intestati ai loro familiari. Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione - Sezione Tributaria Civile, con la sentenza numero 12624 del 20 luglio 2012.

Il caso. La C.T.R. Toscana, in riforma della sentenza di primo grado, riconosceva la legittimità degli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei due soci di una S.r.l., con i quali erano stati recuperati a tassazione IRPEF i maggiori redditi – conseguiti dalla distribuzione di utili occulti realizzati e non contabilizzati dalla predetta società – in misura corrispondente a quella degli importi delle movimentazioni bancarie rilevate sui conti personali dei detti soci. Di qui, il ricorso per cassazione.

Utilizzabilità dei dati e prova contraria. Il Supremo Collegio nelle lunghe motivazioni che lo hanno condotto alla decisione finale, ha ribadito il principio di diritto secondo cui “l’Ufficio finanziario nella fase delle indagini dirette all'accertamento della evasione di imposta da parte di una società di capitali, è legittimato a richiedere agli istituti bancari, ai sensi dell'art 32 co. 1 n.7) D.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 e dell'art. 51 co. 2 n. 7) del D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, l'accesso ai conti e depositi bancari formalmente intestati ai soci anche non amministratori e - in caso di ristretta compagine sociale - anche ai conti/depositi intestati ai loro familiari, qualora sussistano anche soltanto fondati sospetti che la società verificata abbia partecipato ad operazioni imponibili soggettivamente - inesistenti volte a evadere l'imposta sul valore aggiunto. Costituiscono fondati sospetti l'avere intrattenuto ripetuti rapporti commerciali con società sfornite di personale adeguato, di beni aziendali ovvero comunque prive di adeguata struttura organizzativa di impresa – c.d. società fantasma - in relazione alle operazioni commerciali in concreto svolte”. Per converso, il contribuente può dimostrate che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo a tal fine una prova non generica ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazione effettuate si estranea a fatti imponibili (Cass. 4.8.2010 n. 18081). Ebbene è proprio in virtù di tale ultima considerazione che gli Ermellini hanno deciso di accogliere il ricorso proposto dai soci, avendo la C.T.R. omesso di esaminare e valutare se la documentazione prodotta dai medesimi, a giustificazione delle movimentazione bancarie registrate sui loro conti, fosse o meno idonea a superare la presunzione legale di maggior reddito derivante dagli utili societari. Sicché la parola è tornata al giudice d’appello per un nuovo esame.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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