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venerdì 30 marzo 2012

Spesometro 2011 con vecchie regole

Rispondendo a un’interrogazione parlamentare, il Ministro delle Finanze ha chiarito che il DL 16/2012 ha efficacia solo dal 1° gennaio 2012
Sandro CERATO
Sembra finalmente risolta la diatriba relativa alla decorrenza delle modifiche apportate dal decreto sulle semplificazioni fiscali alla comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di cui all’art. 21 del DL 78/2010.
Rispondendo ad un’interrogazione parlamentare del 28 marzo, infatti, il Ministro delle Finanze ha precisato che le “semplificazioni” introdotte dall’art. 2 del DL 16/2012 prestano efficacia solamente a decorrere dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2012, mentre per quelle relative al 2011 rimangono immutate le precedenti regole.
Ad onor del vero, la soluzione proposta era stata già “anticipata” dall’Agenzia delle Entrate che, tramite il proprio sito internet, ha comunicato ai contribuenti che, per le operazioni effettuate fino al 31 dicembre 2011, restano ferme le regole precedenti, mentre solo da quelle effettuate dal 1° gennaio 2012 è necessario tener conto delle novità del decreto sviluppo.
È bene ricordare che il predetto art. 2, infatti, prevede che “a decorrere dal 1° gennaio 2012”:
- è abolita la soglia minima di 3.000 euro, al netto dell’IVA, per le operazioni per le quali sussiste l’obbligo di emissione della fattura, con conseguente inclusione nella comunicazione, per ciascun cliente e fornitore, di tutte le operazioni attive e passive effettuate (analogamente a quanto già accadeva in passato per gli elenchi clienti e fornitori);
- è, al contrario, confermata la soglia minima di 3.600 euro per la comunicazione delle operazioni per le quali non sussiste l’obbligo di emissione della fattura. Per tali ultime operazioni, quindi, restano immutate tutte le problematiche afferenti le modalità di determinazione della soglia minima per la comunicazione dell’operazione.
Come già osservato in precedenti interventi, le modifiche introdotte intendono senz’altro semplificare l’individuazione delle operazioni da inserire nella comunicazione, anche se introducono alcuni elementi critici.
In particolare, si ricorda che l’obbligo di emissione della fattura dipende dal soggetto che pone in essere l’operazione, e non dalla qualifica della controparte (privato o soggetto passivo IVA). Ad esempio, in capo ai professionisti (medici, avvocati, notai, ecc.) sussiste sempre l’obbligo di emissione della fattura, e ciò a prescindere dalla natura del committente, ragion per cui tali soggetti dovranno inserire nella comunicazione tutte le operazioni effettuate nello svolgimento dell’attività professionale.
Tale estensione, se da un lato, come già detto, semplifica l’operato dei soggetti in questione, dall’altro lo complica, in quanto sarà necessario reperire tutti i codici fiscali dei clienti con i quali sono state poste in essere le operazioni (elemento non obbligatorio nella compilazione della fattura, ndr), in quanto tale dato sarà senz’altro da indicare nella comunicazione (il cui contenuto, tra l’altro, dovrà essere adattato alle modifiche introdotte dal legislatore).

Sembrava difficile sostenere il contrario
E, in questo ambito, sembrava difficile poter sostenere che le modifiche introdotte decorressero già per la comunicazione relativa all’anno 2011, pena la necessità per gli operatori di reperire tutti i codici fiscali dei contribuenti con i quali sono state poste in essere le operazioni nel corso del 2011, in quanto l’obbligo di comunicazione delle operazioni a prescindere dalla soglia minima necessita senz’altro una modifica anche del contenuto della comunicazione. Non si trascuri, infatti, tale ultima necessità, atteso che il modello dovrà essere adeguato alle nuove regole introdotte dal DL n. 16/2012, ed i tempi troppo stretti del termine del 30 aprile 2012 non avrebbero consentito alcun restyling.
Non ultimo, si deve necessariamente considerare che l’eventuale decorrenza delle novità con effetto dalle comunicazioni presentate a partire dal 1° gennaio 2012 avrebbe altresì comportato l’applicazione delle nuove regole anche con riferimento allo “spesometro” dell’anno 2010, per il quale, dopo numerose proroghe, il termine ultimo di comunicazione è spirato il precedente 31 gennaio 2012.
La comunicazione riferita all’anno 2010, si ricorda, è stata (correttamente) compilata tenendo conto solamente delle operazioni per le quali sussiste l’obbligo di fatturazione, e comunque limitatamente a quelle di importo almeno pari a 25.000 euro, al netto dell’IVA. Ora, se le novità in questione fossero state “retroattive”, si sarebbe venuta a creare una situazione tale per cui tutte le comunicazione dell’anno 2010 sarebbero “macchiate” da infedeltà, in quanto contenenti solamente le operazioni di importo almeno pari a 25.000 euro, il che sembrava eccessivo e non del tutto legittimo.

mercoledì 28 marzo 2012

Più facile ottenere la rateizzazione da Equitalia

Con un comunicato stampa, la società di riscossione riepiloga le ultime novità in materia di dilazione
Con un comunicato stampa diffuso ieri, Equitalia ha riepilogato le principali novità in materia di dilazione, a seguito di recenti interventi normativi e regolamentari.
Innanzitutto, il comunicato sottolinea la maggiore facilità di accesso alla rateizzazione delle cartelle di pagamento. Si tratta di una modalità di pagamento apprezzata dai contribuenti, considerando che, dal 2008, è stato concesso più di un milione di rateizzazioni, per un importo che sfiora i 20 miliardi di euro (per i dati suddivisi per Regione, si veda la tabella in calce all’articolo).
Scendendo nel dettaglio delle novità, Equitalia ricorda che il DL n. 201/2011 convertito ha prorogato i termini per beneficiare della rateizzazione: i contribuenti che dimostrano un peggioramento della propria situazione economica, infatti, possono richiedere la proroga della rateizzazione già concessa, per un periodo ulteriore e fino a 72 mesi (sei anni), purché non sia intervenuta decadenza.
Inoltre, il contribuente può chiedere rate d’importo variabile e crescente per ogni anno.
In seguito, il DL n. 16/2012, in vigore dal 2 marzo, ha stabilito che, fin dalla prima richiesta di dilazione, si può chiedere un piano di ammortamento a rate variabili e crescenti anziché a rate costanti. Inoltre, Equitalia non iscrive ipoteca nei confronti di un contribuente che ha chiesto e ottenuto di pagare il debito a rate, e che, di conseguenza, non è più considerato inadempiente e può partecipare alle gare d’appalto.
Infine, per effetto del decreto sulle semplificazioni fiscali, si decade alla rateizzazione solo in caso di mancato pagamento di due rate consecutive.

Dal 2008, concesso più di 1 milione di rateizzazioni, per quasi 20 mldSul fronte regolamentare, invece, il comunicato stampa di Equitalia ricorda che la direttiva n. 7 del 1° marzo 2012 ha portato da 5 a 20 mila euro la soglia per ottenere la rateizzazione, solo mediante richiesta motivata che attesti la situazione di temporanea difficoltà economica del contribuente che la presenta.
Quindi, non occorrono più documenti per dimostrare la situazione economico-finanziaria, che restano necessari solo se il debito supera la nuova soglia.
In relazione, ancora, all’indice Alfa, parametro prima utilizzato per ottenere il rateizzo, esso servirà solo per determinare il numero massimo di rate che possono essere concesse. Si amplia così la platea delle aziende che possono beneficiare del pagamento dilazionato dei tributi non pagati.

martedì 27 marzo 2012

Ultimi giorni per i libretti al portatore sopra soglia

In caso di saldo pari o superiore a 1.000 euro, occorre estinguerli o riportare il saldo nel limite entro il 31 marzo
 Maurizio MEOLI

Scadrà il 31 marzo prossimo il termine entro il quale i libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 1.000 euro devono essere estinti (ovvero entro il quale il loro saldo deve essere ridotto nel suddetto limite).
L’art. 49, comma 12 del DLgs. 231/2007, come modificato dall’art. 12, comma 1 del DL 201/2011 convertito, stabilisce che il saldo dei libretti al portatore non può essere pari o superiore a 1.000 euro (e non più a 2.500 euro).
La violazione di tale prescrizione implica l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria dal 20% al 40% del saldo, con un minimo di 3.000 euro (art. 58, commi 2 e 7-bis primo periodo del DLgs. 231/2007).
Con riguardo ai libretti al portatore con saldo superiore a 50.000 euro, le sanzioni minima e massima sono aumentate del 50% (art. 58, commi 2 e 7-bis terzo periodo del DLgs. 231/2007).
Quindi, si applica la sanzione dal 20% al 40% del saldo ove questo sia compreso tra 1.000 e 50.000 euro, con un minimo di 3.000 euro, e la sanzione dal 30% al 60% del saldo ove questo sia superiore a 50.000 euro.
L’art. 49, comma 13 del DLgs. 231/2007, come modificato dall’art. 12, comma 1 del DL 201/2011 convertito, inoltre, ha precisato che i libretti al portatore con saldo pari o superiore a 1.000 euro devono essere estinti (ovvero il loro saldo deve essere ridotto nel suddetto limite) entro il 31 marzo 2012. Sembra, peraltro, possibile ovviare a tali adempimenti tramite la trasformazione dei libretti in questione in nominativi.
Alla violazione di quest’ultima prescrizione è dedicata una specifica disciplina sanzionatoria modificata in sede di conversione in legge del DL 201/2011 (cfr. l’art. 12, comma 1-bis del DL 201/2011 convertito). In tale contesto, infatti, si è precisato che, per i libretti con saldo pari o superiore a 1.000 euro, nel caso di mancata estinzione ovvero di mancata riduzione del saldo ad un importo inferiore a 1.000 euro, entro il 31 marzo 2012, la sanzione sarà pari al saldo del libretto stesso ove questo sia inferiore a 3.000 euro.
Ne consegue che la violazione della disposizione in esame determinerà una sanzione amministrativa pecuniaria:
- pari al saldo del libretto, se di importo inferiore a 3.000 euro (art. 58, comma 7-bis ultimo periodo del DLgs. 231/2007);
- dal 10% al 20% del saldo con un minimo di 3.000 euro, nel caso di saldo compreso tra 3.000 e 50.000 euro (ex art. 58, commi 3 e 7-bis primo periodo del DLgs. 231/2007);
- dal 15% al 30% del saldo, nel caso in cui esso sia superiore a 50.000 euro (ex art. 58, commi 3 e 7-bis terzo periodo del DLgs. 231/2007).
Il tutto con obbligo, per l’intermediario finanziario che accerti l’infrazione, di comunicarla (ex art. 51, commi 1 e 2 del DLgs. 231/2007) alla competente Ragioneria territoriale dello Stato. Sul tema, la circolare 4 novembre 2011 del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha precisato che la comunicazione in questione deve essere effettuata non oltre trenta giorni dal momento in cui l’intermediario ha notizia della violazione. Tale momento è individuato nell’atto di presentazione, in banca o presso Poste italiane S.p.A., del libretto al portatore; escludendosi, quindi, un obbligo, per l’intermediario, di accertare l’esistenza di libretti al portatore “irregolari” attraverso il ricorso, ad esempio, ad estrazioni informatiche.
Le sanzioni di cui sopra trovano applicazione anche quando, ex art. 49, comma 14 del DLgs. 231/2007, in caso di trasferimento di libretti di deposito bancari o postali al portatore, il cedente non comunichi, entro 30 giorni, alla banca o a Poste Italiane S.p.A., i dati identificativi del cessionario, l’accettazione di questi e la data del trasferimento (cfr. i commi 3 e 7-bis penultimo ed ultimo periodo dell’art. 58 del DLgs. 231/2007).

Per le violazioni in materia di libretti al portatore è esclusa l’oblazione

Si ricorda, ancora, che la circolare 5 agosto 2010 n. 281178 del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha precisato, in relazione alle novità apportate in materia dal DL 78/2010, che i libretti al portatore con saldo pari o superiore alla soglia di 5.000 euro, da estinguere o ricondurre sotto la soglia entro il 30 giugno 2011, avrebbero potuto essere trasferiti prima di tale data a condizione di essere stati riportati ad un saldo inferiore a 5.000 euro. Analogamente si dovrebbe ragionare per i libretti al portatore aventi un saldo pari o superiore alla soglia di 1.000 euro, da estinguere o ricondurre sotto la soglia entro il 31 marzo 2012.
Si tenga presente, infine, che le violazioni della ricordata disciplina non sono suscettibili di oblazione (cfr. l’art. 60 comma 2 del DLgs. 231/2007).

lunedì 26 marzo 2012

Spesometro per il 2011 ancora al buio

A poco più di un mese dalla scadenza, manca la conferma che per la comunicazione relativa al 2011 si applicheranno le vecchie regole
/ Sandro CERATO
Avvicinandosi il termine per la presentazione della comunicazione di cui all’art. 21 del DL n. 78/2010 per l’anno 2011, previsto per il prossimo 30 aprile 2012, resta ancora irrisolta la questione della decorrenza delle modifiche apportate dall’art. 2 del DL 2 marzo 2012 n. 16. In attesa che gli organi competenti chiariscano la questione (ancora meglio sarebbe modificare la norma in sede di conversione in legge del decreto), è bene ricordare che il predetto art. 2, infatti, prevede che “a decorrere dal 1° gennaio 2012”:
- è abolita la soglia minima di 3.000 euro, al netto dell’IVA, per le operazioni per le quali sussiste l’obbligo di emissione della fattura, con conseguente inclusione nella comunicazione, per ciascun cliente e fornitore, di tutte le operazioni attive e passive effettuate (analogamente a quanto già accadeva in passato per gli elenchi clienti e fornitori);
- è al contrario confermata la soglia minima di 3.600 euro per la comunicazione delle operazioni per le quali non sussiste l’obbligo di emissione della fattura.
Le modifiche introdotte intendono senz’altro semplificare l’individuazione delle operazioni da inserire nella comunicazione, anche se introducono alcuni elementi critici.
In particolare, si ricorda che l’obbligo di emissione della fattura dipende dal soggetto che pone in essere l’operazione, e non dalla qualifica della controparte (privato o soggetto passivo IVA).
Ad esempio, in capo ai professionisti (medici, avvocati, notai, ecc.) sussiste sempre l’obbligo di emissione della fattura, e ciò a prescindere dalla natura del committente, ragion per cui tali soggetti dovranno inserire nella comunicazione tutte le operazioni effettuate nello svolgimento dell’attività professionale.
Tale estensione, se da un lato, come già detto, semplifica l’operato dei soggetti in questione, dall’altro lo complica, in quanto sarà necessario reperire tutti i codici fiscali dei clienti con i quali sono state poste in essere le operazioni (elemento non obbligatorio nella compilazione della fattura, ndr), in quanto tale dato sarà senz’altro da indicare nella comunicazione (il cui contenuto, tra l’altro, dovrà essere adattato alle modifiche introdotte dal Legislatore).
Ed in questo ambito, sembra difficile poter sostenere che le modifiche introdotte decorrano già per la comunicazione relativa all’anno 2011, pena l’apertura della stagione di “caccia” ai codici fiscali relativi ai clienti con i quali sono state poste in essere le operazioni nel corso del 2011.
Non si trascuri, inoltre, la necessità di dover apportare alcune modifiche al modello di comunicazione, che dovrà essere adeguato alle nuove regole introdotte dal DL n. 16/2012, ragion per cui anche per tale motivo si ritiene che la decorrenza delle novità debba intendersi riferita necessariamente alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2012, e non dalle comunicazioni presentate a partire dalla predetta data.
A tale ultimo proposito, si deve necessariamente considerare che l’eventuale decorrenza delle novità con effetto dalle comunicazioni presentate a partire dal 1° gennaio 2012 potrebbe comportare l’applicazione delle nuove regole anche con riferimento allo “spesometro” dell’anno 2010, per il quale, dopo numerose proroghe, il termine ultimo di comunicazione è spirato il precedente 31 gennaio 2012.
La comunicazione riferita all’anno 2010, si ricorda, è stata (correttamente) compilata tenendo conto solamente delle operazioni per le quali sussiste l’obbligo di fatturazione, e comunque limitatamente a quelle di importo almeno pari a 25.000 euro, al netto dell’IVA. Ora, se le novità in questione fossero “retroattive”, si potrebbe creare una situazione tale per cui tutte le comunicazioni dell’anno 2010 sarebbero “macchiate” da infedeltà, in quanto contenenti solamente le operazioni di importo almeno pari a 25.000 euro, il che sembra francamente eccessivo.

sabato 24 marzo 2012

Linea dura sull’esercizio abusivo della professione

Per le SS.UU., senza iscrizione all’Albo dei commercialisti, non è possibile esercitare in modo continuativo e retribuito le attività di loro competenza.
 Annalisa DE VIVO
Dalla sentenza n.11545/2012, emessa dalle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione e depositata nella giornata di ieri, emerge un orientamento senza precedenti in tema di applicabilità dell’art. 348 c.p., avente ad oggetto il reato di esercizio abusivo della professione.
L’importanza di questa pronuncia trascende il mero ambito applicativo della norma sopra citata, da anni oggetto di un voluminoso filone giurisprudenziale: seppure con specifico riferimento al suddetto illecito, viene infatti affrontata la delicata questione inerente alla portata interpretativa dell’art. 1 del DLgs. 139/2005 (ordinamento della professione di dottore commercialista e di esperto contabile), che disciplina l’oggetto della professione.
Procedendo con ordine, le Sezioni Unite sono state chiamate ad esprimersi in merito alla circostanza che le attività di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti integrino il reato di esercizio abusivo della professione di ragioniere, perito commerciale o dottore commercialista, qualora le stesse siano svolte in modo continuativo, organizzato e retribuito da chi non è iscritto al relativo Albo professionale.
Sul punto, è opportuno ricordare come nel tempo si siano formati due distinti orientamenti: quello tradizionale, in virtù del quale si riteneva che il reato sussistesse solo in presenza dello svolgimento di attività specificamente riservate da un’apposita norma a una determinata professione e quello, più recente, affermatosi con la sentenza della Cassazione n. 49 dell’8 gennaio 2003, secondo cui, invece, il reato di esercizio abusivo della professione sussiste in presenza del compimento di tutti gli atti “caratteristici” di una data professione. Negli atti “caratteristici” vanno ricompresi, oltre alle attività riservate il cui compimento integra il reato anche se svolte in maniera isolata e gratuita, anche quelli “relativamente liberi”, nel senso che chiunque può svolgerli a titolo occasionale e gratuito, ma il cui compimento resta invece riservato se avviene in modo continuativo, sistematico, remunerato, organizzato e presentato all’esterno come proveniente da un professionista qualificato tecnicamente e moralmente.
Le Sezioni Unite, pur accogliendo l’interpretazione estensiva della citata sentenza n. 49/2003, hanno affermato che il reato non può estendersi all’esercizio di attività definite in senso estremamente lato e generico all’interno degli ordinamenti professionali, ritenendo che l’interpretazione estensiva possa essere accolta solo in presenza di attività che, seppur non attribuite in via esclusiva ad una professione, sono qualificate di specifica o particolare competenza di una data professione attraverso previsioni puntuali e non generiche nei singoli ordinamenti professionali.
In particolare, viene affermato il seguente principio di diritto: “Concreta esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell’art. 348 cod. pen., non solo il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, ma anche il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuità, onerosità e (almeno minimale) organizzazione, da creare in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolamente abilitato”.
Pur escludendo che la tenuta della contabilità aziendale, la redazione delle dichiarazioni fiscali e l’effettuazione dei relativi pagamenti integrino il reato di esercizio abusivo della professione di ragioniere, perito commerciale o di dottore commercialista, in quanto trattasi di attività non attribuite in maniera esclusiva ai citati professionisti dai DPR nn. 1067 e 1068 del 1953, le Sezioni Unite hanno affermato con altrettanta chiarezza che non altrettanto può dirsi a seguito dell’emanazione del nuovo ordinamento dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. A differenza del passato, la specifica inclusione delle attività di tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro e di elaborazione e predisposizione delle dichiarazioni tributarie, nonché la cura degli ulteriori adempimenti tributari nell’elenco delle attività per le quali è riconosciuta competenza tecnica agli iscritti nella sezione B dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, consente infatti di punire, a norma dell’art. 348 c.p., i soggetti non abilitati che svolgano le citate attività con modalità tali da creare le apparenze dell’attività professionale svolta da un esperto contabile regolarmente abilitato.
Nel vigore del DLgs. 139/2005, dunque, una specifica tutela è accordata allo svolgimento delle attività sopra elencate, in relazione alle quali è riconosciuta la competenza tecnica degli iscritti nella sezione B e a maggior ragione, per effetto di quanto previsto dallo stesso art. 1 al terzo comma, lett. q), degli iscritti nella sezione A dell’Albo.

mercoledì 21 marzo 2012

PARLIAMO UN PO' DI IMU

Vediamo come funziona la nuova imposta per i fabbricati già dotati di rendita catastale:

FABBRICATI DOTATI DI RENDITA

Ai sensi dell' art.13 co. 4 del DL 201/2011, conv. L. 214/2011, per i fabbricati iscritti in Catasto e dotati di rendita catastale, la base imponibile per la determinazione dell'IMU si determina rivalutando del 5% la rendita risultante in Catasto alla data dell'1 gennaio dell'anno di imposizione e moltiplicando il risultato così ottenuto per il relativo coefficiente moltiplicatore.
La formula per calcolare la base imponibile IMU è la seguente:
                
VC = RC x 105/100 x M
                
dove:
VC = valore catastale
RC = rendita catastale
M = coefficiente moltiplicatore
La principale differenza, rispetto alla disciplina già propria dell'ICI, riguarda la modulazione dei coefficienti moltiplicatori (M), che sono definiti:
  • in misura pari al 160% di quelli già adottati ai fini dell'ICI, (per una rivalutazione, quindi, pari al 60%);
  • in riferimento ad una classificazione delle varie tipologie immobiliari sensibilmente diversa da quella già utilizzata ai fini dell'ICI.

Segnatamente, dal 2012, ai fini dell'IMU, la misura dei coefficienti moltiplicatori è definita come segue (art.13 co. 4 del DL 201/2011, conv. L. 214/2001):
  • 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A, esclusa la categoria A/10, e nelle categorie catastali C/2, C/6, C/7;
  • 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;
  • 80 per i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/10 e D/5;
  • 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, esclusa la categoria D/5. Tale moltiplicatore sarà innalzato a 65 dall'1.1.2013;
  • 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.
I nuovi coefficienti moltiplicatori rilevano ai fini della determinazione della base imponibile cui applicare l'IMU anche rispetto agli immobili che assumono o riassumono rilevanza con l'introduzione del nuovo tributo. Si allude, in particolare:
  • all'abitazione principale e alle relative pertinenze;
  • ai fabbricati dotati dei requisiti della ruralità fiscale di cui all'art.9 co. 3 - 5 del DL 557/93, conv. L. 133/94.
Si ricorda che fino al 2011, ai fini dell'ICI, i coefficienti moltiplicatori risultavano pari, rispettivamente, a:
  • 100, per i fabbricati censiti in Catasto nei gruppi A e C, con l'eccezione di quelli rientranti nelle categorie A/10 e C/1;
  • 40, per i fabbricati censiti in Catasto nel gruppo B;
  • 50, per i fabbricati censiti in Catasto nella categoria A/10 (uffici e studi privati) e per gli immobili a destinazione speciale censiti nelle categorie catastali del gruppo D (es. opifici);
  • 34, per i fabbricati censiti in Catasto nella categoria C/1 (negozi e botteghe).
Si ricorda inoltre che i fabbricati a destinazione particolare, classificati o classificabili in Catasto in una delle categorie del gruppo E, vanno esenti dall'ICI ai sensi dell'art.7 co. 1 lett. b) del DLgs. 30.12.92 n. 504.


IL VALORE DEGLI IMMOBILI AI FINI DELL'IMU
Legenda:
RD = reddito dominicale iscritto in Catasto all'1 gennaio
RC = rendita catastale iscritta in Catasto all'1 gennaio
Descrizione
Base imponibile
IMU
Tipologia immobile
Terreni
Posseduti da coltivatori diretti o IAP iscritti alla previdenza agricola 110 x RD x 125/100 = RD x 137,5
Posseduti da altri soggetti 130 x RD x 125/100 = RD x 162,5
Fabbricati
C/1
Negozi e botteghe (C/1) 55 x RC x 105/100= RC x 57,75
D. eccetto D/5
Immobili a destinazione speciale (gruppo D) Per il 2012 60 x RC x 105/100= RC x 63
Immobili a destinazione speciale (gruppo D) Dall'1.1.2013 65 x RC x 105/100= RC x 68,25
A/10 e D/5
Uffici e studi privati
Banche e assicurazioni (D/5)
80 x RC x 105/100= RC x 84
B. C/3, C/4, C/5
Residenze collettive (gruppo B)
Laboratori artigiani (C/3)
Fabbricati e locali per esercizi sportive - es. palestre - (C/4)
Stabilimenti balneari e di acque curative (C/5)
140 x RC x 105/100= RC x 147
A, eccetto A/10, C/2,
C/6, C/7
Immobili ad uso abitativo (gruppo A tranne A/10)
Cantine, locali di deposito (C/2)
Autorimesse e posti auto (C/6)
Tettoie (C/7)
160x RC x 105/100= RC x 168


Rilevanza dell'accatastamento
Ai fini delle modalità di determinazione della base imponibile (ed in primis, della connessa scelta del coefficiente moltiplicatore) non rileva la destinazione "di fatto" dell'unità immobiliare.
Unico aspetto rilevante è il suo classamento catastale.
Pertanto, anche in caso di utilizzazione promiscua di un fabbricato (es. abitazione e studio professionale), si deve fare esclusivo riferimento alle caratteristiche catastali dell'unità immobiliare, indipendentemente dalla sua effettiva destinazione.

martedì 20 marzo 2012

Reclamo, dall’Agenzia le istruzioni operative

La circ. 9 chiarisce che il nuovo procedimento è necessario anche per i ruoli e i ricorsi contro il silenzio-rifiuto; ampio spazio alla mediazione
Alfio CISSELLO
È stata pubblicata ieri la tanto attesa circolare n. 9 sul neointrodotto procedimento di reclamo, applicabile per i provvedimenti notificati dal 1° aprile 2012 emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20.000 euro.
La circolare chiarisce vari aspetti applicativi del nuovo procedimento.
Per prima cosa, ai fini di delineare la decorrenza del nuovo istituto, occorre fare riferimento non alla data in cui l’Agenzia delle Entrate ha consegnato/spedito il plico, ma alla data in cui questo è stato ricevuto dal contribuente; in sostanza, se il provvedimento è ricevuto dal 1° aprile 2012, è reclamabile, in caso contrario no.
Poi, rientrano nel reclamo tutti gli atti riconducibili all’Agenzia delle Entrate, quindi gli accertamenti ma anche i ruoli e gli avvisi di liquidazione, nonostante di esiguo valore e difficilmente oggetto di mediazione, così come le cartelle impugnate sulla base dell’omessa notifica dell’atto di accertamento.
In merito alla determinazione del valore della lite, si conferma che:
- se l’atto contiene più tributi, il valore della lite è dato dalla somma di questi;
- se il contribuente impugna più atti con un unico ricorso, il valore è sempre dato con riferimento ai singoli provvedimenti impugnati (in merito, lascia molto perplessi l’affermazione, incoerente con ciò, secondo cui i termini per la costituzione in giudizio decorrerebbero sempre dal momento in cui la fase di reclamo/mediazione ha avuto esito negativo, mentre, sia permesso, appare molto rischioso omettere il deposito entro i 30 giorni per l’atto non reclamabile, in questi casi).
Risolte le perplessità espresse in merito alle perdite fiscali: il valore della lite deve essere determinato con riferimento all’imposta virtuale, alla quale deve essere sommata quella emergente dal maggior utile accertato.

Chiarito il caso delle società di persone
Ampio spazio viene dato alla mediazione: in armonia con quanto sostenuto nei precedenti documenti di prassi sulla conciliazione giudiziale, la mediazione può anche “chiudersi a zero”, ovvero senza la diminuzione della pretesa: non a caso, la circolare conferma che il rinvio all’art. 48 comporta, in caso di mediazione, la riduzione al 40% delle sanzioni, il che torna utile anche nel suddetto caso.
In tale ipotesi, al fine di favorire l’accordo tra le parti, i contribuenti sono invitati a produrre già nella fase amministrativa ogni documento che può sorreggere la difesa, nonostante resti ferma la facoltà di produrli in sede contenziosa.
Per le società di persone, viene accolta, in sostanza, la censurabile presa di posizione della Corte di Cassazione, che contrasta con la tesi del litisconsorzio necessario: di conseguenza, soci e società sono liberi di pervenire autonomamente alla mediazione, fermo restando il requisito di valore della lite (se la società definisce e il socio no, l’atto sul maggior reddito di partecipazione deve tenere conto di detta definizione, senza ovviamente la riduzione delle sanzioni).
Problematica appare la situazione sul versante della riscossione: il reclamo non sospende l’effetto esecutivo dell’atto, e la tutela cautelare non può essere chiesta sino al deposito del reclamo, il che si presta a censure, ma su ciò si avrà modo di tornare. L’unica consolazione per il contribuente è la richiesta, in via amministrativa, di sospensione della riscossione.
Molto incerta continua a prospettarsi la fattispecie in cui il contribuente censuri la cartella per vizi sia dell’ufficio che di Equitalia: in tal caso, si dovrebbe notificare reclamo e, solo quando lo si deposita, coinvolgere Equitalia. In tal modo, siccome ruolo e cartella di pagamento sono provvedimenti distinti, il contribuente rischia di perdere i vizi della cartella, in quanto occorrerebbe, ordinariamente, ricorrere contro essa e costituirsi entro i successivi trenta giorni

lunedì 19 marzo 2012

Studi di settore con sanzioni a fase «variabile»

La circ. 8 precisa che le sanzioni per omessa presentazione del modello si possono evitare dietro specifico invito dell’Agenzia ad adempiere all’obbligo
 Carlo NOCERA
A fronte del netto inasprimento delle sanzioni previsto per il modello da studi di settore, l’Agenzia conferma l’esistenza della possibilità di evitare l’aggravio contemplato dalla normativa vigente in caso di “redenzione” del contribuente “avvisato” dallo stesso Ufficio competente: è l’impulso alla compliance del quale si fa carico la circolare n. 8 del 16 marzo 2012, peraltro confermativa di analoga posizione assunta con la circolare n.41 dello scorso anno, diramata dalla Direzione centrale accertamento e riepilogativa dei diversi interventi legislativi che hanno interessato lo strumento di controllo nella seconda metà dello scorso anno.
La possibilità, quindi, di ottenere un’esimente dalla “supersanzione” dovuta in caso di omessa presentazione del modello rilevante ai fini degli studi viene confermata, in ragione della facoltà riconosciuta agli Uffici, per attività di analisi del rischio, di selezione e di controllo, di inviare specifici inviti ad adempiere agli obblighi dichiarativi ai contribuenti potenzialmente interessati, senza che tali inviti precludano agli stessi la possibilità di sanare il comportamento omissivo ai fini dell’applicazione delle sanzioni incrementate in argomento.
In altre parole, si tratta di un “invito” anomalo rispetto a quelli tipizzati dalle disposizioni vigenti in ambito endoprocedimentale, atteso che l’estensore del documento conferma come lo stesso non sia suscettibile di precludere al contribuente la possibilità di utilizzare l’istituto del “ravvedimento”, volto ad emendare la condotta omissiva.
Il tutto, grazie ad un invito, diverso da quelli previsti dagli artt. 32 del DPR n. 600/73 e 51 del DPR n. 633/72, e più in generale dagli atti di cui al comma 1 dell’art. 13 del DLgs. n. 472/97, che si fonda esclusivamente sui dati indicati in dichiarazione e, quindi, suscettibile di consentire l’utilizzo dell’art. 13 del DLgs. n. 471/97, altrimenti impossibile stante il suo incipit, che esclude qualsiasi possibilità di ravvedimento allorquando l’attività di controllo sia stata avviata e il contribuente ne abbia avuto formale conoscenza.
Fermo restando ciò, la circolare illustra l’incremento delle sanzioni, applicabili con riguardo alle violazioni commesse a decorrere dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del DL n. 98/2011.
Ebbene, per quanto riguarda l’ambito delle imposte sui redditi, è stato previsto che la misura della sanzione minima e massima prevista in caso di dichiarazione “infedele” sia elevata del 50% nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, laddove l’adempimento sia dovuto ed il contribuente abbia desistito dalla regolarizzazione della propria posizione nonostante lo specifico invito da parte dell’Agenzia delle Entrate.
L’incremento, che si applica a condizione che il maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito dell’applicazione degli studi di settore, risulti superiore al 10% del reddito d’impresa dichiarato – l’aggravante necessaria per ritenere “insidiosa” la condotta omissiva quanto alla trasmissione del modello – determina l’irrogazione di una sanzione, comunque graduabile in base alla gravità della violazione commessa, variabile tra il 150 e il 300% della maggiore imposta dovuta.

Sanzione fissa in misura massima, pari a 2.065 euro
Sul versante dell’IVA, identica sanzione sarà irrogabile, anche in termini di graduazione, quando dalla relativa dichiarazione d’imposta presentata risulterà un’imposta inferiore a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante e, comunque, a patto che si manifesti l’analoga insidiosità della condotta omissiva, qualificabile nella maggiore IVA accertata o nella minore IVA detraibile o rimborsabile di importo superiore al 10% dell’IVA dichiarata.
E, con modalità del tutto identiche, la maggiorazione trova spazio anche per quanto riguarda l’IRAP.
Infine, chiudiamo con la sanzione fissa che, in caso di omessa presentazione del modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e sempre in assenza di un’apposita dichiarazione integrativa del contribuente, è pari a 2.065 euro, ossia la misura massima prevista dall’art. 8, primo comma, del DLgs. n. 471/97: e ciò, anche nel caso in cui in caso di rideterminazione del reddito del contribuente mediante un procedimento di ricostruzione analitica, dall’applicazione degli studi di settore non dovesse derivare un maggior reddito accertato rispetto a quello dichiarato.

venerdì 16 marzo 2012

Definizione delle liti pendenti, contano i giudicati formatisi prima della proroga

La circ. 7 conferma l’orientamento dell’Agenzia, si sofferma sugli ultimi orientamenti della Cassazione e annuncia alcuni dinieghi di condono
Alfio CISSELLO
La circolare n. 7 dell’Agenzia delle Entrate, divulgata ieri, si pronuncia in merito al disposto del “decreto milleproroghe“, che, in sede di conversione, ha prorogato alcuni termini relativi alla definizione delle liti pendenti, introdotta, come noto, dall’art. 39 del DL 98/2011.
Nello specifico, questi sono i termini interessati dalla proroga:
- il termine entro cui la lite doveva essere pendente, che passa dal 1° maggio 2011 al 31 dicembre 2011;
- il termine entro cui eseguire i versamenti, che passa dal 30 novembre 2011 al 2 aprile 2012.
I termini sono stati postergati dalla Legge 14/2012, entrata in vigore in data 28 febbraio 2012, il che, secondo l’Agenzia, ha come si dirà un rilievo operativo.
Rimangono invariati gli altri termini, quindi il diniego di condono dovrà essere notificato entro la fine di settembre, e la sospensione dei processi sarà operativa sino alla fine di giugno per i processi astrattamente definibili e sino alla fine di settembre per quelli interessati dalla definizione.
Per prima cosa, l’Agenzia delle Entrate ha confermato il proprio orientamento, espresso con la circolare 48/2011, già criticato in interventi precedenti, che dà rilievo ai giudicati formatisi prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del DL 216 del 2011. In altre parole, come detto chiaramente nella circolare, pendenza della lite al 31 dicembre 2011 significa che, al massimo in tale data, deve essere stato notificato il ricorso introduttivo, ma che, con riferimento al termine finale di pendenza della lite, ovvero alla formazione del giudicato, ci si debba invece riferire alla data di entrata in vigore della legge di conversione; così, se il termine ad esempio per l’appello spira, per richiamare l’esempio riportato dall’Agenzia, in data 13 gennaio, nonostante la lite fosse pendente al 31 dicembre, essa non è ritenuta definibile, posto che in detta data la proroga non era ancora stata disposta.
Tale orientamento, come già detto, è criticabile, ma sul punto non rimane che attendere la parola delle Commissioni tributarie.
Ferma restando la necessità di rispettare il termine di pagamento e di invio della domanda di definizione (2 aprile 2012 per entrambi gli adempimenti), il contribuente può chiedere alla Commissione tributaria di sospendere il giudizio ove, prima dell’entrata in vigore della L. 14/2012, fosse già stata fissata la data di trattazione.
Viene poi richiamata la sentenza 19693 del 2011 della Suprema Corte, già oggetto di analisi in un intervento precedente, ove si sostiene che la definizione non sussiste se, in caso di ricorso “ultratardivo“, dal complesso della fattispecie si evince che l’impugnazione sia stata fatta con il solo fine di beneficiare del condono (prima, ciò era difficilmente configurabile, ma ora che è stata disposta la proroga, può esserci il caso di un contribuente che, sentendo “puzza di condono”, abbia proposto ricorso tardivamente per questo fine). Ad ogni modo, il diniego di condono, in questi casi, deve essere adeguatamente motivato.
Fuori dalla sanatoria la tassazione separata
Viene poi affrontata l’annosa questione della determinazione delle somme nel giudizio di rinvio, ove l’Agenza delle Entrate persiste (circolare 48 § 8.2) nel ritenere applicabile la misura del 30% qualora la Cassazione abbia cassato con rinvio la sentenza, posto che tale decisione fa venire meno quelle precedenti. Su tal punto, l’Agenzia si discosta dalla sentenza 23596/2011, anch’essa oggetto di commento in un precedente intervento.
Novità anche sul versante delle cartelle di pagamento emesse a seguito di tassazione separata, fuori dalla definizione, il che è censurabile siccome, in tal caso, non si tratta di atto avente semplice funzione liquidatoria, ma di atto contro cui può essere fatto ricorso censurando il merito della pretesa (si veda, in tal senso, Cass. 6186 del 2006).

mercoledì 14 marzo 2012

Compensazione del credito IVA, soglia a 5.000 euro dal 1° aprile

L’Agenzia, annunciando l’emanazione di un provvedimento in materia, precisa che fino al 31 marzo è possibile la compensazione fino a 10.000 euro
 Sandro CERATO
L’abbassamento della soglia a 5.000 euro per la compensazione orizzontale del credito IVA annuale o trimestrale, prevista dall’art. 8, comma 18 del DL n. 16/2012, si applica a partire dal prossimo 1° aprile 2012. Lo ha stabilito un comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate, in cui si preannuncia l’emanazione di un provvedimento direttoriale ad hoc (previsto, sia pure come facoltà, dal comma 20 dello stesso art. 8 del citato DL).
Si ricorda, infatti, che per effetto delle novità introdotte dall’art. 8, comma 18 del DL 2 marzo 2012, n. 16, il tetto massimo di compensazione orizzontale del credito IVA (annuale o trimestrale) che si intende utilizzare, si abbassa da 10.000 a 5.000 euro.
Tuttavia, come abbiamo già avuto modo di evidenziare in queste pagine, non risultava chiara la decorrenza di tale disposizione, atteso che il predetto art. 8, comma 18, nulla dispone in tal senso, ragion per cui gli operatori interessati hanno temuto che l’abbassamento della soglia avesse efficacia già con riferimento al credito IVA dell’anno 2011, utilizzabile in compensazione dal 1° gennaio 2012, ovviamente per la parte di esso eccedente l’importo di 5.000 euro (e non superiore a 10.000) non ancora compensato alla predetta data del 2 marzo 2012 (data di entrata in vigore del decreto sulle semplificazioni fiscali).
Il comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate precisa che:
- fino al 31 marzo 2012, “i contribuenti potranno continuare a compensare il credito Iva, fino al limite di 10 mila euro annui, senza aver necessariamente già presentato la dichiarazione o l’istanza da cui il credito emerge”;
- a decorrere dal 1° aprile 2012, invece, “la compensazione di importi annui superiori ai 5 mila euro potrà essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione, o dell’istanza, da cui il credito emerge”. E tale nuova regola, si precisa nello stesso comunicato, si applica sia ai crediti annuali, sia a quelli infrannuali.
Ora, dal contenuto del comunicato stampa, è quindi possibile desumere che, di fatto, per le compensazioni operate fino al 31 marzo 2012, la soglia di compensazione rimane pari a 10.000 euro, senza necessità di previa presentazione della dichiarazione annuale. Al contrario, per le compensazioni operate dal 1° aprile 2012, anche con riferimento al credito IVA dell’anno 2011, la soglia si abbassa a 5.000 euro, con la conseguenza che eventuali compensazioni eccedenti tale importo potranno essere effettuate solo a decorrere dal 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Nel comunicato dell’Agenzia è poi descritto un esempio che, a parere di chi scrive appare fuorviante, in quanto viene precisato che “se nell’anno d’imposta 2011 il contribuente ha maturato un credito annuale di 6 mila euro, presentando la relativa dichiarazione annuale da oggi ed entro il 31 marzo 2012, lo stesso potrà utilizzare per intero il credito Iva a partire dal successivo 16 aprile 2012”.

L’esempio riportato nel comunicato appare però fuorviante
La formulazione dell’esempio è tutt’altro che chiara ed è in palese contrasto con quanto precisato nel contenuto del comunicato stampa, laddove, come visto in precedenza, si consente, fino al 31 marzo 2012, di compensare il credito fino al (vecchio) limite di 10.000 euro. Ne dovrebbe conseguire che, nell’esempio descritto, non si debba attendere il 16 aprile 2012 per la compensazione di 6.000 euro (previa presentazione della dichiarazione entro il mese di marzo), bensì sia possibile utilizzare in compensazione il credito già il 16 marzo prossimo (e comunque entro la fine del mese) per l’intero importo, in quanto non eccedente la soglia di 10.000 euro, che costituisce il limite applicabile fino al prossimo 31 marzo.
Sul punto, si auspica l’emanazione del (preannunciato) provvedimento direttoriale, con il quale si dovrebbe mettere un po’ di ordine sulla materia.

martedì 13 marzo 2012

Chiusura delle partite IVA inattive entro fine mese

Entro il prossimo 2 aprile è ancora possibile chiudere la partita IVA inattiva con il versamento di 129 euro, evitando così eventuali controlli
 Paola RIVETTI
Scade il prossimo lunedì 2 aprile 2012 il termine ultimo per poter sanare l’omessa comunicazione della chiusura della partita IVA con il versamento della sanzione ridotta di 129 euro, a condizione che la violazione non sia già stata contestata da parte dell’Ufficio con atto portato a conoscenza del contribuente.
Il versamento dell’importo può essere effettuato tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, utilizzando il codice tributo “8110” e indicando il numero di partita IVA a cui si riferisce la sanatoria.
Oltre a questo, non è necessario effettuare alcun ulteriore adempimento, quale ad esempio:
- la presentazione della copia del pagamento agli uffici dell’Agenzia delle Entrate (infatti, i dati dei pagamenti vengono telematicamente acquisiti a sistema);
- la presentazione della dichiarazione di cessazione attività tramite i modelli AA9/10 o AA7/10, in quanto l’effettuazione del versamento nelle forme descritte sostituisce la presentazione della dichiarazione.
Inoltre, avvalendosi di tale misura, il contribuente sana anche le irregolarità derivanti dalla mancata presentazione delle dichiarazioni IVA, nonché delle dichiarazioni dei redditi limitatamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo, con importi pari a zero, in relazione ai periodi successivi all’anno di effettiva cessazione dell’attività risultante dal modello di pagamento.
Si segnala che, qualora non siano ancora decorsi i termini, resta ferma la possibilità di sanare la violazione della tardiva o omessa comunicazione di cessata attività avvalendosi del ravvedimento operoso. Se la dichiarazione di cessazione attività viene presentata entro un anno dalla violazione, è prevista la riduzione della sanzione:
- a 51 euro (pari a un decimo di 516 euro) per le violazioni commesse fino al 31 gennaio 2011;
- a 64 euro (pari a un ottavo di 516 euro) per le violazioni commesse dal 1° febbraio 2011.
Nel caso in cui il contribuente non si avvalga di tale sanatoria, potrebbe essere esposto ai controlli dell’Amministrazione finanziaria volti a revocare d’ufficio le posizioni fiscali non più operative, in attuazione del comma 15-quinquies dell’art. 35 del DPR 633/72.

In seguito ai controlli la sanzione aumenta
In tale ipotesi, qualora non siano opposte contestazioni all’avviso di revoca della partita IVA comunicato dall’Agenzia delle Entrate, la somma dovuta a titolo di sanzione per l’omessa presentazione della dichiarazione di cessazione di attività (di importo variabile tra 516 e 2.065 euro) è iscritta direttamente nei ruoli a titolo definitivo, salvo che il contribuente provveda a pagare la somma dovuta entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. In quest’ultimo caso, l’ammontare della sanzione dovuta è ridotto ad un terzo del minimo, pari a 172 euro.
Da quanto sopra, escludendo il caso in cui ci si avvalga del ravvedimento operoso, per il contribuente è più conveniente procedere autonomamente alla chiusura della partita IVA versando la sanzione ridotta pari a 129 euro, invece che attendere gli eventuali controlli dell’Amministrazione finanziaria.

lunedì 12 marzo 2012

Per estinguere il giudizio, il Fisco deve erogare le somme da rimborso

Senza l’effettiva erogazione, non può essere sollecitata, da parte del resistente, la cessazione della materia del contendere
 Alfio CISSELLO
I processi fiscali che scaturiscono dall’impugnazione di dinieghi di rimborso, siano questi espressi o taciti, pongono varie problematiche, derivanti dal fatto che il contenzioso è, in un certo senso, “rovesciato” rispetto a quello che si instaura a fronte dell’impugnazione di un atto impositivo.
Una delle tante questioni che si pongono riguarda l’estinzione del giudizio derivante dalla cessazione della materia del contendere.
Se il contribuente impugna ad esempio un avviso di accertamento, ove l’ufficio, in qualsiasi grado del giudizio, annulli d’ufficio l’atto, il processo è estinto per cessazione della materia del contendere, siccome, venendo meno l’atto impugnato, viene meno lo scopo del processo.
Nelle liti di rimborso, è, in teoria, la stessa cosa, ma non basta che il resistente annulli il diniego, in quanto così facendo le ragioni del contribuente non possono ritenersi soddisfatte, per non parlare degli effetti scaturenti dall’eventuale mancata corresponsione delle somme.
La giurisprudenza ha chiaramente stabilito che la cessazione della materia del contendere può essere dichiarata solo con la materiale erogazione delle somme ad opera dell’ente impositore, in quanto solo in tal modo il processo cessa di avere la sua funzione (la Commissione tributaria, se il processo proseguisse, condannerebbe il resistente alla restituzione delle somme, il che non ha senso se queste sono già state corrisposte).
Pertanto, nessuna estinzione si verifica se vi è stata la “validazione della domanda di rimborso” (C.T. Prov. Novara 29 ottobre 2010 n. 98/1/10), il riconoscimento del credito vantato dal contribuente (C.T.C. 24 gennaio 2003 n.516) o il “prospetto per la liquidazione delle somme” (Cass. 8 novembre 2004 n. 21275).
Del pari, nessun rilievo ha la rinuncia all’appello dell’ufficio, anche perché, in tal caso, la rinuncia deve essere accettata dal contribuente come prevede l’art. 44 del DLgs. 546/92.

Non basta il riconoscimento del credito, o la “validazione”
Tanto meno il contribuente deve rinunciare al ricorso a seguito dell’affermazione, proveniente dal resistente, di pronta restituzione delle somme, visto che la rinuncia comporta la definitività del diniego espresso o il passaggio in giudicato della decisione di primo grado, se intervenuta in appello.
Allora, come regola generale, se l’ufficio sollecita la cessazione della materia del contendere senza aver erogato le somme, il contribuente deve fare molta attenzione, in quanto in tal caso solo la sentenza di condanna è, quando si forma il giudicato, titolo per l’esecuzione o l’azione di ottemperanza.
In altre parole, se il giudice dichiara, erroneamente, l’estinzione e poi le somme vengono corrisposte, nulla quaestio, ma in caso contrario vi sono problemi.
Il contribuente, in quest’ultimo caso, dovrebbe impugnare la sentenza di cessazione della materia del contendere chiedendo la rimessione degli atti al giudice che l’ha pronunciata o di esaminare nel merito la causa, in quanto non vi erano i presupposti per tale declaratoria. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di adire il giudice ordinario, in quanto, come visto prima, l’Ufficio in tal modo ha riconosciuto l’esistenza del debito senza condizioni, il che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, “trasforma” la fattispecie in un comune indebito oggettivo.

sabato 10 marzo 2012

Saldo IVA entro il 16 marzo 2012

I contribuenti che presentano la dichiarazione insieme al modello UNICO 2012 possono differire il versamento del saldo IVA
 Arianna ZENI
Entro il 16 marzo 2012, i soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione IVA 2012 (relativa al 2011) devono versare il saldo IVA risultante dalla dichiarazione annuale.
I contribuenti che presentano la dichiarazione annuale IVA con il modello UNICO 2012, possono effettuare il versamento entro il termine previsto per il pagamento delle imposte risultanti dal modello unificato, con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo.
Lo slittamento non è invece consentito a coloro che presentano la dichiarazione in forma autonoma.
Tali soggetti, infatti, devono versare il saldo (o la prima rata) entro il 16 marzo, pena l’applicazione delle sanzioni.
Tale versamento può essere effettuato utilizzando le seguenti procedure telematiche:
- “F24 On line”, cui hanno accesso tutti i contribuenti in possesso del pincode di abilitazione al servizio; per usufruire di tale servizio è necessario avere un conto corrente presso una banca convenzionata con l’Agenzia delle Entrate, sul quale addebitare le somme dovute;
- “F24 cumulativo”, riservato agli incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni che intendono eseguire i versamenti on line delle somme dovute dai loro clienti con addebito diretto sui conti correnti bancari di questi ultimi o sul conto corrente dell’intermediario medesimo;
- sistemi di home/remote banking collegati al circuito CBI (Corporate Banking Interbancari) del sistema bancario o altri sistemi di home banking offerti dagli istituti di credito o dalla società Poste Italiane S.p.A.
I contribuenti possono eseguire il versamento:
- in un’unica soluzione;
- in forma rateale ai sensi dell’art. 20 comma 1 del DLgs. n. 241/97 (il versamento dell’IVA a debito può essere rateizzato, in un numero di rate che va da un minimo di due a un massimo di nove, dal 16 marzo al 16 novembre).
Le modalità di rateazione delle somme dovute possono essere sintetizzate nel modo seguente:
- il pagamento deve essere effettuato con rate mensili di pari importo maggiorate degli interessi;
- la prima rata deve essere effettuata entro il giorno di scadenza del saldo (16 marzo) e le altre rate entro il giorno 16 di ciascun mese successivo;
- la rateazione deve concludersi, comunque, entro il mese di novembre.

Versamento in un’unica soluzione o rateizzazione?
Come rilevato dalle istruzioni ai modelli IVA 2011, i soggetti che presentano la dichiarazione separata possono versare il saldo in un’unica soluzione (entro il 16 marzo), ovvero rateizzare le somme dovute maggiorando dello 0,33% mensile l’importo di ciascuna rata successiva alla prima.
I soggetti che presentano la dichiarazione IVA nel modello UNICO, invece, possono:
- versare il saldo in un’unica soluzione entro il 16 marzo;
- versare il saldo in un’unica soluzione entro la scadenza del modello UNICO con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo;
- rateizzare dal 16 marzo, maggiorando dello 0,33% mensile l’importo di ciascuna rata successiva alla prima;
- rateizzare dalla data di versamento delle somme dovute in base al modello UNICO, maggiorando l’importo da versare dapprima dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al 16 marzo e successivamente dello 0,33% mensile per ogni rata successiva alla prima.
Il versamento deve essere effettuato con il modello F24, indicando nella sezione “Erario” il codice tributo “6099” “Versamento IVA sulla base della dichiarazione annuale”. Quale anno di riferimento va riportato il 2011.
Gli interessi relativi alla rateizzazione, invece, devono essere esposti nel modello F24 separatamente dall’ammontare della rata dell’IVA da versare a saldo, con il codice tributo “1668”.
Si ricorda che l’importo minimo da versare è pari a 10,33 euro (10 euro per effetto degli arrotondamenti effettuati in dichiarazione).
 

venerdì 9 marzo 2012

Meno costi su carte di credito, conti correnti e mutui

Giuseppe Molinaro
 
Nel maxi-emendamento governativo al disegno di legge di conversione del decreto legge n. 1/2012, attualmente al vaglio della Camera, sono state inserite tre disposizioni che disciplinano rispettivamente la riduzione dei costi per l'utilizzo delle carte di credito, la gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti di pagamento di base destinati all'accredito ed al prelievo di pensioni fino a 1.500 euro e la libertà di scelta dell'assicurazione da stipulare in caso di finanziamento da parte di istituti di credito.
 
Meno costi sulle carte di credito
In sede di conversione in legge del D.L. n. 1/2012 sulle liberalizzazioni, è prevista l’introduzione di una disposizione, contenuta nell’art. 27, che impone all’ABI, alle Associazioni di prestatori di servizi di pagamento, al Consorzio Bancomat, alle imprese che gestiscono circuiti di pagamento ed alle Associazioni delle imprese maggiormente significative (i) di definire entro il 1° giugno 2012 e (ii) di applicare entro il 1° settembre 2012 delle regole per assicurare una riduzione delle commissioni a carico degli esercenti in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento, tenuto conto della necessità di assicurare trasparenza e chiarezza dei costi.
In particolare, nel rispetto delle regole della concorrenza, tali commissioni devono essere correlate ai costi effettivamente sostenuti dalle banche e dai circuiti interbancari che avranno il compito di distinguere le componenti di costo fisso legate all’esecuzione dell’operazione dalle componenti di natura variabile legale al valore del transatto, valorizzando il numero e la frequenza delle transazioni.
Tale norma risulta in linea con le recenti scelte governative indirizzate verso la limitazione dell’uso del contante a favore del c.d. “denaro di plastica” (carte di credito e bancomat) che dovrebbe anche favorire il contrasto a fenomeni di evasione fiscale. Ci si riferisce, in particolare, alla norma sulla tracciabilità dei pagamenti introdotta dal decreto “salva Italia”, che proibisce di effettuare pagamenti in contanti superiori ai 1.000 euro e obbliga tutti coloro che non possiedono già un conto corrente ad aprirne uno.

Conti correnti gratis per pensioni fino a 1.500 euro
Viene introdotta la gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti di pagamento di base destinati all’accredito ed al prelievo della pensione del titolare, per coloro che abbiano diritto a trattamenti pensionistici fino a 1.500 euro mensili (da chiarire se l’importo si intenda al netto delle imposte o meno). Restano invece applicabili le commissioni su eventuali servizi aggiuntivi richiesti dal titolare.
Tale norma è tra le più contestate dal settore bancario colpito anche dalla disposizione, commentata sul Quotidiano IPSOA giorni addietro, sull’azzeramento delle commissioni sulle linee di credito concesse dalle banche che colpisce la loro attività principale rischiando di vanificare gli sforzi condotti per incrementare la disponibilità ad erogare credito, nonostante il difficile momento congiunturale.
Al riguardo, si segnala che presumibilmente tale previsione, invero di stampo piuttosto “dirigista” e poco conferente con i dettami del “libero mercato”, potrebbe essere modificata prevedendo la nullità delle previsioni contrattuali che impongono oneri commissionali solo nei casi in cui gli istituti di credito non si siano adeguati alle norme sulla trasparenza bancaria fissate dal CICR.

Libera scelta delle assicurazioni per ottenere un finanziamento
Si prevede inoltre che le banche e gli intermediari finanziari che condizionano l’erogazione di mutui o di credito al consumo alla stipula di un contratto sulla vita, devono sottoporre al cliente almeno un paio di preventivi di diversi gruppi assicurativi che non devono essere riconducibili ai citati finanziatori. A prescindere dai preventivi sottoposti, il cliente è comunque libero di scegliere sul mercato la polizza che risulti più conveniente ed il finanziatore deve necessariamente accettarla, senza poter variare le condizioni offerte per l’erogazione del credito. L’ISVAP dovrà definire i contenuti minimi del contratto di assicurazione di cui sopra.

Cessione quote srl, regime semplificato senza notaio

Lo ribadisce Assonime nella circ. 6, che analizza le misure di semplificazione introdotte per le srl
 Maurizio MEOLI e Roberta VITALE
Nella circolare Assonime 7 marzo 2012 n. 6 viene esaminata la disciplina del “sindaco unico nelle società di capitali e altre novità in materia di società a responsabilità limitata”.
Nello specifico, oltre al nuovo assetto dei controlli nelle società di capitali, già esaminati in precedenti interventi, Assonime ripercorre le nuove disposizioni in materia societaria introdotte in tema di semplificazioni per il trasferimento di quote per atto sottoscritto con firma digitale e per il bilancio delle società a responsabilità limitata.
In relazione alla prima misura, si ricorda che, con l’art. 36, comma 1-bis, del DL 25 giugno 2008 n. 112, è stata introdotta una procedura semplificata per il trasferimento delle quote di srl. Ai sensi dell’articolo citato, l’atto di trasferimento di quote di srl può essere:
- sottoscritto con firma digitale dei contraenti, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione dei documenti informatici;
- depositato, entro 30 giorni, presso il Registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale a cura di un intermediario abilitato (cioè, i professionisti iscritti nella Sezione A “Commercialisti” dell’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili).
Con l’art. 14, comma 8, della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012), il legislatore è intervenuto fornendo un’interpretazione autentica della disposizione. Il legislatore, volendo dirimere ogni questione sorta in precedenza sul tema, ha chiarito che l’atto di trasferimento delle partecipazioni di srl, disciplinato dall’art. 36, comma 1-bis, del DL 112/2008, è “in deroga al secondo comma dell’articolo 2470 del codice civile” ed è sottoscritto con la sola firma digitale di cui all’art. 24 del DLgs. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale).
Ciò vuol dire – ha osservato Assonime – che il procedimento di formazione e di deposito degli atti di trasferimento di quote sottoscritti con firma digitale è alternativo ed autonomo rispetto al regime di cui all’art. 2470, comma 2, c.c. Con la conseguenza che, ai fini del deposito nel Registro delle imprese, non occorre alcuna autentica delle firme digitali apposte dalle parti. In pratica, non è più necessario un intervento del notaio al fine di autenticare le firme digitali dei contraenti.

Nel regime semplificato non occorre l’autentica notarile della firma digitale
Circa l’ambito di applicazione di tale regime, Assonime ha precisato che, avendo natura derogatoria rispetto alla disciplina di diritto comune (art. 2470, comma 2, c.c.), l’art. 36, comma 1-bis, del DL 112/2008 si applica solo agli “atti di trasferimento delle quote”. In tali atti rientrano quelli che trasferiscono la piena proprietà delle quote, con esclusione quindi degli atti costitutivi di pegno e di usufrutto chenno natura diversa in quanto costitutivi di diritti reali minori.
Infine, con riferimento al regime di decorrenza, Assonime ritiene che la natura interpretativa della nuova disposizione ne impone un’applicazione retroattiva.
Passando, poi, alla seconda misura di semplificazione, Assonime, con riguardo all’art. 14, comma 9, della L. 183/2011 – ai sensi del quale, a partire dal 1° gennaio 2012, le srl che non abbiano nominato il collegio sindacale possono redigere il bilancio secondo uno schema semplificato da definire con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze – ha precisato che:
- la previsione normativa trova certamente applicazione nelle srl che non abbiano nominato il collegio sindacale per la mancanza dell’obbligo di dotarsi di una struttura di controllo ex art. 2477 c.c.;
- la previsione normativa trova applicazione anche nel caso in cui, nonostante l’assenza dell’obbligo di dotarsi di una struttura di controllo, la srl abbia comunque nominato il collegio sindacale;
- la nuova disposizione solleva perplessità dal momento che non appare coordinata con l’art. 2477 c.c., che consente alle srl di nominare, in alternativa al collegio sindacale, un sindaco unico o un revisore. A fronte di ciò, infatti, in base alla lettera dell’art. 14, comma 9 della L. 183/2011, mentre la nomina del collegio sindacale non permette di usufruire della semplificazione in questione, la nomina di un sindaco unico o di un revisore consente la redazione del bilancio semplificato

giovedì 8 marzo 2012

Spesometro per tutte le operazioni dei professionisti

Lo implica il DL 16/2012, distinguendo, per la comunicazione delle operazioni, tra obbligo o meno di emissione della fattura
 Sandro CERATO
L’art. 2, comma 6, del DL 2 marzo 2012, n. 16, contiene importanti modifiche alla disciplina della comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo almeno pari a 3.000 euro, di cui all’art. 21 del DL 78/2010.
In particolare, le modifiche apportate sono le seguenti:
- abolizione della soglia minima di 3.000 euro, al netto dell’IVA, per le operazioni per le quali sussiste l’obbligo di emissione della fattura, con conseguente inclusione nella comunicazione, per ciascun cliente e fornitore, di tutte le operazioni attive e passive effettuate (analogamente a quanto già accadeva in passato per gli elenchi clienti e fornitori);
- mantenimento della soglia minima di 3.600 euro per la comunicazione delle operazioni per le quali non sussiste l’obbligo di emissione della fattura.
Rinviando ad un precedente intervento per le problematiche connesse all’entrata in vigore delle predette novità, in questa sede si intende focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti critici che derivano dalle modifiche apportate dal DL “semplificazioni”.
In primo luogo, diventa determinante la distinzione tra operazioni con obbligo o meno di emissione della fattura, in quanto solamente per le prime viene eliminato il riferimento alla soglia minima di 3.000 euro, con conseguente inclusione di tutte le operazioni attive e passive effettuate, a prescindere dall’importo.
Tale modifica, se, da un lato, apporta senz’altro una semplificazione nell’individuazione delle operazioni da inserire nella comunicazione, dall’altro introduce alcuni elementi critici. In particolare, si ricorda che l’obbligo di emissione della fattura dipende dal soggetto che pone in essere l’operazione e non dalla qualifica della controparte (privato o soggetto passivo IVA). Ad esempio, in capo ai professionisti (medici, avvocati, notai, ecc.) sussiste sempre l’obbligo di emissione della fattura, e ciò a prescindere dalla natura del committente, ragion per cui tali soggetti dovranno inserire nella comunicazione tutte le operazioni effettuate nello svolgimento dell’attività professionale.
Tale estensione, se da un lato, come già detto, semplifica l’operato dei soggetti in questione, dall’altro lo complica, in quanto sarà necessario reperire tutti i codici fiscali dei clienti con i quali sono state poste in essere le operazioni (elemento non obbligatorio nella compilazione della fattura, ndr), in quanto tale dato sarà senz’altro da indicare nella comunicazione (il cui contenuto, tra l’altro, dovrà essere adattato alle modifiche introdotte dal legislatore).
In questo ambito, sembra difficile poter sostenere che le modifiche introdotte decorrano già per la comunicazione relativa all’anno 2011, pena l’apertura della stagione di “caccia” ai codici fiscali relativi ai clienti con i quali sono state poste in essere le operazioni nel corso del 2011.
In secondo luogo, la scelta del legislatore di mantenere la soglia minima di 3.600 euro, IVA compresa, per le operazioni per le quali non sussiste l’obbligo di fatturazione, lascia inalterati i problemi già affrontati per la compilazione della comunicazione per l’anno 2010, soprattutto in relazione alle casistiche dei contratti tra di loro collegati, delle operazioni con corrispettivo periodico determinato, senza dimenticare le difficoltà relative all’obbligo di identificazione dei soggetti privati a fronte di operazioni sopra soglia (ferma restando l’esclusione delle operazioni il cui pagamento avvenga con carte di credito, di debito o prepagate).

Più opportuno distinguere in base alla natura del soggetto
Ora, pur apprezzando lo sforzo del legislatore di voler introdurre minori complicazioni nella gestione dell’adempimento in questione (è infatti difficile poter parlare di vera semplificazione), sarebbe stato forse più opportuno (ed in sede di conversione in legge ci sarebbe il tempo ed il modo di procedere) distinguere non tanto in funzione dell’obbligo di emissione della fattura, bensì in relazione alla natura del soggetto acquirente/committente, mantenendo una soglia minima (3.000 o 3.600 a seconda della presenza o meno della fattura) solamente laddove tale soggetto non agisca nell’esercizio d’impresa o arte e professione.
In tal modo, si eviterebbe a numerosi soggetti di reperire i codici fiscali dei clienti per operazioni di importo sotto la soglia minima, con evidente semplificazione nella gestione quotidiana di molte imprese e professionisti. E ciò non vanificherebbe in alcun modo il reperimento di informazioni rilevanti ai fini dell’accertamento sintetico in capo alle persone fisiche, in quanto per un proficuo utilizzo di tale strumento di accertamento appare indubitabile che rilevino solamente spese e consumi al di sopra di un certo importo.

martedì 6 marzo 2012

Il decreto fiscale in vigore dal 2 marzo: tutte le novità

di Saverio Cinieri
 
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 2 marzo scorso, il D.L. n. 16/2012 - in vigore dalla stessa data - contiene importanti disposizioni sulla semplificazione di alcuni adempimenti tributari. Si tratta dell'ulteriore tassello dell'opera di riforma e semplificazione dei rapporti tra Stato e cittadini, intrapresa dal Governo, che finora ha toccato, in ordine cronologico, le liberalizzazioni e la spinta alla concorrenza (D.L. n. 1/2012) e le semplificazioni amministrative (D.L. n. 5/2012). Adesso è la volta delle semplificazioni fiscali.
Tuttavia, come già accennato in occasione della diffusione delle prime bozze del decreto, l’impressione è che, in realtà, ci si sia voluti spingere un po’ più in là. Accanto alle norme “dichiaratamente” semplificative (ad esempio, in tale ottica va letta la norma che elimina l’obbligo di indicare il domicilio fiscale negli atti presentati all’A.F., dati che già sono in suo possesso), ci sono disposizioni che correggono alcune “storture” dell’attuale sistema fiscale (si pensi alla trasformazione dello spesometro in un vero e proprio elenco clienti-fornitori, nel qual caso si è “immolato” l’intento di semplificazione sull’altare del contrasto all’evasione o alla maggior chiarezza in merito alla deducibilità dei costi da reato).
Di seguito si riporta una sintesi delle principali novità contenute nel decreto.


Rateazione debiti fiscali(art. 1, commi 1-4)In caso di decadenza dalla rateazione, è possibile accedere, una volta ricevuta la cartella di pagamento delle somme iscritte a ruolo, all’istituto della rateazione per momentanea difficoltà economica, prevista dall’art. 19, D.P.R. n. 602/1973.
Inoltre, aggiornando l’istituto della rateazione, viene prevista la possibilità di richiedere rate di ammortamento crescenti e non costanti.
Il beneficio verrà meno solo in caso di mancato pagamento di due rate consecutive. Inoltre, con rateizzazione già accordata Equitalia non potrà più procedere all'iscrizione dell'ipoteca.
Le modifiche, comunque, non interessano i piani di rateazione a rata costante (per somme iscritte a ruolo) concessi prima del decreto.
Gli enti pubblici dello Stato possono, su richiesta del debitore, che versi in situazioni di obiettiva difficoltà economica, ancorché intercorra contenzioso con lo stesso ovvero lo stesso già fruisca di una rateizzazione, riconoscere al debitore la ripartizione del pagamento delle somme dovute in rate costanti, ovvero in rate variabili.
Tale disposizione non trova applicazione in materia di crediti degli enti previdenziali.
Appalti per chi ha carichi pendenti con il Fisco
(art. 1, commi 5-6 )
Vengono modificate le disposizioni per chi, avendo carichi pendenti con il Fisco, voglia partecipare alle gare di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi.
Con la nuove norme, gli uffici finanziari, rilasciando le occorrenti certificazioni, dovranno in futuro specificare l’effettiva situazione in cui versa il contribuente.
Non si intenderanno scaduti ed esigibili i debiti per i quali sia stato concordato un piano di rateazione rispetto al quale il contribuente è in regola con i pagamenti.
Remissione in bonis in caso di violazioni formali(art. 2, comma 1)In caso di inosservanza di adempimenti formali da parte del contribuente (sempre che si posseggano i requisiti sostanziali), è possibile presentare la comunicazione ovvero assolvere al particolare adempimento previsto in ritardo (purché entro il termine della prima dichiarazione fiscale utile e in ogni caso prima dell’inizio dell’accertamento). In tal caso, però, si applica una sanzione pari a 258 euro (art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997).
Sanatoria iscrizione elenchi riparto 5 per mille(art. 2, comma 2)Sono salve le domande tardive di iscrizione negli elenchi dei soggetti che partecipano al riparto del 5 per mille dell’IRPEF, nonché le tardive integrazioni documentali (ferma ovviamente la verifica degli ulteriori presupposti per partecipare al riparto).
È comunque necessario che i soggetti interessati:
• presentino le domande di iscrizione e provvedano alle successive integrazioni
documentali entro il 30 settembre;• versino contestualmente la sanzione minima pari a 258 euro (art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997).
Cessione eccedenze IRES di gruppo(art. 2, comma 3)In caso di cessione delle eccedenze IRES nell’ambito dei gruppi societari, la mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi del consolidato - compilata dalla società consolidante - dei dati riferibili ai cessionari non determina l’inefficacia della cessione nei riguardi del Fisco. Si applica, però la sanzione nella misura massima prevista.
Dichiarazioni d’intento(art. 2, comma 4)La trasmissione delle comunicazioni riguardanti le dichiarazioni d’intento passa dal 16 del mese successivo alla loro ricezione, al termine della prima liquidazione IVA nella quale sono ricomprese le forniture effettuate, in conseguenza delle dichiarazioni d’intento, in sospensione d’imposta.
Liquidazione e scioglimento delle società di capitali(art. 2, comma 5)Con le modifiche apportate si vuole allineare la disciplina fiscale a quella civilistica in materia di liquidazione e scioglimento delle società di capitali. In particolare, viene previsto che i termini di presentazione della dichiarazione, relativa al periodo antecedente alla messa in liquidazione della società, decorrono dalla data delle iscrizioni (proceduralmente necessarie per la liquidazione societaria) previsti dagli articoli 2484 e 2485 c.c. o, se si tratta di imprese individuali, dalla data indicata nella dichiarazione di variazione ai fini IVA (art. 5, comma 1, D.P.R. n. 322/1998).
Per quanto riguarda, invece, gli effetti fiscali della revoca della liquidazione (ai sensi dell’art. 2487-ter c.c.), si prevede che se gli effetti (anche ai sensi dell’art. 2487-ter c.c.) si producono prima del termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la deliberazione di messa in liquidazione (art. 5, comma 1, primo periodo, D.P.R. n. 322/1998) o della dichiarazione relativa ai periodi d’imposta successivi (art. 5, comma 3 D.P.R. n. 322/1998) il liquidatore, o, in mancanza, il rappresentante legale, non è tenuto a presentare le medesime dichiarazioni.
Restano in ogni caso fermi gli effetti delle suddette dichiarazioni già presentate prima della data in cui ha effetto la revoca dello stato di liquidazione, ad eccezione dell’ipotesi in cui la revoca abbia effetto prima della presentazione della dichiarazione relativa alla residua frazione del periodo d’imposta in cui si verifica l’inizio della liquidazione.
Spesometro(art. 2, comma 6)Dal 1° gennaio 2012, lo spesometro assume la veste di un vero e proprio elenco clienti-fornitori. Infatti, da tale data, scompare il limite di 3.000 euro in quanto - per le operazioni rilevanti a fini IVA soggette all’obbligo di fatturazione - gli operatori devono comunicare l’importo complessivo delle operazioni attive e/o passive svolte nei confronti di un cliente o fornitore.
Per le operazioni per le quali non è previsto l’obbligo di emissione della fattura la comunicazione telematica è dovuta solo per le operazioni di importo non inferiore a 3.600 euro, IVA inclusa.
Domicilio fiscale atti amministrazione finanziaria(art. 2, comma 7)Scompare l’obbligo di indicare il domicilio fiscale negli atti presentati all’Amministrazione finanziaria.
Comunicazione operazioni black list(art. 2, comma 8)Introdotta la soglia minima di 500 euro per la comunicazione delle operazioni intercorse con Paesi black list (art. 1, D.L. n. 40/2010).
Accise(art. 2, commi 9-10)In materia di accise, viene prevista la facoltà di sostituire la tenuta dei registri cartacei con la trasmissione giornaliera telematica dei dati relativi alle contabilità .
Imprese che producono birra “artigianale”(art. 2, commi 12-13)Introdotte semplificazioni nel settore birraio artigianale (fabbriche che hanno una produzione annuale non superiore ai 10.000 ettolitri). In particolare, viene previsto che l’accertamento del prodotto venga effettuato dal depositario sulla base della quantità inviata al confezionamento, eliminando l’installazione di contatori per la determinazione del numero degli imballaggi preconfezionati e delle confezioni.
Cancellazione ipoteche(art. 2, comma 14)Prevista la cancellazione automatica, per decorso di un ventennio dalla data dell’iscrizione, delle ipoteche il cui effetto sia cessato ai sensi dell’art. 2847 c.c. (tale norma prevede che le iscrizioni ipotecarie cessano di avere efficacia, in assenza di rinnovazione, decorso un ventennio dalla data della relativa iscrizione e alla data di estinzione dell’obbligazione garantita).
Deroga al limite di 1.000 euro per l’uso del contante(art. 3, commi 1-2)Per gli acquisti di beni e di prestazioni di servizi legati al turismo effettuati presso le imprese italiane che operano nel settore del commercio al minuto dalle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei paesi UE ovvero dello SEE, residenti al di fuori del territorio dello Stato non trovano applicazione le disposizioni in materia di limiti all’uso del contante (soglia attualmente fissata a 1.000 euro).
La deroga opera solo se il cedente del bene o il prestatore del servizio provvede, all’atto dell’effettuazione dell’operazione, ad acquisire fotocopia del passaporto del cessionario o del committente, nonché apposita autocertificazione attestante che quest’ultimo non è cittadino italiano, né cittadino di uno dei Paesi UE o dello SEE e che ha residenza fuori del territorio dello Stato. Inoltre, lo stesso cedente o il prestatore, per non incorrere nella violazione dell’obbligo, deve versare nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell’operazione il denaro contante incassato in un conto corrente ad esso intestato presso un operatore finanziario e consegnare all’operatore stesso fotocopia del documento di identità del cliente e della fattura o ricevuta fiscale/ scontrino emesso.
I contribuenti che intendono fruire di questa deroga devono effettuare apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate secondo le modalità e i termini che saranno stabiliti con un provvedimento del Direttore dell’Agenzia
Pagamento stipendi e pensioni superiori a 1.000 euro(art. 3, commi 3-4)Differita al 1° maggio 2012 l’efficacia della disposizione che prevede il pagamento di stipendi e pensioni di importo superiore a 1.000 euro tramite strumenti di pagamento elettronico bancari o postali (art. 12, comma 2, D.L. n. 201/2011).
Della novità va data massima pubblicità presso gli sportelli aperti al pubblico degli enti interessati.
Inoltre, la nuova disposizione non si applica per chi si è già adeguato aprendo un conto corrente o un libretto di risparmio.
Pignoramento di credito verso terzi(art. 3, comma 5, lettere a-b)Intervenendo sul limite di pignorabilità di stipendi, salari o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego parzialmente si deroga, per la riscossione a mezzo ruolo, alle previsioni del Codice di procedura civile in materia.
Pertanto, per importi fino a 5.000 euro, vengono previsti limiti di pignorabilità più bassi di quelli processual-civilistici.
Espropriazione immobiliare(art. 3, comma 5, lettera c)Viene fissata la soglia di 20.000 euro quale unico limite al di sotto del quale non è possibile avviare l’espropriazione immobiliare.
Ipoteche(art. 3, commi 5, lettera d, 6 e 7)Viene fissata la soglia di 20.000 euro di credito come limite al di sotto del quale l’agente della riscossione non può iscrivere la garanzia.
Inoltre, vengono definitivamente chiarite le finalità di garanzia dell’istituto, che rendono autonoma l’esperibilità della cautela, non necessariamente preordinata all’esecuzione.
Si regola poi l’entrata in vigore della nuova disposizione (art. 77, comma 1-bis, D.P.R. n. 602/1973) e l’abrogazione dell’assetto vigente (art. 7, comma 2, lettera gg-decies, D.L. n. 70/2011), che prevede la possibilità di ipotecare i beni di proprietà del debitore in presenza di soglie diverse.
Deducibilità costi contratti a corrispettivi periodici(art. 3, commi 8-9)Introdotta, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011, la possibilità di dedurre, a scelta del contribuente, i costi relativi a contratti con corrispettivi periodici secondo gli ordinari criteri di competenza ovvero con riferimento alla registrazione ai fini IVA dei relativi documenti fiscali.
Soglia minima di esigibilità dei crediti tributari(art. 3, commi 10-11)La soglia di esigibilità di un credito tributario passa dagli attuali 16,53 euro a 30 euro. Al di sotto di questa cifra non si procederà più con la riscossione dei crediti tributari erariali e locali.
Per evitare elusioni e abusi, il nuovo limite non varrà in caso di ripetute violazioni degli obblighi di versamento.
Dichiarazioni sostituti d’imposta(art. 3, comma 12)Corretta una norma che riportava ancora i valori espressi in lire. Infatti, viene previsto che gli importi indicati nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta - a decorrere da quelle relative all’anno d’imposta 2012 - siano espressi in euro mediante arrotondamento alla seconda cifra decimale.
Accise(art. 3, comma 13)Gli esercenti officine costituite da impianti azionati da fonti rinnovabili, con potenza disponibile non superiore a 100Kw, possono corrispondere le accise mediante canone di abbonamento annuale.
Comunicazione dati dei rapporti intrattenuti dalle imprese assicurative(art. 3, comma 14)L’obbligo per banche e intermediari finanziari di trasmettere una serie di dati ed informazioni all’Amministrazione fiscale esclusivamente per via telematica (art. 11-bis, D.L. n. 201/2011) viene esteso anche alle imprese assicurative.
Provvedimenti Direttore AAMS(art. 3, comma 16)Così come già previsto per le Agenzie fiscali, anche i provvedimenti del direttore generale di AAMS devono essere pubblicati solo sul sito internet (e non più anche in G.U.).
Delibere comunali addizionali IRPEF(art. 4, comma 1)Anticipato dal 31 dicembre al 20 dicembre il termine entro il quale le delibere di variazione dell’aliquota dell’addizionale IRPEF devono essere pubblicate sul sito del MEF affinché queste variazioni possano avere effetto dal 1° gennaio dell’anno della loro pubblicazione.
Imposta RCA(art. 4, comma 2)La possibilità di variare le aliquote concernenti l'imposta sulle assicurazioni auto viene estesa anche per alle Regioni a statuto speciale.
Riversamento IMU(art. 4, comma 3)A partire dal 1° gennaio 2013 il contributo dell’1 per mille della quota di gettito dell’IMU spettante al comune è riversato dallo stesso entro il 30 aprile di ogni anno (art. 3, comma 1, Decreto capo dipartimento delle politiche fiscali del MEF 22 novembre 2005 e successive modificazioni)
Sblocco tributi locali(art. 4, comma 4)Abrogate, a decorrere dall’anno di imposta 2012, le disposizioni che prevedono la sospensione del potere di aumentare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali.
Sono fatti salvi i provvedimenti normativi delle regioni e le deliberazioni delle province e dei comuni, relative all’anno d’imposta 2012, emanate prima del D.L.
Addizionale accisa energia elettrica(art. 4, comma 10)Abrogata, a decorrere dal 1° aprile 2012, l’addizionale sull’accisa all’energia elettrica (art. 6, D.L. n. 511/1998)
Rimborso della deduzione IRAP sulla quota del costo del lavoro(art. 4, comma 12)A seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 201/2011, secondo cui è passata dal 10% al 100% la deduzione ai fini delle imposte dirette dell’IRAP relativa al costo del lavoro, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate saranno stabilite le modalità di presentazione delle istanze di rimborso relative ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto legge, sia ancora pendente il termine per la presentazione dell’istanza di rimborso ex art. 38, D.P.R. n. 602/1973.
Pubblicazione integrazione agli studi di settore(art. 5, comma 1)Viene prevista la possibilità di pubblicare in Gazzetta Ufficiale entro il 30 aprile 2012 (invece che entro il 31 marzo, termine attualmente in vigore), le eventuali integrazioni agli studi di settore applicabili per il periodo di imposta 2011, al fine di tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali, o per aggiornare o istituire indicatori di coerenza economica o di normalità economica.
Acconto imposta di bollo(art. 5, comma 2)Passa dal 30 novembre al 16 aprile il termine, concesso a Poste Spa, banche e intermediari finanziari, per versare l’acconto pari al 70% dell'imposta provvisoriamente liquidata.
Acconto imposta sulle assicurazioni(art. 5, comma 3)Passa dal 30 novembre al 16 maggio il termine, concesso alle imprese di assicurazione, per versare l’acconto pari al 12,5% dell'imposta dovuta per l’anno precedente provvisoriamente determinata.
Tributo comunale sui rifiuti (TARES)(art. 6, comma 2)Riguardo al nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) di cui all’art. 14, D.L. n. 201/2011, che è corrisposto, per le unità immobiliari a destinazione ordinaria, sulla base dell’80% della superficie catastale, considerato che si possono verificare tempi lunghi per poter acquisire dai soggetti interessati, su richiesta del Comune, le dichiarazioni di aggiornamento catastale, viene stabilito - in sede di prima applicazione - che sia determinata una superficie convenzionale, dall’Agenzia del Territorio, derivata dagli elementi di consistenza in proprio possesso.
Al fine di rendere disponibile ai Comuni la superficie catastale sulla quale determinare la nuova imposta, si applicano le stesse modalità di determinazione di una superficie convenzionale, sempre in sede di prima applicazione, anche per le unità immobiliari a destinazione ordinaria alle quali è stata attribuita la rendita presunta.
Dichiarazioni relative all’uso del suolo(art. 6, commi 3-4)Le norme attualmente in vigore prevedono che AGEA si avvalga dell’Agenzia del Territorio per il recupero di contributi agricoli percepiti in carenza dei necessari requisiti.
I dati forniti da AGEA all’Agenzia (utili per aggiornare il catasto terreni) sono spesso disomogenei o incompleti (in funzione sia dell’attività di recupero sia di quella di aggiornamento delle banche dati).
Ora, si dispone che sia un provvedimento del direttore dell’Agenzia del Territorio a stabilire il format omogeneo dei dati relativi ai percettori dei contributi che devono essere acquisiti.
Autocertificazione dati catastali(art. 6, comma 5)Sono esclusi del meccanismo dell’autocertificazione i dati in materia di Catasto.
Parere Consiglio di Stato per i giochi pubblici(art. 7)Prevista l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato per i profili di legittimità relativi agli oggetti:
a) degli schemi degli atti di gara per il rilascio di concessioni in materia di giochi pubblici;
b) degli schemi di provvedimento di definizione dei criteri per la valutazione dei requisiti di solidità patrimoniale dei concessionari, con riferimento a specifiche tipologie di gioco e in relazione alle caratteristiche del concessionario.
Deducibilità costi da reato(art. 8, commi 1-3)Nella determinazione dei redditi soggetti alle imposte sui redditi (art. 6, comma 1, TUIR) non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 c.p.p..
Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi.
Viene inoltre previsto che:
• ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi (in tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50% dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi). Comunque, in nessun caso si applica la disposizione (art. 12, D.Lgs. n. 472/1997) in tema di concorso di violazioni e la sanzione è riducibile solo nell’ipotesi in cui il trasgressore, entro il termine previsto per il ricorso, definisca la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata per la violazione;
• le nuove norme si applicano, ove più favorevoli, in luogo di quanto disposto dalla previgente disciplina sui costi da reato (art. 14, comma 4-bis, legge n. 537/1993), anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, facendo comunque salva l’ipotesi in cui i provvedimenti emessi in base alla vecchia disciplina si siano resi definitivi.
Accertamento in caso di omessa o infedele presentazione della comunicazione per gli studi di settore(art. 8, commi 4-5)Si può utilizzare l’accertamento induttivo nei casi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore o di presentazione dello stesso con dati omessi o infedeli, nonché per l’indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi non sussistenti.
Indagini finanziarie(art. 8, comma 6)Viene introdotta la possibilità per la GdF di utilizzare lo strumento istruttorio delle indagini finanziarie per approfondimenti connessi alle attività di istituto e ai fini della effettuazione di proposte, all’Agenzia delle Entrate, finalizzate alla richiesta delle misure cautelari dell’ipoteca e del sequestro conservativo (art. 22, D.Lgs. n. 472/1997).
Comunicazione infrazioni alla normativa sul riciclaggio(art. 8, comma 7)Le comunicazioni delle infrazioni in materia di antiriciclaggio non vanno fatte più direttamente all’Agenzia delle Entrate, ma alla Guardia di Finanza la quale, ove ravvisi l’utilizzabilità di elementi ai fini dell’attività di accertamento, ne dà tempestiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
Liste selettive dei soggetti che non emettono gli scontrini fiscali(art. 8, comma 8)Viene introdotta la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di elaborare liste selettive contenenti i nominativi dei contribuenti che sono stati ripetutamente segnalati alla stessa Agenzia o alla Guardia di Finanza in merito alla violazione dell’emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale o del documento certificativi dei corrispettivi.
Chiusura partite IVA inattive(art. 8, comma 9)Previsto l’invio automatizzato di una comunicazione ai titolari di partita IVA che, pur obbligati, non hanno presentato la dichiarazione di cessazione di attività, con l’invito al pagamento della sanzione, ridotta a 1/3. Al contribuente viene data la possibilità di comunicare elementi aggiuntivi a quelli desumibili dall’analisi delle informazioni presenti in anagrafe tributaria affinché l’Agenzia delle Entrate non proceda alla cessazione d’ufficio della partita IVA.
Se i soggetti non forniscono motivazioni valide, l’Agenzia procede d’ufficio alla cessazione della partita IVA ed all’iscrizione a ruolo delle somme dovute nel caso in cui il versamento non sia stato effettuato spontaneamente.
Unificazione dei termini per i controlli in caso di opzione per la cedolare secca(art. 8, comma 10)Con riferimento alla nuova possibilità di optare per la cedolare secca sui redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, vengono unificati i termini per le attività di controllo, considerato che l’opzione per l’applicazione della cedolare in taluni casi è esercitabile in sede di dichiarazione dei redditi e che l’arco temporale fra la scadenza del termine di pagamento dell’imposta di registro e la presentazione della dichiarazione dei redditi, può essere superiore ad un anno senza aggravio degli adempimenti.
Soppressione della norma che prevede la sostituzione della contabilità con gli estratti conto bancari(art. 8, comma 11)Eliminata la disposizione, prevista nella Legge di Stabilità 2012 (art. 14, legge n. 183/2011) secondo cui i soggetti in contabilità semplificata e i lavoratori autonomi che effettuano operazioni con incassi e pagamenti interamente tracciabili possono sostituire gli estratti conto bancari alla tenuta della contabilità.
Accertamento esecutivo(art. 8, comma 12)Introdotte alcune modifiche agli accertamenti esecutivi (art. 29, D.L. n. 78/2010). In particolare:
• si introduce un adempimento a carico dell’agente della riscossione, che è tenuto ad informare il debitore di aver preso in carico le somme da porre in riscossione. Tale adempimento è evidentemente finalizzato ad aiutare i debitori a prendere familiarità con il nuovo meccanismo di imposizione/riscossione;
• si allunga di un anno il termine entro il quale va avviata l'espropriazione forzata: infatti, ora, è avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo (e non più secondo) anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo (art. 29, comma 1, lettera e, D.L. n. 78/2010).
Imposta di bollo sui valori scudati(art. 8, commi 13, 14, 15, 16, lettere da a) a d))Introdotte alcune modifiche alla nuova imposta di bollo sui valori scudati (art. 19, D.L. n. 201/2011). In particolare:
• con decorrenza 1° gennaio 2012, vengono inseriti i depositi bancari tra i rapporti soggetti a bollo proporzionale;
• viene prevista la possibilità di disinvestimento da parte dell’intermediario in caso di mancata provvista;
• il versamento slitta dal 16 febbraio al 16 maggio.
Tassazione immobili all’estero(art. 8, comma 16, lettere e, f, g)Per gli immobili detenuti all’estero, la nuova imposta patrimoniale dello 0,76% (art. 19, comma 15, D.L. n. 201/2011) non è dovuta se di importo non superiore a 200 euro.
Inoltre, la determinazione del valore dell’immobile, ai fini dell’imposta, è fatta sulla base del valore utilizzato nel Paese estero UE/SEE per le imposte patrimoniali o sui trasferimenti.
Inoltre, viene previsto che:
• per i soggetti che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia, la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dal TUIR, in base ad accordi internazionali ratificati, l’imposta è stabilita nella misura ridotta dello 0,4% per l’immobile adibito ad abitazione principale e per le relative pertinenze. L’aliquota ridotta si applica limitatamente al periodo di tempo in cui l’attività lavorativa è svolta all’estero. In tal caso spetta anche la detrazione di 200 euro rapportati al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione e suddivisa tra i soggetti che utilizzano l’abitazione principale e la detrazione di 50 euro (per gli anni 2012 e 2013) per ciascun figlio di età non superiore a 26 anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale (l’importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l’importo massimo di 400 euro);
• spetta comunque un credito d’imposta per quelle assolte nel Paese estero (UE/SEE) in cui è sito l’immobile.
Attività finanziarie detenute all’estero(art. 8, comma 16, lettera h)Per quanto riguarda la nuova imposta sulle attività detenute all’estero, si equiparano i conti correnti detenuti nella UE/SEE ai conti correnti detenuti in Italia con riferimento alla misura dell’imposta.
Scudo fiscale(art. 8, comma 16, lettera i)Per evitare una procedura di infrazione UE, si prevede che alle attività oggetto di emersione non è precluso l’accertamento dell’IVA.
Imposta straordinaria sullo scudo(art. 8, comma 17)Viene spostato al 16 maggio 2012 il termine (scaduto il 16 febbraio) per provvedere al versamento dell’imposta sulle attività oggetto di emersione (art. 19, comma 8, D.L. n. 201/2011).
Compensazioni IVA(art. 8, commi 18-21)Scende da 10.000 a 5.000 euro la soglia di applicazione delle stringenti disposizioni sulle compensazioni IVA (art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 241/1997).
Controlli enti non commerciali e ONLUS(art. 8, comma 22)Ai fini dei controlli, è possibile eseguire l’accesso finalizzato alla verifica nei locali utilizzati dagli enti non commerciali e da quelli che godono dei benefici previsti dal D.Lgs. n. 460/1997.
Controlli doganali(art. 9, commi 1-2)Si estende anche ai controlli a posteriori (quelli sulle dichiarazioni il cui accertamento è divenuto definitivo) la facoltà, per gli Uffici doganali, di chiedere agli istituti di credito, a Poste Italiane S.p.A. e altri soggetti che svolgono attività di intermediazione finanziaria e creditizia, dati ed informazioni utili a ricostruire la provenienza e la destinazione, nonché la consistenza dei flussi finanziari collegati o collegabili a flussi di merci, nonché l’identità dei soggetti coinvolti.
Crediti dello Stato attinenti alle risorse proprie tradizionali(art. 9, comma 3)Ai fini del Codice civile (art. 2783-bis), relativamente ai privilegi, si prevede l’equiparazione dei predetti crediti a quelli IVA.
Operazioni di gioco a fini di controllo(art. 10, comma 1)Ai fini di controllo di particolari forme di gioco pubblico (slots), i dipendenti di AAMS possono “camuffarsi” da giocatori e, utilizzando denaro attinto da un apposito fondo, costituito con le risorse AAMS, effettuare operazioni di gioco presso locali in cui si effettuano scommesse o sono installati apparecchi da intrattenimento. Analoga possibilità viene prevista anche per il personale della polizia di Stato, per i Carabinieri, per la Guardia di Finanza.
Giochi pubblici(art. 10, commi 2-8)In materia di giochi pubblici viene previsto che:
• il controllo della documentazione antimafia è esteso anche nei confronti di familiari (parenti ed affini entro il terzo grado) dei rappresentanti legali delle società concessionarie in materia di giochi;
• non è possibile partecipare alle gare nel settore dei giochi pubblici anche nel caso che i reati che vengono contestati siano stati commessi o contestati ai familiari dei rappresentanti legali delle società partecipanti alla gara;
• con appositi provvedimenti dovrà essere razionalizzato e rilanciato il settore dell’ippica;
• a decorrere dal 1° febbraio 2012, la posta unitaria minima di gioco per le scommesse sulle corse di cavalli è stabilita tra 5 centesimi e un euro e l’importo minimo per ogni biglietto giocato non può essere inferiore a due euro.
Sanzione per omessa comunicazione delle minusvalenze e delle differenze negative(art. 11, commi 1-3)L’omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze e delle differenze negative di ammontare superiore a 50.000 euro (art. 5-quinques, D.L. n. 203/2005), nonché delle minusvalenze di ammontare complessivo superiore a 5 milioni di euro, derivanti da cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie (art. 1, D.L. n. 209/2002) viene punita con la sanzione amministrativa del 10% delle minusvalenze la cui comunicazione è omessa, incompleta o infedele, con un minimo di 500 euro e un massimo di 50.000 euro.
Sanzioni doganali(art. 11, comma 4)Viene rivisto completamente il sistema sanzionatorio nel caso in cui gli Uffici doganali, accertino differenze qualitative /quantitative/valore relativamente a merci destinate alla importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana rispetto ai dati dichiarati dai contribuenti (art. 303, D.P.R. n. 43/1973).
Sanzioni accise(art. 11, commi 5-6)Si incrementano le sanzioni relative alle omissioni, i ritardi e le irregolarità nella presentazione delle dichiarazioni a cui sono obbligati i soggetti titolari delle autorizzazioni relative ai prodotti energetici, dell’alcool e delle bevande alcoliche e dell’energia elettrica, al di fuori dei casi nei quali sia rilevata una condotta penalmente rilevante (D.Lgs. n. 504/1995).
Inoltre, alle stesse sanzioni si è assoggettati nel caso in cui le predette dichiarazioni sono presentate in via telematica (D.L. n. 262/2006).
Sanzioni catastali(art. 11, comma 7)Vengono inasprite le sanzioni catastali, nel caso in cui i soggetti intestatari delle unità immobiliari, alle quali è stata attribuita la rendita presunta, non presentino gli atti di aggiornamento catastale entro 120 giorni dalla data di pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale, del comunicatodi affissione all’albo pretorio della “notifica” della avvenuta attribuzione della rendita definitiva.
Sanzioni per i controlli sul denaro alla frontiera(art. 11, comma 8)Inasprite le sanzioni applicabili in caso di violazione delle norme per i controlli sul denaro ala frontiera.
A tal fine si prevede:
• una riduzione del limite fissato dell’eccedenza non dichiarata per poter accedere alla definizione per via oblatoria (da 250.000 a 40.000 euro);
• un innalzamento dell’aliquota fissata per il pagamento in forma ridotta che viene così rimodulata: da 5% dell’eccedenza si passa al 15% dell’eccedenza non dichiarata fino a 40.000 euro;
• il mantenimento dell’attuale aliquota (5%) solo nei casi meno gravi di violazione (contante eccedente la soglia fissata non superiore a 10.000 euro);
• l’aumento del lasso temporale entro il quale in caso di reiterazione della violazione non è possibile il pagamento in forma ridotta (da 1 a 5 anni).
Inoltre, nei casi in cui non è consentito al trasgressore l’accesso all’istituto dell’oblazione, poiché spesso il soggetto controllato non fornisce alcuna giustificazione in ordine al possesso della somma, limitandosi ad accettare passivamente il sequestro del 40% dell’eccedenza, in attesa del procedimento di irrogazione della sanzione - di norma sensibilmente inferiore alla misura massima (40%) - da parte della competente articolazione del MEF, vengono fissate nuove soglie che:
• rispettano i principi fissati dal regolamento CE 1889/2005;
• fanno salva l’applicazione di sanzioni più leggere in caso di violazioni meno gravi;
• fissano una sanzione minima del 20% dell’eccedenza per tutti i casi di eccedenza superiore a 10.000 euro, fatta salva la possibilità di oblare (con un’aliquota del 15%), qualora l’eccedenza non sia superiore a 40.000 euro.
Controversie doganali(art. 12, commi 1-2)In materia di controversie doganali è abrogata la norma che consente il ricorso al Direttore regionale avverso il rigetto, tacito o espresso, della istanza di revisione dell’accertamento doganale.
Vengono comunque fatti salvi i procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie già instaurati, in sede di revisione di accertamento, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
Sentenze Commissioni tributarie in materia catastale(art. 12, commi 3-4)È previsto l’aggiornamento degli atti catastali al passaggio in giudicato della sentenza che accoglie totalmente o parzialmente il ricorso del contribuente.
Inoltre, al fine di assicurare la conoscibilità dell’iter giurisdizionale dei ricorsi in materia di operazioni catastali si prevede comunque l’annotazione delle sentenze, non ancora passate in giudicato, nei suddetti atti catastali secondo modalità da stabilire con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Territorio.
Prenotazione a debito delle spese di giustizia nelle controversie con l’Agenzia del Demanio(art. 12, comma 5)La regola che prevede che nel processo in cui è parte un’Amministrazione pubblica le spese di giustizia (come il contributo unificato, l’imposta di bollo ovvero le spese forfetizzate per le notificazioni) sono ammesse alla prenotazione a debito, pertanto verranno versate solo se l’Amministrazione si rivelerà soccombente, vale anche per l’Agenzia del demanio.